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muHfiumuiimifWi

lelagrime di maria

VERGINI

poema heroico

Del S. Co.'RtdolJo C atnpeji

Atl'Itt

LODOVICO

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4 irL Sig# Co. Ridolfo Campeggi Caua- ^ jL Ue re , che oort la Nobiltà de’Nat ili, c *:J; 1! Eminenza i delle Virtù i illuftraua più- (plendidamente la Serenità di quello, //*» Cielo Bolognefe, volle far ftedere,ch>égli >r - era veramente vn Cigno , mentre in vè- rz ce di canto, ài Piantò) della >Màdre Diui- > ){ na,fgorgò dalla mufica gola gemiti, e | fofpiri , altrettanto dolche foaui^ quan- i to querulj,e dolenti- egli aitaci

* xttonia deHa foalvocfeMaria Criftiàtiiffi- : Reina di Eranciaij perche com’ egli

* difle nella terza ilanza di quefto Celdte

Poema: f

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douendo égli yfqfr di nirouó^dàfie tcnebré delle mie ftsìpe alla luce'tìe’L^t- r tarati, voluto render quello Parto di . Bologna alla ftefla Patria , eflendomi ri- v~ ' foluto/dappoggiarlo ad vn Caualier Bo- lognefe, che in chiarezza di nafcita jfc’n ^gentilezza di coftumi pareggi l’ Autore. . Vpi dunque Il)urtrif§.Patrone , che

'^ihàiìète Tempre fatta rifplender queRa \ ^Verità ne’ Caualerefchi efercizj , o nelTefler Amante de’Letterati, e Virtuo- fi , porgo quelle LAGRIME DI MA- RIA TERGINE , featurite , più che dal Caftaiio d’ApoIlo da i limpidiUimi Fóti de’ begli occhi dell' Imperadricerde gli Angeli. /* * ' '

Non haurei ardito d’ autenticami, o Uluftriffimo , la mia antica feruitù , con manco tributo d’vnTeforo.Egli è vn Te- fbro comporto non folo di Perle , ma di Rubini . J A Lagrime della Verginea di Sangue del Redentore. * r Se fono rtimati Tefori le Lagrime deH*

Aurora, Prccorridrice del Sole, e perche non s’hanno da {limar per Tefori le La- grime della Genitrice del Sole ?

Le mie ftampe , oppreffe fotto’l duro aggrauio delia Titannia d’ yn Torchio,

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hanno fùdatc quelle Perle al Voftro me-' rito. Hannó pianto àndi effe; e a fòrza rfkerati gemiti s*hannatrajtto dal cuore lagrime più preziofe delle (Gemme , e di qual fi voglia Perla , che arricf hifca co* fuor candidi Tefori le' conche delfEri-

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creo. : :ru.>

Imperlate con quelle margherite, o mio Signore, , il cuor Voftro ; jh*io poi: che fcorgo nell’ Aureo campo dell* Arme Yoftra. Nobiliffima Verdeggiar eterni mente la FELICITA, mi prometto d’éft fcr felicitato di Patrocinio, e ProtezZio-* ne perpetua ; e mentre vmilmente diino , autentico dinuouo, fp^otjDO* fcriuermi, d’efler . . :ìl\r 0; ,|C;1 qi Diy.S.Uluftriflima.

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non le pianfe i ’A urora, le pia nfe Vii Sole^ nonponno che fìghànii ^^lok tétnie Stampe non poteuano illuftrarfi mag- giormente,che con raggi fplendidi,ne poteuano i miei caratteri impiegarli meg]ÌD>clicjnrmo/lraniuLa§p:iiiuiite doue lagrima il Paradifo.

.. . Le Lagrime fono di Maria Tempre Venzine^e pianfe vn Cigno de’maggio- ri del nofìro R eno , del nofìro fecolo , il gran CAMPEGGIO per accompagna- re ^con la mia; debolezaa.cosi armonici Pianti ho fatto ftrideire i torchi dello V * mie

ogle

mie StaiijpeiSè vflbi ifipftràrejffle i miei feticofTaffeftilfierfo a te carijle^gi, que- fk>Xibr£ che fòri ceno, che .Vccpppìa- rai al guftq-delLargiqiM’a poetica il frut-

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tica, confìderala còme' tale i che così la inrefe llÀutcfrè , che mentre dimorò nei Mondo fu nop menoiammirabil Poeta, che^eUqje Chrigia nO,Se frollerai qpal- ch’errore, che.djgpid^dalfc mie ftampe (che non può èfler di meno ) con la—

IUvctu,c ìuuxauu vvj utuiu<uu>tuv iu

componendo ero immerfo fra le Lagri- me, che Jeuan^à vifta.~! Compati fcimi, & amami >xhe mi darai apimo a mag- giori fatiche tutte dirette scompiacer té,cui dehderoognifeUcìt^v.. : *> lM : iu^iwWìv-iotVjA TU4vd\‘i’^tvt \\ ililiWKÙwiàwwa V Vìi; v

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DEL MOLTO ILLVSTRE & Eccellente Sigi

MELCHIOR ZO P PIO

; Dottore Collegiate), & Lettor : i publico di Filofòfe nello ^

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Et nell* Acadenrià de i Gelati

<A molto da pregiarli perla per fona delfuoSig* 00. ì{i- dolfoik Città di Bologna yla Cafa de Cjmpeg^U'^a-

demia de Gelati ; & non

penna meglio attrai defertuerne il meri* tOj di quel che ne lo rappreftnti lajua diluì me de fimo à Lettore intendente : imperciochc dalla lettura de Cuoi componimenti fi conce - pifee nell animo approuatione , quale parreb- be facilmente ecce/Jiua à volerla difenderci in carta . Che ^ridurremo a i capi confide - rati de faggi le perfettioni del compito fcrit- tore ; alla Natura , alla dottrinai all' ejjerci- tatione , [copriremo ( quanto fia per la natu- ra) [ingegno nel comporre, il giudicio nel di-

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* Ki

V. . .

fporre, latonfaccuolaga nel? efptmti còri* cetti E pacando alla confideratiouc della# dottrina fpàrfaui per entro: quitta è rifguan- dila copia della fcien%a,ò la maejlriadelìa fin ten%a, àgli ammaeflramenti della fapien^a, farà , che rimarremo di maniera paghi , che nonbauremo da più defider amici. infine* ponendo fotto diligente ejjamim il ter^o co* po, troueremóilSig.Co.I{idolfià quel che na- to ,’m che addottrinato in quello esercitato hauer confeguito per ogni modo prerogativa di commendatane . IlprincipaT ejfercìtio delT Ingegno fu fempre ferina contrafionel poeta* re > & d Voeti non fu couceffa la mediocrità giamai: al poetare dato fi il Sig. Cè.C ampeg* gio,non nòà lafciato parte deile più confitte* rabili intentata , ne fienaia felice riuf cita in* qualunque fi fia provato. Due firme fono in Toefia le prineipaUy la Narrativa in perfino, propria del Vaeta cantante ,& la ì \apprefetk~ tatiuam perfona introdotta parlarne;, eiafeu- na delle quali riceue di rmouo fitto dmfionex DoueilToeta proprio canta , onero ali'm*- roicay onero alta Lima;& cofi ione rappre - fenta dtruiy onero* alla Tragica con honorem onero con ptac euol ezge alla Vaftorak ( per tralafiiare doue s appticaìnteUetto prodotto, » fjr allenato fio la nobiltà , C abbajfarfi ag&

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fcberq, e giuochi, e motti abietti , & confa cé- 1 noli agente triuiale , come fono nel genererà 'narrativo la noflra Satira , & nel rapprefen * t attuo la Comedia) In tutte quattro le anno- verate forme il Sig.Co.Rjdolfòsé di forte au~ vantaggiato, che difficilmente fi troverà, chi li ponga il piede non che dauanti , ma ne an- che del pan ; & quel che non hauramo cofi - compitamente fatto i due, celebri nella nofir a lingua, a gran. ragione ,fouragli altri > èdaL> riputare, eh e da molto pochi pojj'a efjere ten- tato, fuorché dal Sig*Co. Campeggio , che do» vehàpoflo mano , ridotto a compimento* Lodovico ^Ariojìo^e Torquato T affo, fra qu.a+ di è viuo il contrdfio del principato, fono rni~ làbilmente riufcitinella varietà da loro ten- ‘tata^.L’iXriojlo nclfH eroica, nella Lirica nella Dr amatici, ma come per quefla parte declinò al n fo del volgo , & rivfcì nella Sati- ra per la popolarità, coft nelllH croie o non fo- fientò. per tutto lo file, quanto per avventura laureile richiefto l alto argomento propo - flofi . Il T affo nell H eroico fuperò tutti , nel lirico noti rimafe inferiore a veruno, nel Dra- rnaticofe-riufi ita pr incìp ah ffm a, quanto alla piaceuole^e palìorali ; ma lavando poflo fnano alla T ragedia, cominciò, ma non fornì; L %ArìosÌQ non ci fi provò;! I f affo ci fi prò ^

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m^Mpèrfettìondi ; nonperche nortcifitro- imfife habbiliià incomparàbile al farlo > mam fomma nonio fece * Hallo fatto il Sig.Co.F{i~ dblfo cotllòdeùolèHufciUì irìognfproud;ne$> la Tfagicakabbiamo il Tancredi; nella T&- florale filanmndo'yn^lla Lirica i due Fo~ lumi di Toefie Liriche j e Dramaticke fi am-

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grime, .Argomento di cui piu grane non par?, che pojfa cadere fiotto ìmagindtione. Qfiì n&n Ph^tèndepregf udrcur'ta premmen^aj ch'altri sbattere > od hauer fi pretendere in vn gene- fedipoefia>ptù che in vri altro; indile mento àoue firdcp oftàjn competenza la vqrietà s'hà

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Tbom/t Dempfieri àMuresk Setti in almo Bonon. Gynjn. Humanarum liner arurt Prof ejfi.primarifr *

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ILmirum^ficpofth^Cyr- IN:'; rhi arida véna. ^ *

Ncp Àuat Aonip, ceu fblét } orbe

latCX. -V. .. . . , V

Jn LAGHR YMAS vertit foncem hunc CAMPEGGIVS omné

•Q^dni ? laudietiam VIRGINIS ille fauet.

Ergo pimpteos qui vult libare li*» quores, »

HisLachrymis fontemducat, & inde bibat.

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? DEL SIGNOR

GIROLAMO PRETI : Intorno all' Honeftàj^.

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E fiimai Poema alca no riceuuto con ap- plaufo nel Theatro del Modo per quelle due qualità , che ri- cerca in quell' Arte quel buoiu» Maeflrojcioè per l’V cilene per Io Horar.' Dilettojcerto fperar dobbiamo* in Arte che! prefente Poema fia per co- P°et* feguire il premio della gloria , e dell 'immortaliti, non folo per le vaghezze , che vi fono per entro (parie ; ma anche per lo gioua* mento , ch'egli può recare altrui ' 1 colla materia de’facrofantrMi*

(ieri , di cui ragiona, Ferciochc

egli era cofa defideraMe i tutti

.......... ^

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•gli animi, cTìan^etò difrctij.tf'iì tutti gl ingegni , c’han gufto di foìjffòs che l^milTcompàrk'fl vedefferri ópWPoetica,Ià quaf non vaneggiai fbà k kfdihe,e fri gli Alidori. pi cui fico me ho» gidì piene Je carte de gli Serie . tori; cosi piaccia à Dio che^on ne rimanga pieni ancor gli ani- mi di quéi, che fcrinòìió,e i caftu mi di quei, che leggono. La qual eofa dettano» è penriprènder fatiche de noftri Poeti, ina per deplorare ladifauUentura deliij» noflra Poefìa.Laqual peraltro ò giunta ad vrtfifgna tanto Tuoi? me,che fola è fotta riguardo noie fri J’aJtrePoefte ddieimgué vincati, ma potrebbe pgrauuéne tura an eòr contéderejcolf and* ca Poe/ia delle lingue rnigliorii Nódimeno òper iiia feiagura, ò per altrui colpa ella è hormai di» uenuta fa gamete corrotta, ed impudica; die appreflb glirhuo? mini grafo non fok> mutile iitoa pernicroia può efFeré giudicata* efc da gli antichi quefia facolti

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(limata fri FArtiEminentifft- ma; bora , à chi ben mira , per la •fua impurità forfè degna non è d’effer fra 1* Arti annouerata.Che, à dirne iivero/e vogliam crede- . re d quel,ch’infegna il M adiro di j

quei, che fanno ; Che tutte l’Arti thic. c. (ùbordinate fieno,c fiittopoflò» 2* a Ha Mirica,com’à lonxR e inare eh tutte debbano feruireid quel Ene, à cui ella mira;e fe la Politi:- Anflot ca altro fine fi -propone, ebe^i ibld* publico bene j fègue heceffaria* ^ m e n te, c h e ,fe l’Arté poetica rioii ha lo feopo del publico bené, et- nonpoffailinomèd’ÀrfcetxJe^ gnatneute vfurparfiiTutte He fàr colti: r feconda Ja dottrina «dèi Arìftot medefimovetutte l’Arci per Ioi? echicc. natura qualche? bene appétifco-v & no, il qual bene applica rApofE* alla felicità humanàvé afe fa Iute «delle Città. ' e, come proua EU»? ^uflra. fra rio , fe v’bà alcun Art^faquarl SA £ te il Anidri bene fi 'proponga? ',v

à fernÒivpìu fi donuiene il nome t, % d’Arte,di quel che fi conuenga il

nome d’huom^ ad

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Mài rd tutte 1 Arti la Poefia prin- cipalmente ha per fuo fine il gio- uamento della Republica, vo- ciato É>|iam credere à Platone: il qual dia!, i. diffa{améteinfègna,cheiLegi£' dcleg- latori fi vaglion dell* opera de* . > Poeti, accioche gli animi, addol-

citi dalia foauità de’verfi , più a- geuolmente fi rendano alle leggi vbidienti.E Strabone, il qual fio- - riua in quel fècol doro d’ Augu- ro,nel qual fecolofioriuan TArti m . no meno della Politica , che del- iaco Ppctica , dimoftra effere fiato

gr. 4antichiffimo inftituto delle Cit- tà, e de’Legislatori il valerli delie fauole de’Poeti, per mouere con foauità, e con efficacia le menti * * ■;;; de* Cittadini : e proua , che tutti gli affimi^ tutte 1 età più perfèt- tamente s*infiruifcono alla virtù colTaiuto della Poetica, che con gli ammaeftramenti de* Filofb- jC?*PfU£* Quindi è , ch’Euripide in- phandn t^rro§ato da Efchilo per qual ca- ldani* S?01.ie degno fia il Poeta di mera uigIia,rilpofc,ch*allora egli è ve- raméw degno di glorile di me-

rauiglia , quand’egli è talmente-» efficace nell’indruire,che gli huo mini nella Città per . opera di lui dinegano migliorhQmridi è, che Nicerato appretto Senofonte di- cedi dette*, che dal Padre ilio ph.n°in codretto fu ad apprédere a me- Cóuiiu moria tutti i verfi d’Homero ; percioche egli diceua,che colfl aiuto di cotal lettura acquiftato haurebbe l’ornaméto delle Ver- tù, e l’arte del ben viuere.Quiadi : è, che S.Tomafo afferma, che ad inftruire i fempìidvaglion più le fauole de’Poetixéhe le ragióni de’ P*Th.J?* faggi ; Voetic* fabula ( dice eglij ideino tnuenufunt* quia, quemad- mo.c.4. modum ait jkrifiotekf inVoeticÌ5x ledi. z. confilium illorum erat , yt mortale s adducerent advirtutisadeptionem , de viti j fugamiad qua fimphces ho- mines mdius reprafentatiombus , quàm rationibus indneuntur . Duo igitur ( così conchiude)/» Toeticis fabulis reperiri necejje ejl>& vt con- tine ant verumfcnfum aliqua verift- militudine inuolutum , & vt aliquid Ville reprdjintm . Quindi è , che

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zion de’migliori ifola mente i ap plicandofijafcino in< difparte gli» of t >efempi ddpeggiopi ,qe non <pe# ‘Tme^ailojche lalòr^Màfal va&ai? jimtTiiodeftamentelufrufeggiadOv acciochè ponganoirfperico-: lo i coftumifO la faluezza, de’ Cit- tadini iip modo , chè’l piacer “del fenlo fignbregeia nella Gittain.» ltìOgojdfeifarteggeje della ragione' Quitti c^Ariiiotelè . : auuet'tifte, i c t Poetricberhelle ^'imitazioni ;fe- c °gaitv Pefempio^ delittori : che / come quegli Jacehdol’iniag nl >u altrui , e> volendo rapprcfentarle : al viwoyfògliori proporiìiesépio depili begli ’huominr^e de?volti più riguardeuoli ; così eglino ha Poèmi loro .vadano imitando L più fubiimi esépi de gli huomini. più eccellenti,© degli Heroi più, gloriofi .Dalle quali autorità fi raccoglie quanto graue fiali er^ rèjr di quegli , ch’empiendole loc ta d'impurità , fanno trauiar. Poefia da quel fine , à cui cJlxa

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rift. iaPoet-

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doilrebbe^ ihaeftrà '-deeófilìn^? è ($ort 34lfè V e frii ; faftftfcclVc$Ì$ ic/lnA tìa àlletttóicé al maleitpifftftr^Li w? ji tféJfente^coriotrrice d^Gfeta* 0 9 ^ cMni. I quali effètti pur troppo da Tei cagionati fono, quando dallo fèopo della Vèrtù eto'e frifìor* nata , -e riuolta ; alla maluagità ; C6ciéfiachè mirabile' è la forza

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dell? Bòefìa ai&nflnuare negli ^ ys-

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tiltóco^ifeu[Oftifjit©ttieì^d<3d PIafo fiutò, bnded&èa glatotie/ciiè in ro-

fimitazibn^oettò hiquefìft'ita n^y turai t&Jentó,c&etta à poco&pb* co kbpft metri nòicio^^flfeilaft- férifci /ò.rapprefetfta^ in altrui .

Alla qual fentenza, per quel ch?Ìo creda,hebbe hfguàrdo Cipriano cypria Ma fri re,qua n do diffe,che la dui- li. z . c* tetio s’impara, mentr’egli il vede Pift» H ò nei Poema,ò nella Scena, e che

colui, ìi qual per auuentura nel TAeattoentrò pudico, dallo fpet-' tacolobene/peffó ritornai impii* dico * Che addirne il vetOJ^egli » cofa ttraJageuolelì legger^cofèj^ male,e ppcrir cofe buone; l'an~ . r *> dar

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dar vagado fri Poefie iah onefte# cd eflfer vago d’honeftà. Lo.da p- Ariftot Ciò Ariftotclc il configiio di quc li. i .e- Troiani più graui e? a età » e di thie . c. prudenza , i quali , quantunque# 9 * ammiraffer le bellezze cTHelena» e cófeiTaiTerOiCh’elia era limile à gl’iddi; immortali , nondimeno per quello appunto efortauàno» Hemer ch’ella folle rimadata in Grecia; Lai. pereioehè conolceano>che queir labellemrecauagra danod’jor figliuoli^ alla Città, eoa tf dice locò A^i^òtele)il piacer séfuale fi dee cù. dagli cocchi tener lótano, perdi* altri pòfla dalle lufinghe di lui più ageuoj m ente afiicurarfi . Perciò quell’; Hippolito ,la cui caftità fiì , ^ da* Poèti celebrata , bench’egli

w‘ . non cedefle à ninno nel culto do- Sn Hip- 8^ Dcijdiceua però, che Venere poi . r era daini falutata di Iòtano.b fap piamo,che dalle leggi degli anti- chi T ofeani era comandato, che Vitruu ilTerapioidi Venere collocato i.i.c.7. fofle.fuor delle mura » acciochè per entro la Città niu«a cofa ve»

' der fi poterla qual porgete oc** Hi'*! ci*

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caftònepur dVn petifierò^mfjudi co nelle menti de’Cittadini. Ori** de per fuggir quefto pericolo vo^ •* a

lea Piatone, che t Afte poetica^ rlac dalla Tua Republica fòffe sbandi- z.dc ta:ed altri Filpfofì emineti com- Repub pofer volumi,che altro non con- £Iura^ teneano,che’l Mo<lo del leggere fan** cautamente i Poeti, affermando, poen. che gli ferirti loro dalla giouentil effer letti non doueano,fe dianzi , i cotali precetti non haueano ap- Arjft i prefi ; in quella guifa , che fi fi 7.Polit prender l’antidoto à coloro, a cui caP*l7# (buratta il pericolo del veleno ; Infègna Arinotele ^Legislatori, che dalle Citti loro ogni ofee- niti tengano lontanai che non permettano i Maeftrati , che pit- tura alcuna, ò Scatoa inhonefta-, fia efpofta in luogo pubblico a ri- ni * vT fguardanti,e che con pene prohr * bifcano alla giouentù , ch’ella^ afcolti azione alcuna , ò fauoIa_ì impudicanelTheatro rapprese- cataepriochè conofcea quel gra* Maeflro , che 1 opere de’ Poeti buone, ò ree , eh elle fi fieno , ap-

preffoglvaaimr almrn'haif: fótta d’ammaefteamentì.PerIai)tiai co Ajifto t fari férifce&medefìmo Arifìote- : , Ie,ch’£oripidc.vnaìyQÌca fu chia- : , maco in giudizio capitale dagli < Atheniefiyjperch’e^i m vna faa - Tragedia hatiea pofio quel verfo,

tàrotfafi&x'Zii ppluf EMrin *' * f? i ’iuuz ì

in Hip. //ngait eJJ % animus muratasi

poi . c la quercia contro di lui era con . /ha queftotitolo ,' bs Euripide infegna 3 . , . v ua al Popolo. à {pergiurare Inaile quai cole altri può fcorgere,quà- ta indegnità còmettano coloro, i quai co materie impudiehe pro fanado la l*oefia:,fàno; elvella (ut»

pencolpa loro fcelerata , ed eoi piuiméjipr’ellà è.pet; Tua natura^ fol pudica>mascelefte,e fanta* Plat. in F^esfacmPoeta efl ( parole di Pia- Ione . tane ) ncqxamrepriHypQtcfì^uàm fip&eApkmutQtt'tndi jfàgl ion preJ giaìrfì iisPoeti,chei Diorilìedeariu Jonoicjae -agitati da Uni s’indamn matite alcantara vcheicol, Cielo kn^ino cornine re io ìc che quello %'rito vièpjpro.clai Cipjo . ,.4

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TftDeUsin nobis,{u\

. * ; merda C celiti..' )\ A

Sedibus tuberei sfpiritus Perlaqual cofa diceiia S< che allora gli huomini i no eifer.vera ftirpe d< quàdo fan ver/ì degni . < di Poeta.e Platone chi' ta i Poeti z'pplwicLfiC 1 ftTAf 7uy}Qt<OV , ci Of Interpreti , e Mitv Quindi i Poeti

Poemi inuoca

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bor ie Mufe:e tarfi(come/ voce, colla voce hii^an^ ta loro dalle Mm

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Colle :.quai co fe ci q*. dere, che, qualunque volta * pantano materie perniciofe, ;ea impudiche, quello fpirito non vierjloro dal Cielo, ma dall’ Infer no.E certo dobbiam crederebbe quel furor d’ alcuni Scrittori fa-* anzi Satanico,chePoeti.co,i qua li, métte fi vanno affaticando per renderfi mini orta&fpargonq dal

nhe più -veJenoi che nchio- -On cui danno la morte pri* •* se deffi, e pofcia ad altrui; dando in ciò Demo/lene, di lcriuono, che portar foleua_, ofo nella penna il veleno : il finalmente da lui fu inghiot UiebbeJa morte da quella della, cui ne’luoi fcrit- peua acquiftata Innor 'on sauueggono , che lafciuie fan pompa ,dàno altresì in- aila lor naturale- Sconcio fiachè fatone,e d’ Ari-

O.iuno,alf oprefpe. .v de’ Poeti attribuir oieilnomc diparto, onde di- cono que’due gràdìniomini, che 1 libri de’ Poeti foghono efler da loro amati con quell’ affetto,con Cui da’Padri efler fogliono amati ifigÌiuoI*.Perciò qualunque vol- ta noi veggiamo vna Poefia im- pudica ; con qualche ragione lò- fpettar polliamo, che’l parto lìa (òmighante al Padre,e che da va f

inge-

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ingegno impuro non Labbia po- tuto effe re più nobil prole gene- rata. Infomma chiunque fcriuer vuole da buò Poeta, e da buó i it radino , dourebbe rico rdarfi di quel,ch ’infegna il medefimo Ari itotele ^Legislatori , dimoftran- doloro quanto nocumeuto ap- porti alla Republica l’ofcenità non folo degli fcritti ma delle (empiici parole : Omnino igitur.

(dice CQÌtybfcgnitas verborum per .V'p®* Legislatorem à ciuitate exterminan .r? da eft: e rende la ragione: Ex tur-* piter enim loquendi licentia fequitur & turpiter facete .

. Soglio» però taluolta quelli Scrittori,per honeftar la lafciuia loro,di fenderli coll'efempio def Poeti antichi, ne’ quali molte fc impudiche fi ritrouano . A’ quali riipondiamojche 1* Antichi tà, quantunque venerabile per al tro, non de efler tanto riuerita_>, che’n lei eziandio i vizi eflfer deb bano adorati: e rifpódiamoyche all* etnica (uperftizione è meno difdiceuole la lafciuia , che alia

b Cri-

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Criftiana Religione: e finalmen- te ,ch e negli Antichi fono affai più vertù,che vizi da imitarli.Ma focofforofomigJianti al Cairn leonte, di cui riferifce Plutarco , che quantunque egli refta di tutti i colorirà cui s* auuicina:nó può però giammai imitare il co- lor bianco, ò feguono l’ e (èmpio di quel Difcepolo d* Arinotele, <he,hauendo ofleruato,che*j Tuo gran Maeftro Iblea fauellandó balbutire,egliinciò fimitaua; facendoli d credere, che 1* efferc riputato Ariftotelico pendeffe cosi dal4balbutire,comc dal filo-* Dio Iib fofare ò fèguono 1* efempio di <3ue] V&ieRufo Senator Roma* ho, riferito da Dione : il quale i | ambiziofo deffercredutoOratO re vguale à Cicerone, e non po- tendo jn altro emularlo, volle & nalméte cógiungnerlì in matri- monio colla Moglie diluita qua le ancor viuea:perlaqual cola e- gli fi diè vanto, con rifo di Tibc- , rio,e del Senato,chegIi era hor- I mai vn nuouo Cicerone, quali - -* ' che

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che la Moglie haùeflé portato in cafa per dote ! eloquenza. In co- i tal guifa molti Scrittori, quando i fi fon dati à Venere,credono ef- i fer diuenuti Apollinee allora ere i dono efièr veri imitatori degli i Antichi,quado ne’ioro fcritti no I hanno altro di buono, che quel, i che gli Antichi haaeano di male : Ma (equi fotte luogo , ò tépo di i efaminar gli fcritti antichi, non i parlo della plebe de’Poeti,ma di i que più nobili, che furono i Padri : della Poefia ben regolata, d’Ho- i mero ,dico,e di V ergilio ; troue- » remmo,che eglino fon tanto più i cadi de‘ nodri, quanto la caditi più d quelli, che à quegli fi conue niua.E fe taluolta trappaflarono i fegni dell’ Honedà (il che però mai commeffo dal cadifli- mo Vergilio) dagli antichi mede ArifUii . fimi agraméte riprefi ne furono , perciò Platone cófiderando nel- piato la Poefia d’ Homero vn luogo fo dial. i. lamente , ò due alquanto impuri (ma non impuri al par denodri) 1 fi rammarica dicendo , che que

ha ra-

‘fagionaméti fono alla Republi- ca pemiciofiied infegna,che Ho mero in quegli ha peccato non (olo come mal Cittadino,ma an Diogé. che come mal poeta. Onde Pita Laert. e g0ra foiea dire di fteflo fauo- yt 3g leggiando, efler lui vna volta di- fcefo all* Inferno , e quiui hauer trouata 1* ombra d’ Homero pen déte da vn* albero, circódata da Serpi , e fieramente gaftigata ; e hauer veduta pariméte 1* ombra d’Hefiodo 1 gata ad vna colòna, e meramente tormentata, per pena delle fauole impudiche , le quali haucano taluolta frappo- ne ne 'loro Poemi, con poca riue ren za degl’ lddi;,c molto dà- no de’ mortali .

% Sogliono anche quefti Scrit- tori difenderla loro impurità col dire,effer da loro introdotti fog- getti amorofi p dilettare altrui: «- perciochè la Poefìa , per fènten- za d’ alcuni, il fine del Diletto fi

Horar Pr0P0nC :

in Arce Prodc!ft volunt, aut delefta-

Poec. re Toeu

A-

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A’ quali poco dianzi habbiam ri fpofto coir autorità de’ migliori.

Maeftri di queft’ Arte:i quali infc gnano,che 1 Poeta più all V tile % che al Diletto dee hauer riguar- do : e eh* egli Tuoi valerli del Di- letto, come Per iftromento dell’ Vtile,ch*è l’vltimo fine del poeta re.Onde Platone, e dopo lui Lu- Plato crezio (da’ quali quel noftro bud ^ Poeta ha tolto il concetto) para Lucrer. gonauano il Poeta à quel Medi- Lib . 4* co,che colla dolcezza di qualche licore porge afperfi gli orli del vafo allo nfermojil quale ingàna to bee l’amaro fugo, onde riceue fa Iute, e vita , e trahe più gioua- méto dall’amaro, che dii etto dal .

dolce. E fe Horazio, ed altri han in Arc; detto, che’l Diletto ancora è fine poet.

della Poefia;intefero(fiemileci^

to valermi p hora del termine* delle Scuole )intefero, dico,che’l ^Diletto è il fine, £ gg?,cioè il pni Arj^0*t _nuo fine, il fine fubordiiraco,ch e iib. i. il men nobile : volendo inferire % thic. che’l Giouamento è il fine, 4d 1 ari, cioè IVltimo fine, e 1 più ec- . b 3

/atrit . degli Egizi,deg!i Hebrei,de*Fea-

cad. hi- C1,e de’Gréci adoprò la Poefra ftor. fole, ne Tépi,ed appreffo gli Alta

Scalig . ri in celebrarle lodi degl’iddi; , e

poet* **er01 Hinni,e co Peani Mp.44. Góciofiachè fonole materie &- ere cosi copiofe, e feconde , che béprodurpoffonoefiori,e firut- ti di giocòdiffima Poefia.laqual eoia dimoftraroho p noftra co- lùfione que’Prencipi della Poefia cpsi Greca , come Latina ; parlo d’OrfeOjd’Homero > d’Hefìodo, di Vergiiio , e d’Ouidio : i quali , quantunque ciechi fodero fra le tenebre della Gea‘»litd , hebber nondimeno tanto lume dalla ra- gione, e dalla Natura,che tratte- rò bellifSme , ed altittime mate- rie di poetar dalle facre carte della noftra Reglione.Da’facri li

cap"?. bri .da .Joro inuentata quella Ouid.l. Mole indigefta dell antico Cha- i.Meta osrquidi il Diluuio vniuerfale di

Hefiod Deucaiione:clL1ì»di la guerra de ! inTheo Gigantijch’alzauanole moli , ei gonia . flionti incontro al Cielo : quindi Oaid.i 1 Huomo formato di fango da_

" % 4 fÌ9z

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Prometheo: quindi i Regnici’ A- Mera, j uerno,e le pene colaggiù vendi- I cattici de’tnaluagi : quindi i Cà-, odyf!\ i pi Hlifi, fortunate habitazioni de Virg . I. I gfinnocenthquindi l’vltimo vni- \ uerfale incendio , e diftruziono I deirVniuerfo,e molte altre cofe l fomiglianti , con cui ci diedero i esépio gli antichi Poeti , che da’

\ diurni mifteri della noftra Fede | trai* fi pollone inuenzioni,e ma- ( terie non men poetiche, che fa- , crosate. Per le quai cofe veggia- mo,che fe ì Poeti vano trauian- ! do dal diritto fenderò ; e fe la- feiado le cofe morali , ò le facre»

. van ricercado le profane,e le la- fciue;ciò attribuir fi dee non alla fìerilità delle materie , ma alla_j colpa degli Scrittori .Perciochè alla Pieri mancano folamétegf ingegni de’ Poeti : ma i gl’inge- gni de’Poeti mancano pieto- se materie da poetare:e piacelfe i Di o,che hauelfi anch’io ne’ miei pochi, e debboli componi-

meri vaneggiato. Che le mirano eli Scrittori allo feopo del Dilet- * . b 5 toi

to,egli è per mia vn empietà il dire,chele materie fante al Di- , letto proporzionate non fieno; perciochè fe quel Fóte limpidi^- fimo,ed eterno di gloria,il quale fcaturifce dall’eterno Bene, è ba- fteuole colafsù à beatificare quei Cittadinidel Cielo; non farà egli bafteuole ad infonder quaggiù vna ftilla,da cui poffano prender diletto le menti de’ mortali > Ma fe volefiìmo ancor cócedere,che le cofe facre fofier più malageuo li al dilettare,che f amorofe ; per quello appùto vn ingegno nobi- le, ed eleuato ritirar fi dourebbe in difparte dagl’ingegni volgari, e noti andarfene per la via calpe fiata degli Amori; ma dourebbe ritrouarfi vn nuouo fenderò di poeta re,il qual fofle da pochi cal cato,e conofciuto:*poichè fe egli no fon tanto bramofi di gloria ; non è loro gran fatto gloriofo quel fine, à cui molti poffono per uenire. Quindi è, che Lucrezio fi pauoneggia tanto , gloriandofi d’hauer trouato noue materie, e

nuo-

.*» t-- - *

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nuouo modello di poetare, e d*ef ktfi incaminato alla gloria per \ ' tnfentiero fuor di ftrada, due niuno diili pattato fotte,e di uo- ^

Ifer bere ad vn fonte nuouo, e di voler nuoua, edinfolita corona:

*Auia Tieridum per agro loca,nul 1r“crct- ** lius ante « '• llb

Trita filo, iuuat integros accede- re fontes , ' . ;

*Atq; baurire : iuuatq ; nouos de?

cerpere flores , *

Vnde prius nulli velarint tempo- ra 7Yluf& .

Che,‘d dirne il vero, le colè amo- rofe fono hormai tato trite,e di- uolgateper tutti i libri, che elle fon diuenute anzi fpiaceuoli, che :

diletto fe:e s’ elle hanno pur qual che diletto colle loro impurità ,* quel diletto non può piacere ad altri, che à gli huomini impuri :

Easenim Voluptates, quefunt fine Ariftot controuerfia turpes , confiat non effe lib. io. dicendas Foluptates}ntfì Corhiptis X ethic.c. Che ficome al febricitante paio Ariftot no benedetto amare quelle cofe ibid. che advn fono paion dolci; ed à b 6 col-

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Ariftot.

ethicrli.

IO.C.

Ariiior,

ibid.

Ari(!ot ethic. 1. 7 c .ili.

Ariftot ethic. J. 7. c. 12.

colui, eh* è infermo degli occhi,, paion bianchi alcuni oggetti, i quali all’ altrui villa faranno 4* color diuer(b;così iti materia del Diletto fi può affermare> che vna cofa fia femplicemente dilet tofa, perch’ ella piaccia i chi è dell’animo malamente difpofto. E per cochiuderla, fe’l Poeta dee valerfi del Diletto, trainando dal fine del Giouamento; dee guardarli da quel Diletto, che im pedifee gli atti della prudenza : y'oluptates.n . impedimenti pruden- tia sùt: e dee feguir quel Diletto, il qual nafeendo dalla còtempla- zione,e dalla difciplina, gioua al con templare, e all’imparare : No. ea Voluptates, qua à cotemplatione emergimt,& difciplina, conferma ad contemplandum , atq; dfcendutru . Perle quai cofe il preséte Poema Tara filmato, per mio credere, gloriofo:hauendo egli confegui- to quel fine, che fino à quefi’hora è paruto al Mondo tato malage- uole,cioè di cògiugnere il Dilet to poetico al Giouaméto fpiri-

«

tua-

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tuale. Imperochè alla Mortedi

Grillo, la qual contiene i più alti milleri della Fede fanta, egli ha tanto felicemente vnita la fut li- mita dello ftile,la nobiltà de’có- cetti,e la tenerezza degli affetti; che gl* ingegni curiofi troueran- no,chela Croce non è incópa- tibile col Lauro:frà le (pine del Crociliffo troucranno i bori del le Mufe:e fra lamarezze della», Paffione troueranno le dolcezze della Poefia : Al rimanente ,fe il Lettore foffe vago di maggior numero d’Epifodi all vfanza de- gli altri Poeti;T Autore non fi di- fenderà colia dottrina del Mae- Anrt.m flro,il qual vuole, che i Poemi ab bondanti d’Epifodi fieno i peg- gi ori: ma dirà, che ficome quello Poema è diuerfo dagli altri nella materia, ‘così farebbe difdice- uole, ch’egli foffe alquàto diuer- . {banche nella forma e ricordili ognuno,che frà le Lagrime della Vergine fi cófanno gli fcher- zi de’Poeti,e che frà i dolori dell Autor della Natura non s accor-

* " " il'A l iD

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danno i vaneggiameli delPArte, Perciochè l’ aggirai condigreÉ fioni era cola pericofofa * in va fbggetto,don era necefTariofer- inar/ì non folaméte sui veri (imi- le, ma 1 verojed viar la fouuer- chia libertà de’Poeti non conueneuole alla riuerenza, che fi dee alla maefta dv'na materia faerofanta : ed infomma è flato coftretto J Autore d farVn mifto non meno malageuofc , che no- bilejcioe formare vna poe- - tica TheoJogia,ed vna Theologica Poefìa. - ;

WDQLTHO: CJMTEGIO* CQM1TI* Tatricio, Bonomenft .

Stemmate. nobiliff.Jngemo. fcecundiff. .

Toeta* incomparabili. DoftoYum.admi rettori. & encomiala* Tracipuo. inuitto*

Virtutis.omms. ac.politioris. Literatur a* Sacrario*

E*f éw Bipyihloio véofsKttì noverai' of&ifoi/ì

Et. vt. vere, aque.oraculo. guarite Meonidcn » tyufa, datar alter lAchilles »

Quirite Telidenyalter Homerus adefl*

L. M. T.

Tefjer am. obfequij.& grati. animi.

.. DeftiM.fu&auMs.opera.Italia.non. \, Exceffit. Borioni#, procerum. gratta, fruttar* oc Tdufascolit.

Thomas. Dempflerus. A. TAuresì \. Scotuss Humanitatis. Trimarms.profeff ir*

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Konri&m' cZMVtóto comri

Tatricio Bonon. & Vatria delitijs , S^finobUi/jima flirpi furcutos omnigena vi r tutti inferme.

Cuius poetica .edificio, altijfimè /ubiate luminibus Grecia ojfecerunt .

Cuius T ufca dicendi amcsmtas Latium inter afperitatesreliquit.

QuiH%liconiy fontem in oc ulti IÙjìBJIjìB *- lacrymantti inuenit.

Cuius Ttiufamper amaros eoe fluttua : dati e natontemfuflinent Angeli *

<&venerantur, .1

Cuius Laurus perìp/a imidia /punici ;a .'^gl-oriosè ferpit*. "V vémicQ'wuenti , & nunquam non Pittura > CkMiUs- jlcbillims impeto veritatti* &> amorti trattar * %

V"

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nonv LT'RVn C^fMTEGirM

Felfineum Lumen , Italicum Homerum > Tarnajfium Trincipem, Mufarum jllummi jipollms admirationem, Toejeos tncremen» tum, Deipara pracomum,eiufdem La- .cbrymarum tbefaumm, Famxargt* mentum,atq ; Sepulchri exper- - tem y Heroa > Flemma boe Heroo venerate lo . BapMauritms inter Gelatos ImmaturUs officijy&virtHtis ergo jalutat* s

- t ^ ' * ; * * v* . , t

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t^ODVLTHO CJ.TAV1G10

Tlurimis fuorum imaginibus IlluftriJJìmo , Virtutum ciuilium,& moralium vfu, Bona - nienfium Splendori fulgentiffimo .

In Gelatovi* Academia rerumgelu diffitul- tatis rigentium dijfolutione > confpicuo. Cujusq;carmims celebriate Jtalorum Toe- tarum Senatori primario , JLpollinis in Curia Delphica Confinario . rheritiffimo : Cui Honor, &,Firtusauro ingenita clarita- tis indicio Laurum acquifìti Jplendoris tesìimonium intexmt ,

Gloria,& Fama gramineis fertispro vittori* deditione redimito Immortalitatis templum arte Dedalea extruftum Jacrant , Oloris candorem permde yac dulcedineìtu lingua , &ftylo emulanti , diuinus fpirat Fauonius ,

cicuta Deip.F ig.pcenarum contemplati onis penna cere bruni altiùs pertingens > LiAC \Y M jl S elicit fuauijfimas. : Quibus legentcs lugentes fiunt ,

Trauio cupiditatibus incenfi,velut Dodonao fonte extinguntur ; extinHi ad Marianam pietatem intì ammantar.

Dominicus Cafdrius Foro fempronie. I. V. D. Client Addittifs. grati animi monum .

*-■' i pofi

Góogle

^ODVLVHO C^VVÉGIO i. . i BONO NIENSI duerni gentihtiarUm ipftus imaginum per longeuam armorum feriem continuata vetuflas TjITBJCIVM nobi - lem atteflatur »

'Et C0M1TEM euulgatnon commcntitium: Cui de literaria \ep.non folum in Lynca & Dramaticafcd etiam Epica poefi benemerito ,

Triimphalemvnammes Mufa coronarti intexunt ,

Et ad Capitolium immortcditatis accendenti tutum flemunt iter:

Cuius ex effufis LjiCBJCMIS , tanquam ex ìmndantibus Nili aquis, Jlerihs jlegypti ager v . hoc eftjncultus impiorum animus feraci religione pietatis cultura ditefcit : Viro literarum omnium eruditionefpettabi- li , publico poefis oraeulo,

& patria multum iucundo. . Bernardini Ferrar e fius huiufmodipufillutn objeruantia fymbolum exbibet ,

Et eius meritis fuum obftriftùm animum hoc in breui chirograpbo confitetur.

C j '\ Quiciimqae bic :• , ; *

Et cornine concinnè lacru'nas exp rimente ' i -i uiv obiettano . -

Et concinnitate omnifuada prefiantiore lacrumoris y ,*

Ejodulpbi Campegij venerare gemuta* admirare ingeniunu

.Urne Auorum imagmibus confpicmm Mafie appofud velati tabularti, coflituerunt , Venerei exquifitis delmeatam coloribas i .reddidenmt

Grati e cert atim vmbras, &■ eminenti am : . . effinxerunt s

H/h* imagmem omnigene Toefeos orbis veneratur admir andarti^. - in Heliconis lado\enutritum. tP:idia3 Virtus, Gloria [ibi vicijfim adfcifce- * fcwì propriunu > « :

Qnibuscim euaferitequècarui , affalget w mortalibui equi clarus. ... - Lufit jLmoresy cecinit GejliU> ,

Socco ycothumoq; Attor e s ejformaait: Heroice pietatis frodibui teporaredimiuit , Qua, Deipare ftcta irrorate ; coronarti adnettant immortala atis.

Viro feculum bocce colluflr ariti Officij & obferuantie fymbolum ojfert Taulus Antonini Anibrofiui Vrbinai .

npDVLTHó coititi cjcmtoio

Bonon . Vatricio ; ortus aquèy ac V ir~> tutum fplendore Illuflnffum* DileftiJJma JLonidu Sororttm curajpfarum curatori folertijf. jtpollinis vati celeber- rimo , Trtufarum Upollinis fecondo ;

Qui in aflu imidia puluerem obtrettantium %AquilonibuSi’vt captum mmortalitatis iter retardaret excitatumjackry- *• marufn pluuia fedauit,

Jmidiaaquè>ac libidinis ardore fpirantium 7vLABJsAE fufpiriorum Zepbiro lenitili . Quo quidem flante ad ftueritium lacbryma- rum flumen,fuper Crucis arborem curri r Cbriflo moncnsju&uofos cantus , accanoros luffus dedit.

Quorum accentus in cauo Tlagarum Cbrifii fpecu reuerberantes, per vniucrfas Orbis plagas refonantem Echo formant .

Cui poctarnm princeps ^Apollo poft aurumy & laurum,vt gemmata ex lacbrymis feria fuo fibi arbitrata texeret permifit ;

fetide cateris poetis nobili or , quo coronis dittor appareret.

Io. ^Andreas Pota eidt3 quafi figularis J\ota> vero rubli addens pofuit,

T Bo-

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vernicio .

CÓMITI B&DrLTHO CUMVEG10 Vrudentia>ac Dottrina certatim exultan

. v> timi campo , .

\4pud qum poeticos flore* dum quifq;odore illettu$3aHanter carpiti nullus carpit .

Cuius Lauri bacchain aureis fertisgemmu- larum inttar fulgetttes , [ufpicientibus - oculorum aciem perflringunt .

j£)*« proprio Lauro Calorum Imperatricem IudaorUm tyramide in Solymorum C apit olio triumph antem coronati

Qui y lacrymarum gemutiti Mjt 1^1 y'irgims dolorum Oceano quafitisregiam Maria Medicea coronam tributa- rius ornanti.

Vofiremò viro orami opinione celeberrimo ,

, t à nullo tamen fatis. celebrato r v ' jipollinis y & Mufarum Tbefaurqriò

. > . , . . perpetuo

Terpetuam vino felicitatem precatus, Cliens omnium addittijf. poj.

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H'O'DFZTffO C^nuTEOlO t

Tvlufarum Corniti yphilomuforum Tmcipi .

Qui Bononiam natale folum agnofcit. Quem Bonoma proprium folm veneratur. Cuius calamum infuam Thtfbus Laurum inferititi

Cuius Laurum fuiTìUAB^I Lachrymis facundauit *

Huius iam rifu pìaudebant jtmores : Huius nunc gemitu plorat & ipfa Deipara « Cuius fales m Lachrymis .

faiiunturi .

Cuius Lachrymis aderefeens ei Talma

irroratur $

* *

T. B. U. T. 1. B. TU.

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DELLE LAGRIME

DI MARIA VERGINE Del Sig. Co. Ridolfo Campeggi.

A l LA CHRISTIANISSIMA

Regina di Francia, e di Nauara

MARIA MEDICI.

' PI ANTO PRIMO.

jt^GOMEUTO.

P rende licenza da [afflitta Madre ,

Ter irfene à morire , il Figlio Santo ;

Ed ella prega, cl vede, orando alTadre , Tutto bagnar di Sague il V olto,el Mato* Toi ch'egli fiaprigion d'armate Squadre Giacomo con timor le narra intanto ; .

Indi per quel , che Salomè le dice ,■

Viapiìi dagli occhi amaro pianto elice

i

[amari piantile l’aipre

UUgJUfcj

Cui la Madre di Dio fìllio 3 fof- Jo ferie f ^

QuSnd’ ediin Croce offri V hir- manelpoglie, ;

E con ChiauedTSangueil Cielo aperfe. ^ Ben pierofo è il penlìer, piajion accoglie 7 Jof

I.a debil mejite mia Rime cerfe^ * ^

così puro Itile haue lapenna

CHe baiti à dir, quanto ìpiegare accenna.

a PIANTO

* .

'///av\ Ma VOI,cuifourailCieldi Sol veftita, {

' ai,‘ *\ D’elette Stelle il chiaro crin riluce,

\ Del Sommo eterno MADR Rgrad«thy v f Alba d’ Amor , che il vero n’ad«ìuce i

/y Siate a la lingua voi tauella,educe,

"Mentre in pietofo note altrui dimòlffó A ftilla, a llilla il caldo Pianto vollro . n

//co'StoìJé- VOI nataà gl’imperi, e del gran Regno \ J De la Francia guerriera alta REGINA,

Del cui valor lo Scettro è premio degno ,

. Che Italia ammira e che PEuropainchina; Non fdegnate aggradir d’hiimTle ingegno^ li Don , che puro affètto vi deftinaj ;*

Che chiede viua ogni ragion , chefia .

Il Pianto di MARIA facroà MARIA.

A quella gran MARIA , che qual Colomba , De l’Arca di falute arreca pace la cui p rudenza ,'ch’ immortal rimbomba , Via più che l’arme altrui pauenja il Trace ;

Xa cui Prole Reai la facra TOMBA ,

Ch’in mano Holìile inhonorata hor giace ,

,.k Deue ritorre, e con la Franca Spada

A no ua Monarchia farli la Brada. \;

y 5

WLt^^acc,’au, Pure j òper virtù fplendente

Lampa del mondo , e Sole à i guardi noftri, , , Volgere , ed affiliarla Regia mente Al fenfoalmen di quelli tetri Inchioffri , jf Che i vcrfì miei v affanno eternamente ,

Fatti perpetuià irai de gli Occhi vollri; b Ne fu, ch’ardifca con enfiate labbia Lacerargli già mai Dtfdegno , ò Rabbia . ,

GIÀ»

fv>a t rWj

PRIMO.

b

L

^GIA'LA gran Cena , in cui fe fteflo diede j**.i'a/ìH

Percib^jJ^AIme il Rede era a

co il

empia

core immondo ; ma occupa veder

Sazio

Juan oJa Atb v ,c*i'.x>gni

chiaro esempio d’ vii’ A mor profondo. Vivanole al Reo , non ch’à i Diletti Tuoi, lauarei piedi, ed asciugarli poi.

Dopo che l’Huom diuino , oprando , hauea Segnato altrui d* Amor veltigio eterno ,

La Verte piglia , e doue à l'hor fedea Laiacra Madre , morte il pie fuperno

À l’arriuardel del vie) , la Dea Da vn viuo Amorcommofiac ne l’interno, S’ inchina humile , e d’ alta gioia accenta Gode nel Volto pio la Gloria immenla .

Ma poi che l'Alma fan tai rai lucenti

Afcoje , ood’occhio human ne viene ortefo ( Così il co ncauò fèrro à l’ombre algenti Suole adarte occultare il lume accelo )

A l’hor co’l volto difcoprirrt ardenti (tefo. Gli occhi, e Io fguardo al Sommo Padre in- i Ma pure ancor nel’alma Faccia appare

/ La Maertà diuina , e Angolare .

ij/

l/H

) Intanto il Saluator da l’aurea bocca \ Scioglie de l’eloquenza i vini fiumi,* __

\ '"Sole è la voce fua , che il giorno (cocca ,

Ond’ apra il core ifonnaccluort lumi: ^

. Ne s’ode già he la celerte Rocca, f Felice ltaoza de gli Eterei Numi, v,^TahneLodfà , eh’ egual fe* n vada a quella.

Cui forma di . G I £ S V l’alta fauella .

A i Ma^

p I

ANT

i ©

a/° \ Madre, lungi non è l’hora preforma

( Di&)ch’io morir degmo, acciò ch’i^ t ^u-^^SaJuu: al vi ondo % reiii homai tradita )’l mio acerbo morir l’iniqua Morte*

(tc

io por-

jvfTw Coli

rbaaìicor ne! cieco Limbo afflitta

j * A - V. « « ' J _ * 2 \ f/-» T) A»*f P

c*<

ìj^' V Mi attende già sii le Tartaree Porte ;

) Mavoglio,pria ch’ai R egnooicuro tovada, To’! proprio Sangue mio farmi la itradàT

Irte dir

1 I

UT ]

Per quello iolo ilCiclo , albergo vero De laDiuiniti, potei lalciarne,

Venendo per eccello almo fenderò Ne le vilcere voilre a prender carne. S’ardente Amor, con si gran magillero, L’Eterno, ed Immortai ti, che sbucarne, L’ifteflo Affetto vuol , che fra breu’hoffì Per la falute altrui tradito ei mora.

Dunque be n’è ragion , ch’à voi Tua Madre Si (copra quel, ch’ad ognialtr’huoms’afcó- ,/iaq Preda ei fard di federate Squadra (de;

Berzaglio,e gioco a mille lingue immonde. v Abbandonato al fin dalfuo gran Padre,

/Da cento verferà Piaghe profonde , ìlio /•/ iu I Mentre c’haurd di lui Morte la Palma , l

l Co’l Sangue miflo in vn l’Amore, e l’Alma»

j a

i0vac \ Per quello al dolce Figlio homai donate \fajt*- /_ Gli virimi , e cari ampleflijò Genitrice,

B gli occhi rugiadofl almeno alzate,

/ t Rimirandolo arcor, mentre ciò lice . w*/i Deh (opprimile iipianto+e toufolate.

Del luo fermo volere eflecutrice.

Voi lidia al fin ,vi prega per quel latte.

Cui già gli dier le vostre Poppe intatte.

* Ec-

» ctJ>

STIMI

m

R

T M O.

ccolo à voftri piedi, humile attende Da voi gli eftremi vffizi di pietade;

A il « - - _ I V* « X M uA vV» «II*

?

1 -# 44 Y VA, (Ili ylllviiJl T vii

À quell’atto douuto hor prurito il rende L’affetto, ch’à morire il perfuade: 0

I*. 1 I * \ ^ ^.r-rìl /A *7^1 »

Beneditelo homaijiientre egli prende > /

Da voi congedo; eSiféilàgranbontade.

Cl^’f^a arCiel, per lai s’impieghi In diuote parole, e in caldi prèghi.

p. qui s’atterra, e riuerente inchina j# *ib&' h'ctrt <■

La facraTefla, eleparole afcolta, ^

'CtitldéT* Èfmpirco Ciel l’alta Regina A pena efprime in dura angofcia auuolte.

Sembra vn* Etna la Donna alma , e diurna AL£p|p foco fi , d l’ hor che volta ÀfPadre Sterno con turbato ciglio ,

Benedice piangendo , il caro Figlio.

Sorge ei commoffo , e con vn mirar dolce Guarda la Madre pia , che Halli cheta; *

Bene il raggioj&ufcui^ i<ryu^

da*

tu.-

Non già a negli occhili 1 agri filar diuieta : ^ \ /> ~

Oie mentre

il fero male in tutto accheta) uic mentre a I’hòr più cfTacerbato punge, _

Egli in breue parlar tanto foggiunge . (Uìp 1

Duelli affetti di duol , ch’altero vn Mare

Forpian dipianto in così 1 arga v e n a^ jL^J?L$ Sono, Diletta mia , doglie più amare

Al niello cor d’ogni futura pena.

Qui tace il pio Signor, che raffrenare Pu ò ne le fante luci il pianto à pena , Ben di color vermiglio dl’hor lettole. Che la materna man toccando Umile .

Ai ,

ha n V

ni bène Vogn i o ia , ogni fuafpeme .

I ' f) . ^

$Per fauellar foura le labbra appretta

<*. PIA N T O

i s

;/ . \ Ma già non può la fconfolata Donna

“■an t Frenar l’affanno si , che non traboccfif£

Poiché inondando il fen , bagna la gonna L’afpro maniache in piato efce Dgli occhi. Piange in penfar a che l’alma fua Colonna */X )& Phot cadrà , che l’empia Morte (cocchi

V infallibile ttral , cadendo infieme

I . - ~ 1

%T

l Se’tì c orre a gli occhia fa più vi imì s Cv Apre la bocca fcolorita,ethett

fiócric f E co’lgrauemartirfà tregua alquanta* yttCo : Rifponder vuol* ma per Ja doglia atroce v- Parla co’J pianto più, che con la yoce..

E pur fia vero ( dice ) amato Figlio'," " ,

(die mortavi s’appretti acerba , e ria ? . \

L - ' Deh pria termini pure il lungo effiglio

JlwiH. s Deiavita mortai la morte mia.

Qual confort© mi retta , ò qualcónttglio,

| Cte tutto affido .. e duci per me non fia ?

Ahi Piglio , per pietà mi na conceffó**90^ Chiuderuigli occhbepoi morirui appretto.

Ma rorfeVn si bgl donò in vano io fpero ,

* Gmntadéf giorno èttremo.à l’vltim’hora* Ifotyólp groppo amara è la pena , e troppo fero"3*

\ t’ il tormento, che m’ange, e che m’accpra. Ma lottcntate voi , fottegno vero ,

La debil vita mia , perche non mora , v Tato eh’ io polla al vottro Corpo ettangue Con le lagrime mie lauare il fangue .

<y\ #

Se

PRIMO. 7

mi fi niegi ciò , datemi almeno.,

^~vCff lapaipTiij èpla^r^èiulfeia, e’I Cielo Perlo delitto anch’ io de I* Huom terreno Al ferro cfpoago il capone il fen non celo : Bramo,e chìeggiò ancor’io3ch’ammédi à pie L’error primiero il m‘

Hormai nV impetri , ì ( S’altro non può) ch’io voirtà

V;»S ' ... ^ , \

* Se da vna Donna origine il peccato

> «j kk j? ;

à vietàtOTrutto

E fodfsfaccia à tanto danno in tutto Anche vna ponna^elerinchiufeP’orte Apra del Ciel con la fuagiufta morte .

. Ma^3eTPa3re Eterno alto Decreto , }kp

In oueltolV.l.i i t miopenfiero aeraiWl Cfmquefto loto CTr^lrempia macche'

Farà ne Palma mia più crude piaghe . (ghe

\tL4~CtSa

Così gite al martoro frjjhi dipartita.

jChe mi trafigge, ahrgTórno , ahi giorno rio, Tsori date ancora a! cor Pàfpratòrira , -

Co! proferire ( oime ) V vi timo a Dio . Dunque à la morte voi , che fere Vira,

Per l’altrui colpe ? ò potente , e pio,

O di pietadedfempio illuilr.e , chiaro , O grande Amor , ma per me troppo amaro.

mM

8 PI A K T 6

. l v 4

/Tace la Donna dl’hpra , il duol nel core ,

✓-v _ Ji j 1 - _ J * *-» i > A (

Sofpirofa, ed humil s’inchina à terrà: '*5"11*— /5} *£*À1 nncommoffa dal materno bttiór&j*'*'

***** l Del Tuo Diletto Ieginocchia afferra,

Fpuì pur Itringendo al fen, méntre fi lagna, tCon lagrime infocate incende, e bagna.

Già così d’abbracciar con fermi nodi L’Hedra l’aurica Piaqr4jflftflJ^^j>,,, ., j

Che con più forti ampleffi hor’ e cn* annotti la Madre al d o 1 ce Figlio iBifeddàfili . \

Vinto GIESV con pierofì niodlT/^*^ Forz’è che volga in lei le luci amanti,

E che foggiunga:Il vottro Alitar veggio,

^ Ma giunta è l’hora, e più tardar non deggio*

Ecco me’n vado , h om^i reftate in pace,

O Donna lol de l’alta Gloria degna.' ' >~~‘“ Egli alza il braccio, elkTol'pira,e tace.

Mentre la man la benedice , e fegna.

Vaffene intanto il Saluaror verace,

4*„ naiS Sellala Madre, e come il duol i* infegna,,,

' 0 Dirottameli te poi verfa dai lumi Del fuo dolor precipito# fiumi.

, 2. 9 - *■*•»

j toilèrà fuiene , e già con faccia fmorta,.^ )f

l lakice à gli occhi , il fiato al cor s’inuol^pj Indi mira, e refpira,e meza morta / Vorriapurdir, può formar parola: \

' ^Quando il guardo del piè fidata fcorta« s ■f*1 ; Al diletto GIESV dietro l'e*n vola.

Ma più no’l vede, e feorge l’orme fole, L’orme, cui contemplando inchina, e cole.

X

Toti

V

Jì,

’nuJUtlirti

P R I M $

U'orna in fe flefia/s in Cie I le luci fi (Te, /

"Hti^ntiTa ir colf aaì^'é't ter , /

CVft vii-oiiìicuiloo :, f to c niirr,ilfic)

CoT I ang u ea riiaùar PAn ì m e iidc t te.

] nwwéfftSPocor /cffelfteèfffafifle,

Qual’èmal, chenontema,enon alpette ?

G i à gìt^Tar^tiai colf areraltri 7cfr*app o rte^

Del luo Spirto vital i’ingiulta morte .

Ma forfè ancor con l’empia Turba errante ^

> Haue dura ienzofle.fj^ocftntflao.

'ytaciel Corpo cium le mcmbralante /z L/^d /Son de li-rabbia altrui mifero paltò. 4/ /

v^irÌ^4'l,l^l,nffiÌOT?W UTn^iPV^gìo auan te ( Villa dole nte)laccrac9A4gjjjijJ_Oj E vino ? e vnio-aricòra ? ancor mi (erba A villa così rea la doglia acerba? *

Ma fe tale è iLvoler, di chi mi fece 2

Vérgine Madre, ecco iiVaccffeto,e taccio,

Che per fuo amore, e quattro volte,e diece ° Hor otfro il core à più dolente impaccio:

Sangue verfino ancor di pianto in vece Quelli ocdii miehche volentieri abbraccio Quat ^na dlér può ntìrfJ|E^.cru da, ed empia ir ciie del mio Signor !a voehaadempia .

? a 1 Y}-rr-

Pur

"^i piange, e parla. e‘l traboccante aftett

quanto può, nel cor chiude,eriilrù)g> L V "‘Ma non così, che fuor non mandi il petto /&&&& ^Braae vnfofpirithe il volto accède, c tinger? R ^^me'nv'apdfTthe il lumtnòfo afpetco ^

Di vermiglio colore al Sol dip ingc: f%

Cosi i raggi Febei fanno tal bora ? /Rolfeggiarnd mattin la rofea Aurora;. J ^

\ . a 5 P°r *J

,I*fc

IO PIANTO

- ?

lunga dimora , ecco riforge ,

" - ^ Quali di Tonno interno, il cor diuoto,

-C * -jp-ili l icj.cl 1 afi ritira, e penla j e porge

iffe,: v : ai i j! o , in loco altrui dinoto.

PIoFe fo.irnd/èToiiran, che il tutto jfeorge, S’vn’elficuce orar d’efFetto vuoto Elfer puote , à gli occhi homai inoltrate, 'Quanto in inezo il cor mio fculto mirate.

- , «Tanto fol dice , e replica più volte.

Lfiilcfle voci con la voce interna,.

■'* LÌlùi*<i (Tal diedi Dio ne! grembo imméio. accolte- Ipano in lui l'alta paterni:

Chiama vn Angelo a Inorai quelle folte Diuine Squadre , cui Michel gouerna; Vanne , gli dice , con pietofa faccia ,

•D.'^ quanto vuol. M A RIA, tutto fi facci*,,

S’ inchina quegli-hiunile , e’J bello , e’1 lume

'u// f o Dipone:,. e tolto parte , e giugne a l’qora ; Pi tarerai di-, e Za ih r nonna l! piume >

Ne il crefpo,e biondo erin la fronte indora: Tmùfibile à gli occhi è il diuin Nume,

Che vede tei , che Diopregando adora ,

'?* °) Ed ode poi con lofpirofi accenti-

l Spiegar, piagnendo , i fuoidelìriardenti ,s

\ 7

> / duerno Dio( foggiungne ) abieta, e vile

Sondo , no’l nego , à tanto a (petto innanzi, ,, - Pur la nota pietà edipriego humile,

i-V uol che nel mio difio più m’ifperanzi j P eh le per me non hi cangiato Itile i I/alra voflra boutade, àqueltiauanzi

Del 1 angui io mio Ipirco , à quelli prieghi llpotente voler fi volga , e pieghi .

Fate,

PRIMO-.* il.

i 8 ,r

Fare ,ch’à l’egre luci domai li inoltri Qualunquefiadel Figlio mio l'Imago^

l-acelo, o Dio ;PcfpaltÌl.ì#W&W, *

Per quello pianto , ond’io la terra allago y-'aujà^ Piatolo dono è pur , s’ io chieggio lolo Veder G IE$ V, per compatirgli il duolo.

Haueua à pena il diu.iii Nunzio vdtto ? L’vltimofuon di quelle voci indie,)

Ch’i lui nelTen, digrazia oen’iior munit< GèrmdW^^TeTl

e comrnol

pm

tenerito

Lieua à gli occhi di lei , fonti funeite -> ty/u/ni'r,^ Di nollrahumanita, l’opaco , el’ombra\

Ch’à l’ Anima immortal la villa ingombrai

Come ad occhio terrea , di’accefe voglie Habbia di rimirar dipinta tela ,

Se il velo in cui s’inuolue, arte dilcioglie,]

Ogni oggetto fi lcopre, eli riuela. _ >

Cosià MAR t A.’che détro il petto accoglie Di doglia vn piar , piu non li vieta, ò cela Il ritratto del loglio , e’1 vede à punto ,

Qual fuffe , e come in quello acerbo punto.

T *

^Era la notte , e la facea maggiore ^p’atre nubi cosi la verte bruna

Che palfar non po tea l’ofcuro orrore ì Co’l debil raggio fuo l’argentea Luna.-*

/ Co’l lìlenzio congiunto ina il timore ,

/ Ch’inoturni fantafmi, e Pombre aduna ^ j Cinto di fogni il Sonno , oblio de i mali d^gf****

f lulfogaua od cor gii egri mortali . S v a 6 Da

12

"PIANTO

quella parte* oue il Sol nato irraggia rWM'^CLagràn Città de la Giudea Regina ,

, fp ^Siltendeàl’Aquiloncuka,efduaggia A'^L)tValle regai , che nel Cedron s’inchina. .

Di quel T orrente orna l’oppofla piaggia , rlà il hello Oliueto il piè declina ,

iy ìyQrticeffche con leproprie dóu~J^fV Rende gliocchi contenti, e i cor diuotlj

Quiui fpontaneamente apre il terreno /j r le viicere feconde à i Lauri inculti ;

V Quiui i Cedri, e gli Aranzi al Ciel feren

* Son da la Terra fol nudriti,e culti:

Co’I verdeggiante Mirto il loco ameno '?

Diuerfi forma qui recefli occulti ,

Doue vn lilenzio pio, che Tonibre additai Altri ad orare, ed altri alfonno milita. *>

A - /

P . V . V / , # ^ A

Quiui di bianci, e di vermigli fiori "S £

La fìepe naturai nioftrafì adorna, \

E lieto qui del iuolo à i verdi honori \ Ilveflolo Monto n piega le corna; /

Sparge la Rofa i matutini odori, j E de l’oflro natio le fronde adorna.

Mentre il temprato Ciel con Laura dolchi Rifanapdo l’infermo, il Debil folce. J

Vn vago fiumicel, che l’onda pura Ne’ fatò frange, e corre frefeo, e lento .

Dona ì vitali humori à la verdura ,

lui fpargendo il fuo fugace argento;

È qui ni ancor ne Ja feroce arfura Il femplice Pafior guida l’armento, ~ (ue,) E‘1 mormorip,cui forma hor molle,hòr gra- Porge à 1* vdito vn’armoniafoaue. \r~~^

' - In

P R 1 M o;. .

In quello loco il Redentor vemua .

Frequente, orando , àfauellar co’I Cidojj VU it Eraui à l’hor, che de la Donna, e Diua Hutrt'n K V il gran Padre e le preghiere , e*l zelo C Horquì vede ella alfine in forma viua Il bramato fenibiante /e vn freddo gelo ^ <

lailringe si, che il corpo immoto, e ialfoi'v ót'wu Sembra per la pietà ftatua difalfo. j

- 4 7’..

E del fuo Figlio al Cielo intento, e fiffo Scorge bagnato ( e iella quali eftin ta>

Da vn purpureo fudore il bianco vifo, / ,

Mentre da graue doglia è Palma auuinta*

. Al lagrimofo guardò anche improuifo ~> * S’offre d’atro licor la Terra tinta, x

Onde ben par con la pietofa faccia , > &

Che in viuolangue il pur© cori! sfaccia.’)

Quando ella fente irrigidirli ilfangne ] /rd-aht'è A l’atroce fpertacolo di morte , /

Mira GIESV cader prono, ed eflaaguey v’hà alcun,ch’il (occorra, ò lo confort cj Che con Giouanni addormentato langue Giacomo, e quei ,ch*apre l’eterne Porte,

- Tre, cheil Signor con le fue labbra ifteffe Per cari, e firn à gran fatto elefle. * .

Come dormendo mai s’altrì rimira j£f

Vn fuo fedele in graue rifchid auolto J S c/J) Quando à l’aita, à la vendetta afpifa , \

Mouerfì i l’hor non può poco, molto;]

E mentre freme, e per dolor s’àdtó, l

Quando li sforza più, meno è diftìolto,1 (

Grida, ch’altro non puote, indi repente /

ScofTodaqueUavocepei^ri^e, ^

tre

. I* - . pianto

V o

Cosi MARIA piena d’atfetto , volle Porger, correndo , al fu o GIESV loccorfo. Ma Iparilce l’Imago , e infieme tolle L’oggetto àgli occhi, ed à le piante il corfo: Con vn gran grido à l’hor, ch’alto s’eltolle, Riede nel cor lo fpirto , anch’egli corfo Al tragico fpettacolo , che puote Del Monte intenerire ogniafpra cote’.

| v

/ poi che il pianto alfauellar diè loqo ,

’* ^ Diilecon voce languida, e fmarritd.

Alma , perche tornarti , eflangue, e fioco Lalciando il meglio (oime ) de la mia vita? Riedi pur co’ i folpiri d poco, d poco ,

Do ue, mifera te , Felli partita ,

lui rimira ben , ch’altro nonchieggio ,

Che lcorgerai , che viuer più non deggio.

- fi V

Co ntempla quel fpdor , quel fudor viuo *

Che da le membra amate fcaturifce ,

Anzi porporeggiar di l'angue vn riuo ,

Che il corpo delicato indebol ìfce .

Deh, chi del Figlio mio , per cui fo 1 viuo , La^olce amara virta hor m’impedifce? (ro. Ahi troppo il veggio, ouùque gli occhi io Altro che fangue ,- e che GlfcS V non miro .

try^vyPianto > che da Jekici , anzi da i fonti 'O f P’vn moribondo cor si caldo fcencji > jPoiche i fenibpnti fofpir^ti , e conti Co’l tuq vel ini confondi, e mi contendi . Den fd quarti occhi d Iagrimar men pronti, Che troppo , larta me , troppo m’ offendi; Per te non veggio il volto almo ,ediuoto, ,Mel dolor , nel ludor , nel fingile noto .

Ma

o.

If

fr

A”4£*‘

PRIM

S 4

Ma che pois’ io mirar f?ólcura copre lyiatb la notte il Ciel condifufati orrori Oime la mente , oime pur troppo fcopre Le forme de 1 ’angolcie, e da i ludori .

Tornate homaine gli occhi ài’ vfat’ opre , Acque di pene , affettuolì humori , jL Poiché alquanto per voi la doglia eftremay Nel tormentato cor s’accheta , e fcema .

Figlio languidi , Amorch’ogni altro pafTa, Perch’acerba memoria in me conferuì Ti mirai con quelli occhi , ò come lafia ,

E quale à maggior duolo ( ahi ) tiriferui >

La rimembranza loia il cor trapada ,

Son le memorie mie colpi proterui ìwjlób

Onde ben , che graziapollo dire^ \

*■ v /"* ' I - - . . a .. a A \

Penfare à tanto fcempio , e non morire/

f 6.. . . . /J

Perche non può quelle diuine dille ? ùl Del l’angue pio lambir l’arida lingua Del l'angue , cui pietà che dille ,

Solj pche il vecchio error laui,ededinguà; O pure il cor con mille doglie , e mille , Quante le gocce fian chiaro diltingua Del vermiglio fudor /pérTEònorare i Lepodapoicontantevociamare. J M

5 7

.SuS^

Ma pure il Figlio mio dadi caduto

Nel duro iuolo , e’1 duol così l’opprime,.

Che bene altri può dirpriuo d’aiuto, Abbandonato giace il fublime .

Perche non vaglio in quel tormento acuto

L’Alma chiama- e àie lue danze prime? I ** J)

Opure à l’egro in tanta angolcia auuolto J Con le lagrime mie fpruzzarc il volto? ó y

1 6l PIANTO

f E

In così mette , e tormentale note

l

jtfl&vtt Esalando MARIA la penaocculta ,

( Nel catto ferro, oue il martir percote 7.4/0^ Retto in graue afonia l’AlmaTepulta 4 Non relpirar, piufauellarnon puòte.

Non franfe già la vaga chioma in culto.

Che ne la palfionejil catto petto o Cj A-penfier tanto vii non diè ricetto.r

, y o

Se ben far così intenfe, e memorande le pene in' lei/che fuperar qual mai ^ rr Soura capo mortale irato mande i Orane flagello il Ciel d’acerbi guai#

grande

igne

«*#• uh c Solo versò, piagnendo, in copia g i V (liquide perle da ipietofirai,

rDa quegli occhi, dacuiforfe le-Stelle [Tollero in Ciel le lor fèmbianzebeile*

n ...OC

^y^tScanca al fin forge /epagliarefca fede ; PofanHb’ ingombra, e penfa,e tace, e piagne) i J ^ fecco arbufcel fola fi vede ! * ( Tòrtole ttar , che in tìebil fuon fi la^

Dopo mille penfier,penfando riede AI FigIio, puf temendo,ch’einon bagna >•? Tiitto a-ffetto, e feruor languido, e fola Col fanguepio quel fortunato fuolò .

$'atf r In ju eli a amara àfflrtcion fi ftrugge, r-v

- ^ c Nè’còT graue martir fa pace, o tregua,

L Ala pioggia de gli occhi il coi- s’adugge , - ,2 V Anzi egli ttefto in piantò fi dilegua j r

uC6n vn fofpir, che fpregionato fugge,

.Cui par, che l’Alma addolo*g#l fegua: %**# ria faccia fcolorita , è lagrimofà i la tremola man declina , e pofa* nI . . . Metta

PRIMO. 17

6 i.

Metta cosi/cosi piagnendo ftaflì,

E più Paffliggefconofciuto affetto. Ch’opprimendo gli fpirci infermi, e la 111,

Si face alfine in lei tema , e fofpetto .. ^ for>xJu^C Ogni debil rumor par , che trapaffì Con punte acerbe il timorofo petto ; S L’aura, che fronda, ò foglia à pena moue \

( No ch’altro) l'Alma nel bel fcn commoue»)

t i, i />

Horcosi dubbia ftando, ecco l’offende jrmécL

Suon confufo I’orecchie, e più d’apprefio, >

Che corfo d’homo,e quel rumor cóprende/

^Che fia da tema, ò da Ipauento opprelfo : 7 Prefaga di gran mal timida attende ,

Che quelli fia de le fue doglie ilJéftffo ; y

Onde tutta tremante, c in fe r diretta, * }

Fatta gelo, e fudor, l’Annunzio afpetti

Ecco vn forgiungne in tanto, e si perdute Si mollra fuor, ch’d pena parla, elpira,

Confufo , fi confonde, e irrefoluto.

In vece di parlare, il piè ritira;

Tutto polue>e fudor tace il faluto.

Spetto tende l’orecchia , e gli occhi girai /

Doue pria venne,eperfouerchia tema / /

Gela iffen, batte il cor, l’Anima trema. i J

.0 s

Era Giacomo quelli, al buon Giouanni Frate, e Figlio maggiordiZebedeo, ^

E di colei, ch’à Dio"( mentre d’affanni

Parlauaàfuoi)la gran dimanda feo: _ (ni

Già Chrillofal’hor che il voltoli pa-?

Velli di Gloria , e più che Sol fplendeo,^,^

Staua poco ami leco, onde è, che vere Hora po tea diluinouelle hauereto

Ss*'

H PIAN T #

o *

I raa* f >0,!?h« brt„ue ripo(o a l'egeo fianco

Il V Diede nftoro , e che la tema algenti '

’L- Non premea il fender la faticaftanco» .

A gii v* antichi fuoi tornò ia mente j »

, “aP"r ‘>e^ok®%opeotato ' A >y,. eli dubbio ftMe ,j cor dolerne, 7*<jw/Nepuo voce formar la linguai lliotra .

C Che da pianti * e fofpir non fiainf errotta*

Dopo vn lungo tacerai che pio volte 7jL/ fio Sòie iafabrailftuellar fimoffe, ./^ . l’afflitto Meffaggier, c’Iuuea fepolt* le forze nel timore, alfinfifcoflej E le lagrime pie nel velo accolte ,

^ Wciugaóa le luuhupiide, e roffe,

'-Ji guardo vergogn.ofo alXuoio aft/fe Con vn, caldo ioipieo , e cosi dii fé.

£ £

Hor perche fi da ol,chXn torno al cor fi firinXe. Quan,^° *UI fpetcator dei graue cafo ,

Coni acute punture (hai) non m’eitinfe. Che fiato f oravo fortunato occafo?

Deh eh afpra Fune il pio Maeffoo auuinfc ,

A hi d empia Turba hor’è prigion ritnafo

Il votrofigho , il mio Signore j ò quanto Duolnud efier per voi Nunzio di pianto..

Venne ( guari none) colà ne XOrto,

Doue si /beilo egli ha d’orar coiiume,

£rmat<> ftuol 3 da Duce infido /corto'.

Fatto ribello al Tuo Fattore, e Nume:

x S11tn°,rna|J>a jf mio R è c?’i volto /morto* *

Quado meotro la Torma, à l’ hor chiudaci UmPeg^ nulle ferri, e mille faci

Al*

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V RIM O .

7 9 r

Aia villa terribile , e improuifa ^ y Jn+*p,ì[S Non muta il mio Signor colorerò patto J J Benché d’armati v.eggia in fiera gu ila Ogni llrada ripiena, ed ogni palio;

Ma loc nel volto il diuin guardo affila.

Chiedendo con parlar foaue , e baffo >

Chi cercalfero mai pieni d’ardire.

Con l’arme ignude, e in atto di ferire.

T I

In fuono altero, e d’arroganza pieno Rifpofero gli Hebrei con atto indegno?

yr-a-a a. nJ\

Che gian tracciando intorno il Nazareno,. C^trca.f DettoGlES V, Solleuator del Regno .

Io fono , egli foggiunfe ; e. qual balena A , . , la voce fu s che Feo ( mirabil legno Del diuino poter ) cadere alUmJo Confufo indietro il formi dabil Stuolo

l~jr

Quafìvole/Tedir. Quello fon’ìo,

Che fra T uonire Fulgori in cima al Monte Diedi la Legge fcritta al Popol rio.

Mentre mi tea le memorabiPonte .

Io quello fon, chedoue fparge il Rio Mele foaue e verfa latte il Fonte Già i’introdufli , e per lui pria trafitto Con piaghe atroci natica l’iniquo Egitto.

7 . ,

Poifeguitò , dicendoalfero ,ed empio

Stuol Jcherilorfeinminaccipfoafpetto. ***'

Se me cercate pur , fenz’akro feempio libero vada il mio Drappello eletto.

O d’infocato Amor diuino effempio ,

O di rara pietà fublime effetto, ^

In quel punto crude! inoltrare affanno,'-i^^/ir-e‘si

Più che del proprio mal, de l’altrui danno}

. *

là' PIANTO

« / 7 - r* . .

ji Ed ecco Giuda fiior de la Mafnada Wr*. c /Jefce,ed al Redentor con atto humile J ./V» *t. f (Quali che puro aderto il perfuada) ^

V * Èa de le braccia indegne empio Monile:

Perche al fianco non ha tagliente fpada t “TChe cotanto non ©fa alma si vile) 3 Ui*"»- /“Disfoga con vti bacio il Traditore /<koù*^

1 tEofdegno infame, onde s’adugge il core.

{ Bacialo' il fero, indi il fallita ; ahi come

) / r-Lingua crudel non ammutini à l’hora 3

da te fi formò quel caro nome,

» Per cui d’ogni virtù Palma s’honora?

tremò il cor ? s’arricciar le chiome? la terra s’aperfe ? e viui ancora? ji Mira Scitainhuman pietà infinita.

Chi tradito è da re, mantienti in vita. '

'// ^aci*° l’empio velen , elle di folate (faivM. Por tali i irLVece^kru i doglia mortale . i1 Finche ferro pugnefii ,e ieferute

Mei’ Alma fur, doue più forte è il male I Hor quel nemico fen d’ogm virtute ,

Che primiero ti diè l’empio natale ,

Ben li puote vantar d’hauer produtto (to. Vn Molfro, più d’ogni altro infame, e brut-

\^c 'a Apena hauean quelle profane labbia '-Toccato il Volto glorlofo, e pio, i! i Che da i Miniftri Hebrei , colmi di rabbia, ' è'yav < Fùprefo(ahicon qual modo) il Signor mio*

/ Serpe non è ne l’aprica labbia l De l’arfa Libia, e si feroce, e rio, *

1 / Che ih paragon del men crudele,e vile

) V_I>i quegli empi pon fia piecofo, e humile.

' u Fra

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27

P R I M ©.

» v m ' q-

Fra gli altri AlfaltatoriJvn’HuomiuperbtKyw^ui^J Oltre fi fpigne,e’l Redentore affrontaci , ^ Di petto largo , e di forzfato nerbo,

. p Gràde così,ch*ad ogni altr’Huom formodt ivfo. Torno nel guardo , e ne la faccia acerbo ,

'** Che mordace la lingua , e la manprontao Hor con beftemmle quelli pria Poffeiidej Folcia adirato à viua forzai! prende .

7 o

Qual Villano inhuman, che ne’ Prati Afferri vn bianco Agnel con fiera mano , Lo llrigne,clega,enodiinufitati Miniitra il cafo al furiate infano.

Quel manfuetoi puri fuoi belati Ne pure efprime, e tace, ò duolfi piano; Tal’ era il Saluator , tal quell’empio D’ogni empia immanitade vnico eflem

8

/4-

empìo.

Tenea nel fen da la finiftra parte

t > fa

L’idolatra Fellon ritorta Fune, ? J n

Ordigno infame, e vii ne la crud’artey

De le mani rapaci, ed importune. J

Hor quella adatta , e così ben comparte

( Ah n’andrai Moitro d'Auerno immune.)5

Che in vn fol punto , in vno filante il petto,

Hebbe al gran Prigionier legato , e flrettor-'

[a il generofo Pier, che mai non torfe ‘T^*4’*'*** Dal’ amato Sig nor l’occhio, e’1 penfieròj)

Non curando periglio, ardito corfe Ne gli atti formidabile, ed altero; - La pefcatrice mano al ferro porfe * *

E vibrò vn colpo à quel minillro fero,

Che non toccandoli capo, il taglio mifef Nel deliro orecchio^ cu i netto iccile. s

&p.\ \4ZSpO

il

\i PIANTO

t . , i t

{■tv*** perla pèrcofla acerbamente dura fi \ IhBarbaro cade o muto ,e fmarrito, «.noLvt ^Quando GlESV mirscolofa cura ; i Tace co’l rat to fo Idei facro Dito;

i *Sana l’orecchia , e l’alma radi cura

- fNel cor, dal graue colpo anch’dftordito;

a miracolo tal l’ ire, e i furori Jlrtj 9 teiànon temprò neglioliinaticori.

i 8 ^

(t / Come T igre crude! , che il parto amato

M-'~' Miri di furto mortalmente offefo.

•»v

1

-

»*v

LJna ìy Mentre ei pargoleggiando in verde prato,

{ Hor corre, horfalta, ai dolci fcherziintelo. r S degù o , rabbia , furore il cor e irato Pungon del Moftro, àia vendetta accefo. Che ferue,e freme, e métre alcun non mira. Mordendoli fuol, sfogalo fdegno, e l’ira.

Cosila Schiera vìi j po l’eia che vi ^

Cader ferito il Mafcalzon fanguigno)

Per foucrchro rancor fremendo linde ,

Ed vrta , e preme il Saluator benigno; ||to»itfefa\lrri con motti il pugne, anzi il deride,

[/ ‘Altri c’hà il cor di Ferro , ò di Macigno, f / Ilpettrt humile , e le modelle gote 7 .uAit^a viCon facrilt'ga man batte, e per co te.’

i * 8 j

\»f (Voltalìpoi di quella Gente infida ! *wcatro\ T.amagi?iorparteceTFeritoreappelÌa:

| Dou’è, doti’ è il Màluagio? (audace grida)

. . - x Mentre il ricerca in quella parte,e in quella.

Damma non corfe mai, quando la sfida \uo3lvi l ^ mòrte' il Veltro ,'e si veloce , e fnelfa,

1 u \ Come Pietro fuggi, che ne l'bmbròie J ^ i Yifeerc de No tteàl fin s’afcoic.

Ma

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*3

laytf

PRIMO.

8 G>

Ma l’eflempio del Vecchione quella tema*. Ay'**" Cui ci impreflernel cor quei vili fieri ,/ *

l’ardire, e la pietade ammorzale feemal In noi ( no’l nego) e forma altri penfier&

Già l’anima nel cor palpita, e trema.

Già preda efler ci par di quegli alteri; ifrOndepriuidiforze3ediioccorfo,

WiCialcunfi diede( io lo confeflo)al corfoT\ .87

Hor qui venn’io per viefcofcefe,erotte, #

Come non so, più dir d’altrui,-.^

Poi che primier per la più cieca notte A pormi in fuga(hor me n’accufo) io fui.

Deh quelle piante dal timor condotte Già non odiate, ma fcufatevui.

Che il tutto fù(fe fcorgereteil core) Mancamento d’ardire, e non d’ Amore.

8 8.

Qui tace, e trema, e poi foggiug re: Io vado.

Già non ficuraè laMagion materna.

Che fcampo ritrouar mi perfuado In folto bofeo , ò in horrida cauerna.

Dateui pace homai , prendete in grado.

Quanto è voler de la Bontà fuperna . ,

Indi volgendo il piè ’ti mido , e pretto ,

Fugge, non parte il Dicitor fu netto.

Retta la Santa Donna a le parole, -*gnr*-

Al fugace partire, in modo oppreffa 'V che non piagne , non parla , e non fi .duolc^ o Ma eflanimata par fuor di fe ttetta , /j/

c Qual Paftorella , à cui rimaner fuole f Dal fulmine crudeli a morte imprefla r Nel volto , che fenza fpirto , e moto Vn corpo fembraefl'angue,e-d’ alma vuoto.

6-0

14

P I

A N

o o

T O

/ <dVte 1* inrerno dolor guari non lafcia Nel mortifero oblio fepolta l’alma,

- r Che à poco à poco l’importuna anibafcia ( Fa riientir la femimorta Salma:

C

ùjrift

t*

Già il core al petto ilfofpirarriiafcia.

Già perco te il martir palma con palma ,

E già la paflìon , che trabocchi A lei di pianto amaro vn mar per gli occhi *

? 1

rQual Fanciullio, ch’à debil Fiume chiuda •> 'V il corte la ne le cald’hóre elliue,

Crefce à l’hor cosi l’acqua algente^ cruda, 71' Che più non cape entro l’anguile riue.

A \ Se quel terreo riparo auuien, ch’ei (chiuda,

[ Sgorgano l’onde altere, e fuggitiue Veloci si, ma pofcia in vn baleno

/Manca la forza, e’I corfolor vieti meno .

, z

lai l’Anima ferrando il duol,rinchiufe UJagrimarne gli occhia l’alma Diua,

Cui non si tofto il pianto poi difchiufe, j Ch’ai foco de J’amor nel fen bolliua ,

Che sboccò, eh’ innondò , che (i diflfufe Per le guance, e nel feno in acqua viua;

Ma repente fini , che non tenea ( Il capo humor, ne il cor più forza hauea »

^ o a

Pur fe non verfàn gh occhi amare ftille ,

'varcar Sparge invece MARIA fofpiriacceniì.

Che ben fi potino dir poche fauille pel foco rio de’luoi dolori immenfi;

O forfè ancora aftetcuofe (quille , Cheraccolgan del fen gli affanni intenfi: Cosi mentire fofpira, il duolo elice Dala beli’Alma , c fofpiraudo dice.

Vdi

3V

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PUtMO. *5

0.4 .

Vditohò pur , che il Figlio amato, c caro Fatto è Prigion di Gente iniqua, altera:

Ambasciata funebre, auifo amaro , . (.,

Ch’apporta al viuer mio l’vltima fera, i*** ***-'

Dunoue il Popolo eletto, al Mondo chiaro.}

Per gii aiuti del Ciel , con voglia fera

Commette contraDio nel Figlio Fiieflo ? / ct/V Di lefaMaefiàl’vItimo eccello ? .)

O f

DehjCnepur troppo è vero, ahi, chepur troppo V ia più gli (trigne il cor pietofo, e giufto Quello nodo crii deh che non il groppo Da l’empia Funeil (acro Seno augulto. Ingrato Hebreo ,fecon peruerfo intoppo. Già t’opponeftiàlatua Legge, algiutlo. Quello licue error, poi c’hor ti fcopri

libello, e nel tuo la forza adopri.

o i>

Ma che parlo infelice ?oue mi porta

Sdegno, e ragion ■? che più difcorro homai Mifera Madre ?oime, chi mi conforta.

Chi mi foccorre in quelli acerbi guai?

Doue fé* mio Signore, e chi t’anparia Aitali, doue Prigion re’n vai?

Se per la viltà fol de gli Inimici T’abbandonaro i tuoi più fidi Amici .

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0 1

!/.

B

il *CA‘C?

Deh qual punto di duolo il cor trafitte,

A Ih or che con la bocca indegna,e infida ; li bacio mentitore al volto affitte

11 Difcepolo tuo fatto homicida?

Che ben t’vccii'e à Phor, mentre ci ti di(Te : Jfc Saluiti il Ciel de tuoi Nemici guida.

Infame efletuio,ahi,ch’yn tormento atroce

rt 'auolfe al cor cosi bugiarda voce .

B Diuv

PIANTO

* *

Dunque tradito , abbandonato, e inerme Figlio fe* fra tuoi Nemiciantiqui ? (ovmrt. Cne non affretto horhor le piante inferme* Per difender GlESV daquegli Iniqui? a Mifera, che dirai ? non ragion ferme

'jun/uA. Potranno dirizzar quei-con obliqui >

/> Dime, s’arrellall pie, già rifoluto,

^ tCu Che fora il m io non opportuno aiuto »

\ntii f Ma fe non parte il piè, ben parte , e vola yo \ L’Alma ,chcfpiega i chiufi vanni fui ,

C’Per poter contemplare occulta, e loia,

O Figlio (ah non più mio)gli affanni tui. Quella di Madre homai dolceparola Più non fi delie à me,£ia Madre io fili ,

Hor Donna ion, Donna pur, maio lo

Viuo vn ritratto(oime)d*angofcia,e duolo, 1 ° i s

Perche non piace al Ciel, chele mie pene Vagliano à mitigar l’afpre tue doglie ,

può il fangue sbramar di quelle vene Ne l’oftinaro Hebreol’ingiulte voglie ,

Nc 1 ’Hebreo duro più de le catene Lacci del Ceno, oue il mio ben s’accoglie*

Po teffi almeno in cosi dura lorte Darti la libertà con la mia morte.

ì la Vergine parlale cosi punge Sglìf Qa à. Vn tempo,? mag^iQrjnai.s’Atreca, <-h’a gli ardenti fofpiri il pianto aggiunge. Ed al pianto il mar tir, che l’Alma le ca , /Pace non vuol, ch’ogni fua pace è funge, > ^conforto nonhà la doglia cieca ,

' Tal che mentre di pena in duol trabocca , .ETocchio vn Fonte, è vn Mógibel la bocca.

S’alza

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17

trimo.

IO»

.'S’alza ral'horfperchefedea dolente) Indi il chiulo balcon dillerrain fr

erta.

Che (pera di veder l’iniqua gente Condur G IESV, cui lagrimando afpetta; Che non lontan fuperbo , ed eminente Sorge il Palagio, oue del’empia Setta Il Pontefice liaffi , à cui deuria

Prima il Prigion menar la Turba ria .

1 o a ,

Stabilire fra fe , che come ftampi Dritto di' Albergo fuo l’orme celefti p Scender precipitofa, e perche fcampi ,

Con ragioni tentar gli animi mièli i :

Se non può tanto , e che di (degno au ampi Via più il Soldato, acciòche fciolto ei retti.

CUfCs

')

Perche fc’n vada-, di prepar difpone Volontario Prigione, à la Prigione.

tSC

•I O

Ma poi che molto at tele, e nulla (corte, «

Se non l’orror,che il Mòdo cheto adombra, Cor.fufa, ilpiè dala'fineltra tor fe , re?

E di nouipenfier la mente ingombra; ( / .

Spetto torna d mirare , e fpetto in forfè ~z '/uAitave La pone con ambafeia il vento, e l’o tnbra P DeÌufaaIfinfiparte,^ondemaifempre 'i *an<> S’affligge, c Itrugge in lagrimoie tempre.} ì o s

Ma nouello rumor (qual d’Huom, che piange Per duro cafo, ò per feiagura acerba)

Con violento moto il cor tritt’ange ,7*7/0?/

Tal ch’à pena nel duol I3 vita ei ferba.

Quella c vn’altra Mari3,che il crin fi frangep Mentre vn’occulto affanno difacerba,

Matura Donna , à lei minor Sorella ,

Che Salomè dal Genitor s’appella.

B a Mo-

tcye

«t * MANTO

io*

Moglie di Zebedeo , diletta Madre Ite! pio Gioanni,al Redentorsì caro,

. ^ Che fconfolàtainveftiof cure, cdadre »

Sparge per gli occhi vn* Oceano amaro. Nel pianto dice . Oime , d’armate Squadre Il Ritratto d* Amor verace, e chiaro*

V Esempio di Virtù viuace, e vero, L’Eterno Diofatr’ Huomo è Prigioniero.

1 O 7

Per l’aurea Porta, oue già entrò pomposo Con folenne Trionfo i giorni auante.

Per quellaifiefla à piedi , e poluerofo Kor Cattiuo fe’n viene il Trionfante :

Tien quali dentro il petto il volto afcofo> 'vtix£vft Nèjde le Turbe il pie IafTo, e tremante Pia Forza rifponde / ahi , che di felua Credonlo fiero T oro, od altra Belua.

». io 8

4a»t ^-Pria grotta Corda intorno il Petto annoda,

\ Eferreo groppo ambe le Mani ferra ,

( Pofcia Fune minor ( ma forte, e loda)

( laccio indegno ilColIo eburneo afferra. Par chela Gente vii trionfi, e goda.

Mentre per fcherzo altrui fè’n cade à terra ,

E fi compiace si , che in fimil’opra.

Quando l’arte non vai . la forza adopra.

io# J

. .^-«Cadereil vidi , ed egli à pena furto, stnt**' “inprà minacele, esferzate(ahiferitade)

\ Nel mal ficuro piè colto è di furto , l Onde if mìncader, fé~5en noncade .

* Quando premuto c pòi con si grand’ vrto, Chclfordito vacillai fin ricade.

Ahi martire, ahi dolore , àia caduta ìY Ride il Volgo inhumano, e non l’aiuta.

Men-

JiPL.ru r

ri e t*.

prim o:

Mentre che dirizzar*' afflitto fianco ? J‘Xar--L- Il caduto Signor fi proua , e sfor za >/

Nulla fà, nulla può, che in lui già manca/ Ikouer chio dolor la p offa ammorza : ^ Quando (pietà fpietata) al corpo fianca Porge aita crudel barbara forza.

Che tirando la Fune, che ftrigneua LafacraGola (ahi con qual forza) il leu* . * -

Qu el miferando afpéttò in modo refe -z ti**- c yi Timidoil cor, ch’io di Ipauento piena S Più non potei mirar queli’empie offele ,i Onde il ferino Sttiol Prigione il mena i A voi me’n venni, e gran mal mi prde ,

Per la pietà, c’hor qui fon giunta à pena: ... Coiifolateui pur , così àDio piacquei Ah troppo detro,e qui piagnedo tacque

Poi ch’hebbe fine il ragionar funebre

De la pietofa Donna, afpro martire *

Stordì MARI A, sicomc acuta febre J*

Stordì M AK I A,si.comcdtuu.^tw Suole infermo tal’hor preffo il morire Al pallore, al rigore* à le palpebre ,

Tra aperte, e chiufe, in atto dtlanguire, a irrT^pn rfrrm hanrebbe , ò d’ Alma ca

itroJ

X ra aperte, e euiuicj m •> i

Akriben ctetto haurebbe , ò d’ Alma calla j vE? cii la vita, ò ad altra vita hor pana »

b i i\}\

Sii 1* homero gentil cade la Faccia ,

Che più non firitien, pallida, e metta > Priue d’ogni poter pendon le brucia ,

Stilla vn freddo fudor la facra reità : ,

Senza fpirito, e moto il petto agghiaccia» Cotal nel fen l’afflitta Donna retta v ^ •De la cara Sorella, che confala -

So fpira*£ piagne, e’ Uuo parlare acc ffa^

MANTO1

ÌÌj niu?(Nel Ietto pone il corpo, e freddo, e fio co,

[ Edipurolicor Iofpruzxa, e bagna,

C le velli fcioglie, ondagli à poco, à poco ^ (Ma fieuolmente ancor) fi duo!c,e lagna. Apre alfa gli occhi la dolente , e’I loco Rimira intornoi e la fcdel Compagna, ,Acui tacendo il Aia morrai dolore,

^ìon guardi di pierà trapafla il core.

' i: i jv

' Poiché Rango fcia rea, che tenea dentro ,

Con vn fofpir d* intorno al fen difciolfe f’In quelle voci , chenafcean più à dentro»

>( Forfè in mezo del cor)la lingua fciolfc Parole , cui dettaua infin dal centro -Bel petto il duof che tutto in lei s’accolfe,, Se la mia vita(oime)dunque è cattiua.

Ed io libera fono ? ed io fon viua ?

il i>

Come viuer pofs’io, ic cinge, e lega Dura Fune il mio bene ? e come fpiro ? Perche tarda lo fpirto ? ah non ii slega levivi D^meiioisa conyiimortal io fpiro > laila, m’accorgo si , c’hora mi nega C II bramato morir l*àfpro martiro ,

)fL‘i 1 y<Lc Ch’aflèdiandomi il ccr, tien chiufo intanto1 t ( Non ch’à l'Alma Pvfcita) il varco al piato..

la diua Man, che pargoletta in culla Chiudeua il Mondo, àia falute intenta?

La Man,che il Mòdo, e ii Ciel creò di nulla,, Duro ferro crude! ftringe, e tormenta?

11 Perrnf nimpWr mi cri-i rriA .

r -^uro rerro cruaei ìtringe, e tormenta?

[ 11 Peft«>Coime)per cui gii già s’annulla I Morte, che fia.con la fua m or te fpen ta,

L yn |accio afltrra/ahi, che per quello Colo La doglia è tal , che fi fa fpafmo il duolo .

If

PRIM O. il

1} Collo , à cuil’immortal Gloria fuole Far con l’eternità cerchio , e monile ,

Di cui minima gemma è il chiaro Sole, / ^

Hor*vn Canape annoda infame, e vile ?

Oime , l’affanno ,.onde il mio cor fi duole.

Non cgià(lafTa)aIfuomartir limile, ^

Sparger deuria qu^fta dolente Sato .

Per gli occhi il 'fingile fc da la bocchi* Alma* Morir,

Feroce Hebreo, che de i Tartarei Regni Fra larabbia , e*l rar.coryiui fepolto.

Se sfogar brami homai Tire , e gli fdegni , j A Dio perdona , in mortai carne auuolco »/* ef*' Me, me fola ferifei ; e le ti [dégni"- fiaJ* *

Donna piagar , da quefto-Véntre accolto " pria l’Alto concetto, onde pudico Partorì al Mondo lui , c’hai per nimico*

Mira, ingrato , che fe’3 eh? tifo Renne- Ne gli Aui tuoi , nel ferace Egitto P Chi bipartito il Mar pofeia ritenne ,

Nouaftrada facendo al gran Tragitto: .

Chi la tua vita alfin fazia mantenne Haértit'

Di troppo caro , e preziofo vitto J fl'ia.vw*-' * Né’ piu fieri Deferti , hor prendi^ e vuoi.

Che ferua in gioco à i fieri orgogli tuoi?

IlfintdelVrimoVianta .

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PIANTO SECONDO.

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[ A ‘kLA\T>A,cbe fi duolforgiugne Vieto] £\ E mrapoi con lagrimofo afpetto Quel , che foffirì GTESV dal Vopolfero Ue i Tribunali, e' l proprio fuo difetto : Scotolata la lafcia : Hor mentre vn nero Qrror fparge l'Jturora, ecco in negletto Veflir dogliofa Trtadalenqarriua ,

Cheti Tianto acre/ :e à laCelefte Dina ,

OSI’ piagnendo parla, e ad bora, aihora

Parlando, fuienlafconfoIat2_j Madre ,

'idq, Che col* penfìero al cor forma ,

Jtrjì ' e colora, #

Le cadute, i legami, e 1* empie Squadre. "Sóuente il volto accendere diTcoIora, Spetto le lue iafeiuga alme , e leggiadre Da le lagrime pie, "ch’altri à vederle Dir le porria, lagrime nò, ma perle .

Ma

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SECONDO.

z < .

Ma Salomè con efficaci note

SS

9. /-brama acchetare il tempeftofo nembo^ ' ^ '**[ Che non pur lauale modelle Gote,

lMa bagnando la Gola, afpergeil Grembo*.' Nulla dice M A R I A , ma file, e immote.

Le luci tien de la lua velie al lembo,

O dolendoli pur , la voce laffia

Vrà i refpiri , e i fofpir l’oime non paffia .

a

Toglie al ripoffio alfin le (lanche Membra, Évacilando il piè, porta la Salma /i l’altra Maria per doglia fembra ( S* à gli o echi credi loTfcorp olenz a alma:*

Ma perche dfcT E S V pur (Trimembra ,

Strigne mirando il Giel, palma, con palma,

E con lagrime calde, e con fingili ti 7 Platinivi Difpiega fuori i fuoi martiri occulti J -

Tale fi affi la Vergine , e non parla , ~

£ nel graue penfier tutta s’interna ; Gnyjtwa ^ Quanto più brama l’altra confidarla ,

Tanto Raccheta men la Diuaeterna:

Prega, ed edòtta si,manonpuòtràrla

In quella amara angofeia ecco forgiunge . , vecchio Pierjcon taciturno paffo^y#^

Ferma il timido piè ( vifta ei da lu nge <

Le Genitrice) e tiene il guardo balio.. J A l’ improuifo-arrriuo li compunge ?

Con nouello dolor l’animo laffo, J Temo , ma teme più , poiché già fente -?

Pei le membra vagar la tema algente, j v ^

B i Filo

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P I A

N T (>

O

ifìlw rFifo è mirato, ed ei pur chini à terra sa ' vNTien gli occhi vergogno/ì, e non moue, , / Qual Meffaggier, che d’infelice guerra 7 Al tema arrecar funedemoue . .

r.

i mi

a,

; \Supplicheuoleinacto,eficommoue

f MA Ri A chiamalo alfine/edei s’atterra

l In guifa tal, che con dirotto pianto l. ^ ; > Non bagna il Volto fol , ma inonda il Màto/.

7

/ Come Cane taPhor del Cacciatore

„V Temei la voce fol , trema al fembiante,

L Perche fece leuar co’l Può furore

/ Ilpreziofo Augel ,cui teneaauante.

/ Se richiamato e mai , con dùbbio core

V Os’afconde , òli ferma, òche tremante;

( Ne iti, fugge, ben ch’attenda poi

\ Il caltigo vicin de i falliìuoi. .

/ ? yCosi timida Pietro, e ritenuto,. i'

( Richiedo non parte,e non rilponde,,

L Svergogna vn petto irrefoluto

IPalefa più l’error, mentre l’afconde.

^ Ta ‘di vieni al coniglio, od à l’aiuto :

Dice al Vecchio MARI A:già intefi altronde

Il fucceffo del Figlio; Hor tu, ch’apporte

Fu nello- Ambafciator ? forfè la morte ?

9/ .

La morte nò(rilponde)ei viue,hor come. Rimiratelo Madre , ahi meda Madre , Inquedeamare dille/ in quelle chiome. Fatte già dal (udore ifpìde , e (Padre: SoPo(dir]ocIegg’io ?)nmanéÌtnome —A le fattezze gjà tanto leggiadre ; fClìi lor tollero i lumi, ei bei colori ~vr. * iDc P odinato Hebreo l’irete i furori.

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SECONDO.

I o

Ne l'altera Magion d’Anna , il fuperbo , Doue condii de pria la Gente infetta Il vero Dio fatt’Huom, Peterao Verbo, ^ Del vollro callafen Prole diletta Mentre ei rifponde humile al detto acerbo

Del Donno fier di quella iniqua Setta,

V n’annato Fellon , quanto mai puote . ? AJL\Mo Strigne la ferrea mano , indi il percote '

i i

Ben conobbi il profano,e ben potea Riconofcermi ancor l’empio Soldato ,

Poiché dal ferro mio , cui pronto hauea7^

Per difender GlESV, già fu piagato lo Ahi nien de gl i altri incrudelir douea. "

Contra il pietofo quel troppo ingrato.

Che da l’eccelfa delira, à le ferute 7 ~<uuri ( Inaudita bontade) hebbe falute./

(Coglie il Barbar crudel, douefihilce y* , >f>X’occhioco’Inafo,econIatempiailcr!nSj/" 0H ^ IPer la percolfail mio GIESV ftordilce ,

L /Treman d’orror le Turbe à lui vicine, jael colpo, chela Faccia (oime) ferifce,

Doue han la gloria lori' Alme diuine, ;

l Veggio cosi, ch’vdire ogni bora parmi ^7 ) L’horrendo iuon,cui fer la guanciale Par mi-'/'”*0

(Reftaliuido il Volto , e verfa il fangue f La Fronte, e il Ciglio in troppo larga vena,

\ Onde la Faccia humil« pur aianz i effangue, i Tutta è di fangue colorita, e piena.

£T’empio,c’ha il di Tigre,e l’alma d’ Angue ^ Anna inhuman , cape in fe dello a pena »

E perche il male altrui Tempre gli Loda l’ardire > c la percofla appr<

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,Vt 11 che r^eCCh'-° à- 1'h°r.fofpende il dire-,

- . . F,'|,aIdcr mirj '? Peng'iofa ambalcia ! > ^J-P0,nnade! Qel/chealgrammr,;,..

4. . hTnl^T3, ' COire ikbandonato lafciàl^fl,

//iMB/r/™ada 1 ana altrui vinto ilfiònrè;

§<' V; Anima bella al mello fen rilafcia ; .

dGia fi niente , e già Je Jucipie

s aProno grani, elagrimole al die.

> i'

> C ome in turbato Ciel, fe tal'horforra. * . Spiegando 1 meftì rat torbido il Sck

C ScPretn hAffAi» mW ì«l. _i ^

/ c 0 r «•**** turoiao ji scie.

A' i^eM hr0T’ P,ù chc chiarezza póree ( La dubbia luce à la terrena Mole . P g

HorcosiqueibegliocchiJncuilìrcoree

VebnH^ìrÌrf.dife,^ftra^“?le, S

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:ì*'i4*e Jndi

If

Velandoglrhpra il male, hor palpebre. Spirauo nielli vna pietà funebre, 1

K

^Obne cE’lehe ^“Snail-duo! formaux . J ', he >J.c?rne fuoimartir atroci

c

i * fi?tI 11 [en,meft° cffaJaua,

« S-a! do^ -voiconltìfinghe allettatridr

t; L Alma chiamartela fnoi vitali vffici

SCb- nel fcr n-'3- ?afPra Scoila ,

t Che nel Volto Diujji me ffeffa offefe , ,

Giugnendo al Alma, per pietà commnfT* Stampare inlei le memorande offefe . 9

L, Concio, -1C- Vlfo>ìn cui l’eterna Poffa

■Àr^- v.^r-T /v immen& fe medefma intejfe

V?* Vibra raffica man colpo si grane *

Che 13 mefta memoria ancor ri e paue >,

Se»

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sr

SECONDO.

* -8

Beuproualo iJ mio. Figlio , egia'già leone Con più d’ vn largo riuoilfanguechiaioi- *

O mio dolce GIESV, chi ti {occorre Nel mortifero duoidei Pugno amaro?

Ahi*’ hauefs* io potuto il core efporre Tra la percoffa,e’l Volto amato , e caro O come lieto contra il colpo crudo

Fatto fe fteffo hauria riparo, e feudo.

1 o

O Guanciata pungente, ò nera mano ,

Che ti vibro, quando ch’ardea più d’ira ti commone alme quel Volto humano*.

Che diffonde pietà, che gioia fpira?

MKcra io piango sì, ma piango in vano.

Quello afflitto mio feno in van fofpira ,. ^

Che ne fofpir, nèpianto al vifo toglie ? [tftvavt Del mio Signorl’obbrobriofe doghe J x o 'w

9, ' Per nouo martir , nouello pianto (trOii

i.^Appreftan gli occhi ancor/pur fegui, ò Pic- v E non tacer, verace Meffo , intanto.

Se nulla di GIESV lafciaiti à dietro.

Animo ben, di vitahaurò ben tanto* Ch’afcoltar poffa il fine acerbo,e tetro De l’ Hiiloria crudel. Lagrime date Loco à l’vdire, alquanto fol ceffate.

X 1

Cosi parla la Vergine Celeffe,- ,

Quando l’alto Nocchier de la gran Naue,' / JTùà Che fdegna l’onde , e fprezza e tempeftcJ fluttuante il Mar del Mondo paue.

Tratto , fifando in lei le luci mefte,

Dal profondo de l’Alma vn fofpir graue , Soggiunfe à l’hor . Perche non e piacciuto

Al Ciel di farmi ò fen# lingua, ò muto ^

C’hor

ì

3* PIA N T O

... e’hornonv’apporKwi.esffig^lSa®'*

/óu èli’ acuto dolor, cne r Aima accora, ^Quell’affanno crudel, che il core atterra: r Ahi per quefto fol , pei^La^a,

Cui moribondo il feti m^utoferra,

. ^ rChe fia cagion , ch’amaramente tempre £j0 nvi dilegui in lagrùnofe tempre*

''C.\ - : n.ial’Huom» che trema, e tem

S li ratto grrur i^ivd-rpme

w J VnUhepocoio comprefi , e loll elicerne

(Note l’orecchia attenramence vdio ,

VMa ben l’ire notai, vidi i penlieri

-Del Tiranno Ladron ne gli atti neri.

Moue la mano il crudo , e vn cotal fegno

Mmiftro rio di quel Fellon raPac® * Scendon le ficaie, e con fugace ingegno A i cari Tuoi, doue più gir g1* R1^ :

Vi parte il Capitan,che non fi hda De l’altra Turba vii mal nota, o naa.

Parte la Gente, e per la dritta ftrada Con mille ftrazi il del Ciel conduce, B per ofcure vie(che cosi aggrada Al codardo Rettor)mena la Luce. Rifoluto à l’hor feguo ouunque vada ( Anche fedele)il mio Maeilro, e Duce, f > . /-Ma pur nel corea poco, a poco(ahuiento “"^VnnonsQ che.direma,edi fpauento-

i

SECONDO. % jb £* \

Paffan l’altera Mole, antica fede

39

Del magnanimo Rè, tolto i gli armenti^ Di quel Dauid , che siila Cetra diede > . Canòro (pirtod gli ifpirati accenti. S \ Giugne alfin l’empia Torma, oue rifiede

x n ò/-»

Il.Poncefice riodìquefte Genti, % ^ '

il.l UUlWUWUliv/ /,

Che il venal Sacerdozio auaro merca , (#*$*** Etal’hor coominaccie anche il ricerca . rsturpast?

Entranél K<»n>ilagtodndi per trenta Jad^)

Marmorei gradi à la gran Sala ajxiya /

Iti cui da cento fuochi opprelfa,e ipenta > <^**7 L’orrida notte, vn chiaro s’àuuiua. ^ ^

Co’lguardoofcuroirai ed orgoglio auuetar /«dr

La faccia vii d’ogni pietade priua -

Di Caifà , che fra le Turbe prime 7^

Primo in loco fedeafl alto , e fublime. 5 **

il

a

v' *<V

ene i

Alzano à l’arriuar del Prigioniero 7 fifa. Feftofo grido i Senatori infam i ,7 Ma lieto Caifà( benché feuero) / .

Palefa àl’hor, che Croci fido il brami.

aujó j

Eicon la fronte, e coniò fguardo altero .

Par che nel fuo penfìero ogni al tro chiami » v E Quando non può fol l’afpetto atroce.

_ r _ 1

V’aggiugne poilafòrrrtjdàbil voce .

Qual fempKèe Paftor ‘ch’ai dmjo Oujk C<V*3W '

Meni la Greggia à rimbrunir del giorno,* fiotti Eche rapace Turbaal tetto bumfle ^Ifif***

Armata fcorga per forare intorno , - ]

Si ferma à Phot, che fenteil cor feruile

vi iwima « * «Vi f v«Mf

Temer di peggio 3 e non curar 1 o feorno I

E mentre egro penfier l’Alma gl 1 preme Spectator jelfuo mal confufo geme..

Tal

! , 40 PIANTO

jf Wyc /Tal fui ne la gran Corce(to Io confeffo-) tóilìll animo Senio , e non mi fcu fo,

/Che da quel grido altier nel core oppreffò 1 Attonito refiai, reftaiconfufo;

D'altri più non temea, ma di me Hello (Hor no m’afcódo, e‘I mio peccato a ccufo)

1* . /;5f,aP^,o,0n.n^cre^ai onde tremante

^rtnmrs* i] pie fermai, più mi fpinfi auante .

'* \ 1

\

i t* , {Quando al mio Redentóre poiché richiedo 1 ; Con minaccio fo dk,poconfpofe)

M,oue ferin Io Stuol rnolelto .

a, Ww^henel zelo del'Ciel l’odio nafcofe: - ;'l 'tòftinS Mentre queffis’acctnge, equei più predo, *• rerco tendo , le mani in opra poie,

nu fìl0? ,nè*“rie noue , ed importune !7 * ^Mortene taccio, e fol ne fcielgo alcune .

.2

tea

ynS

? «China vn’huom difforme, e quali Nano, \De la Canaglia vii macchia, eriftuto,

^.con Sembiante amaramente fiumano tl Prigione ; io ti laluto: >

t i'cJA, fl°™rÌ?r& » ed àPm degna roano 7 n leni a ffo aggiugne,e temerario fputo ,

' E la Faccia, cne il Sol di Jucoeceede , vBarbaramentein vn deturpa, e fiede*

Vlft*Ero P*ù perirerfó il panno toglie f Ch’vntO. efo^rÀ moria

1 :* 1**.

1 v 'unutoiuci

jI celeffe Motorcopu, w™ vuuuas f* 9l ne la delira ogni lua forza accoglie

,4ru> -ir '°rza3 che ciecò./deSno empiadeconda> stcon vn pugno il Safuator fenice, *

^Cosi crude], ch’ei cade, e ne Hordifce.

Acoh»

;Ie

SECONDO. **

A colpi di punture* e di percofle fà***fiy Ueua il Giudeo crudele il mio Signore^ motivi?

E fra molte fofpinte, e varie feofle <

che ritorni à le lue pene il cor«:

Indi il deride, e da l’enfiate, e rofle ^ />

labbra, il chiufo velen vomita fuore, ^ byzavc.

Dicendo lui . Se il tutto vede , e intende] '

Il tuo faper( Profera)hor chi t’oflfende? ^

a f

Ride il Volgo ignorante , ed ecco il terzo , / -

Che da l*ejl£ja^io_dtrui chiamato . grida. jfquelti^c) Hebrei)quefti è,cuibatto,e sfer- Mago, Samaritan o, ed Homicidaj (zo,

Hor ferua à noi, come per gioco, e fcherzo,

Ei, che del Ciel fi facea feorta , e guida,

E rnoflri altrui con neceflario eflempio Il fin d’vn Seduttore iniquo , ed empio.

Freme a quello parlarla Turba cruda, j

E batte, e sferza , e pugne, eripercote 7 jVfWo'c. De l’afflitto GIESV la carne ignuda a

Hornel petto, hor nel collo, hor ne legore?' ya<

/a

iq>Quel che rimaneCoime)conuié ch’io chiuda l Nel pr ofondo del lem deh, che non pu 0 te

NelpaTma il coreTa ripenfarui folo.

a 7

E qui verfando in larga vena ftille

yA

'glint

a.ti a tV li-

bi dolente licor, Pietro, fi tacque,.

Mentre à M ARIA con mille pene,e mille;* fiArruw- Vn’improuifo gel ne l’Alma nacque, ->

Poi ch’ei tacendo , noui fenfi aprille, AIoli/?** - Dafuneftipenfieri opprefla giacque, 7 pannai v*- U l’apportò nel cor nouo martire ,

Se molto vdh che piiudoueffe vdire^

r**

?N

4t .PIANTO

Mifera me, dehche più dir t’auanza ( Rifpo/e à l’hor la Vergine fmarrita) (12

Come haurà quelle orecchie homai poflan- D’vdire il ttn,che il tuo fileniio addita? Tronca delufo core ognrfperanza.

Che il tuo Figlio, e Signor polla hauer vita, £ preparati pur con pentter force Aramaranoueliadela Mone* a. e-'

Dunque non puote vn cosi indegno ttrazio , : Attoà dettar pietà ne l’afpre Fiere , *

Stanco almen far( fe non contento» ò fazio)

tempio ditto di quelle menti altere?

yj 7O Sire, al cui Dominio augufto fpazio (So n con la Terra , e’i Ciel reterne Sfere,»

Come dal regio Trono (oime) pattate ^ A gli fchcrni, àgli o bbrobri, à le guanciate?

4. o

Ahi nel Volto diuino , in cui tt fpecchià - Con eterno diletto il Paradiló, #

Jurniìf clngratiflìma Gente hor s'apparecchia tCon noua ind ignitade il gioco , elrilo?

Deh Figlio, e Figlio caro, ardente Pecchia - .a Vi punfe il core, e v’hà dame diuifoj ■.ai/ita. rOmio Gl£S V, douehà condotto horvut yVn viuo amore, vn troppo amare altrui £

Se quelle doglie , equei martiri immondi, C'haue co'l corpo ancor l'Almafofferco* . Battano à fodisfardimille Mondi H Ogni errore, ogni colpa , ogni demerto»

uyjl'bri tNon piti ftr a ri (Si gnor e) ho mai fecondi " ila pena, il fallo , e la uftizia , il mer toi

# w* f Pietà di me, pietà di voi, maggiori o x. Fan le miièrie vottre imiei dolori .

* * Tu»

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4*'

S I C ON D O.

Tu, fe più nulla mancai homai finifci la dolorofa Hidoriaj oime, che tardi ?

Deh perche mirii e taci ? ò Pietra ardifci, Chenelfìlenzio tuo parlanai guardi:— carino Afciuga il pianto y il duolinrepidifci,7 1/

Fa che i fofpiri il petto homai ritardi J ary

Più non tener con euidente offefa Ancor, tacendo, in me l’Alma fofpefa.

Quale affretto Prigion, che ilfatto accufa n (Cuinonpotenegar)s’aggira,evoIue \ f Con incerte parole, ed hor fi fcufa, Ìjuua->'J;

Ed hora in altri il fallo fuo riuolue. x Tal la lingua di Pier dubbia, e confala Ne’ detti ofcuri fe medefma i nuolue ;

E mentre il gran peccato afconde , e copri,.

Non vorria dir quel , chepur dice,efcopre.

4 4

Tièn gli occhi chini à terra, e più non ofa 7 . Mirar MARIA lo fconfolaro Piero, j '**3^

r^\a.n6-e

n«uV*

S’arroflìfce la faccia vergognofa ^

Al pungente calor, cui rende il vero;

E le l’humida pioggia, e làgrimofa J Non tempraua i’ardor cocente,e fero.

Cui ne le guance hauea l’alma raccolto, Abbrucciandofì il fangue, ardeua il volro^

'O*

Dunque; dunque degg!io( fegul piagnendo)

A la Madre ridir quel graue eccedo*

Cui maiiemprepiù atroceefler comprédo,

Contra l’ Vmco fuoipur’hor commeffo ?

Che non pofs’io , l’indegna bocca aprendo Per difcourirlo , anche fparar me Pedo ?

Che fcorgeredeil core Donna) e infìesne .

L’afpro duol, che lo fpigne à l’hore edreme. v

44 p i t a *

Sol per ciò venni à voiearco di colpe i' A chieder pace , àriirouar perdono , sxja Che fe non èMARlA , che mi difcolpe, r* Al precipizio eftrcmohor giunto fono:

4xll fouerchio timor da voìs’incolpe,

'(7 c Ch’ancom’opprime i 1 co^métr’io ragiono

Dicen do al Figi io poi , di pierà- «do*

Pietro timido fu, ma non infido* J r c ' * A

4 v

Nel tempo memorabile, e crudele, urtiryi -, Che Giuda vfci de la gran Sala fuore,

VemU /-Quando iofei, per ino Ararmi i il più fedele, ra.w i Magnanime profferte al mio Signore :

C Pi, che mirando il cor ( non già infedele)

faiutàMj Scorgea non fatto il mio futuro errore,

/ Dide mi àl’hera.O Pietro, òPietro attendi, E le parole mie co’l core apprendi *v >j

_ t/ 4 B * .

1tJU cNon canteri l*Augel, che con la voce r j

Chiama darfonno à rimirar laluce.

Che negherai con gi uramento atroce ,

Per tema vile, il tuo Signore, e Duce. * »

E come rifposJio? fece veloce Volontario à morire , hor mi conduce Quello ardir,quello ardor/che rende, e face Il pettó^mio cóntra la Mòrte audace. f.

. Ov

Alitò non replicò, nulla io più dilli, < '

Ma penfofodifuor, dentro -turbato,

« Tra me dicea(gli occhi tenendo filli Al duro fiiolo) òcore, òeore ingrato- 1 Ahi più rotto per me s*apran gli abifii.

Che già mai di si nouo , e reo peccato ~ Queir Anima fi macchi, ò vana, ò frale Confidenza de I’huoitFCÌecoae mortale. 4

Ch&

t v* w

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SECONDO. 47 f *o -

Che nel Palagio , e ne la propria Sala,

Doue il Signor patì ftrazi, ed ofFefe, ,

Mentre caldi fofpiri il petto effala,

Le luci hauendo nel mio Chrifto intefe ;

Donna non già, ma vna inferrai Cicala*

S’io del fatto Prigione era, mi chiefc, <

Difcepolo, ò Seguace, che la noua 7 rY)nr^Aié^ Fauella mia ne daua indizio, e prona J V

f, * .

Il loco, il modo-e larichiefta in prima ‘I

Danno fofpetco al cor, già vacillante;

Ripenfo à i detti, e par che pm s’imprima Certo il timor nel’ Ajfcìmaincoftant te: Forzaè,chevinta-alfine, il falfo efpr ima, 7 Aula' Con giuramento ancor, la lingua errante,) - ^ufo E fra varie bugie,fciolta,efpedita, - JQ Per tema di morir, nieghi la Vita. s %

Comme/To à penahauea quell’atto infame, L Che mi trafile il cor l’infàufto canto

Del fuperbo Animai, che par, che chiame.

Da l’onde il Sole à riuelliriì il Manto: J Torno in me fletto , e con pentite brame?/,;, ^9^ L’interna patto n dimoltro in pianto, *j4 u E voglio poi ( rettando il corpo eifanguel Per pena de l’error verfare il iangue ,

s a

Quando gli occhi volgendo>ikor mi punfe*

Chi la.Diuinità di carne cinfe , CGmóc te# métre il guardo(oime)l’Almacompunfe^

Jn ^tto di pietà gli homeri ei flrinfe,

Qiiafi voleffe dire. E pur ti giunfe, .;*/ Ingratittmio Pier, pur ti coltrinfe }

Tema vile à negarmi, ò come certe Son le pa role tue, le tue proferte.

tfc AT, |

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P I ANTO

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W. .TArvnfegietotoror'ncl fen languente V4 < Acerete men« '•

^ì^&tóswsss’

, ' . ,(Ne le v licere prono adhora, ad bora.

r B lungi dagli albera ’* deiTOnnento : ! purevn debile, e (ilo aUcggi^io,

oKrX3!.r^s3i“i>

. . Horaà fa Madre. che^gall d F glio,

. , Prendi» Setup

_ _i_ - /•

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*T

A^renui»

BSSSSK^c^

ì>lpn metta P»u rimirar le Stelle

cNel fin 4e le parole il Vecchio afflitto

S^&SWES?-

E, tconletterldifa«Rue^?°”?Jr„ t onde parli pietà, le non lmghiotte (j_a iena viuo in tormento!» notte .

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SECONDO. 47

Mentre del grande Vfcier l’A Jrfia raccolta ? ti**11 In fe medeima, al fallo indegno penlk,^^*'1 £ .De l’orgogliofo Gallo il canto afcolta,^ f

.il h f* n o nnrrr*«i a A l o Iti •% « i /* ì . /li

Vmf /io.*/

Gr3€yt\.n(a>

é De l’orgogliolo Gallo il canto afcolta,'^

< Che pena aggiugne à la fua pena immenfa jV ^ Strignefi il core, il fangue fi riuolta, '

V Tr eman le membra, onde la doglia intcnfa ]

Di color, di calor, dimotopriuo y f Cadereil face effangue, e femiuiuo,^ j

Ma poi che in fe ritrona, e che pur anco rfp.

Ode l’odiata voce/amari fiumi —u/j Sembrano gli occhi, e’1 trauagliato fianco") . / Vn* Etna ardente à i iofpirofi fumi; 5 Vt

Già il volto , per l’età canuto, e bianco, '

Par ch’in acqua fi flrugga, e fi conlumi Già le lagrime pie con doppio affanno Per le rugoie guancie i folchifanno .

Come in Monte tal’hor, quand'Auffro mouc^ Gli impeti fuoi da la ripoftacaua, )

E che il turbato Ciel diiuuia, epioue Dànofo humor,chei Campi in onda, e Iaua, Scende l’acqua crudele, e’1 fuol rimoue,

E letto eguale al fuo furor fi caua.

Cosi nel volto à Pier la via fi face Del pianto al corfo l’onda ampia , e viuace# «

laharba ancor, che maeff ofapende , (7

Spello con l’vna man pu Jifce, e gira, a 7fJtL

Indi con l’altra il lèn languido offende , 1 E di pentito cor geme, e fofpira;

Pra i denti poi l’ardita lingua prende,

E penfando al fuo error , conlei s’adira,

E mentre che la morde, empia l’appella .

Ei nel graue dolor così fauella.

43 PIANTO

0 X

* Miferome,chefd?comefoftenta - c\ . Me ancor la terra, e mi rifplende il Sole? Conofcenza domita hor mi tormenta, '

{ Che del commeffo error poco mi duole ? Perch’io m’affligga più* l'Alma (contenta

I concetti mi toglie, e le parole,

- Anzi, che per sfogarmi vnafol voce

Non mi laida formar la doglia atroce .

o a

E lingua crudel , che già si pronte ,

Per negare il tuo Dio , le note hauefti,

; Per chiedere pietade al viuo Fonte D’ogni vera pietade, hormuta redi?

Ma taci pur, ch’à pien Tingrurie , e Tonte Fatte al tuo Redentor, già non diredi;

Taci, che non haurai propri concerti

l}er narrar le mie colpe , e i tuoidirfetti.

»4

j Ma chi T Anima sferza ? pime^chjforma

Quelle voci dolenti , eHìOjd!dhrime ?

Del negar, del giurarFmiqua forma ( me; Parte (fa gli occhi , e in mezo il cor s’impri- Ond’egli in quelli accenri(ahi)lì trasforma, E così]’ Alma (limolando opprime,

E parla fol , perche la voce (ia (Se con la lingua errai) la pena mia. '

f .

Cosi dunque m’ accufo : Hor de l’horrendo Peccato, premio fiala rimembranza,

Qyel rimordo crude!, ch’entro rodendo Con la trilla memoria ogn’hor s’auanza ; Ma le vene del cor ne gli occhi aprendo

II fallo arriderò, non lalperanza,

Chesò ben’io , che con (cane forza

Il pentimento ogni misfatto ammorza.

Così

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W «JV V

<;osi dolente a voi ricorro ò facro .

SECONDO; ty ,

. 9 * \

Te foro dibontade,à voi ne vegno; oo::".' Conforto d’og ni male,.eco’l lauàcro Del pianto annullo il mio fallire indegna » Quell’Anima pentita a voiconlàcro, ,r Quello trafitto core à voiconfegno , ;

Che farà forfè ( òmio pietofoCnrifto )

Del vollro diuo Sangue il primo aGquiflo* i 1 r-

Piagni mifero Pier, che fol co’l pianto 4. . . 1

Puoi rifanar del cor l’occulta piaga,* a' Odi, ch’à lagrimar t’inuita il canto De 1* Augel, che fòfcorta di' Alba vaga. Funeftillima voce, ahi come* ahi quanto, Afcoltandoti fol , l’Alma s’impiaga.

Che ‘il fuó jche fempre à me più acerbo faflì3 Par chedl fen mi trafigga , e mi trapalfi.

Se quello ( ahi Jaflo ) dolcementeinuita La Greggia alpafco, il Villanello al campo; Se quali Squilla generofa incita Ogni Guerriero à dimollrarlì in Campo:

Se perfuade al Marinar la gita, '•

Se mollra in Oriente il primo làmpoj Me, me folo richiama il canto infello Da la quiete al lagrimar funello.

6 o

Hen’è douer , che pena acuta , e lunga 'Tormenti il cor , chefu si pronto al ni

La mente mia , così incapace, e frale.

E che ne l’Alba a punto lrcompunga, E lìa il dolore aigran delitto eguale : O Pietro fconfofato ( ah ) vanne horr

Ben’è ragion, che la memoria punga

VX * ivvijivimv ^ all J » ^

Me le Selue à sfogar gli interni guai. - _ j »■ a ^ b D C c7

Dio

JI'AWTO:

7 •Ovì .

Ma la Vergine intanto irLvoriaiorii ' ‘:t(-

Tace, teme,tf dudi,folpira, e piange, h y E quantiidettffoor. ^contanti chiodi >

larimettibranza diretto feti lo frange ; L L*ijifédelmdi' Pier/ con mille aodi . »

L’Alma le’ttrigne , e’icor lepreme, ed ange. Pela l’empia bugia , penfaal dolore ,

Ch? àPhor trafiffeal fao Diletto il core T ■* . 7 1 J

Poi con voci interrotte,e con fingulti Dinternapaflion dimoilra chiara.

Mentre con detti affettuol? , e culti Vuol Salomè temprarla doglia amara.

Sor» de l’eterno Dio peniìeri occulti ( Opiùchel’Almaàme diletta, e cara, Dicea MARIA) quelli (uccelli ; e vui Non approuate ( oirrre ) gli imperiiui?

7 »

Fin ne l’eterna Mente, e poi che pura Premea.de l’acque P incompolla mole , Oliando del Mondo l’ Opra, e la Fattura Anchteradel Fattorne le parole.

Pria che mai fotte il Tempo, e la Natura, - . E pria che il fommo Sol facefle il Sole,

Del vollro Figlio ogni più duro fcherno Scritto era già nel gran Volume eterno*

Anzi l’Anima pura , e benedetta (Bene il fapete voi ) dalprimo filante.

Che dentro 1* Aluo verginal riftretta »

Velli le membra immacolate , elante,

A lo fcampo commun dal Padre eletta ,

Se detta offerfe a tante pene , e tante,

E quali vn fafcio d’odorati fiori

Scherni , e llrazi abbracciò , pene, e dolori.

Ma *

’S E'C CTN/DrQ. Il-,'

7 f ^

ftlapiù 3 I’immortal Rega>il Figlio voftro^ . Per far pace con l’Huotn-j mezano clefky 3 Da che iradito il primo Padre noflro > f

Per vguagiiarfià/Dio i’ainmo erede;

Poi mancando li sùncPaltoQhioftro^j .

Le Stelle rie , nel foco eterno imprese.

Vuol che di Chrillo il vero merto , e’1 zelo Di più iereneluci adorni il Cielo

Etri mille , e mille (Iride à si grand’opre Diede* chi fece il Mondo,e gli Elementi, ;

A quel Verbo diuin ,ciVqprando fcopxe E/immenfa carità fiamme lucenti:

Sol la viadelepene ei fìa>ch’adopre Nel bramato rifcatto de le Genti,

Sol quella condurrà con la Vittoria

L’ Alme hor bandite à l’afpettata Gloria.

Dunque , amara Sorella , il fero , e duro >

Tormento , che V* affligge , ho r mi tigatq, Enel prefenre male, àlben futuro,

•Co’l volito alto pender, conlìderate. / Deh Vergine prudente ,’il cig)io<ofcuro> Peramor.di GIESV, rafferenate,

E la fallite vniuerfal del Mondo Ah fàccia il metto vifo homai giocondo .

"7 7L f

Tacque , ciò detto , e’1 parlar dolce, e faggio ) Rifchiarò il vifo àia dolente Madre . Taltaflereuail Sol nel verde Maggio Il Ciel tal’hor fra nebbie ofcure , ed adre: Maxii nouo celato il debil raggio Dal nero horror di nubilofe fquadre ,

Mentre adombrano l’aria humidi fumi, Tornad’acque à Yerfar torrenti , e fiumi .

C 2. " ' Cosi,

»r.J J

4 ■»

I %

IV

. I .

H ^(tkcnA Cosi i poiché ragion i affanno chiufc , ; Inz# De la gran Di u a tran quii loffi l’Alma >3<i

J r , Manonsi tòrto il fcnfopoidifchiufe.b i,3

L’interno duo! de la corporea Salma» V«*4*v«)Che'via più forte il pianto li diflfufe

4 In quella Faccia addolorata, ed alma, ^ !

I cfsl che il conforto à la dolente fu c

^Sprone, non freno, àie miferie fuc.

< 7 0

* %-^mi Riede il pianto ne gli occhi , e'1 fen languente , : & ^wCon piu prodiga vena 3fperge , e bagna, ^

' cv/iù*"- ^Qpàdo vn caldo fofoir (cotiMuftr ó ardete "la pioggia fuol ) ie lagrime accompagna : Fra non efpreflì accenti amaramente Ragionar vuol, mentre s’affligge, e lagna* Po ì fi ferma, e fio fpira, e fi confonde.

Pur con languida voce alfin rifponde . '

8 0

, che del mio Signore al rio tormento { 1

Pria fu il rifeatto vniuerfal commeflo »

Che fin nel mio nata! lo fpirto intento Vide ( per fomma grazia) il tutto efpreflo. Ahi quàro fi a maggior, pur troppo io lento D’immaginato duolo , il duolo iltefifo , Lafla,che’J tutto fu già vn fogno, vn’ombra,

, Inparagon di quanto hor l’Alma ingombra.

a i

Che il Ciel s’adorni d’Alme elette, io godo»

; ( Per opra di mio Figlio ; e che la vita

Senza morte s’apprefii à l’Huom, ne lodo L’alto faper, la lua bontà infinita: .

) i*lù/pi*au0Lj Solo ( mifera me ) fol piango il modo , ^.Qiieft o è il ferro crudele , e la ferita,

\ ^Ch’accorandomi, alfin poi trarrà infieme

'Con le lagrime 1* Al ma à l’hore eftreme.

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SE'C ONDO. «

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Se ben deurei di quanto eletto piace *7- j&f **’*«'*' Al Monarca del Ciel, far mio delire; 1 ~

Ma che pera- GIESV, l’Anima in pace ConsìnouopenarnonpuòfolFrire: - '

Troppo il materno amor , troppo è viuace* Troppo amaro èilpefier, c’habbiaà morire L’vnico mio Teforo; ahi come fia Senza il foftegno fuo la vita mia ?

E quHà pattfone à l’egra , e metta dar/»*

Toglie, e troncala voce, eia parola,? *vJie Talcheindittinto il fauellar s’arrefta H 7

Tra i confini del petto , e de la gola . - 7 Ma con viui argomenti intanto appretta l/altra noui conforti , e lei confola ,

Che come faggia 2lfin ( fe be n non lieta*) / .

A si dolci ricordi i! core accheta* Conjclav, 8 4

Da la fua vette il Cielo il tetro horrore "7 ^ Intanto leu ote, e con incerta luce 7 t//

In Oriente Ipunta il primo albore, \ Jrli>A

?u ; Che ne Pombre s’afconde , e non riluce, I */ De l’Alba il bel candorfembra pallore, S . Ch’vnamellitia occulta à gli occhi adduce,)

D’ Auftro ,e di Borea fon le forze alpine !

In fuon tremendo Paure maturine. ^

‘E perche fono àncora le rugiade . k. D’vn purpureo color mirto co’l nero-,

? Di fangue par(che l’occhio il perfuade* Miseramente pieno ogni fenderò.

' \Nafce l’Aurora , e Palma fua beirade *-» z,

(Non fregia Rofa humile Giglio altero-, 2 r'at-

Ma di pallido Botto , e di Cipreuo ycev

} Adorna(horrédo annunzio) il crm t.i . C 3

■***.

1.

•4

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VII

<3

1*1- f i ! •'*

K. Anta.*

3 } .

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%, FIfA ’N jT O

* A

^ v' Non lafciano gli Auge 1 gl i amaci Ridi ,

(avi. -yNè dotai 1* Vlìgnòl forma gli accenti 3 z Ma di Nottole , e Guffi iufaulli gridi f De 1* immaturo fono i concenti .

* / Frangono ancorai più rimoti lidi

< i e ^(j , Del non tranquillo Marlconde làridentì *

Ji \utic . ( Tenendo Tempre altrui le nubìinfelte ' (• In timor di Saette,e di Tempefte..

8 f

Sorge di macchie a’ fi e afperfo il Sole,

Ei con nouo r offor , chefembra fangue, Vigorofo non pia , com’efler fupje,

!' Nei niello. CieFnon fplende nò, ma langue,

*! 1 To'msure- -7 ripieno di timor tepide, e fole

( Lafcia le piume il Paftorello effangue,

C .Che per gli airi prodigi inparte, donde C VedernonpoflaitCiel, dal Cieb*gfconde.

Quando ecco di dolor confufa , e piena

[C-t

Giugneaneland *,edhà negli occhi piato La bella Peccatrice Maddalena ,

Co’l crin difciol to,e con negletto ammaro, i f De prime bellezze hor fer ba à pena

* Debolifiimo raggio quanto* ò quanto ( <Di\e bene il inoltra il fuo dinoto afpetto) Cangiata è ne*penlìert , ene l’affetto.

tctCò r Più non vagano gli occhi , e più non fpira ? Lafciuiàil volto, enonpiuilciins’indora, X Ma vergognoso il guardo.il. fuo 1 rimira,

. * c_E dimodeltiail vifo orna, e colora:

*'./ icwa. q La chioma ( cui fprezzata vento aggira ) t Quanti già lacci ordiri, dtfciogjie a mora,

1 1 kiftnai rii 4 1 ivi n «Sr ! 1 ~

I I

y r

f La bionda ch'orna, che riè i giórni auante X velo aurato à le diuine. Piante.

Più

Digiti

Svi- -g O N D O.

Più non veft^ilbelfenporporaalcera, é

il collo adornan più Perle , ò Topati, V*lz ° - Ma d’vn femplice lin la gonna intera^

Copre gli Auori caldi, e delicati;

De le lagrime pie la iungafchiera.'-^ •*»*<> Sono Je pompe j, e gli ornamenti aurati*

Con queìli-eila fi fregia, e con cal villa. * q P’vn’Amaufejmniortal l’Amore ac quitta, jnna^ 9 l

. llpaffo ,chegiàfù:fUiPerbi^j efallo ,

Hora mone guar.4mgQ,e ritenuto; .

Nudo è uonipjo il piè, ma rotto, eguatto?^ /.

Da l’alprez^a del Tuoi 3 daUaffo.acuto ; y***

Sola,a^nettglelnvi> non piùcoptra^o-

Le face ambizion , nonp.in Talnto

Kèo de , odac^eri de , ch'amo r tutta , efede?.,^^

O non mira ,ò,non cura, ò non s’auuetie^/

Come /.corge M ARIA la vaga amica , , yy. Si Icolora nel yifo , e’1 duol raddoppia^ P^u. > Mentre quella celar pur s’affatica *

Gli acerbi Tuoi marcir con pena. doppia?

Tace la bella Donna à gran fatica,

E pur d’amara angofciail cor le (coppia Apre la bocca per parlare, e poi #

Par, che troncadal duol , la voce ingoi.

Ftiprimiera la Vergine , che fciolfe *? (Pa.*rSa.i'c->

* I rT J C \

Donna, quel Dio, quel che benigno accolfy A (piedi Tuoi le tue bmtturenoce, —y* Ahi, che fatto è, con memorando eflempio,/^ Innocente Prigion d’ vn Popol'empio

Ma.

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, <a é

Ma qual pena foffrifca. e qual patito Habbia martir da l’adirato Hebreo >

^ Già non dirò , che muto , ed impedito*

, il parlar dal duolo atroce, e reo.

t Poi c’heobe Maddalenail tutto vdiro,

1 f j Che non dille piagnendo, e che non feo ?

i, l^vr/ì X Tutta fuori di l’afflitta Donna 1 1 p. V ^Stracciò il crin, graffiò il fen, franfe la g6na*

= ir

i;

«• y

rNe l’intenfo feruor , che le fu ffoca La mente , che non conofce, ò vede. Perche fi fnerui il duol , l’Anima fioca Al mefto core il faucllar concede .

Pena , pena ( dicea con voce roca)

La cui gran fona ogni martire eccede. Non m’opprimere il fenfo, e lafcia, ch’io» la perdita conofca, e*l danno mio.

»;/v,

Ufi tirò? raS*on mrconfumo , ahi , che già fcorre

afcdde

L'alta Diuinità, cui dal Ciel trailer ' L’ increato Saper, che fi diffonde ^Prouido ,epio nelefoltanzebaffe,

Ei , cb’m Terra , e nel Ciel tutto difpone, i Lo-lteflo viuo Dio dunque è Prigione?

o ?

i, *

L’inferma vita al fin dogliofo, ed afpro;

L Ben fé* debile duol )fe non puoifciorre £ Dal crudo fen quell’ Alma di dia/pro:

Ecco Io fpirto mio rapido corre Al Redentore, onde il martir più malprò ,

' Che da l’ererne Piante , al regio Volto Il vede ( ahi villa) in mille angofcie auolro. + ^ Scor-

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*

~o.

StCOND

.0 8 .

Scorce pallido il vilo , e fangumoio.

Mira torbidi gli occhi, e lenti al moto ,

Vede il crine iocompoiìo , e poluerofo Trafigurare il bel fembiante noto :

, che il Corpo diuin lenza ripofo Hormai d’ogni- virai virtute è vuoto;

Parli , che l’ Alma fuor del fen trabo celli-, #

màcàdo al morir, che chiuder gli occhi

Oime > quelle-non lon quelle bellezze ^

Che m’accelero già d’amo r eelelle., J Poiché miro i colori , e.le vaghezze

Del volto, fatti già liuidi, e meile:

Doue fono , occhi miei , quelle dolcezze*

Cui da la faccia Angelica traelle?

Amaramente in proua hora conolco Ogni hauti to piacer farmiii tofeo.

O Medicodiuin de l’Alma mia,

Son del voftro morir l* hore vicine.

Quella Croce-, ch’io vidi (ah) forfè fia D’ogni fofferto duol l’acerbo fine .

Quando il nonierremendo vdì- MARI A* Forma nel fuo penlìer noue mine, My***'1* E rodendole il cor la tema antica:, 4#$*^ Richiede à lei quel , che di Cr oce hor dica i o i

lafla ( dicea ) ch’afcolto ? e tu qual v oce Noiofa formi? ah non tacer già come ,

E doue hai villo (oime ) 1’ hoprib.il Croce,

Che m’hà trafitto il cor quel fiero nome;

Più crefcere non la doglia atroce ,. s^/f.

Più non ponno grauar nouelle ioma \

Di dolor l’Alma trilla , hor che in vn puctcv Il mio crudo tormento al colmo e giunto

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Otti

58 PIANTO1

I o X

r fS’acco rge ù l’hor la Iconio! ara Amante «X. Cfie inaueduramente errò il parlare.

Si fcufasi, ma il detto hor vacillante - Sempre più chiaro , e mannello appare : Che deurà far 2 deurà lalingu a errante Quel che videro gli occhi apien narrare?, [i | Ah deurà si .ch’à l’alta Qeniixice

7 vfajnlh'^ Negare il ver (comunque Zìa) non lice.

«7 . i o

ia che fnodi la voce vn tronco detto.

Con amari fofpir da gli occhi pioue

V '

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II

;

f t&i (numor di (angue, e nel pentito pettQ^ Velociflìmo il cors’agttà, e moue >.

Il

i

Q.0

Si tramuta nel guardo, e nel’afpetto,i , Parche la voce il fauellar non erotte Jv

, JUc/We ^chiude la bocca pur con gran fatica,

Ì Ma nel pknto , e nel duoila lingua intrica,

( Kit TO *r

cDopo vn lungo tacerle labbra..apene.

C L’afflitta Donna, è quelle vocrefpjteffe. Guari non è, cb’a gli occhi miei s’offerlc.

/ Viftaerudel , che. tutti i ienfìoppreliej , \ Spettacolo inhuman, che miicopèrfe Imagini di Morte, esìl’imprefle In quelle luci , homai di luce priue , Ch’auco le veggio eflìggiare, e Yiue, 1

i Scori! di Gente vii numero grande ,

, Per ifcorta feruire ad vn’Huora carca^

^ntxfa Ch’a la fronte con Panni, e da lebande ■£ Al dubbio piè Iacea ficuro il varco.

Scura l’émpia Malti ad ain alto Ipande

h ;

u

, k

* vo UJ \ Altero vn corno il ponderofo incarco* j ch’era vidi à l’ hor di legno forte Vn Patibolo rio , per l’alSrui morie- - .

Vhot-

19

SECONDO.

ho irida * e fiera viltà in modo ofiefe "

L’Anima mia, ch’io vol/ì aJcroue iiguardo. Anzi tremando, viPaltrallradaprele. Aicarnin deliinato il piè non tardo .

Ma poiché il cor quella gran noua in tefe Del mio celelle Amor , per cuitutt’ardo. Confida io fono, e con dolore diremo. racciò,e loggiungo fol io temo, Lo temo..

r onc a à l’hor la fauella, e poi difcioglie ", rx fikn Ne gli occhi illagrimar, che il feno afperge^ In-di i lumico’lcrin , che il pianto accoglie (, Poi ch’altro vel non hà) pietofa terge.

Felice Crin , che il fouran pregio toglie Ala Chioma , chein Ciel famofas’ergej Che luce di luceinfràdue Poli ,

Quello digloriai'plende infràidue Soli

. I P 8'.

fortunati Capelli , ahi le giàfofie - Catene del penfier, lacci del core, .

Ho-r Lete fiamme m lucid’ambra afeofte- . D^rfinimortalea e glorio lo ardore.

Come iu Erario d’oro in voi ripolle Le Tue piti care gemme il fommo Amore,.

Quelle Lagrime pie, che d’improuilo Tamar pietà., cercandoil.Faradifo .

Mentre che il ver hi Peccatrice conta o

_ ..le BC-fMCure^;

0nde ^dul^iofi>cord,iAiifm3,p^onu

Scioglie gli Enigmi 3e feopre k Figure Si crede poi,, ch’ai iòlpirato Fig! i o > }

Chiuda!» _

•il'; ' c 6' Eco-

yn cn-t'i'c.

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V

6c PI ANTO

'ieJifMr E come già mirafle il Corpo ignudo- \ _ Del caro Pegno filo pender trafitto,., f rFerue così il marcir feroce, e crudo ,

C Che coglie il refpirare al feno afflitto :

itti/

v , ri r

^ aravi fMaintantola Prudenza oppon lo feudo*.

r E rende il cor fra rance pene inuicto , j, , E cosi noni ?cfofpectofi affetti

yjr ^agrimando disfoga in quelli detti . .

ri

lil

r> I ' I 4

> ^ /O fortiffimo Legno, in cui s*apprefta

I1,;1 vaexJ £ Del gran Figlio di Dio focto human velo1'

m

;(t

Ai

, \7avìv&

v Tragedia mrferabile, e funefla .

\ A la Madre dolènte, al Mondo, al Cieloa. Pria , che ti veggia mai l’afflitta, e niella * Elfer d'eterno Fior mifero Stelo ,

- - - « j

rSiale lètto, oue declini, e polì i L’incarco de gli affanni afpri, e noioiì. -

: '\ fir*<L) r O fìeriflìmo Tronco, vltima pena,

V, -Curfoflfriran le con fu mate membra

Di quel pietofo Dio , ch*à gli occhi à pena* r- 1 .. ( E viuo ahi lafla ? ) il lor Diletto fembra .

» i fif fr 'tre f Lamia vita mal viua,egià ripiena (bra ,

r D* ogni mortale angofciaf ah pria difmem- ra via o ~Xhegiulloèben,chelacaducaSalma . (Tormenti ancor , fe tanto crucU’Alma.

* Syt> tc (O duriffìma Croce , à quello feno -3 i i v ( Anzià l'Anima mia ) fiero coltello, x Lance, che 1 ibrar dee Perror terreno, Amariffimo Campo à gran duello:

> fIo fpafiko , io mi dileguo, io vegno meno* ^Mentre nTaffale il penlìer crudo , e fello, t Ch’in te déggia eflalado fpirto pio ,

* 1! mio dolce Signore, il Sangue mio i *

Pir

' K o vi >e

13

SECONDO. et

Dir'voka più shiadàl dofor feroce ynfan Opprefla 3 tacque, e chinò il volto à terrà? /****■ Ma ne’ begli occhi il pianto hi muta voc e*/ /i-* Per dilcourire il mal , cui l’Alma ferra, y La vaga Amante al Jagrimare atroce S ~

La chiufa via degli occhi, e purdifferrao ?

H l’altra lconfolara à.llilJa, a fìilla / v Qnfi*'

In accorato pianto ft diftilla - -si

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, PIANTO TERZO»

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jt KpO £ U T O * .

PArte M A ^ dal p'Qprio Albergo»

e giunge

Al T empio facroye d in entrando mira lUraditordi Giuda »c fi compunge,

Che disperato il vede yalCielin ira . Tofcia da Cleofe ( che fpeme aggiunge Al fino defire) intende r come afpira A liberar Gl ES V ia Turba infida* Ma dubbia però teme , e non fi fida

VAMPO casi $0# dpiprpfi af- fanni

Piangon r afflitte Donne il Pri- gioniero*

I Ilin^i^icfi^degli empirei

V.; , Scanni ^

'A£Ju$uy<. Scorre mille pènfieri in vnpenfieroj irtpt* i*‘i Teme crudi fucceffi ,e nouidanni*

, , Pauenta * ch’alcri à lei naiconda il vero]

J j ìUtTa**. Ond’ella (mentre il cor dubbio s’auuolue) Corina quetto coniglio, e fi rifolue .

Vede

jr E R Z o,. 6g

te di nero pria la Vita Tanta, n

\ che ofcurovel la celta copra ^

>embra Cinthia taThor(q«dd’£uro ammàtaj 3i nubi il Ciel ) che.il debil raggio {copra, i ìlce del 1 oco pofcia, ouel a tati ta >

?ietà compi la memorabi l’opra , ; ìs*JLr*/n*.M La gran Cena , che porge à fpirtopioy Sotto .fp.ezie di Pane inCarne Dio. J

.Sorella pietofa, etal tra mefla *

Pentita Donna, à feguitar fon pronte - La Regina delCieOiè à pena delta ; j, ùr*ò Era la luce ancor ne rOrizonte* J Tacito va per la . Città fu nella ;

L’honorato Drappello, e fcendeil Monte,

Quel Sion , cui già tolfe à i/Giebufei il piàfamofo de i Regi-Hebreù

^ quella Porta , che fra l’altre è detta Superior s viene la Schiera fida ,

PaflSail gran Ponte , e per la ltrada retta Se’n vàj/cU-’al Tépio vide oal Modo è guida;

Che qui penfa la Vergine diletta.

Ch’ai luo difio pietolo il Ciel arrida;

Che frequentato loco apre, irmela . ; v

Quel, che coaltudio altrui fi copre, e cek,

S c> . , i *

Come in aperta Cielo vnito il volo r rta.s* Tengan pure Colombe, e paurofe} J) $

Che darapace AugelPvltimo duolocr//L'^ Temanohauer con l’vgne ingiur iofe 3 Vi c ^

Còsi rifaettoil lagrimante Stuolo ( Timido à Phot ) de le Marie pietofe ,

VafTene humile , e giugne alloco , doue laPaleftinaado»iiy«o<3iaMe- -

‘i1

1 •/

6\ PIANTO

o

E' quello quel famolo, e nobil Tempio

S Ch’ai rito vero il Padre Eterno elelfe ;

' ' ^Pra di , che del diuino efiempio

' ì l-’Architcttura imitatrice efpreffe;.

Cedapurquefch’à Numeefalfo3ed empiei; ( ( Miracolo del Mondo ) Efefo erette*?

( Che di perfezionl’egregia Stanza X? v. Ogni fuperba Merauiglia auanza.

7. / V'/tvu

Ma poi che ribellante à DioTourano

Mutò il’peruerfo Hebreo penfìéro, e cult Del gran Pvè di Babel Pi rara mano j 4/iÀcare Già non falciò sifolle errore inulto .

Per Tozzo rito il Tempio àl’hor profano /ttfe il crudel , coitmilitare infulco . c , | Quando fpenfe ifGiudeo nel facro loco*

Con vn Fiume di fàngue , vn Mar di foc 8

Dopo molt’anni polcia , vn Guerrier forte JL’ergedi noiioal Ciel dai pruni >eTherb, Ed’ Archi, e di Colonne 3 e d’auree Port Rende Machin^tal vaga , e fuperba.

I*

1.1

A

r

Le pietre qui di preziofa forte L’inuitta manoàl’ Edifizio ferba T ' - s E fan ricchi fottegni à i tetti graui,

Cornette d’oro , l’odorofe traili..:

. 1 . 0 1 ;

i Scorrono et3di , e de i più beidauori \ r r.o

« a Antioco^ Fellon per rabbia il priua :

' \ rafani £ ndi gli toglie i già si chiari hanori /Da cui la gìoriafua prima» deriuà..;..

1,1 (Vuol ch’empia Deicade inquel s’adori 3.

{Ch'era Stanza: di Dio (aerata, e. Di uà,

SE , per compiacer Pjngiutte brame > L’h onorata Magione Attio i nfame- .< JL

Ma

i

'TÈRZO.' «f

non fcaldò tre vòlte il Capo biondo ? **

. la Vergine inCiel l’Occhio fuperno^ .

;;he pur di nouo ancor l’offerfe monda -glrbutiiu^. ?n Macabeo- Campione al Padre Eterno

5erche non poffapiù Popolo immondo ? n /. -are à l’alto Delubro ingiuria, e fchernod

Dpra. che fi circondi, e sralTicuri ^ taa

Per ferme Torri, e con più fai di Muri.

•rtificato il Tempio , elfo eontefe , 7 l Vincendo jconEffercito infinito ; J Ma contrail gran Pompeo poco dirtele Quel Canto Albergo il Muro alto,e munito* Magnanimo Guerrier, che non elle fe > * / V la man ne l’or, predare ardito IjLuéA^ fi Candelier tanto famofo, e grande,^ t

Ch’inanzi à Dio fette gran lumi fpande

ìd era pure (oltre il diuinlauoroy *

Del piùricco Metal, c’habbia la Terra^ > 45 Pur l’inuitò con lo fplendor de l’oro p la diuerfa , e la Ragion di guerra . j ~j~ Animo inuitto è ben quel , ch’vn teforO J Immenfo non abbatte , e non atterra;

Dunque fol Pompeo fra l’altra Gente )

Fin dopo la Vittoria ancor v incente. '

Religiofo Heroe, che ne gli orgogli ,

Efrà’lfangue, e le morti vfipietàde, r Ben’ è ragion , che d’imitar s’ inuogli 6 ra-ma-y L’opere tue quella corrotta Etade.

'Fù , che d’eterna Fama il frutto hor cogli Per valor , per prudenza, e per pietade,

Degno eri ben ( s’altro non ti fea indegno)

Per fatto così pio ,, di finpiù degno .

Ma

J

r66 /PIANTO

i,4>

c Ma cjienon puote 11 tempo ? al Tempio V Minacciaua miua il proprio jpeifoi \

C vede* da nùl le regni e/pr effe. Ch’era, fenzacadere , in terra tlefo . Dunque canonie Molilo, troppo fpeflo f Vedu to . efl mpiojhor chi non c.omprefo, > c he ion /ji vetro.fralcadùf hePorape?

I Ogni cofà Thrà rod^ , e corrompa . .

Ma i! credei , P Alcalonita Herod€ . :

R efegli poi la fua bellezza altera ,

;ia l’opra .fini degna di lode , ^iChenoue volte April/è Primati era.

Tal reitò,fti ebe Tito inyjwo, $prp<4p Di. truffe la Città crudele, e fera, (ro, <-ho. giacque alfine anch’ei-coi P.opolvia- P er non iorger mai più , dal foco citine

Di quel confitto rio imi i'afp^e guife Del morir, de le morti, e dei cadenti De le Turbe cattine , e de l’vcfiile Il numero , e le fughe , e gli ardiménti, lacero qui 3 che il Cigno almo pr ornile Lo iluppr de le >iu(e , e de le Con ti ,

Con note difpiegar chiare, e diurne Dn#$ì gran Città l’aceibo fine. ./{

Hora in queda Magion, Porta del Cielo,

Con le care Compagna entrò- MARIA, i Nel cor ferita dal noi ofo celo *■ D’vna fo frizione occulta, e ria.

Proitrata in terra à Dio piena di zelp^- I fegred del’ Alma,orando, apriai

c Cow prima dal duo!, poi dai timore c Qu Site voci forni ò,pr e muto li core, i Padre

TER Z Q. f47

i g. *■

dre Eterno , eSignor, voi , che fcorgete 7 Vtj D’ogni più cupo fen gli intimi affetti , .) Mirate pur, come per vie fegrete. ?

Auuelenatadoghailcorm’infettiJ ' vy

Temo ( à ragion ) ch'vna mortai quiete Già già non chiuda. Coirne) gli occhi diletti)

( Ahi lenza lacrimar dir no’l pofs'ìo ) /

pel vollrovmco Amor, del Figlio mio. J

£uefto,è l'acuta (Irai > che il fen penetra, _ Quello è l’aforoxokel , che il cor trapaffai Mifera , che tarò ,fe non m* impetra Da voi foccorfoi* Alma afflitta, e lafla ? Dehriuolgendo{ ò Regnator de l’Etra) Quegli occhi eccelli a quella terra balFa , Mirate il duol (che pur voi fete Padre)

D’ vna infelice , e derelitta Madre.

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J -0

Datemi forzaalfin rd&te conGglio Neldubbiodlato à P Alma addolorata ,

E le perdere ( oime ) deggio il mio Figlio Non lìa da voi ( Signore ) abbandonata : Poco vigor , ma non conforto io piglio , Parto munitasi , non confolata,.

£> bene il core al veltro alto Decreto Tuttofoppongo , e volontario accheto’.' z I v

Già non hauea l’vltime noteancorz*

Efprefle la^gjan Dea, Madre di Chri(lo,_

Che nel Tempioy ouefol^vn Dio s'adora , L’infame Traditore entrar fu villo .

Per rimirar si brutto Molhqà i’lhorA,. <] \lu D’huomini , e Donne-s’vrta il Popol

Pa(Tàeipenfofo,etacito3efmarritq, /

Ad occhio ancor lontano il nloltrail dito}

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PIANTO

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Hi creipo , c nero il crin, la barb a rara :

Pende dal gro/To labbro , il volto atroce Per gli occhi caui, e guarda tara amara , Eco’identeinegual , femineavoce; ta pallidezza ancor dimoftra chiara Vna malignità , ch’infidia , e noce,

C Pofcia co’l rifo alfin , che ad arte fcoprc ,

> Ammanta Podio, e’I tradimento tóprei *

Quando ì Prencipi tuoi trouò coftui - - Seder nel Tempio , il fiero piè forteone^»™* 1 Anelante, e fudato in fretta , à cui, * r41 ' Pili che pentito , difperato ei venne; v 1 Quiui il crudele i mali acquirti fui , t Percorcndofi il cor, più non ritenne:

v Gìttò l’Argento, c fconfigliato à pori; b Al colio rio l’eterna Morte corfe,

t'. «

V?

Come vede MARIA quel vifo indegno * Si tramuta ne l’Alma, e più nel volto ,

E qual balen da nube, vn fantQ fdegno Sfauilla fuor,nel guardo humile auuoltO'.* o^txjnriJfhUlehgrim* poi fo n dolce fegno >- yCh'in acqua di pietà cade ei ’difciolco;,

; H molìra il ibn, ch’ad hor , adhor fofpira,

\ Che il moto piu di dolor, che d’ira.:

1,

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Il A

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Tien gli occhi fiflì à 1 a calcata parte Dal Difcepolo ingiurto , e dice piano, -7 Con qual lingua ( infelice)econ qual’arre Tradir poterti il Redentor fourano?

Haurà dunque per te di fahguefparte ,

E di fudor cotante ftillé in vano? l( r.

' Bram’ei ta tua falute , iugraco, ah riedi A pi ù faggio difcorfo > e (pera, e credi*

Ve&-

T\ :E1'2,0.'- ép

Veggio ben’io , doue ci mena, e guida . j Mal pen fato penfier, voglia crudele;

La firada prefa , al cieco Inferno è guida, , Stanza eterna d’angofcie, e di querele xJJn(tvrto Deh vane al tuo GIESV, benche;homicida.

Deh torna al tuo Signor, benché infedele 7 a . Ch’vna lagrima fol ti farà dono /

De la grazia non men, che del perdono# J

j 7 |

Se tradirti quel Dio , che ti fofliene, / j

- Sofpinto fold’auara, e cieca voglia,. {uciWri'a.

»■ Hor non volere almen fra tante pene ,

Condiffidenza tal crelcerglidopìia. <

Quanto fangue rinchiude entro le vene La delicata fua caduca Spoglia,

Hor per te fparge^/e in ricompenfa vuole ( Debile guiderdon ) pianti , e parole. J ètnici

Vanne , vanne mefcJiitio, e non t’affteni^'^^wr L 'horror del tuo peccato infame , e vile),

Mira in quegli occhi , in cui gli Spirti, pieni D’Amor, godono in Ciel perpetuo Aprile^

Che ben vedrai, come Follia ti meni ->

Al precipizio; e che timor feruile X Y^/^y^

T’inu ola quel perdono, a cui t’inuita j *

Amor , Grazia, Bontà, Pietà infinita.-' io

Mentre afflitta cosi fra difeorre La Vergine feconda ,'à i guardi mefli Ivtvnty***'' Di Maddalena, inafpetrata occorre J .V edoua Donna, in panni atri, e funefti.

Gli occhi (ond’il fangue in gelo alcorfe’n fon nel piato à ramìifarla prelli, (corre)» Conofcenzan’hauean, poi ch’era anch’ella De la pudica Dea cara Sorella.

Egli a

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7* P I 'A N T Qi

Figlia dfCTéofe, Moglie d\AJfeo -, o- '>* XDi Giacomo minor Madre era* <juefla , EdéLgiùfto GioféfFo, e di TadeO,

7

li ULi i^iuuuvjivilu V) v vai i awwv)

, ■; ìz/coatu. In vigorofaetà faggia , e modera .

K.

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t::

%

Come gJfoechi’aiFisò neirrempioiHtbpeo, Vtftalà PeCéatfké,iI pafTo arrefta ,

^ *?iDifcopre odo* nói volto humido , ed egro*,

L / ^^^Ste-la'me llùia , vn non che d’allegro.

Benignamente la foluta*s e chiede*’- - j DelaVèrgiiied vivtempo, e moftrahauere ( Ch(à I’Jìorne gli ocelli fciiìtillarfi vede) Rapporto fol dinoue, elictele vere.*'-'

; i Co’l dito Maddalena infegna al piede*

K ftynlO ^ Cleofèj dotte Pangofee fiere | - . ' Piagnea la Donna eletta-»?! Ciel riuólta,

r AI Ciel, di'aperto i Tuoi lamenti alcolta. %

? t-

j CCome Infermo tabhor, c’homai la fola f

[(* Morte langnido attenda, àcui pur’anco

y 11 tempo (che nel mal gli egri confola)1 v Debilmente lufinghi il corpo fianco j S’ode d' incerta- fpentevna parola,

- $ n,ma*^Accrefcer di vigor lo fpirto-manco,

/e mentre fi rinfranca, e r inconforta,

(.Animo à l’Alma, e core al core apporta

Cosi laDeapietofa , dl’hor che feorge f* , , La Sorelfagerttil nel vifo lieta,

f^oice (ottotio a femedefma porge, - :

f tE chiude il pianto , e i fuoi dolori accheta.

* Dal genufìeflb-òrare in piè riforge.

Ed in parte più tacita, e fegreta

De Lecce Ifa Magia n , di gioia piena ,

La bella Cieche ritira , e mena .

' - Epo*

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TERZO.' 72

po fcia à lei ; Che dolci fegni fcorgo ( Dille ) Diletta mia nel tuo lembi ante f .

-/Oqual conforto à l’Alma afflitta porgo , jr*' f O che fperanza appretto al len tremante: >. j^D’hauer vita, efentire hor si m’accorgo»

' fche refpira nel duol l’Alma collante* #

Non tacer più , guai gioie , ò quai conforti Co’l giocondo arriuar ( Sorella ) apporti ?

Don vn volto feren , che difcopriua > c Icontentidel cor, l’altrarilpole. y ^ /

A voi Nunzia ne vegno , x> Donna , ò Diua Di liete, e forfè inafpettate cole;

Quel noiofopenfier ,che viferiua L’Alma nel fencon mille punte alcole, ,

Scacciate homai , Che de la voglia v ottrt La Plebe con ardire in prò fi moftra .

a t y

Mentre con penfier graui , e làgrimofi^ v H

Mollimi pria, per apportami àpunto7«7«^wf/ Gli accidenti lugubri, e dolorofi, 'f/.

Per cui d’alta pietade il cor compunto » ó iy/t*ccs6

Funello incontro i palli frettolofi Face arrellare , e ne l’ifttfio punto Cangio configlio , e fubito m’ir.uio doue è guida al pie nouo difio .

a 1* -r "

y Arme, e Genti , e F acelle horrrda villa Mi s’olfre à gli occhile’! Prigioniero ili e fio,

Cui vidi ancor , quando fmarrira, e trilla Mefifaggiera io venia del gran lue cello . , / /

Per lagrimarlo almeno, ou’c più milla ' 1 Uà? La. Turba, à forza fpingo il corpo oppr effo,)t/

E mentre che nel duolo io mi dileguo,

O non veduta , ò non curata ilfeguo.

Sa-» -

1

7*.

pian t o

* 9?

Jnkuv , Sapete pur , che il pio Signortoudiltco . »

yqj h In quel primo furore ad Anna tue,

* rh l’empio, c’haue il corearfo, e di brutto

fluavo (i>ej pallid^or da vna affamata lue:

Ed indid Caifi ( Mi ni Uro indarno . . Giudea crudel de l’ingiullizie tue) p Ch’à Ponzio4’inuiò, del granRoinano 16U£!^\ Monarca ^Uecutor primo , e fa urano.

Come patì guanto fottìi d* indegno

j. / ..t

t *

{jjUitrf Kr-Da aueftr tei , ridire hot non mi cale»

^ £ Ahi l’iniendefte pur ,:che,ne iegno Del metto vifo il beLpallorlethale :

Sol narreròciò , che di chiaro , e degno A uuenne inanziil fummo Tribunale, . VW«>M f £* appf “deralMngegno incento

(j 1 > De le iperanze voltte inondamento.

Oj t r

, , Stalli il Latin ne l’aha Sedia affila ; ; ; v .

Conmaeftàicheriucrerrzajfpirà,

'‘flav/ti. rCoprc laharbailgenerofc vif©> . ;

«• ( £canu rame! fen pende, e s’aggira;, i ;

g { (x-9 fOrm Porpora, ed Oro ìlTrono incifo !

f r J UD’ Arabico lauot , cui l’occhio ammira,

j/y c E mentre ci cimo d’Oftro il foglio ingóbra,

/vrti lArgenteoCitl tetto gli face., ed ombra. ,

cJu *f . 4|

7/,<4m*//rPreme conl’vna mano Aquila d’oro,

V ' VìCui tien per ornamento il Seggio altero;

’i 'T&vV yX.’a/lnrafolhen di ricco, e bel lauoro

'-LoScettroaurato jin fegno altrui d’impero. luLtaO rNe ali-atti, ,e«nefii>irar fpira vn decoro,

fch’il réde à gli occhi al trui dolce,e feuero, *c jtnAJ rPa^aPrudeme, licori accheta, e lega, vu , f Egrau concetti inpoche note fpiega.

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T É H 2 O.

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Dinan2?à tanta Maelta negletto

\ ^ r"r» ^ M /4 o Z' r> * 1

7;

noO!

Vienfene'il vero pio, da cento corde 'jl/sìj*. c*

In ir)ilJeginreàuidcchiato,eftretto ^ ^

Da T Arine indégne , e da le Genti ingorde.

Fremon turhilltuanti , al Regio afpetto

Non riguardano già le Ttirbéforde, '*- Drcui Paltò fragor , che i lenii opprime ,

Sol Morte ,e Croce in Tuo confalo elprime.

Stende e ilo. Scettro, e mmacciofo aduna !

' IV n ciglio , e l’altro , ed al furor s’oppone/,

Tal ch’a la Plebe vile, ed importuna y Lo fguardo fiér duro lìienzio impone . J Cohié celiando mal l’afpra Fortuna I flutti Tuoi l’alto Oceandepones '(? y..

Cosi 1 Hebreò(quel primo orgoglio tolto) */£U'/pc« S*acchcta,epaue il cenno lol d’vn volto.

Indi parla men fero, e dice. Quale Fallo commife quelli? e chi l’accula?

' Ben dèueelTer l’errof debile, e frale,

Mentre llaflì quièto , e non fcufa.

0 -No n più fi taccia, hor mi fcoprite il male, ^

Onde coftui le no lire Leggi abufa, ’^Tv eu a (r*-À vqJ Perche pofs’io ( come tenuto fono) z < ,cj Efpedirloconpena,òconperdono.j ’>L~‘ ica</

Segue lungo bisbiglio à le parole

Del Prencipe Roman, fra quella gente.

Qual donno d! Augei , ch’à i rai del Sole Bagnili in riua al Mar nel Verno algente.

Vn Saggio alfìndé le fuperbe Scole A l’horìi traile inanzi arditamente, T, f Chiefe di fauellar, mo Arando fuore Sdegno , più che facondia, hauernel co ce.

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* PIANTO

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jl i i / - ( Co n tetta grande, il naio haue ti compreflpp , i ì. i/octhio nel rimirar gonfio languide, «r

I Di cui la imno cimatrice, IpefTo ; ,7$ \_Con vn terfo Grillai le forze vnifce: ) '£VLit Vile il pallor da Janacura impreco , (

Di nobiltade il volto impouerifce* /

Pur menare parla,ò che rimiri il Cièlo,

- Tutto raflembra altrui feruore , e zelo»

,/, Conparlar meditato , il Parifeo, -,

'• ***■> t-j Quelle ( ch’io ben notai ) parole efprefle.

,eujy„.f Saggio Si gnor, cui de 1- 1 mpero Hebreo f ^Son Jegrauofe cure nogg^ commette, .Senza rirchio, e fatica, o qual Trofèo, . .

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ra-KL^enigna Sorte al tuo grannome intettc.

perche icopra del cor la Virtù rara , ìl<

vQyal nobil Carneo Jl Fato, hor ti prepara.

' 11 % /d & icrtòCpQ^^ beo dire il slorioio Aupuilo 5 ? ; V C’hoggi per te la Paleftina acquici;

■k

v c/noggi per te la Faieitina acquiiti;

T II Regno Hebreo , di mille palme onuflo ,

. Nu mera pur fri tuoi famottacquifii , pur che Uj ( qual tu fe* ) prudente , e giufto, Pur ch’à 1 graui perigli, fiora preuifli, - vuifM* f Proueggia à tempo , e con giuftizia intera cCon la Congiurai! Congiurante pera. . »

procuri inuan le forze, homai fofpette. "osi più ageuolmente altri {occorre L’ardente Cafa , e falua le dilette 'Ricchezze , s’à le fiamme occulte , e prime S’oppone coraggio Co , e le fopprime.

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'cani

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TER Z Or Tf

Ma il Tjràcotato, c non di gloria auaro*. (do*

Rende al Tuo biafnio ogn’hor piano il cumi- Non credo , che commetta gi i chiaro,?

E graueerrore il Principe Latino ;

AnziauuertitO jVn’opportun riparo ^

Opporrà al precipizio nomai vicino, ». : »

( Tanto più, che il fuo debito Pallringe,

E lacommoditàl’inuita,elpinge*

Equal facilitade human fapere *v, t ^ wrn & $1. J^uo^ómpoiiì ipag2or, che domo, e Viotti J 1 Senza fangue, e fudor prefo , tenere Colu i j c’al tradimento erafì accinto?

f. Fortunato Signore , in tuo potere -7

Il commune Ioimico eccoti auuinto,S y 0 già poteala tua Cittade amica parlo con men difpendio, ò men fatica. s 1

Quell i è quel Seduttor , che Nazareno D’ambiziofa nouùade abbonda.

Quel Seduttor , che fin dal Mar Tireno, Altrauquilló Giordan , che Siria inonda;

E dal natiuo Galileo terreno,

A quella gran Città , cui Dio feconda,

Solleua ogni hor ( Machinatoreaftuto)

Con Dogmi fallì il Popolo minuto .

Ma benché quefto inucro error lìagraue,

Pofcia checon la Morte punifce,

« Che ja Religione è fida chiaue, 7 CoyrMitrù Onde ilpublico benlicullodifce,/

Qai non ferma il Reo, deh che non pa ue^^

Gli ordini tuoi , ma temerario ardifee, <Z^^' perche il nome Roman fra noi s’eftingua, ^ Contri Celare illelfo oprar la lingua , J nt «Vfrt*

Di Non

fi v'i À N T O

! ,i ;//t /mt £ìon con chiare parole ha l’ira efpreifa ! T*nJù x Conrra l’honor de l’alta Maeftade,

Chesàbén’eì ,chenon hauriapermetfa jl i Gierufalem si aperta ihdignìtade:

\ *U/fa -.Mafoctov n’ombra tal la lingua ha meffa

‘D’vtilita commune à la Cittade ,

Do ue n’habbìa i fentir (deh mira inganno )

ii \1; 11 grande Imperator più graue il danno.^

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✓Sacche l’argento, e l’or, di cui la Terra , ; j fy V Mmiltraliberal frutto ci rende.

Sono l’alma del Regno, e de la Guerra,

| j ^ Da cui ThonordelPrencìpe dipende;

; i [ Che come ageuolmentevn’huomoà terra

? " *L

( Benché robufro ha ) Cade, e s’arrende / Per difetto di cibo : hor cosi è vero, LChepriuo di Tefor, manca ognilhipero.

Ben ciò intefe coftqi , che in vari modi > Perfu4feàIeGenti,cheìTributi , ; ' ' ( Debiti in vero , e Iieui ) erano frodi >

Del rio Tiranno, ò dei Mihilìri attuti;

- . Come di f^ruitù mìferi nodi *’i 1 1 ' ~ . :

1 ( A’feruipiù, cheà’fudditìdouuti)

! ? //■ / pfeffer quelle grauezze, ond’era giufto , . 1 i *■ /<* j legare ^ crudeH’ Homaggio ingìutto.

; 1 tftoyjnó ydle con quelle indebite querele ^ l Wj,on4\<v II Mentitore altrui render fofpettó,

\ yCckrt il Pio , che qua/i vn* Huom crudele

c Habbia d’auidità l’animo infetto.

Ii| c - Opur credendo il Popolo fedele

*N\ Del bugiardo Oratore al falfo detto,

I /■ /‘Prillare tròppo attuto empio delitto}

1 <*- VL’ Erario Imperiai del fuo diruto.

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O. 17

18

In quella guifaforfe , e con tal’arte Trarre à fine pensò fiero difègno,

Chenon potendo in si rimota parte Senz’oro mantenerli Impero degno.

Non pagati i Prefidi , e perciò (parte,

E difperfe le forze , intero il Regno V fiirparfi credei fatto infoiente -z ;

Dal fauor de 1 a Li ngua, e de la Gente.) '

£ fi

Signor, conofcer puoi, che quello ancora Di Iefa Maeftà delitto atroce Già lo condàna, acciò ch’eflempio, ei mora.

De gli altri Seduttori , appelo in Croce.

Ma fin qui nulla è detto, e nulla foia.

Che fenza prone al Reo poco fi noce ,

Qya.ndo eccello prouato , ed inaudito ?

Non felfechiaro, epiùche V9C l’vdito.^

Dica Gierulàrenij tuffo confermi 7\7l\éi'inon.i« t II facro Tempio, e tellimon ne renda fi La Paleilina , e con penfi eri fermi ■>

Noi Gente eletta al vendicarci accenda.

Come collui sfacciatamente affermi Effer JRè nollro , e’1 Regno ancor pretenda Diaria tutto , anzi ch/ei Rèdi noma, : 7 Cu^ouxsl) E nulla tien: Pilata, rAugufioi, e Roma;/.

Ì o

Chiodile pure, i chi t’aggràdà ( ò Sire ) ->

Cercane ancor più* vera , e certa proua, j t'-E/e mendace fia quello mio dire, oNlj» . >

Contramel'iratuafifcarchi,emouat punr**' Ben troueraimaggior lafè, l’ardire, (uà Ch’inpró d’ Augulto hor’hàmo tirato à prò Gieruiatem;, di, quanto vedi, e forte Non v’hd Fe , che à la fua deggia preporfe.

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VI

t fe % *

' ^ <Hor & *n punire il Prigionie^ dubbiofo

itua maturiti pur ti rendette, j t y , ^Perche lingua non mai d’impetuofo

t. Tacci <* ^Nelfupplizio mortai nome ti dette,

! ' La Trionfante Pompa; onde failofo

; * .^Entròpoco anzi in^uefté muraifieflè, ^

utrtcjiqfc'ril&cetti homai , die ben fegno chiaro D’Vn cor fuperbo.; e di regnare auaro.

b )

Credi (Signor) che fe coftui la morte. Come Corona tù, non meritafle, -• i per noi già , per fua fiera Sorte * Fora , che tuo Prigione hor fi trouaflfe: Batta , per dargli ogni tormentò forte, 1 _ K . Il dir, ch’à tel’Hebreo Cattino il traile.

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i uxr, erra ter «coreo tracimo u traile,

l Tifhmn ' r Che cótra ad Huom(fe«zaprouate pròue) i H Popolo di Diogiànontfimoue. -,

/ \ /V* -w ' j* . ~ ^ * /** .

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U ^ ( ò Sir } checon honór fo urano

■: \n*Mi csktrin Fatto hai ne’ gran maneggi il volto bianco , 11 Reo lafciamo à la tua inuitta mano ; , H’vdir le colpe Aie forfè homai fianco j ^

i i; g> Sperando pur ( fia lo fperar vano ) 1

j i ; À- Che còme fempregiiifto,hoggi non manco

: t Tal ti deggiaoiofttar > che cosi chiede 1 f L'ihtereffe d'Augnfio/e’la tua fede. ^ ; d 1 ' r b f J .

r, quelli detti , à l’empie fué menzogne in ^

t. Pur diede fine l'Orator maligno, '

V t . ^Moftrando ancor , che nel Alenzio agogne ; ,/ayyfàJT /Dilacerare il mio Signor benigno .

1 " t Spirai! guardo cruclelealtre rampogne,- t^Trouanoue beftemmie il cor ferrigno , ma non Pelprime fuor, che fra le labbia ; Timor llaffif.cna,e la fua fletta rabbia. - i 2Kìli l U Penfa,

<VZSL

Penfa , e ripfenia il gran Romano infanto A l’vdite calunnie , e ben s’accorge.

Ch'odio contra GtE^V ( mafotco manto Di fido zelo ) horain Giudizio forge.

Pure vna de l’accufevdi ce, alquanto^ s

Digclofo penfiero a l’Alma porge , J Talché al tutto rifolue intender come ,

£ con chè autorirade ei fi nome .

« A , * 7 . .. -, _

A i Sergenti fa legno à l’iiora, e impone, ì /f - Che tratto fia ne la Pretoria Mole i J *7/ '"fi'0 . L’apprefencato Seduttor Prigione,-^ '***''*'

Poichele fuedifcolpe intender vuole#

Ch’altri non entri già faggio difpone,

Tal che flannoleTurbeefclufe,e fole,

* ' Di cui la voce vnanime, e concorde Sarà j ch’in prò del Saluatotf i’accorde.

b f{ "

Cosi mòflraro i volti , in cui fifeorfe ?

A i moti fieri sfauillar Io fdegno, f

Onde s’afcofe ( poiché fe n’accorfe) ,k. » v

Fra Gente, e Gente l’Oratore indegno. >

Vncocal mormorio fubico forfè ,

Che del'applaufo vniuerfal dièfegno, Ch*iiifauordi GIeSV vile,efuperba. .

Con giufliflìmo ardirla Plebe ferba.

6 4

In quello flato eran le cofe, quando \

Conforta di feci partita, i

Primiera Apportatrice cilèr bramando.

Ch’otterrà CHRISTO elibertade,e vita. Conforcateui ho mai , date homai bando A la pena del cor, fatta infinita, - //

E in quella Facciaà lagrimare auuezza ,*>

II r ilo homa: sfauilli , e l’allegrezza . fi- t - D 4 Qm

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Qui pofe lineai ragionare accorto ; . .. Xa Sorella gentil de l’alma Dea ,

J;i :%fyanfr fchePur di pianto ancora il Volto fmorto*. r;. . .*>- ' 1 Senza legno di gioia, humido hauea:

A n 7 f in <• 4 ^ ^ o a * /* a , a

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Anzi in vece d’aica,edicbnfortof) Y Par che l’ingombri vna trfilezza rea.

Che il còr le llrigne, e fa che proni fola In mqzo del gioir forgere il duolo *

I » Pafciarilponde, pure afflitta . O quali o j a i vV Speran zeccare si, ma incerte, arrechi;

iJfT* r*ene ^.m*° Signore aiuti frali ,

•• f y Zcc > i t Se il V olgo hafol de i più incoitàti,e ciechi: 1 1 ' Sop de la Turba hu.mjf l’alme venal i ,

LSondelaTurbavilglianiniibiechi,* ^Troppq. lucido è l’or , che mentre fplende* c' f Ogni penfìeroabbaqinato rende. - >

' ... i x'r

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Mala brama del (an-ue , che già fpinfe

¥^Ié Menti fiere à far Prigione il Figlio* tiav£ Ahi , che l’ingorda fete non ellinfe

Cpn cosi iConfigliato , empio configlio* Ma dentro fe quell’ Innocente eitinfe , Tal ch^à kipoco fora eterno effigi io.

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( f ^ * v * « w kviu v/ y iii^i iv/ j

, f -Nè caperà, fin che vnoeitremo ltrazio ..

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c_ Il ferino penfier pop renda fàzio ,

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già parmì veder, che dope duro Troui la rabbia liebrea f degno, j> contrailo, R,eridacon premi, e con paro ledi puro lAninioahrutcontaminaro ,e guaito: \

Che bene è il dono ancor dubbio, e futuro Del’ Alme vili auuelenato patto,

C|ibo,co’l quall’empia Auariziaaftuta 4 ~ -

Nel Torco fpeflfo la Ragion tramuta.

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TERZ O. U

7 *

Dunque » che fperar deggio. ? ò qual foccorfo Eia,chepoaià CilBSV Popolar polla.

Da mano 1 iberal* con aureo morfo ,

* ( Come altrui piace più ) frenata, e moda ?

Pure io non dico giacche nel concorfo s .

Vniuerfal de la Cutà , non polla j VCu/6-v

Trouarfi alcun , che genero lo apprezze i 11 giullfc, piùche gli ori , e le ricchezze. )

i : wc Zlfìnè idXàf^o TLmtìx*. tA f |

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*7

<$_V ARTO.

. , . 18 ...

Porta alavi Ila fua la prima villa

li volto , à l’aria , d le fattezze iflelfe ,

Che de l’Anima rea (c’hor contrilla)

Con facondia , e feruor le colpe efpreiTe.

Parli viuo mirare il Gran BATTISTA,

Ma vedendo 1* Impura, à cui cbncefle L’iniquo Don , poi rammenta, come! c. q Hor di lui fol riman la Fama , e’1 NomeJ , i o '

Vien CH RISTO inanzialRèfuperbo, efolo,

( Ritirandoli ogn’vn ) con lui rimane > . - Già non s’ode il parlar , veggion folo-, D’Herode gli atti , e le maniere llrane, . *

Fra cuisfauilla vn non che di duolo.

Che l’ira accrefce, e la fierezza imma ìe, \

Che tace il mio Signor, fa la pompa fnàattt. Del regio dir , ch’egli il lìlenzio rompa )'

z o . . ,

Scorgealì il Donno altier( conforme ài moti De l’efferato fen ) cangiare afpetto ,

Tal’ hor d’ali occhi par di pietà vuoti , Caronte,?) Pluto di veleno infetto,*

Tal-horaà i ge Ili poi fembra, che ruoti L’infemal face de l’infame Aletto , _

ritroua cor di tanta polTa,

Cheli fembiantecrudelfollenerpolTa.>

Dal tacer lungo impaziente fatto ,

Il peruerfo ad aha voce grida.

Da laprefenzamiacoftuifìa tratto,

Loquace fol con l’ humil Plebe infida : Poich’indegno è d*honore,hor fia qual Maf Trattato a punto, da chi altroue il guida;(to Si rimeni à Pilato , e bianca Velie r> , . ^

Ape r tamente Pazzo il manifeite. /icA/ara A v Fri

v

SS PIANTO

k 7

Fri le grida, fra i fifchi, e fra i tumulti Dei Soldati infoienti, e furiolì, S’apprefrano à G I E S V aouclli infui ti.

In ltraneguife, e modi ingiuriofi. « Difcopre à gli altri i Tuoi difegni. occulti * Vn ai coflumi crudi, ed.odiofi;.,:

Facciamo ( diffe) il gioco del Zimbello* Sia quelli iÌGufto,ogn’vn di noi fra Augello,

lafolle Giouentù , chellar nonpuote^ ... j./ Più ferma homai, l'indegno inuito approua. Si raniccJiia,.poi s’erge , indi percote p G l £ S V, dojue il furor la ftrada trema.. 7 W'Gid da la chiara, Fronte , e.da le Gote ;

> Scende nei len di Sangue amara pioua$, > Ch’à Ifepercofle rie Iiuida relìa, Erottamparteancorla Faccia niella.. '

i j, ^>.

Finito il gioco alfine , e de Io fcherno . Del Pngionfazi gli empi, e de l’aftanno», Soura la Gonna con obbrobrio eterno Per forza gli vellir candido panno.. > Giugne(slogàdo.ogn’vn loldegno interno) A i motti acuti de l’offefe il danno; 1

Xaicianlopolciainmano al Roman Duce, Ch’indietro al fuo Signore il riconduce.. v .x x r

, uSonpotep u tenere direno il piaqt®.

£ lamella Madre al ragionar di Marta,, ’r t \ lalciollo vfcire impetuofò ^quanto, q C Torrente, che da l’Alpe fi diparta*, :r’ ^Bagnale gote , egli ocelli copre tanto . ,<r > Dal potente martir la pioggia fparta,',

/ Ghe fembra altrui da quei celelti Lumi ( (C^afi da vitti Fonti ) vfeir due Fiumi

Non

*$

03 V ;A R T O.

Kon bada il Ve! troppo fomleye breue 9 Per afetugar gli aftertuofi humori » < ,

Che il pianto dal dolor fempre riceue, 5 E*1 dolor del pender , forze maggiori > l Parte la Velie ne raccoglie , e beue? l Parte n'afperge il feno , e r calti auori, j E parte ancor £cosiviuace abbonda) ^ Bagna te rnani 9 e’ijerren duro inonda.-^

Già non fembra , che il fen ne J’afpra doglia Per conforto del cor Ipirr, edeHali, r

Ma par che V Alma a poco, a poco accogli* Me gli anheliti lafli , ed rncgyaln 4

Già fredda e bìancala corporea Spoglia Attende fol l’^ftremohomai de’ mali,

E sii le labbra già liuide , e fmorte Ld prime inìegne fue^fpiega la Morte .

Ma il magnanimo corsara, e redlle,

E fuperando il duot, vince laj>ena.

Tal che non tace le mifcrie tfifte ?

Di cui l’ Anima fama al colmo è piena;

Sgorga con vn fofpir le voci mille

Del pianto, cui ragione ancor non frena,

E con finghiozii rotti, in bafli accenti # Disfoga in quetta-gmfai Tuoi tormenti

X <1

Ben de l’orgoglio tuo fu degno„.effrtto X o fcherno obbrobriofo( ò Rèferoce) Che non gode già mai Tiranno il petto*

Se non ànaor,cheà l’Innocente noce. Come voleui vdir di Chrilto vn detto, Segiìglitolfeiltuoiurorla VOC n ?

La Voce pia,.che con celelli brame Ti riprende* de l’Adulterio infame *

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fcLmi^nf b

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•c p i a n ri>

7 6

Era indegno tìiirar l’occhia maligno *

:r-

Stanca

V,

-rnmciaur)\ Che vide Con piacer la tronca Telia, v ET Sangue pio del Precurfor benignò ,

Segno Iperato , ò merauiglia Chieda .

Ben nel rotto giallo il cor ferrigno ,

Ch’i GlESV'fè vdtir càndida Veda, Che douea i punto I* Innocente intorno Gir del color de innocenza adorno*

9 1,

<11 nouo oltraggio , e l’inaudito fcherno \ <rLvn .* > Di te crudele ogni at to' crudo annulli,

. » ! Dunque facedi il del Cidfuperno

^ludibrio dei Soldati, e dei Fanciulli?

( /"Opal più gran merauiglia, che l’Inferno*

£ h le Furie mirar gli empi tradulli, c Senza inghiottir ne i ìor perpetui lutti :

» Te prima , e pofci.a i tuoi Vtmillri tutti ?

h * Tua fourana bontà, tua pietà fola '

p * Figlio di Dio, che m’elegelh in Madre,

: V Che vn cenno folpoteua, vna parola [ *

Arderla Stani3,elubi(lar le Squadre.

, fg/,1 rft,- Ahi, ch’àie labbra il duol la voce muoia,

1; q 7 O Capo,ò Fróte,ò Guàce alme, e leggiadre

Con quali fcorni ( oime) con quante pene, . .•»« Di che percofle mai vi miro piene?

? a

\g

.fi

. 1 ^Wttfia^Gli virimi accentifuoi nonbene efprefle 1 , \" v L’addolorata Dea , ch’vn Velo intanto,

; , V Ch’afciugaua le luci , il dir comprese ,

Ve. fi ^^Anzi confufe in vn le voci, e’1 pianto. j . La lollecita Marta con fommefle

* parole la confola, e Hata alquanto

s Con volto allegro, e con ferene ciglia,

* 1,5 11 L’interrotto parlar così ripiglia,

i S* hcb-

Quagli*

hebbediàriitda nie *Mcna Ungueiite ?

( Madre Dio ) noaelU di dolore ,J HOraafcoldno ancdr l’oreethis intente, , Quanto può fol raCconfolafui il core. KicpndottoilGattiuoal Prefidente y J

Mòuèla Plebe humite alto rumore, JMuavm, MS iVecchi auari; e i Farifei bugiardi > , TacitHlanno , fe Con dlmelfi guardi P *>i/tnfa0

matuagi penfar,che£rófce'rtipio Del Nazareno far doueffe Hsrode , t

Argomentando ferie « che da vtfemplor ^ i Non polla e fletto vlcir degno dilodéf / t Ut laiua crude Ità ptù d Vno elfcm^ò^— > '

Haueano ih pronto, e Con ófcean

1

Vidi ìofefFirfell^orcacitOjè irìimòtb » «

If Latino Signor , mirato C FTR I S T CV f j Efc orli ancor ne 1* itnproui fo moto De gli occhi, vn non so che di pietà mifto;)

Che pili fece ancor palefe, e noto , cjn*****-. I Mentre ài minirtri rei del Popol trillo Comanda, che condotto fiail Prigione Di nono alai ne Reai Magione .

Nel graifcongreflTo , oue il Romanò- altero Parla folo i fol co'1 del Cielo ,

Non tonofcendo il Giudice feuero Ne l’aocufato Reo , ch’afnor, e zelo

<■ Rifoluto éfce fuori, e (copre il vero Nudo* qùaMTer dee fenz’ombra, ò velo,

E douèfònle Genti intehte,e fide,—

C on maeflà quelle p arole e i dille J - * 1 ili Intelì

9*

:i CvLa(K rlntefi à pien quanto parlarfacondo : Contracortuicopiofamenteaddufle,

/ ' E con quei modifuoi, tratti dal fonda

Del bene orare * a dargli m’induflTé; .

\ £01AXvii*f Ma perche mai non dee , chi tiene il pondaj

i

Pii A N T Q \ H

Ì’ Impero / lafciar mute, e indifeufle

4 1

le ragioni del Reo, volliin difpartcjé^^/ le feufe Ydir de l’accufata parce.^f^ut w

/

\ o

/Io fteffo il Galileo dimolte cofe Ne gli opporti delitti interrogai^ \ Acuisichù - - ' 'c ~

chiaro , e così ben rilpole , na<~ Puro » e ^enza colpa il giudicai*

D’vn Regno fuor del Mondo ei ben cópofe

w A ‘*T-J Fauolat2xdanontemerrt;naij o/ i * . i «*,•««.• f Se #1 “onw <*«?! S #«/&? folce» H

\ E luo peplìer^xdicoloio ^e.dolc^

; . * Q ^ «

j \ . r Ma che? di fua -innocenza e fegno certo, *

! i\**<M*i Ch’ànoidinouoHerode anco il rime tee *

r , . C Senzatrouatohauer colpa , òdemerto,

ebuilc Come volean cert’Àlme d’odio infette . jlJ condannarlo foravn torco aperto,

’V f Che nonpuòilgiurtohauer leggisìrtrette*

\Anz|non ha il rigor forz^ sx' forte ) CChe vaglia.dareà l’rnnocence -Morte^. :c

"-U i t

i 'L'Ml cPei^grap Fqrta(h(pra vicina.>foglio

. / ^ Nnrmnarm" Hiie Rei . «i’vrm l’plfvr.i . <*

r/I

I £

"Macina

Nominarui due Rei , d’vno l’eletta Del forum o Imperiai Latino Soglio /[

Per Indulto lourano àvois’afpecra. Dunque propógo 1’ vn,quel pie. d’org oglio, Quel Capo fier d’homicidiaria Setta,

Quel lUrraban, c’haue la ma no ingorda j Del ciuil fangue alcrui tepida, e lorda. .

Fik

-ir

OV ARTìO, 9S

t

5

l'altro il nianfueto Nazareno , . p * lt/J

ol per lieue caeion Fatto Cartàio,

Jhésfauiìla dalVolroalmo, e ferenoi r ,1V pjj rnnonsò che di venerano© ,ediuo .j j

^hé non fcCe per voi? pur fin dal feno :>u »vvr

X 1

i

1

> VWM

>el’empia;Mórtefuelfe, erefeviuo

beo anzi vnvoftroi onde ia Fama fpande7(*4iu: er tutto ilfuon d’o^rasì rara, te grande» J

rll’vn dei due, cui chiederete voi, *

[aura dame la libertà primiera .-/UiirArcD amo lol dice, silaggi detti poi le le Turbe pattar di ichiera in Ichiera .

Lifolutala Plebe, i voti fuoi jferba al Galileo , perche non pera, „■ *< ^ .

ben viurà/chenumerol'a fùole T anto otrener,quanto ella chiede, e vuole.

<♦

tacque Marta , e fine impofè al dire , ^£<4*^ a feia che non hauea co fa più certa . \

»nfa MARI A, si come gioire i così poca fpeme, e così incerta; nzi il timor (che più fi fa fentirfe ) :> ) } roua per gire al cor la flrada aperta, *,

la commouein guìfa tal , che pare , x jfò** 'I

he da’ begli occhi verfi in pianto il Mar£J ^

T

ilomè, che quanto attende, e brama; .

EÌetofo tjifio, facil fi finger, ^ J *.i

uoi penfieri interrompendo, chiama

t Donna afflittale ad afcoltarlàalfringe. * *

u al cottume dolente hor vi richiama, 4*,

ìrella , à lagrimar ? qual duol vi ftringe) ^ ì

e l’allegreiae il cor? frettante pene /

•er atealmen, fe non credete, il bere. 5

Non

«<

atte

T*4 « ora ANTO

4 6

; ìluH. cNon fia cesi (come peufate.) molle ; ù ; . : :£2_, \ja Gente Hebrca,chepen/ìer cangi,emuti,

\ Polche ibucnrejLiiuien, che l’auree zolle

Vngencrofo cor fdegni, e rifiuti. . r

tot rFin foura il Ciel la baila Plebe ellolle t L I fatti eccelli, e i fourahumani aiuti l (Opre di CHRlSTO)ond’hà di millePalme ^Pronti gli applauii , e più diuote l’Alme .

4 7

W:

.TP

“i

Q cBen’hanJe Turbe ricordi fermi, 'T /

vy. *v- a

h *1

- Che quelli fiì J che per la Siria refe I Con diuoroiltupor fani gli Infermi] * /

ffufùri)-' Che merauiglia porle , a chi fintele.

, v Non v’hàjeni non anelli, e non affermi,

J ^arta/t rChe coxlfolo parlar le membra illcfe S LTornalfe advn,.chc .da Paralilia

^Tormentato fouerchio egro Ianguia . /

lor noto è già, che nefgran Stagno entrato ) (Che Mare ancor di Galilea vien detto)

; V Mentre da vn'Ftiro ahier gonfione turbato,

V* iTemaporgeacoIminacciolbafpetto;

, 1 1 /-Che oo’l vento.il furor delibar placato,

? 5f y Solo in virtù d’imperiofo detto,

■ir*. ( Tralfe con raerauiglia in vn baleno ~ ,■

. ' .VDi grembo àie tempere il Ciellereno. *

44.

'pAWai*. taccion poi quel , che , difeefo al lito .1 <

I ». Di Gcrasà, con Belzebù gli auuenne, ; j.

Iva Quando, dal corpo otfeflo impaurito ,

'i ■; , Per lui fuggendo, il fp27.o albergo ottenne;

•' .y«£he con borrendo fremito, e ruggito

.1 : 'NTon Racchetò il crpdel , re ritenne,

V Fin che tutte non gir le Belue immonde*

II Afotnmergerlìalfin.ne lefals’or.de.

I Ben-

Q,Y A R TcP. ff

ncbe dal Gcrafan , ctie vìa più cura L’Armento vii , che /ingoiar virtute.

Ripulii hauebe , in ricompenla dura De l’opra grande, ond’altri hebbe falute.

Venne in Cafarnaù (1* ingrate Mura,

Terreni alberghi d* Anime perdute, lafciate à dietro)e i corpi, e ogni Alma vana Co’l Detto purga, e con la Man rifana.

onferman pur,che mentre eil? Alme accende -Havr* ( Ne l’ifte/la Città) d* Amore ardente,

E che la Turba impenetrabil rende, li non capace il loco à noua Gente ;

C h’altriche tardo giunfe, il tetto afccnde,

C he llrada irufirata il cafo vrgente Ritroua , e la pietà nel male eli remo Sempre ricorre al medico fupremo.

?oi rotto il Palco art ih 2 io fa Fune,

Paralitico I n/èrmo inann'pone .

A CHRISTO, che faziar l’AJme digiune 7

Delia co n falutifero iermone. ) co.*^

che d'in torno à lui Uretra s*adune La Gente il nouocafo.hor mentre impo nc Che forga à quel mefehin ( virtù infinita)

Sorge ci de l’Alma fano , e de la vita.

Che bella , e viua già la Figlia morta Il fupplican te Giairo mira/Te,

Opra pur di lui , che vira apporta.

Con la pie ti , che da le Stelle il traile.

Sanro ,che Donna ebenuata, e /morta >

Per fanguinofa infermità /arabe : . ^

Videro à più d’vn cieco il jfcrrmoDuce Far dono ancor de la bramata luce.

Ma

v

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Ma ft olr5^he’pVefiì^io?hOf 3’ÒprébeIJ^!^ forfé'ttìt nàrristédel fbYnmòBenèfiu A- ' L Au^teó’^ire ar^oHe‘Sidléi»MÌ «

•ft limerà piife , è lemlnutdàfér^0 a d Ben ri de Sion ( bó#i BabeHtf _nn j V E membria ilgrarf ‘Mpmenòf%e mantiene , *r<^htìitónotychè.eì>ouereyibàn4e *

'Queflf, e trrifr&i^béhefitìiìn^ 3 * -* NotìUÌi*BÌ^,% publict; dpJitìati, >'* ) Coiifénifettinno in fide flamine accenfì ,

De l'Titrtotfc.mea-prò ,glianiml grati . »

« -Mon credo fol 3tni non fià mai/ clfio pdhfi. Che tantóiiéno acerbamènte hmath >

.T t

«I

V

ih

Ch« prepoiìgan deicida 3 à falnia Guida Vn Ladro hy Seduttore j ed-HÒtnicida»

■* Tace 3 e 1 a Peccatrice idettiapproy^V - v*

. V. j r. rr<i »v . i- •< '.i'Tvl.. _

^ * A IV t V W w J v/ n *** f *■ M p

Quella d^alhò patir mirabffprÒH^,-* s 1 Onde ne ttém aan Cor !’ Infero a ISogHaV Ctiifece!fl BJèpoténte 3 echeogni corcy Dimerauigliaingombra , e di itupore?

Oliando ffuòti chiamò del tetro Alleilo 9-J Doue priafu dal fatai giorno fpintòj 5

T I rsWrv À miro filò T 3731 rn . rmèHlV' 1 * iO>

i rvui itlf v/iiv# uv minaci

Per e fi rema preti la Patria vfanza#

*M Rai.

QJV ARTO. 'SI illegrateui dunque, e fiate certa . v*

( Cosi la fpemehora ogni duol vi tolga) ,-r

C’hoggi l’Hebreo ne la propolta offerta A fàuor di G I E S V fia , che fi volga.

Non agitate più la mente incerta, #

Già gia-cred’-io ,che in libertà fi iciolga x H v

L’Innocente'Signore, e già già panni

Sei bel Volto diuin rutcabe*ruii. * rUerv;

fuon de le dolciflìme paròle

* afìerena la Faccia lagnmofa

.a gran Donna del Oiel, sì, come fuole v

)opo lapioggia al Sol languida Rola : dapurfràlètal'hor fi lagna, e duole,

con mille penfier non troua pola, juZjnirL/

Lnzi ch’eternamente vnrio lofpetto \

:on fredda man l’annoda il cor nel petto)*

o

rcon tante fperanze, ancora incerta» O ,

a Vergine Reai non s’aflìcura, (

àfpettofapauenta, enons’-accerta J

er le ragioni altrui l’ Anima, pura : j.

ramaTaccontoìncero, e da più certa

dazione hanernoua fìcura*

ifcia i recedi, e riede, ouelià l’aurata

iua Maeion l’occidentale entrata.' ^

. * 1 r C ì

ardo intento intentamente fcorge, Jti43Wó4.W

dcun veggi a arri uar jch’à lei Zia noto j

vdito accorto accortamente porge ,

mtre ode fauellar l’orecchio immoto}

à fìngulti ,e fofpir l’Animaforge,

’ni villa la turba , ed ogni moto,

lieder péfa5enópuò,ch’vn duol la preme v ^ t>J

trouarquel,chefol dubbia hor teme. .

g Se '

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* v.

T i A K T

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i vk

. - » * . . < . v .

/$e giugner mira alcun , cui lunga via VDi vermiglio colore il volto accenda ,

Si tramuta nel core,enouaria Par che maifempre fofpettando attenda : Se vede altri in pregar quanto dilla , nàac Acuì da gli ocelli amaro pianto Icenda, Subito penfa , e timorofa Itima, j,a0ti'(ì Che pietà del fuo duol co si l’opprima 1/ o a , , -

Non cosi in giogo aipni Quercia ben renna ~y A ri’ Aulirò. edi Coro;

k

vii cyai in b .. ^

/ C Agita il fotlìo mai d’Auitro,edi Coro »

ojfft*** 7 ondeggia Naue , quando da 1 erma ,/ l Caua fpirano gli Furi i nati loro ,

,>fr L®>rae fcuote il timor l’Anima inferma

1 ... / vWn J?X la Diua immortai del lommo Choro.

& ' jCh’afflittadal dolor 3 fempre le pare,

jCh’altri l’arrecchi pur nouelle amare.

Fat ta gelo, e timor ìyUma s’attrilU .

li C? » j-

V;T' Wacbme più d’appreflòefpreifo vede- ni .*.•

I y l’habito noto , e*l bèl fembiante amatOj !

' L<t. J * TE il ardimelo al fretto lodo piede ^

liun rena uucipuw - »

Che l’ Almagenerofa il duol fopporta, E le 11 e ila nel nftl folce a e conforta*,

Con

QV rA R TTO. rtf#

* * .

dorrei dolce atto di pietà monca' ; ^

L’alto Scrittor de l’Euangelio il patto,

Che non pur gli occhi altrui piagner facea Mafpinto à lagrimare haurebbe vn latto**

D’vn bel pallone imnreffo il volto haueaw E mouendo àfatica il fianco latto, . t* ; .

Da vn’occulto dolore erano Intanto *

Interrotti 1 fofpiri , e tronco il pianto. <J

ìraGiouanni in quella frcfcaetare.

Che di vi uac tea piu l’alma accende J r Quando le guance molli ,e delicate |

Intempelliuo pel non anche offendei *

Bello crasi, che la fila gran belcate - ^

V inceua il Sol, quando più chiaro fplendej Sembraua io lui, benché nel duolo inuolt*4 Oro il Crin, latte il Seno, e rofa il Volto.

a r

Ma laStelJa , ch’ai Mondo il giorno adduce.

In paragon de le Aie luci altere,, : : jt

Ben Globo fi può dir priuo di luce, < i £he fplenda fol ne l’ ombre ofeure, e nere.. 'f "“'T'S* come anche in terra vn Sol riluce, za che giri in Ciel benpuò vedere , tirando gli occhi, onde la facciaelecta Ne le lagrime ancor piace, ed alletta

o si

Con vn candidò Vel la bianca Mano [fù

Pietofo copre, e poi rafeiuga i lumi J Métrefà il duol,che il cor piagnédo il varto Non fi confoli nò, nia fi confuini.

Tacito mira, ed indi al Ciel fourano Si volge, e par , che con gli alati Numi Fauelli , e narri fofpirofo , doue ,

E cornei c quale il lor Far cor fi none.

; E i Ma

» 4

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*eo PIANTO

1 °

I \ i ^ \ 'Ma giunto al Tempio, e ne la facra Stanza, iW/?Uu//^-Rirnirara la Madre, il pa/fo affiena,

; 1 ' * Ch’à lei dir vuol ( pure hauràpolfanza )

ijj/. «Kapportidiniartir,nouedipena.

/l’intaufto Meffaggierconlaiembiania ' i yvj . J’D’aftanno, e di dolor dipinta ,'e piena,

I i' \ Senza voce formar , pur troppo imprime

i [ Wii | Wimor ne l'Alma , e duri cali efprime.

A~ 7 1

fQpando có’meftirai la Donna metta .‘‘l ( t Gli occhi incontrò del Giouine dolente,

■i'j‘ f ' f Delfuo dolce Gl ESV l’Hittoria infetta f L Scritta nelvoltoi lui fcorlèrepente: r ' , Senza fpiriro, e moto immobil reità ,

/ r?|i«i>«tniWMa riforge vimìnei fen languente a v ✓»* i Che fupera ogni affetto, e che neh

’.i

: che nel core. fcConfortezxaviril chiude il dolore.

, ; UU fQuafi Donna del Volgo in pianto, 0 in voce |i ^ Sfogar délpuro fen la pena viua

1* U*

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f In frequentato loco , ò il duolo atroce, XfA la Madre di Dio non conueniua : ^ /j }Tanto piu ,*doue il Popolo veloce-rHj*" *R ipienahzireala Magion facra,^ d/uai Che fe gii lagrime , le già fi dolfe,

Priuata Cella il pianto, e i detti accolfe.

Ma non fia error , fe in lagrimofo eccetto D’affanni , formi poi pianti , e lamenti, v Sia quello folo à* verfi miei concelTo V‘ r Dal giudizio feuero de le Genti*

"v ‘Ch’à Iti ridire in viuofuono efprcflb

Faccia tal’ hor quel , che con muti accenti ?> Forfè formaua in lei, quando che fue Prefemc ogni hora à le miferie fue.

- Hor

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j

(«!

OV ARTO,

»r come pria ne la Verginea Faccia De la dolente il pio Nepote mira,

v /* /“ . * J ^ a

J

De la dolente n pio iNepoicum.x, ; v

Inferi fato riman, tremando agghiacciai Pallido.non fi mo tore, non relpira ; w Perduto più non saqueTjChe «faccia,»

^Lichiéfto nonrifponde , maiofpira, / . $

J>ur ( benché con fatica) à If vicina -j 'P/jrta del diuo Albergo il pie.dechna i

on prènde pofa ne l’eccelfoTempio,.

Che*l riduce MARIA là,douepnma»<^^(V; Gondufle Cléofè , perche lo fcempio y

Del fu o Gl ESV non impedito efprimaj Che da l’orecchie del fuperbo, ed empio: Hébreo, quel loco almen ficuro (rima: ^ Hora iui giunto , in emette vociiltefle^ reto del cor parlando efprette».— >

, *

7 ° fembianteofeuro 7^^*

Ilfegreto del

5en , mio. Fedéli nel tuo

Gli altrui dolori, e mie angofee io veggio.. f Pur dimmi con parlar libei o, e puro Ciò, che pur troppo alfin faper poi deggio.

E’v.iuo il mio G,I ESV >- ttleniio dure ,

Orbata Vladre(oime)ch’aI ero più chieggior Ahi ferita crudele , ahi colpo amaro ,

O.mio diletto Figlio Figlio caro.:

Ma con batte parole il pio Giomni**^^^

La fconfoJira Donna intanto accerta7-~^- Cheviuoèil Tuo GlESV,mapien d’affanni:}

Qui tace-, e mottra haupr cofa più certa.

Vede ella ben , che Còri p etoliinganni.

Graue cagion di duol tiene ej coperta, .

Tal che foggiugne à l’ hor prieghi, ed affetti In quelli caldi, ed efficaci detti. O y ^

E 3 Per

iot PIANTO

7 g r y

ir quell’alma pierà, per queir ipofo, * < Che fourail facro Senpjir dianzi haue /li 9 K^aiido ei fapeife ogni Miltero alcoli \ Petq udlo amore > onde maifempre ardevi r>elqùefto Cielo , e per quel Diopieto/o, A jxje Figlio , à te Duce, ahi non t’aire/tid *D^ni accidente Spettatore iilrutto yfZm Tona, ©pietà , di non ridirmi.il tuttojk**i

V ^ 70- f

^più-amareounture horail penfìero ,,t ; t Anima pafla/é’l cor mi fiedej,e parte,

®i quanto fia per fare elpre/Io il vero. , t^ogni acerbo accidente à parte, à parte. Se cosi dubbia refto ( ah troppoièro ) \ Nipotemio non vuògià mai chiamarteli .: Nepiù m’affliggerai, che l’Alma pura

PIAN-

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i

Barraoan uilioltui yivyv"* -

£ iniquo HebreOfCbe ilgiuftè Dio lodana,

Doùc afflitto t Gl ESV girne difpone >

Tutta, tremante y come al vento cannài

Così fra isanjuoi porta il piede > i , . r> ,

One à vnMarmo legato,e ignudo il vede*

* » ^

^ ^ I

A I

^ 1 »

II

Cftretto con vn fofpir pro- Wtì fondo

c * Quel pierofo Scrittor, che d'ai

cor traile ,

Alza H vii© nel duolo ancor ?<****#< giocondo, a,rrt

j&a iien le lucra terra humide , ebaffe : ?

Snoda la lingua , e con parlar&con dol Forma le note in vn tremanti , e Jafie ,

Che da le labbra ancor non ben dilciolte^ yòtr*^

Sono dal cor de la gran Donna accolte. J'

* c a Tru.

E 4

i©4'

PIANTO

j i ; Jucominciò. Se il duol, che intorno accampa Jj VcJ v>tl tormentato fen mi.daràpace;

> I U il fMOnfrt min (“(kj nll.il I nomivi

V

ti

ili!

li.

U.,'

if

a ,

W. . fSe il piantomiojChequalLiCorper yamp^ r*lj J*Saleà ginocchi dalcornouafornacej

lalingua non mi flrugge^Ò rio m*aauampaa, Fatto d’humido humor foco Viuace, ~ * t^ome potrò , pur narreroui alfine D*ogni.vollr.o fperar Palteruùie .. ! ,

A peti a haiiea.vcome laper douete,

Meffòin elczion Barraba , e CHRIS T Oj

II luperbo Latino , à I’indffcrece.

/

Voglie d*vn Popoi milcredènte, e trillo*.

, Ch’eran le. Vóci rifoliite , e liete Per far del giudo, e pio condegno acquillo*, A punto Marra il sa, contenta forle (Benlavid’io)ch’à dirui il tutto corfe..

^Quando malignita peruerfa molle

*‘n

■/ Pontefici rei PanricaSerra,

* ^cu*u*f E Con piena Afleniblèa(quafi chefofle "“"^LPeriglio edremo ) al congregarli affretta; Oue, poiché maluagio ognivnmollrolle*, Configlio alfin precipitofo detta.

II Concilio crudele; e Zarabeo ,

Ghe’l ripropofe, effecucor nefeo..

i^-Coftui, ch’è di pender viuo, ed aftuto Nelfauellàre, à 1’altre.Turbe inuiai,.

Perche prieghi-, e prometta , onde l’aiuto Già volto a CHRLSTO', à Barraban fi dia. CheilrabbiofoCollegio hi rifoluro,

-V~x Che muoia alfin con morte acerba, e ria jj / D Ino verace Rè/quei parte, e giunge,

' j cor Plebeo con quelli detti punge.

Geo-

'a

v,I

i

Q-V INTOr io*

Gente di Dio, cui da vn feruire indegno Traile d’amico Cielo aura feconda,

Per difufataltrada in quello Regno*. ,

Doue il bello, co’i buon di pari abbonda i ,

Hor qual nube d’ errore il viuo ingegno Dote propria di voi , veli, e circonda .

Si che ten ciate ( ahi cecità infinita)

Al Nemico commun faluar lavica?.

Deh non si rifolùti,.o puEmaturo >

Configlio à si gran tatto almen preceda , .

Non fate nò, che il fine.eltremo , e duro Pervoi l’alta Sion s’apprelli , e veda : Confuitateui meglio , à più ficuro Pender la mente homai pentita rieda,

E più fano dilcorlo al ben s’appigli

De la Patria, di voi , de i voltri Figli.

8;

Qual’vcil fìa già mai perapportarue :

Il Nazaren, cui liberar volete ?- ;

Perfide illufion , magiche lame,-, t .Conofifefadi Dio, da lui trarrete b

Che quel, ch’à voi merauigliofo parue.

Da voi medefmi|ffercitar potrete.

Pur che vogliate in voftro obbrobrio eterno 7 Cómercio hauer co’l de l’empio Inferno J

Quei > ch’ammiraftegiàmoftri i e prodigi, .

Onde fiupir le.vofire menti opprefTe,

Al GahleoconCarmi , e Suffumigi Collcetto Alterno: esercitar permeiTe*

Che con femano purglt Spirti Stipi Le proprie forze sì, benché deprefTe,

E de le doti Ior manca la grazia.

Ch’ogni Alma in Ciel beatamente fazia*

£ $ Beo*

C1 ' ! i

ri*

*

C’habbiaco'l foco Hebreo fe forze itaiiucej - Od Irritando piirlgià Tento eflfangué r ;

Fahmfi il cor ) le forze homài temute *

Del Monarca Ròmàn, perche ci auu olga Con nouiIacri,éttTemp?òahcór «tolga*

| L. * .

Quettj , che nonfard/mentfe cfrefcampi Prima off31tó‘dàtVo9> già' vedér-patmi Di foco inarzial, chetuttàaùuairipi >

Sionne*, e che già in van ii détti* ea àrmi; Ch’arfl i Palagi , e pria diftrutti i Gàhipi> Scorra» v furici hormaife nemiéh’armi,

E per le ttrade fol di ttragi piene Serbino à i vini ir foco* e le Catene.

i i , t

Ma tolga il Crei si infanfto augurio, e cada Soura il Capo del Reo si gran flagello,

'E à^«aluncjue mal libera vada :V*ij

famofa Città, Regno bello : } ;

Purfe gli antichi Indulti vfar v'aggrada , Chiedete almen non Mago, e non Ribello Jl Quel Barrabà , cui proprio honor già Ipinfe Al cimentarli , ingiuriato , e vihfe. -

Nonmerta giast generofo ardire " 1

Per tirannico premio hauerlà mòrte, T / Dunque è douer , ch'à liberar colpire - j t Vniuerfal penfiero vn'Htiom forte? ; J * / Su magnanimi Hebrei, perche foffirfré, : r * Ch’ridcbico caftigo hoggi fopporte - Valorofo Campion ? non potrà forfè Conforza alcuno à l’altrui forza opporfef

io<T P^/fMi’ÓP

I o

fierfcèrjb Arrecherà ruina, e fangUe ■' '

A noi del Traditor la rea filate,' ' * ' j

O lia perle » forbendo alftn cmal’ An®ùeV

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Q/V { N T Os; 109' <

t y j

Hor , perche di cordiglio, e faggio , e pio ;

Il libero parer via più s’in.u ogjk, . '

Fia ch’appaghi à ciafcu in tempre il difio '

Ne’ cali eli remi perdioneite voglie^

L’oro offerto nel tempio ; e ben per Dio Prender li può quel ,che periti o s’accogli^

Se con ztd digiuUitia ogni vno hor grida a- Barraba iciolco, il Na/aren s’ vccida, . .

Con più 1 unga Jermonri’co'ipio Oratole. *

JUafciocca Turba periuade, e sforza ,<3 Cuigiànonridirò poiché il cioloFe;

A lataucllamia fcema.la forza- ;

Cooacqua di promette il Seduttore Ojniincédio d’ Amore nel volgo ammorza^

Anzi gli accende pur ( ma di Contraria Fiamma piamente in vn venale , e varia -

i o - . t

Quii.volubil Pennel , che in nobil Torre Altrui dimoflri il variar de l’horx,

Chc.gira à.l’ Aulito, e pofcia al Borea corre Mai lernpre immoto, e nonhàllato yn’hor~

Se nei Campi.de l’aria Euro mai fcorre ,

Subito, v ol ta , e fa con lui dimora.

Stabile lol , fin ch’eicrucciofo volue Il Mar loflfopra, e la minuta polue.

1 7 ^ i

Tale apparue#con l’opra, e co’l penfiera.

L’Ilraelita j ò-fcelerata lame

DelpalUd’or, che ad vnfolfiar leggiero (J

ne mjk

Pi premio incerto volfe il core infame Già cangiato fi Icopre, e in modoièro Palefaancorle mercenarie brame ,

Che, perche il premio agogna, ad alta voce Grida, che ilNazaren fia pollo in Croce..

ogle

log

bi'i ,0* P1f,NT®

/ Prendi, appendi , ed i njlzahomai , d/cea »,

OPonzio quel , la Concitata-Turba,

i *• M M a. J 1 » 1 V

q*” *** y V -J U Vi lu ld £ ^ j i/u^

Pfofanaror de l’alma Legge Hebrea,

^ ! ‘! ggiconturba..

: uci «ulna Legge

J t 6vza* É^heJapace conimi ne hogg.

(/" i \puj /^jnil?e Ì ^?P0^i l’ofla(à l’arte rea,

f IQnp’ahri illude intento) empio difturba.

ti HMn'fa cj£ IciogJfBarraba , che il chiede à punto

ii t i

i Jt

i Noto-ai .-valóre à fedeltà congiunto

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•r 1

M

l * *

I Vi

i-fc ftelTo,, ^.ui j u.iuC £1* i d«a è piena j, Dnioirorephcar fente 1* ifteflo ^

(A l’hor con faccia in vn graue , e ferena, fatto pria di filenzio vn legno efprefiTo Con la temuta mano , à quelle Genti Parlar dilpone in quelli graui accenti . .

z a.

‘“«wu idi , conui ... T„-paflìonperucrfo maicio..

I f cSSI0>jhe molte linguehor l’odio adopra.

. * i „° ^j^onmench’indegno vfficio:

. i 1 ^ Alano degeio cifrati ir ( fr >i p n^q nierta}

•; . \ 7 D u°nvPrigionier con voci, e gridi

: Mòrte mi chiedete, in vero agogno

l)i compiacerui ogni hor-miei. Cari , e Fidi.

il , |L o ~ a c or*dannare vn Giulloio mi vergogno .

f - °lgantt Ciel , ch’à pronunziarmi guidi , ;n*rtst Sentenza iniqua mai tema, ò bifogno,

' f I Acchetateui pure , e coilui prenda

l Dinoncommeflo error non lieue emenda. ..r1 e ~ Laro ,

Digitizc

C£V I N T O* io)

Farò, che non haurà ne cor , ne taccia Di itar fra voi l’odiato Galileo ,

E cosi forfè fia, ch’io lodisfaccia In parte almehl* Accula tore Hebreo . Vdite miei. Littori (e fi compiaccia Di tanto ioloil Popolo Giudeo )

4

.i id' A

A i Flagelli il condàno, e in quello io

Con graue.duol, che la. Ragione eccedo.

%- ? r s .

AlàSentenxainappellabiliefta . ,

Confufo, e non contento il Popol’empio,

E la Turba fenil via più moietta, -

Non ben s’accheta à cosi poco fcempio:

Moto non fi* che riuerenza arretta Lalingavil,mapcrfeguito.effempio w Spera comprar con vlurario Argento ^ /tia***^

Dacore auaro il fuo peruerfo intento x 4-'

Mandano i Vecchi à i Manigoldi infami,

Miniltridel fupplizio obbrobriofo,

Puriflìm’or, che sfauillando sbrami Lafame rea d’ogni difire afcofo.

E perche più barbaramente brami Ciafcuno oprare il braccio ingiuriofo Il prendon lufingato in vari modi Con future fperanxe, efpreffe frodi*

E^portatorrdelpreziolo Groppo,.

In cui l’or fi nafconde, vn’Huomcorputo, . ^ Che co la guancia crefpa, e.d’Vn piè zoppo,’ \

Ha l’occhio. gófio,e toruo,e il ciglioirfuto. j Per debile guadagno, auido troppo, y a > ^

Direbbe al Paradifo , Io ti rifiuto; J E qual Mignatta edace irato langue ,

£ome non beue al bifo^nofo iliangue*^ j

; I

I IrQ

PI A N T O;

x t>

i f J Fi co n prodiga man inoltra fuperba . r,~

1 ’J C^n fff A** l'^VKA MMW« Ti _ _ .- '

^Iw . »

r ^ Coltui de l'oro ^anzi ij^rom^u^ i > ,]&****' Mentre cada G I E S con morte acerba* k/, Sotto j flagelli ilfiaacoy.o iUjpnoap^rto. ; /

*[( 1 Polena par tene <iooà, e raItraferba, :

! . [ima*** Che fia dr l’nnra trinili <1,1 inrlpcynn

l| Io vidi à l’hor ( dai Regni Stigifiior^ i n A\hw'm&Xoxttev . . ,v

s i Tutta diianguehumànoi^e di-Andore, ,

; t ^ ©e le ^ftciic altrui bagnata* diorda,

. Spirar nel crii do ineforabi J core : .

Di queiMiniltrkeiki voglia ingorda,

•' r i ® * Y_* r

i 1 We)t‘ ^Talché giàciafcun brama, anzi già fetue.

' Seréjae l’ Alma immoderata> ardente.

1 ,* * " ' i 8 . ì‘

; \ X (Sì comp in campo humil ben feccadoppia, : * Fra cui niltfcatnano ilfoco accende , * r'

V Mentre ch^aiiHfllinra^n aliarmi» r* f/*Anhi'i

3

Mentre c&auuaìorata auampa,efcoppiad, «. E c o 1 1 u o arder via più ( ieffa in ce n de; , ' ( Se fpira il vento mai ,Ae fiamme addoppia*. L’arido tirarne , ch’abbruciando Iplende»

^ - >n of ** ~

L E con ofeura, e formidabil faccia t vs II Ctel^iamcheJa Tetta, arder minaccia i

« A

osi il difireindegno,,. ondeggi il&tb -t0 Appaio n per fe Ite di Orti, e Leoni a . : Crebbe così negli auidipenikri*. I. v’ d Avvento foì de i proferiti doni ,

. Ribelli di Dio msn crudi, e feri

VCorvT Aline fon rie Phorride Magioni* (gè [ Giàpócra CHRTSTO l’empio Stuols’accin

' I ;

i.t j^g

cr V i 1: bP ni

? o .

Ne la gran Corte, incuiluperba Loggia Conmarmoreè, Colonne, ed Areni illudri 1 rNobil pompa facendo , in alto poggia J ’Mirabil'opra d’ Architetti induftri.

, doue il giro eiìremo al muro appoggia ^VJ /vltimò corno ( hor fon non molti luitei ). Che traportouui il Barbaro gentile.

Per flagellare altrui ilrotnento vile.

Con bafe di Colonna è vn Marmo ofeuro , ^ Da due cubiti lungo , e ferreo anello Hauenelfommo , cheritien ficuro Il Reo , che (offrir dee l’afpro flagello.

Auidi , così ingordi furo

I Lupi mai contra predato Agnello, Comeco’l mio Signor quei Moiln crudi? Sidimoffrar, d’humanitade ignudi.

X x

Che con percofle h orrende , ed inaudite lui il menar , più che di patto , ed anco Sollecirauan Pire inuip erite.

Il languido Prigion pungendo al fianco.' ili tari Schiere infierire vnitè, V

ai

Lemil

Cofadirado, ònon veduta vnquanco Per limili accidenti , empian non meno Di merauiglia, che di tema il feno. a a

Giunta ài loco inhuman l’empia Canaglia , S’apprefta al fatto , e con rabbiofa voglia.

Qual Tigre fuol , che il Cacciatore a miglia,’ S’auuétaàCHRISTO,iridiil dimena,e.ip<3^? Doue in vn caro vii concinre,é paglia (glia; r '' ** Stauanfi accolti , gitta ogni Aia Spoglia, ;* Lv* ^ Nudo reftando i 1* hor , chi del giocondo, j c/'4 E gran Tetto d$l Ciel cóperfe il Mondo . O - -* ^ Come

ut

pianto

? 4

f >l ta*f ej nwt°rt» j e che vergogna ,

Jr

•!'')>

i . ;

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li

» i *

a/

v ìf f *•!

arcendort Jal cor , nel vclco apparfe , Oual viua fiamma accefo in vano agogna, r 1 I1 e n d o fi pure , altrui celarle :

^ cji’e fenza velie, e che bifogna

, ( Ahi ferita d’honor) nudo inoltrarle, (Ho, Gli occhi al’hor chiude, qualì,il dolce Chrj Per non vedere altrui, noxilìa più villo.

pungente roflor ( Anima Tanta >

Oime t‘alftiireà l’hor, ch’ai chiaro giorno

, - Per fcherno, ignudoiltuobeLCorpo intor-

' l f f vCn -penfar con quale , equanta

f i V/ JeLna ‘offrirti cosìnoto fcorno,

, I Sh’.er^? hi mill’occhi i fieri guardi

, i L Ne le Vilcere tue coltelli, e dardi.

; \ } s’apparecchia ar ditamemte i fcopra

1 r,.n?Scuo1 * che colpirò fegreto

it '•Ne labramataMocte, e l’ira'adopra

. / r _ ». .

>':> I

h

•/' )f f^e' l'f'g'onieri qual'Agno manteco) fi f ( ||<fW Pre.,,d vn° *1 Braccio, e’J voIgealfeno'Ufo ' ' / r,.,p ' R?ne>e lenza alcun diuieto, (pr.

1 f Dvn alpra fune, con cenaci nodi: ^

■ri

! •’ W

> r iti

alpra f «u. , wisic uoui

Ambo rillrigne , i n difufaci modi . 17

f ■[, 1 ?op ladrone, li capo , con difdegno,

v fi Del Canape crudelritroua torto,

l.hn Pili r

l-'M

Vi 1

i. si

' v T

. v“^v''‘MW’“iluruuaroito,

Con cui per en tro parta il ferreo ingegno,

; Che del marmoreo ordigno in ama e porte

-de-

\ k \ t

. um: vn smoccino ai lafio, e’I corpo inde lafcia indietro cader dal fuof dìfcorto,(gn< ' . ..♦Gonnan le gore , e d’arrn

rt

T .Gonfian lepore, e d’atro fangue piene

V^oprohfipiw ^intumidite vene.

Le-

t ìjfluass

qrvn N t CH

legagli , e fi , ch’ai èrto ancor lontano ?- Vn palmo , e più.per viua forza arrme J Cedendo il Corpo , quella eccella Mano, FartriceLjfofdtoprèilupende , e diue.

Ahi quinci il Tergo,e mundi il Petto huma- ■fiLeftanoefpofti à quel le Genti* pnue (no D’humankade*, ìquei Minirtriatroci*

\ Barbari, inesorabili . e feroci- ; : »

9 ’T +

Fra gli altri fei de la crudelFaniiglis,

C’haueano il cor. troppo de l’oro amante Con vili fieri , e con turbate ciglia

Vicino al!mio> G.I; E S.V fermar le piante. '

Grande yc fòrte è ciafcun , tal che «miglia Fra lo Stuol de* Compagni alto Gigante, J * Hor quelli han pur l’ingiuite voglie accele Di.dar Jamorre, à chi non.mai glioffeie ..

♦r 0>4 J

Séguia di piu ma dàJeluci intanto) 7

De l’alma Dea , quali d'alpina vena ,

Mira Sgorgare in calde ltille il pianto > &

Debil rifiato à troppo fortepena . fVéde^.che ilfen, de làdogjiola tanto , # à

j Si firigne si , cheilcor ne fpira à pena , \ JuAJtiMf § j E fcorge alfin per g aueambafciail voltoi ^sjtfel pa 1 lo r, dal fudor bagnato, e inuolto, 1

Tace , e confufo in mezo il petto accoglie De l’afflitta M A R I A l’aiTanno atroce Mentre di lei la Peccatrice fcioglie Le velli al leno , e le fiato , e voce.

Il più acuto marcir di tante doglie A la mente dal cor s’alza veloce:

Cosi nebbia tal’ hor Sorger fi vede,

Quando l’ombra notturna al di Succede. )

Puf

cr7sy/#é

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■IV!

jJuJL.

pii

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114' PIAN T,0 ;

i, ' ; '

Ptfr’ecco intanto * che irà Palme braccia rs.ul De l’ama te Sorelle in fe ri piene, j £ ~ r. y

Se ben dipiant», è difudor la Faccia, >

Pallida qual Viola, afperfa tiene. # d- (eia -Tremando àl’horà,iI metto Nunzio abbrac E-più Tempre del pianto apre le vene * Horjnenrre femiuàua il duolo elice Dal catto pettoyalfin lplpira,e dice. *vlt a

4 r.

►ual d’acuto velen beuanda al-cor© mie i' \

^ Condir p°rgéltt(ò mio Diletto?)? quale.'

1 metto penfìer fiero dolorej y /. 0:> AnimaftancaimpemoioatTale? 4 D>ij:.;v lapenaria , quando fi more > IV -, ;> Martir non è , ch’ai mio fe’n vada eguale; Benpotfodir, che di conforto priua LParli fenz’ Alma , e ne la morce io viua. ri ( . < ^ 4 4 V

* L (Vi uo mife**a sì<9 l’afpro martire : , ù . >

? ^ Teiifitiua(oime).l’Anitnaface;

j|(‘ f Cosi lume ul’hor pria del morire.

U 4tu

.f 4>,Co’lidir

’/ftVwkoihu . ! ^^>Ahichel

/ '

h

i*

■n

?!

£

Oltre l’vfato altrui fembra viuace. i Quello affanno del cor , quetto languire j C Del fenfo à poco , à poco ahi mi distace; f fel’-aprdtaro- altrui fiero tormento l Me le vifcerc mie già prouo , e Tento.

/ . 4 r «

I SconTolato mio Ten. , deh , come dai

l Al tormentato cor d’aura tributo ?

\ Come lavita ( oime ) nutrendo vai ,

? Se lo Ipirto vitale c già perduto?

1 Forfè crudele , e non pietoTo il fai-.

Perche con quetto intempettiuo aiuto Ben mille , e mille volte il giorno, e l’hora Senza morire , amaramente io mora;

Ma

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qati n t o.

Ma pria", che rotto il groppo , in cui rillretta^* .

L’Anima lafl'a il corpo fianco informa, ****

Voli à l’alta Magione , oue l’afpetta ,

Chi di Morte vn fentier le legna, e forma.

Quella fpecchio d’amor Faccia diletta (ma 1 Voglia il Ciel, ch’io cótempli,e pofcia dor-j Con fonno eterno, ò per l’i (Iella via Vada co’l Sangue pio la vita mia.

Hor poiché può ìlduol difciorre il laccio .

Onde s’annoda al cor l’Anima trilla, ^ .

Benché l’affanno , in cui fepolta giaccio, Perancidermialfin più forza acquila;

Veggia pelarmi almeno il figlio in braccio.

Quel, che non può il martir, faccia la villa.

Si, quelli occhi laflì il lor conforto Mirino pure , ò femiuiuo , ò morto.

8*. _ , ,

In quello dire ( ancor tremante) forfè, >

Doue prima fedea , confida , e meli àJ E ver la Portali palio dubbio tor fe,/aK<

Ch’à l’Aquilone aperto il varco apprella Del braccio à lei cortefe aita porle '~X£WC*a,1; VW* Il pio Giouanni;edella intanto arredai c Il piè già mollo , e penfa , e tace , e mira (d E gran cole fra le volue , e raggira . J

, 4. Q /•

Penfa, che non conuiene,à chi pudica ~\honw<u

( Odiali altra vita ) il caro honor conferua,3 Porli à periglio , onde poi formi, e dica ^ yy. Menzogne in biafmofuo lingua proterua.)^7''**^ Irne ( fi può dir fola) oue nemica ? r Cultodifce fedel la Turba ferua t Juiéinuca.

Le ferrate Prigionia la prudente /

Sembra con troppo ardir voglia indecente.

* Duro

t Ihv*)

t\4. MANTO

. .Baro contratto entro il Vergineo petto ►' Due potenti nemici iniìeme fanno ,

l' Honor de la Victù , primiero oggetto f / Con aperta ragion teme il Tuo danno: Imotipoidel filiale affetto Altro coniglio à l’Alma afflitta dannoj, . Cosi mentre la Dea volue, eriuolue. Vincendo Amor , l’andare alfin rilolue» ,

f i.

peparteli, eprimaarriua, onevngran Ponte fU) ( Soura la Valle di Cedron s’inarca,

> Per cui dal Tempio icuttodico Monte D’alpeftra Rocca il Cittadin fe’n varca* Quello le mani à fauorir si pronte, Arillobolo, à cui la Fama incarca Di poca fede il nome in guerra chiaro*

Per tema di Pompeo già ruinaro

s v

(Tecer l’ iftettb à piu.vicini tempi;

, j Gli irati Hcbrei contra .i'inquo Floro , 'ra.nna ' il Ponte , e preueniro gli empi

' pilegni fuoi contra il bel Tempio loro . >L.' - V Mottrò lemprecoffui con mille eflempi f] ( Brama, ed auidiìà difangue,ed’oro,. x Onde temean gli afflitti ogni hor vicine. . Noue allutie di morti , e di rapine.

/ f r

ih.-. . Fatta l’aereo varco, e doue s’alza- 4

Munita Rocca , addolorata arriua;

Quella fondò fourafcofcefabaiza *'***'’ Mire ano Macabeo di pietra viua : l’altera fronte torreggiaste inalza,

M ; E fateti di fpeme ogni nemico priua Di poter mai per forza d’arme lciorui Penero l’Inlegue, ò itpiede audaceporuù?

V.. . Ne

^ v r n t o. m

Ne la forte Magion ricco , e lìcuro Hebbe la facra Stola vn tempo loco >

A cui pietoia man foaue , e puro (Honordouuto à!ei)fofpefe il foco, lui profana (alma , ò piede impuro Non albergò già mai molto , poco , l’hebbero folo, e I’habitar diuoti Da i Macabei di (cefi i Sacerdoti.

1 s

"Ma non si tolto il magno Herode al Regno Salìo de la Giudea , che gli occhi volle *' > *

Al lìto forte, e con fagace ingegno A i giu ili Macabei da prima il rolfe.

Poi con maturo , e militar difegno Di mura forti il cinie,ànzil*auuolfe,

E feo la Torre , che mille Alme dome ,

E di chi ranto amò diedeleil nome,

La vada Mole àpp ella Antonia, e metteV/

In quella guifa à la Citta de il morfo; *1 . /

Cosi ipera fanar le menti infette, j l'Unrtn ni Cd»

E de i penfìerì altrui frenare il corfo : ( "

Cosi penla il crudel de le foggette I Genti meglioj>oter premere il dor foJ

L

E cosi crede fare in tutto vani J tumulti ciudi, e i Moti eftrani.

* T 7

Entra la Donna facra entro la grande Torre guardata, e benché villa, veda La Turba oltil, non è, chi almen diman de Il nome pur di quel venir le chieda.

Vnatal riuerenza infonde, e fpande v /

Dal volto diuo,ond’è, ch’altri Screda*/"'*'/**'7- Non mortai, ma cclefte,ecosipoi j Stupido ammirai graui moti luoi.

Con

. I l'

"PIANTO

5 S - "

Con le careCompagne il piè non tarda » ., * * Ma frà Soldati arditamente palla , v Giugne à la Porta , oue l’armata Guarda Senza che nulla cerchi * vfcir la lafla : ?

A l’ampia Loggia , che la Piazza guarda* Oue à la Gente più minuta, e balla FauelJarfuoleifPrelìdente,arriua, ,

Di timor piena , e di fperanzapriua. .

I

;Del‘altaaperta Mole i fondamenti

Sono Archi eccelli , in ordin lungo eretti,-

Qyeftaalfereno Ciel chiama le Genti: .

Cui nel mattino il palleggiar diletti:

Da quella Agrippa con facondiiaccenti 1

rGiiperfuafe 1 più olìinati petti,» f

. j De la Giudea, che conlìgliata diede

\A Roma irata Obedienza, e Fede. .• ti

k ' b °

Ter rale firada, oue al Palagio vaflv

Jn cuiJ’aitero Prencipe dimora*

'**• ^ -Moue la niella Dea gii afflittipaflfi, * m- >

Efentedileguarlì ad hora>,.adhora» \ l

Folle prelaghi fon gli fpir.tilain piJQ j iQ )

Ch’appreilb è il loco, e che vicinaèJ’AOra,

In £uicon mille punte di dolorò ri i> } , t

Senta palferEinmezo il petto il core* I

(Piè

Peruienealfin ttì quella Loggia, e mira»'

Da Poeta augnila occùl ta lcala , e feendef ^JLfcc in aperta Corte, e il, piè rilira; .,r ■> i

vO

lJ u

à»lf . itJ. J

rv 11 gu arde pio j fedì nel volto efiangue,

! ?j iu % non ha lpifto in fen , in vena fengue.

k/j . Vede

CLVI'nto; iij & % >

Vede I’affiitta Donna iliuo Diletto Efpolto à l’ira di Miniltro crudo ,

Con tempia il Tergo al delicato Petto Farfi in amara guila acerbo feudo:

Scorge ne i vili fieri all io , e difpetto ,

E mira il Figlio àlfin legato , e nudo ;

G come la dolente fi contrilla A l’apparato atroce , i l’empia villa, i

a * .* e X

Vn guardo Intanto, di chi l’Almefperra

Co’i lumi de la Madre (ahi ) fi congiung* ' Come Strale, ch’à l'Arco dia Faretra, Rapido vola , eia dolentepunge.

Trafigge il len, trapaffa il cor , penetra <

Te vifeere più occulte , àl’AlmagiungeJ, ) E lacommoufe in guifa tal , che fembra |

Noiofo incarco à le tremanti membra* J

, u fft »

Non mori già , ch'ogni fu a forza cor fe In guardia al core , e per conforto al feno,

E ia propria virtù pur la foccorfe,

l’aita del Ciel le venne meno.

Ben dettilo male il Redentors’accorfe , Echino il volto di vergogna pieno ,

Abbafsò gli occhi ,e di pallor fi tinfe,

H tutto fi contorfe , e fi riflrinfe.

Ma come prima à l’infelice riede

Il perduto vigor , confufa refia , >Uu

E che lenta , e refpiri à pien non crede (

A fuoi languidi fenfi , à l’Alma niella. *s Pur d’eflere ancor viua alfin s’auuede , ? i Al dolor j che Ja turba, e la moietta ,

CI

\

’<V

//

ruUJtiV'

On de verfa da gli o echi à mille , à mille ?

Del ino cupo martir lagrime, e iUUe. J U *

End

ìl*

v<

PIANTO

o t>

; <4| / E nelpianto ragiona. Oquale Imago , Offri à la Genitrice , amato Figlio ?

V/'

l:

Quale il pietolo petto , e’1 Volto vago * Toffefe d’empia bel u a atro ce artiglio?

. ' flirta Chi può mirarti, e non verfare vn Jago 1 ![ u '- Di pianto ( oime) da l*vno,e .l’altro ciglio? 1 4;i ^ i fa /a f Chi Può vederti ad hor , ad hor languire Ì' \ 'yTlfj [Sotto gli empi flagelli ;>e nonmorire ?

'< f ^ 7

Queffepene , cui veggio hora apprettarli, r Pria che giugnano à te , prou'io ne l’Alma; 3 forle co’l tuo Sangue liquefarli Vedrà l’Hebreo la mia trafitta Salma:

Vedrà ( le miro il Corpo elTangue farli) Ch’vDa lol morte haurà di dueia palma: ij Madre invitati fui ,farotti in morte ,

E ne l’angofcie , e nel languir coniorte.

t> 8 '

VKV/i&r ben felice il dilìaco punto,

V- 1t Cbe mi f°trra8É?a a ta,lte Penc i e Tante , t

j Pria che.da l’odio altrui veggiaconfunto \ Il corpo lacro, e quelle Membra fante., i Pria ch’io rimiri a l’hoteettreme ginn ro,

( Dammi(ò dolce'GIES V) l’andarti auante;

1 j. i

ir

H’

r Sarebbe al viuer mio morte infinita,: ri A \JDopo l’occalò tuo rettarein vita. v;uj

6 o

Ma s’andhe piace à quel voler fuperno, .Ch’ogni cofa mortai vede, e corregge. Ch’io retti in vita, an ri in tormento eterno, Pur di te priua, onde il mio cor fi regge >v Farò (m’afHigga pur l’affanno interno}

Del tuo volerei la mia voglia legge,' ' v Viuro infelice in dolorofe tempre.

Tua morte acerba (oime) piagnédo Tempre . - -i Men-

OVINTO, iti

7 0

Mentre cosi del Ciel l’eterna Diua

Con magnaMÌmo ardir (offre la doglia, .

La vaga Conuertita in acqua viua ^

Sembra che fi dilegui, e fi di fcio gl ia.\* "

Di fonno al’hornon che di fenfo priua^

Era grida , e piantili bianco fan dilpoglia.

La delira man la (colorita faccia Percote ,e l’altra il crin diflìpa, e ilraccia*

E da fiero dolor tuttacommofla ,

Ed’ogni indugio fatta impaziente,

Con occhi afflitti , e con la faccia roda ,

Senza tema , ò vergogna vrta la Gente^

Non è , chi il moffo piè ritardar polla ,

Al nouo arditnon è , chi non pauente,

E non dimollri à 1* inarcate ciglia " / fTìavaxua

Millo al timor difdegno , e merauiglia. 5 rri u

Sofpirofagridaua. Annui alteri,

D’infolito nwrtir Minillriinfaroi, J

A me per pena (ol de’ miei peti fieri

Ben fi deono le sferze , e queilegamitif , ; ^ .

A me , cui fanno mille eccelli fieri

Ch’altri la Peccatrice hoggi mi chiami*

SiLSÙà i flagelli , homai, perche indugiate?

Ahi , ch'ingiullixia è meco hauet pierate.

Ma pria (ciogliete il Santo , e l’Innocente, D’ognierror, d’ogni colpa intatto, e mòdo/ *

Se peccato non è la voglia ardente.

Cui tien dirifanar l’infetto Mondo .

Ahi quelli è pur (cui fate voi nocente)

De l’eterno Splendor Raggio fecondo j Quelli afflitto da voi con ny>doingiullo n . Chiude ia Terra,e’l Ciel nel pugno anguilo./>,x/'y

p Non

t

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lai PIANTO,

1 4

Non già pervfurpar titolo audace

Cangiò(cambio inegual )co*lCiella Terrai

1 ìuttvieJ Non per fedufre innouator loquace ,

Ma per ammaellrar , chi fella , ed erra :

; Non per nutrir qual Barbaro predace.

Ma per comporre ogni difeordiae guerra ; j Ahi,che ingiuftiziaingiuibjahijChelì vede,

UjiirayL Chelapunizion l’err or precede»

| Àttèn di pur per cosi gran misfatto ,

Sinagoga crudel . i upplizio diremo. Poiché per odio folo hoggi hai disfacci La pura Humanità del Refuprerao.

2 Frutto diuin de l’altrui Ventre intatto,

i«n f Deh, che piagnendo il mio dolor icemo,

v > Che, benché in acqua il verfi co’l penderò , ? Ritorna poi nel cor più forte, e fero.

// 7 *

/ Di cui per fine alfin la bocca amante I pti ire l V n’accorato oìme non bene efprefle :

M v . r La bocca pia , che ne le facre Piante [ £0>j ggjjj0 j baci ij core impreffej

r ,/) rMapoi ch’altri fdegnò le giufteaccufe, \Fràle vermiglie labbra i detti chiulc.,

r 4 Qual feroce Mail in, che Tenta il corto,

' * l. I ' noiofo latrar di Cane infermo ,

ivc^H v Digrigna i denti, e sùl’irfutodorfo

ì Arriccia il pelo > e ftaflTi cheto , e fermo,

^ degna pur con difdegnofo morfo uFarfi contra il nemico impari fchermò ,

# con vn rinvio loto almen fi volta

3 Perfermar , per frenar l’audacia dioica .

Tal

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CLV TNTO.

7 8..

Tal l'armata Falange a i idi ftrani De l'agitata Donna immobi 1 feffi.

volle il capo , ò molfc almen le mani*

In legno di curargli oltraggi efpreflì :

Ma ben prouedé (e fon gli sforzi vani)

Che tìon vada più oJtréjenoris'appreflì, r E fol co'l guardo de l’ofcura faccia v fi iLa ferma , la fa muta , e la minaccia* ) V

7 0

Toma la Icori folata, ouefedea *

L’ affi kta Madre ì lt: Sorelle à canto.

Che dal languido fen metta traea,

E da gli humidi rai , fofpiri , e pianto.

Come gli occhi affifsò ne la gran Dea ,

* L'acerba pena fuarittrinfe alquanto, ( Ma non così che ne la doglia ettrema * ' Dentro il cor tormentato almen non gema*)

F x

PIAN-

<r

U4

Oh WOMPdlk W afe'ir «afe ’SP’

PIANTO SESTO.

ir’ ~

Jt \ G 0 M E N T 0*

Mira con verghe , e con flagelli duri

Maria percoffo il Fighe agonizzante* £ morto il piagne ; indi da i laghi ofcurì Del viuo J angue il trae la bella jLmante * Tar che di Vrocle vn Mejfo rafficuri La cafla Dea fra tante pene , e tante ; Quando ghigne Gabirro , e in fiera guifa Obbrobri , e pene al \edentor diuifa .

Ntanto de i Littori il Capo ìn- giufto

A flagellare incominciò pri- miero.

Con dure verghe, il folo , vero A uguìlo,

C’hà del mondo,edel Ciel l’vnico Impero. Ma pofcia , ch’egli al fin douuto , e giuilo. Come è coftume del tormente fero , Giuni$, quali abhorrendo ogni attó crudo. Più non pcrcoffe il Condannato igntt do.

Cosi

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(

$ E $ T O. iif

x

Così fer gli altri, che le mani indegne Pofer© ifl opra in quel martire acerbo>

Che giro tutti, oue,l’eccelfe Infegne Spiegando , volfe il Duce lor fuperbo. Reltarliuide le Carni degne Per le percofie à l'humanato Verbo:

. Si vide il Sangue , ma va’ombra file - De i martir qftelia , e de le pene fue.

a,

Ben fe’l vede MART A , che gli occhi afflitti- Non torfe mai dal fofpirato oggetto.

Vide i Membri diurni elfcr trafitti ,

Mirò fangue flillar gli Honieri, e*l Petto* Scorfe le verghe, e con gli fpirti inuitti Solleone i colpi, anzi lor diè ricetto In mezo ilfeno , ò doue più la Salma > Difenfiriuo , e di viuace l’Alma .

pur tanto non può , che non trabocchi- il profondo mar tir fuori i n parole,

Pofcia che fianchi fon di pianger gli occhi* Poich’ella d’effer viua ancor fi duole ::

E' forza alfìn , che il fen rillretto fcocchi* Non cauate dal cor lagrime fole ,

Ma languide querele in caldi affetti.

Ma-voci nielle in quefliamari detti . -

E veggio , e miro , e non m’accieca il pianto?1 E viuo , e fpiro, e non m’ancide il du olo? Veggio mifera , che langue intanto Il conforto del core amato,e folo ,

E ohe feritoelfugue , fenon quanto Tinto è del fangue ,ond*è. coperto il fuoto* Doglie più fiere attende; ahi , chesì forte, Com’è il mio maL, non ha mar tir la Morte.

. - E * Se

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PIANTO

Se il folo vdipfrà le noiofe voci

De l’empie braccia la tempera horrenda » Fi che de i colpi amaramen te atroci La furia olii! foura il mio cor dilcenda; Quanto flano i flagelli ( oime) feroci, _ Quello fol balla àfer,cheà pien compreda, LalTa , che vn co«i noua afpro martire Ben puottlimaginar , ma non ridire.

7

Da premette di ferro , e di dolore Caui il penlier conclulion mortale ,

£ dafegni di rabbia , e di fur ore L’Alma argomenti pur 1‘ vi timo male*

Sento nelleno il cor, l' Alma nel corc Mancarmi à poco , à poco , e quettafiralc Caduca l'poglia, e tèmimorta vita Se \ iue ancora , il duol le porge aita..

8

Potetti pure anche vna volta almeno.

Pria ch’io mora, abbracciarti, ò Figlio caro. Che da me haurebbe il lacerata ieno Di lagrime cocenti vn bagno amaro . _

Forfè , chfal petto (oime ) diùngue pieno , Di quello pettamioiàrei riparo *.

Ma che potrebbe far timida Madre Cantra il furor de l’arrabbiate Squadre?

IrtuaKdo foccorfo , ò dolce , ò degno.

Darti potrei , Frutto del Cielo , e mio;

Ma ben m’ancide gii lo ilrazio indegno. Con la villa cradel del Sangue pio.

Balla fol quanto vidial folco ingegno ,

» Per farli noto ogni tormento rio }

Qual conforto mi retta , ò qual conlìgiio ? Ahi flagelli,ahi percofle,ahi ligue,ahiFiglio :i - Ma

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SESTO. U7

i

Jtfa i Congiurati, à cui ne l'empie brame Sta il tolco rio 'de 1* Auarizia lorda , Scoppranfi à l’hor, perche ciafcun disfarne Co*! l'angue giufto honiai la voglia ingorda Ed ecco due con vn Flagello infame Di ferree punte in aggroppata corda Si fanno auanti , e quelli, e quegli offende Il RèdelCiel con battiture norrende*

i i.

Sibila il colpo, e ne la viua carne Penetrasi , che ghigne infino a I'olTa,

parte > che non fembri altrui portarne In pezzilei, c»ià difmcmbrata,e moda.

L' vn Manigoldo par , che fi difcarne Ne la fatica, e ponui ogni fua polla , L'altro languido è pur, che già già Itane* Dal moto in lor l’vfata forza manca*

i X

Hor dal bel Corpo, hormai fuenato , sbocca Vn fonte,vn rio che il fuol dipinge,e bagna? Sofferente GIESV, non apre bocca, Nèpur moue vnfofpir , pur filagna

Al fulminar cui l’empia rabbia fcocca De le percode , in viue nufleltagna Il fangue , e già di fangue ( horrida viltà )

E dicamela polue in terra è imita*

I x

I Carnefici fieri in vino humore

Stillanti tutti , onde ogni colpo langue, Maifdolente GIESV dellorludorc Verfa per ogni itilla vn Mar di fangue . Stanchi cedon , non fazi, e‘l crudo core lor pugne acerbamente il -mortai* Angue j Dela brutta Auarizia, ohe delufi i Veggiófì 4 l’hor, dal premio offerto efclufi. , ; ®T F 4 To-

i

ii8 PIANTO

ì

Togliei*tantoà MARIA la Turba folta La villa si ,c he già non vede efpreffo G I E S V percoffo , ma i flagelli afcolta , Di cai le reità il core eflangue impreflo . S’alzala fcorfolata , e riuolta Per veder pure * e pur non l’è conceffo Mirare il caro oggetto , fe non quanto Scintilla fra la Gente il Sangue fanto .

1 s .

Vede tal'hor de l’empia Calca al moto / Porporeggiar le preziofe Ili Ile ,

Conofce la dolente il Sangue noto.

Che dal fuo proprio fen par , che ItiUe $ Prouane l’Alma vn tale affanno ignoto > Che le lagrime della à mille à mille, r7U n(o ' Forz’è, che piagna alfine, e feorghi fuori Compianto in quellejv o c i il u cùdqlo ri.

* ni x

O flagelli, flagelli* ahi ben vifento,

, Men tre offendete Dip , paffarmi il petto : Punge,efiedevnfolcolpo,vnlqltormente la Genitrice infieme , e’1 fuo Diletto . Mifera qu ale haurò gioia , ò contento»

Se più non veggio il gl oriolo aipetto ? *

Ancor ch’afpro mi fora in queffo die l Ne gli occhi fuoi mirar le pene mie, .

I T

Ma poiché non feconda if buon dilire Cruda feiierità d’ irigiulta Gente,

Del Figlio mio cónolcerò il languire Del core afflitto al palpitar frequente }

Del mio G LE S V comprenderò il morire De l’Alma oppre fiatai fofpirar dolenjte»

B quanto mi ha&oude Orgoglio fiero»

Già prefago di mal vedràifpen^éro . ..

v -i’ ' Del}.

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$ B $ T' O. '* ve*

i & *

Deh fi conceda à quefta delira effangue , f* Che il pargoletto Dio fi Itrinfe al leno , Trattar le piaghe, e riiUgnare il languc,

A chi ferito ad hor, ad hor vicn meno.

Ahi non fi nieghi , à chi già freddo langud. Coi fiato altrui di riltorarfi almeno:

Ma chepenfo? che parlo? ahi,che ben vedo * Che dura cofa , cd impoflìbil chiedo.

Lontana , ò Figlio , mentre ancor ciò lice. Adunque vdcò de le percofieil tuono. Senza poterti pur , Madre infelice, - Dei baci efiremidarl'vltimo dono* 1 Cosi doleafi l’alma Genitrice Fri le care Sorelle in muto Tuono ,

Mentre à l’Huomo diuin la Turba auara

Con fiero orgoglio vn maggior duol ppara..

x o f

Perch’altri due , ma forfè più inhumani,

Noui M iniflri entrar de 1‘ empie pene > Ch'armate hauean già le calTofe mani . Di verghe rie , di fpme acute j>ie«e ..

Lufinga loro intanto i cori inlani De le ricche promette auara fpene*

Sono entrambi robuffi , e pur fi sforza Ciafcun per fe d’accrefcer forza a forza

. x 1 Poi con percofie ,econ villani accenti

Rmouan duolo à duolo , e male à male ,

Che penetrano infìn gH aghi pungenti ,

Douehàlavita il Fonte fuo vitale.

Danno con fieri colpi afpri tormenti

A Dio , per troppo amor fatto mortale,

E del bel Corpo fan con punte acute

Ih vna piaga loì mille fèrute.

f 5 Alma*

*3* PIANTO

i ^ >

Alma , deh penfa tu quel , cui (offrire Douea dolor l’Humanitade alluma, Selacarne piagata ( ahi , che martire ) Era poi da le lpine offefa , e punta.

Vede ali horribilmsnte in ftiJUe vlcire L* Anima dina al Angue pio congiunta*

, V Alma , che nbn parti , perche a la vita L’alta Diuintàla tenne vnita. .

Sfbfljanfi pure i Manigoldi crudi.

Perche fe’n cada il Redentore eftinto , Ma dal caldo iouerchio auuten , che fudi Ad ambo il fen -, del facro Sangue tinto i Onde o limati à l’hor fpoglian A ingudi , Forza aggiugnendo al naturale ilbnto , E fatti piu dilciolti, e piuveloci , Vibrano colpihorribilmente atroci. .

Xe nerborute braccia alzano i felli,

l Quanto A puote, e poi ttrignendoi denti > In giù , fanno piombar gliafpri flagelli, l Che nel libilo fier fembran ferpenti .

Molli del fanguehumil gli empi ribelli Son di quel fangue hurnn più lempre ardéti. Ma già debili fatti , il fudor , ch’efce La lena toglie , oue la rabbia accrefce.

i>S

Giranosi l’incrudelite delire ,

Macon poco vigor, le Sferze immonde. Già chede i crudi Mollri in cor filueflrc Al ferrigno difio non corrifponde .

Così pofcia , ch’alfin PAnimaalpeftr* l a debolezza in Iornon più nafconde, Lafciano CH RISTO in quella pena dura > Che di viuo non ha > ne d’Huom figura.

Sem-

SE S T CX <t lltz

z 0>

Sembrati fiumi h vene alme , e diuinc (ghe*s

Del nobil Corpo,e’l fangue va Mar ch'alla- Scorggonfi già da le proterue fpine Eflacerbare intumidir le piaghe :

Ma no ui danniancoXj no uer uine.

Gli appreltan pur le menti auide,e vaghe De la lua morte; hora aigran Figlio volta

Lamella Madre, il rutto vede>e. alcolta.

* T

Nèpurleifola il fiero duoltrafigge- Male mette Marie turba>ecommoue,.

E l’amato Giouanni iaguifa affligge ,

Che ftupido s’imbianca , e non fi moue;

Al Redentor i torbidi occhi affigge,

E vede ben, c he il fangue in terra pione* . Emirafattiil Terga, il Sen, la Gola,

Per molte piaghe vna ferita fola.. J

Da fouerchio.martir punto, e ferito,

Il Giouine.dolenteilumi chiufe ,

Mentre dal volto freddo , e incenerito Vn gelo al cor fi fparle , e fi diffufe, Cadea^ma de la Madre il braccio ardito Spirto nel len>forza nel’ Alma infufe.

Che la Velie gli allenta , ed indi il bagna,

E mentre egli fi duole, ella fi lagna, io.

De la gran, Donna intanto , à cui nel fangue Fur le percofle horrende afpri coltelli , Bagnanagli occhi vaghi il volto e/Tangue, Gli occhi nerpiantaancorfoauf, e belli:

Ma tacendo, e penfando il cor, che langue, Proua in fe fteflo poi gli 3(pri flagelli ,

E mentre vn mar d’affanni infieme accoglie.* In quelli detti alfin la lingua feioglie.

' ' F é Occhi

•a* ^

i$il PpANTdÈ

% O’ * r j

Occhi portate! PAlma hor la fembianzar y

* Ché pUote alHn lo Ipirto Itanco tornii ,

Quella, che folahorribiknente auanza Fra le ferite, e’1 fangue à i membri informij Quella, che, come bramo, haura poflanza, Accrelcendo l’affanno , il nodolciormi Pi quel groppo vita! , che tiene ynita

L'Alma dolente à l’angofciofa vita. i

a. i- -

Ma pur I’vdito al fenlo infermo apporta JL’efi'rènio hormai de gli allettati mali.

Forma al penfier l’Humariità già morta.

Figura al cor, cheilfen lofpirtoeflali,

E moltrà al fin, che (pizibfa porta Sianleferite(oime)cupc , e mortali*

Onde vicirà la vita, e feco infieme Quell’incenfo dolor , c’ bora la preme

a 2.

Quello affetto d’Anior , che l’Alma ùmoglia Di rimirar quel , che la villa abhorre,

E’ la vita mia l’eftrema voglia ,

Già che precipito fa al fuo fin corre .

Còsi infermo tal’ hor per fiera doglia Cótra il fuo proprio ben brama , e difcorre* Che non si , non conofce , e fo 1 difia Q^iel tutto , ch’à ragion fuggir deuria.

Ma che chisggio piagnendo , e che brani* io Mifera Donna , e Iconfolata Madre ?

. Veder nel fangue fparfo il Sangue mio Tignere il fuoì frà le nemiche Squadre ;

Mirar languido , e fmorto il Volto pio , Volger le luci (ah non già più leggiadre)

E con vn guardo di pietàloquace Dirmi, vado MARIA, r^ftain pace.

1

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S'E S T O. IJJ

q 4 '

Quando co si la fcòn folata Déà Pure accheta del cor gir fpirti molli.

Se ben per l’afpra angofeia ancor tenea Bianco il torbido volto , e gli occhi rolli Con rimedi efficaci ifenfihauea - Il dolente Gioanni alfin rifcoflì,

Già vede , e fente 3 e*l loco miraintorno. Che riede al lo fpirto3à gli occhi il giorno

. i j ' '

E mentre afflitto à Confolar s’apprefta De la Terra , e del Ciel la Donna a e Dina >

E che à i conforti homai la bocca metta ( Non fenza pianto ) i freddi labbri apriua, Nouo tumulto il fauellare arrefta,

Nouo rumore à l’egt£ vdito artrua.

Si ch'ambo cheti Hanno , e folo intenti > Sono al furor de le fpietate Genti *

q ft’ Jr

Ed ecco pieni d’àftio 3 borri di in v irta ^

Gli vltimi due fcoprirfl à l’improuifo, * Acuì la rabbia al natio orgoglio mitta Rende piùminacciofo s e Aerò il vi fó. : Per vn fermo penfier ,che non refitta Al poter loro il del Paradifo , tìauean del premio atroce i cori indegni In nille modi fatti empi difegni .

q 7

Alto , enerbuto è l’vno 3 e forza grande1 }

Moftra fetofo il fen 3 che nu do appare*

Stimi j che l’occhio bieco intorno mande - rai Tempre irato guardature amare. * ^ l’immondo labbro e quinci3e quindi fpandfi L*ifpidabarba,econlechiomerare, ~ Breue s ottura è la fro nte , il mento raf<£, 1 Cane le guaiti c mwo tronco il nafo. ;

*Tcr"ìc' ~ ~~ lai-

w

il*. PIANTO

X. 'altro s’ inai za , ma la grandezza

Copron le fpalle quadre, e’1 venere groflò,, Quelli al viio fpirante ira , e fierezza Sembra colmo di rabbia empio MololToi Ma ne la bocca à le beftemmie auueiza Per G milizia del Ciel già fiìpercolTò >

Clic mancandogli i denti, è la fua voce

D'Huomo non già , ma di Leon feroce «. b a .9

Non così Pardo mai fpedito al corfo Contra Ceruo fece , e non si fiera Auuentoflì ferito , e flolid* Orlo,

D’ira fremendo , al Cacciacor leggiero , Come rompendo ad ogni indugio il morfo Mollerò contra Dio Panimo altero.

Come fi lanciar quelli al Rege eterno , . Pardi , ed Orli non già. Tigri d* Inferno^

4 O

Erano due Prigionia la Iorcura, ^

Dal Prencipe coramelfi,checonuintt Di piu d'vn furto , à l’vltimafciagura Fur condannati , e di catene auuinti : Sciolgon colloro, e (limano ventura I ferrei lacci , ed altri quei difeinti Danno in cullodia , armando alfÌQ le mani De i ferri crudi , e d’ira i cori infoili

4 I

Opietade, òdifire,ò chiaro effetto

DelSanguepio del fourafmmauo Amante j Sparfoper fanar folo il Mondo infetto lamina fua già vacillante .

Ecco il frutto immortai, che il diuo Petto Produce homai fra tante angofee , e tante, Chcilduol prelente, e le futurepene Hornuiikuano à i Rei i’afprc catene . #

Ahi* -

Cl

Et

S E S T O. iji

l t

A?ii , che pati da gli empi elfere o ppreffo Con qu£Ì legami, che annodar que’ dui. Quali voleflè dir : Soura me hello - Le pene hor coglio, e tutti i falli altrui.

Ma già con volto in vn bianco, e diaielTo, Atto à dettar pietà ne i Regni bui ,

De le Catene rie con mortai rilchio Sente i colpi nel Tergo ,e in aria il fifehio*

Ver fan le Carni da l’aperte vene Hormaì la vita à le percolle dure,

Sembran di foco , e fon di fangue piene. Vermiglie fatte -, le Catene oleure.

Ma chiude il pio Sign«r( pofcia chefuiene)

. In atto di morir le luci pure, . l Anzi creduto morto , à I’hordifciolto Prono cadeo nel proprio langue inuolto.

4-

Ogni vno eftinto il crede , e ne intorno La voce si, ch’ancor MARIA Tintendej Ch’inuitta nel dolor non fa gii feorno Al volto, al cr in , U callo feno offende Ma ben lanoua rea le toglie il giorno ,

£ fredda , e muta in guifa tal la rende , Ch’ai feno immoto , e per la faccia fmortg

Creduta viene , ò moribonda, ò morta.

s

Subito accorte le Sorelle pie,

^ L’accolgono nel grembo , e fra le braccia#

E per tornare à ì lan guidi occhi il die Altra bagna le mani, al tra la faccia:

Perche s’auuiui , fon tutte le vie Tentate , e chi la feioglie , c chi l’allaccia; Ma tale è il duol , che l’infelice accora. Ch’altrui diyitanon fegno ancora.

9

ti6 PIANTO

4 0 '

Mentre MARIA ne I’afpra doglia inuoIta£ Le mette Donne affligge » e’1 pio Gioanni, La bèlla Maddalena intanto àfcólta Voci fòl di dolor, none d’affanni ;

Onde 3 qual forfennatailcrin difciolta , Mirar dilpone igià temuti danni ,

E ne i dubbi del core, e del penlìero Co’i propri lumi fuoi ritrarre il vero-.

4 7.

Vrta , fpinge, penetra , i viti* pianti Moltrano fuori i fuoi martiri intenff $ Cedola Turba, vn fol non è fra tanti ,

, Che i 1 rifolu topiè ritardarpenfi .

( Qyandoperuenneal Redentore au ami > Co’l lacrimare accoppia i gridi immenii, E’1 branco fenofc e le vermiglie gote . Con difperata man graffia , e percuote .

^ g

Lagrimofa dieea , gridando forte :

Ode V Anima mia parte migliore,6 Dunque morto fe* tu? ben la tua morte •Nel fiio fiero dolor preuide il core.

Occhi, del Peccator fidate feorte, (re*

Ahi qual v’ofcura, ahi qual vi copre hòrro- Chi ha , che più m’additi in quella vallo, Del tortuoso Mondo il dritto calle ?■

4 4 i

Ne la notte , Signor , ch’à tu ttt forge Dai tramontar de’ tuoi già fpenti Soli» Quello Sangue diuin l’Anima feorge * perch’àl* Anima tua dietro fe?n voli;

Quello S angue innocente amica porge Speme1, perdi’ io m’accheti , e mi confoli, E veggia, e creda, e prouf, come fra Queft’atrafera tua l’Aurora mia .

- -M a

U7

SESTO, y o

Ma come foffre (oime ) l’atroce vma Più de i flagelli crudi il mio cor empio? Come può rimirar l’Anima trilla Vn così nouo , vn così fero Cecropio?

Deh, pelle 1’ vno,ò l’altra hor m’acquifia Forz a,e difio, da così chiaro el tempio,

O di morirmi per la doglia , ò intanto Di liquefarmi à poco , a poco in piamo?

Mentre così nel lagrimare immerfa Sfoga co’i dettifuoi l’interna pena ,

Alza il Figlio di Dio la Faccia afperla;

Di (angue , e di fudor gelato piena 5 £ con dolce atto di pietà conuerià >

Ver gli occhi de l’afflitta Maddalena Con mefli guardi ,e fìeuolirefpiri Le pur fegno ancor , che viua , e fpiri .

Preme à l’hor con la delira il Aiolo, e’I pefo De le piagate membra alquanto eftolie.

Indi h volge , e pofa , ancor diftefo.

Il Volto pio su la finito molle : < -

Ma come prima in tutto il Corpo òffefo ■' Soura il languido piede ergerpoi volle,: i Di nouo in terra cade , onde fi ferma, S/i Che non fegue il difio la forza inferma . r s *

Corre la Conuertita , e’1 nudo , e bianco i Seno inchinando ^ dice. O del vlondo. Concedi pur , ch’apporti al diuin fi anco Opportuno foccorfo vn braccio immondo Vola fourail mio petto il Capp fianco , Troppo, e pur troppo preziofo pondo, . il E non (degnar , fe Peccatrice fai ,

Chor tocchi, e tratti i puri Membri tuR uiLà ' Fren-

b

V#

IJ8 PIANTO

Prende ei l'amica delira , e s'alza , e tinge la Tua cara, e fedel co’l Sangue lacro.

Ella il foftiene humilemence, e flringe,

E del fanguigno il trae tetro iauacro ;

Ma luperbo I a pren de , e rifofpinge Vn di forza feroce , e di volt’acro*

Che con turbata , e min acciofa fronte. Mentre la fgrida, ancor prorompe à Pome,

Laida CH RISTO artèfrira , e fi ritira.

Ma dal fuo afpetro non però fi coglie ;

Egli i torbidi fumi intorno gira - A ritrouar le già Ipogliaie Spoglie :

L>oue gitrolle empio furor te mira $

E meglio come può te le ritoglie* le fpiegà , e pria velie le braccia, e poi Ricopre ilfeno , e gli altri membri lùoù

I »

Ben con ranrafàtica , che tre volte* Mancandogli il vigor, languido fuenne* Pur dentro il cor tutte le forae accolte* Genero fo non cade , c fifollenue.

Ma perlo fangue fparfo,egre , e difciolte Le. m embra fon , eff imere gii man tenne Nel farool'o Digiuno , onde s'Affide Tremante in terra , e l’empia Turba ride

Non ride già la conuertita Amante, t Mi nel pianto s'affligge ,e fi conturba*

E volgendo à MARIA le nude piante* Per mezo vide l’orgogliofa Turba t Giugneà la fconfolata, à cui le fante Membra l'angofcia *ea non più dillurba * * Che riuenuta in te , benché languente * ì Ie.Compagneconofce,ei4ccdtente; . '•

~i Ki' * E dice

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$ E $.T O. l Ì9

j g

fi dice in arriuando. Hormai fermate, - Vergine del penfier l’interna guerra;

Mor to non è , come fra voipenfatej Il del Ciel , cui partorì ite interrai E* vino a io il vidi, e ne le delicate Vene ,.di lpif co ancor pur tanto ferra ,

Clie da vn Iago di fan sue al fin ritraile ( Ben con l’aita mia ) le piante lafle s o

fi. con la velie poi copri lejnembra,

E de le piaghe Ior celo l’horrore ;

Pallido è ben , che languidetto fenibra Da tempera crudel reciio fiore.

Quel fansue poi, qual’hor mi fi rimembra Sento nelfen farfi di gelo il core ,

Madre , vino è G l E S V , baftiui quello. Che tutto horror, tutto mifcriaèilreiio#

Come in notturno c.id fra nubi ofcure Cinthia iouente il guardo altrui confonde, C hor fi difcopre , h or le lue luci pure Nel torbido vapor turte nalconde.

Così MA RIA, che lenouelle dure Del Figlio intenta afcolca, non rilponde. fi duol , fi allegra , e dubbio reità Se dentro fiapid conio lata, ò meda.

i

Pur già che vino il fuo G l E $ V 1- auanza,-.; Nouq foccorfo à l’egra mente apporta. Anzi forra nel cor nona Ipcranaa,

Con le lufinghe lue l’Alma conforta ; . -

E vuol, che cangi homai voglia,e fembiiza, E che muti color la faccia fmorta ,

E Palletta , eh* à penfar l’inuita, (ia.

Ch’anche hauràCiiRISTQ a libejtade,e vi* : tA ' »pcr-

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T4® PIANTO

£ perche ageuolmtnte il penfìer credè Del fallace difio la forma vera.

Forfè M A R I A ne i Tuoi difrorfi eccede*

E perche brama affai , troppo anco fpera.

Se fpogliar dee di mille ingiù fte prede la Tartarea Prigion di Dite altera (Dicea fri fe) del Figlio il duolo, e>l fangue, Eccolo femiuiuo , eccolo effangue.

Che più da lui fi chiede ? hor non sfauilla ( Fiamma d* Amor ) lafuapietade , e’I zelo? Ahi di quel Sangue può folo vna (lilla Spogliar l'Inferno , ed arricchire il Cielo-: Ma iegiàinviuòhumor tutta dirti Ila- L’ Anima diua , e refta il Corpo vn gelo - A l'vniuerfo Inferno , hor qual falute Apportavano mai tante ferute ?

Forfè baftaà placar f’ira del Padre

Quello marcir del Figlio , e più non vuo^ Così parla nel cor la Diua , oMadro Co’! guardo immoto, in tacite parole . Così mirando ancor l’armate Squadre , Rèitrìgnendofì in lei , fi ftrugge , e duole » Magiugne vn Meffo , che con faccia lieta noua tal, che in parte il duolo accheta.

» r

Ò\àn\ gran Moftro infamai dubbio tenea L'oftinato penfiersì pronto al male »

Che il Figlio humil de la fourana Dea Nófoffe Dio, per noi fatto HuonvmottalC. rCome cauto ,e fagace eiben vedea.

Che l’humano vigOr tanto non vale »

Che p offa ritener di fangue priuo ,

Dopo tante percoffe , vn corpo vitto*

fipiù

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S E S T Oj Ui

g & .

E più di lui penfando , ei vedea aperto ,

; Che non il Ciel,che non il Modo vniti Spirto di piùCjiuilizia,ò di più m erto,

O che in fomma bontade almcn l’imiti* Rammentauafi poi, che nel Deferto Magnanimo fonemi gli afiuti inulti,

An2i pareagli vdir nel cor confufo Ancor la voce, onde parti delufo.

Ma quel ,<he ne la tema horpiù l’inuolue E' lacofianza, e l’humilta profonda Veduta in lui , ch’vn’ Huom di terrea polue Èri fallo folo impaziente abbonda

Per quello difperato alfin rifolue.

Non per amor , per cieca rabbia immonda. In prò del Prigioniero in vari modi , Perche non moia , oj>rar l’arte, e le fìrodi»

Sparia la notte , e nel Ciel più rare Facea le Stelle il nalcer de l’Aurora,

E con fetaibianze allettatrici , e care (ra.

Fea il Tonno ancor ne gli occhi altrui dimo. Velie d’aura fe fteffo ilMollro ,e pare La Dea , che di beltà l’ Alme inamora, * Ed à la Moglie del Roman ,che dorme ,

In fogno inoltra le non vere forme. ; o A

PROCLE era detta,ornata il feno,e l’Alma Dicofiuminonmen ,chedibeltade. D’animo inuitto , e di pudica falma.

Nel vago fior de la più dolce ctade:

Ma fra l’altre virtudi hauea la palma Nel magnanimo cor vera pietade ;

. A colla dunque in quello dir, fi moftra Nei Tonno il de la Tartarea Chioftra .

Omia

,4t PUNTO

7 0

O mia fedel , éhe cor. caldi pricghi . Profirata ki terra , il mio g^n Nume adori , E ne i folenni Sacrifizi impieghi Mai Tempre d’ogni di ì’hore mighori ;

Ben’è ragion , ch’ai tuo pregar fi pieghi la Madre de le Grazie , e de gli Amori y

Eche con atti di pietade aerati»

le Vittime aggradir moftri »e gli Inccniw

Io fino à l'hor , che v quéftachiara hxCt Del Mondo aprittii pargoletti lumi ,

- Eletta fui per tua Cuttode, e Duce

Da Gidue in Cie^frigli altri Eterei Nuftuj E quanto di bellezza in te riluce .

, O fiati ne la feccia , ò ne i coftumi.

Tutto è mio dono ,io fol feci ricetto Di graziai! volto , è d’honeftade il petto .

Io quella fui * ohe ne l’età gentile Il giouitietro córdoltertoccai ,

E dal letargo fcnnacchiofo >e vile * De lafemplicità prima il delfei ;

Che pofeia ardendo pérbeltà virile r Dolci pene fottenné , e Ititi guai ?

In fin chi fiotto Sfortunati auipici D’Himeneo tratte i foriti tuoi felici

Ouella j C’haueftipoi beata forte Ne la fiorita , e vaga giouinezza *

fletta il fai , che per fedel Contorte Se’ giunta al grado di fourana altezza

Tal per me fotti * e tal fino à la morte Sarai, chiara pergrazia , e perbèllezza* tfe ( còsi voglio io ) che grà mai faccia Il tempo oltraggio àl’amosofc faccia .

Hor,

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sesto:» *43

Hor, perche folo à compiacerti intenti Son con le forze vniti i penfier miei.

Già non temer, che ver te mai s’allenti II potente fauor de gli airi Del ^ ;

Pur fe non fono i tuoi penfier prudenti ,

Di graue doglia in gran periglio Tei, n Scorgo ben’io quel , che di /degno armato Al tuo Spofo lèdei minacci il Fatto - 7 i t

Tarmi veder , fel’altrui cieca vòglia Compiacendo commette vn’ atto ingiù fio , Che ben fia tal, fe de vitafpoglia Senza demerto vnTnnbcehte» e Giulio ; Ch’in ofcura pngión di tedio , e doglia,

E di perfori, e più di colpe onutta, .r Con laman dilperata , ed homicida De la propria fua vira il fìl reccida. , ■»

Ma fe nrouedi , c’Joggi nonvada': .

A fiera morte il Galileo benigno»

Quella fia per fuggir l’vnica ftrada Ogni influflo cruael d’ Altro maligno, Prieghi la tua bellezza, e per/uaaa Pon zio gentil , che non il cor ferigno. Cheliberi il Prigione »e cosi poi Tronchi la ltrada à gli infortuni fuoi

Qui tace il d’Auerno , e con ftupenda.

Pr ouaindifà , che il volto in vn baleno A l’ombra trilla di pietà s*accenda, Echeperfimoduolfofpiriilfeno^ . * Poi come già ferire, e morti attenda C Quali infuturo à lei fi fueli à pieno ) ^

Tremando, in metto fuon tutta lagna»

E di /angue , e/udor la feccia bagna.

Sue

Digi

H4 PIANTO

7 g

SuegliafiTrocle iiujuelio , e latta, e molle,

E confufa, e perduta i lumi gira, : Póifourail nudo braccio il corpo eltolk, Per veder; chiparlò, ma nulla mira.

Hor vifionciò itima , hor fogno folle , Cento configli in vn4ol punto aggira, c*Ma finite intanto vh? importuno norrore Dettarle dentro il cor tema , e dolore .

7 o :

Retta per quello à io ttupore immerifo

t . Con chiufe labbra, e con dimette ciglia, Eperlatemafoipriùadifenfo, _ <

Senza mot#-, ò color ftatua fimiglia.

Ma come pria ( quali da vn Tonno denfo *■ Dettata ) il fu o -vigor l’Alma ripiglia, Penfando à quanto vide,à quelch’vdio,- Verfa di pianto Vii dolorqforio . t

M a fe r ma illagriniar gei o fa cu ra

Del fuoConìorte , imita à doglia eftrema,

Che come in atto fia l’afpra fuentura, »

Par ch’vn’irnerno duol l’occupi, e prema.

- Così da l’ Alma poi con pena dura ' Scaccìanouo timor la prima rema.

Più non teme l’ Imago , hora fol teme

Di Ponzio il male , e le ruine eltreme.

E dubbia , epaurofa non s’accheta,

Ma con noni penfieri è Tempre in moto , Poi con la mente opprefia , ed inquieta A l’empio Numéfuo più d’vn voto.

Deh ritorni ( diceà ) l’Anima lieta, BellaMadre d’Amor , prego dinoto ± . .

E faccia si , che illuminata io reggia, Quàco in prò del mio Caro eifeqiuc deggio, .. - Guài-

SESTO/ 14?

GuardaIo,ò Madre tù, da tanti mali. Reggilo , ò Diu a tu , nei cafo incerto ,

E fe 1 miei prieghi fono indegni, e frali.

La tua pietadeaccrefca loro ilmerto;

E pria, ch’auuenti il Ciel gli irati ftraK Con tra Pilaro, in quello feno aperto.

Cui Goffro, sfoghi gmito ogni vendetta,

E gioui àiui, che Serua tua ha detta.

r a ■*

Nel fin de le parole ti Demon fero

Sagacemente prende altro argomento.

De l’afflitta nel cor delta vn penderò.

Che fembra tutto pien d’auuediméto:(iero. Vuol, ch’vn fuo Schiauo, à cui mai séprc in- Scoperle il core in ogni dubbio euenco/ - Vada , e parli al Conforte, indi il configli Prudente à declinar tanti perigli i 8 .

Caro è l*auifoàIafnurrita,echiede L’amato Seruo , e figli dice- Amico, S’anco porti nel fen la vecchia fede,

S’anco tieni nel cor l’amore antico,'

La prudenza, cui grande il Ciel ti diede. Cauta olTerui , e proueggiaà quàto iodico. Che ne la lingua (olo ,ene* tuoi palli,

O lamia vita, ò la mia morte ftaffi.

8 *

Vanne al Con forte, egli dirai, che miri Al dritto fot, la Ragione offeftda,

E che p: r compiacer gl i al rrui deliri ,

Non contrale del Ciel Io fdegno accenda. Liberi ri Nazareno , e non rimiri ;

Se l'Hebreo pertinace altro pretenda,

A giuRizia, ò ptetadeil timo aferiua, i Neinìponid‘kurch*-vp fenzacolpa rida. i G Quali

/

(

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J4 & PIANTO

a 6

Quali cofe vedute, e quali vdite In quello per mefempre infaulto die? Parlar Ciprigna , e minacciar ferite.

Sangue lhllar dale fue membra pie.

Deh liberi il Prigione , e plachi Dite,

A Puoi* trauagli, a le miferie mie Ri medi in tempo , mentre pur ciò lice ,

voglia per altrui farli infelice .

8 7

Si dice Iaconfiifa,e quegli prende L’incarco, e le fpeme, e la confola,

E il dilìo di ben leruir l’accende ,

Ch’ai Prencipe Lg.tin non , ma vola, .gora collui ne l’Atrio il guardo intende, Douellaua MARIA tacita, eiola,

E nel dolor da lui riconoiciuta.

Dolcemente l’appella, eia faluta.

8 8

Poi così le ragiona. O Donnaaccheta L’affanno interno, e raflerena il volto.

Che farai predo ( io te l’annunzio ) lieta,* Chriffo, il tuo Caro, à gli empiitrazi tolto. Quello ti balli , che dir più mi vieta Dilìo ditollo gire, oue io lon volto, - Pur ti foggiungo , in tuo fauor la Moglie , Del Romano Signoria lingua feioghe.

8 0

Tanto le dice ,e balla ben fol tanto Per mitigar ne la gran Donna il duolo ; Part’ci fenz’altro dir, veloce quanto Palulìre Augel, ch’à terra fpieghi il volo: Ma di fpeme, c dilìo ripiena intanto La Dea del CieJ,nonpur|atemafolo,

Male lagrime ferma, e’1 duo! difcaccia* t E di tranquillità fparge la faccia ,

Par-

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S E STO/: 147

4 O' s

Pur con dolceatto pietà riuolta L’humile luci à ie dilette Amiche,

Quali dir voglia lori però tolta E* 1* Alma afflitta à ie fue pene antiche : Troppo fpauenta il cor la Turba folta , Troppo turbano il fen P Arme nemiche:

Ma poi race prudente, e non Peltolle De le promeffe aitruifperanzafolle . ,

0,1 . ...

Dubbia cosi , non crede , e non diiperaji Ma con forte penliero attende , e tace ,

Se ben ne l’altre ad hor , ad hor men fera . Quanto dille colui, la pena face.

Tabella Peccatrice allegra fpera ,

Il caro al Rcdentor l’occhio viuace Volge à mirar , fe il palio ancora moua, , Chiporti delfuo Dio più lietanoua .

« z * - h 1

Mentre fra vari moti in modo ftrano Condiuerlì penlìeri ogni Alma ondeggia. Poiché non quel , che l’eccelfa Mano Contra il gran Prigioniero eflfequir deggia , Molfro di vituperio in volto humano Ecco vn'Huomo venir dal’alta Reggia, Ala cui giunta , al cui fembiantefero

Mute le turbe per timor li fero.

0 a

Quelli già Soldato, e per viltate *"~Commeira in guerra,hebbe calligo infame; Poi gola , e hippocrifia fur Parti vfate. Onde linfe patir dilàgio, e fame .

De l’opre occulte alnn dela Citiate

Del Prenaefaziò l’auide brame , /

Cosi fece Palcier, che tutti hor fprezzza Co’l precipizio alcruHa lùagrandezz^.

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14» PIANTO

0 4r >

Gabirro nome,huom di peraer voglie, D’implaeabil furor, di incollante,

Ghe Tempre contra Dio la lingua Scioglie, Codardo , ma fuperbo, ed arrogante, la rabbia, che nel feìi Cocito accoglie Nel core chiufa,e iparfa nel fembiapte; Nongiugne mai, ch’altrui nóiìa importuno,

parte mai, che non offenda alcuno.

or*.'

Cent’occhiaperti,e mille orecchie tende (de, Hor quinci,hor quidi,e cerca à prò ua,e chie £ da i Seguaci Tuoi mai Tempre intende , Quanto per Te tal* hor non ode , ò vede. Ogni occulta latebra aperta rende ,

"Non figlilo d’amore , e non di fede Chiaue fècegli mai debil diuieto.

Che d’altrui non TcoprilTe ogni fegreto

o o

Par ( cosi fcalrroadopra il viuo ingegno )

Per arti ignote, ch’indouino eiiia.

Onde la villa Tua timore , e fdegno De la Plebe volgar nel core inuia.

Fiaccai Prencipe Tol , che del Tuo Regno Ognihora sà, quanto làper difia ,

Ma l’odia , e pur d’amari o inoltra effetti , Perch’altri forfè à far tal’arte alletti.

q 7

Fugge la Turba ilfuocofpetto, e molti De i più nobili ancor l’hanno in horrore , Temendo pur, che lungi non afcolti Le parole , ch’occulte efprime il core ,

E che maligno contra lor non volti

' Del credulo Signor l’ira , e’1 furore , Ch’eificace è nel dire , e menzognero Confonde in danno altrui co’l falfo il vero.

Cre-

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14 9

S E S T O.

0 8

Crederli il Prence , e fua ventura (tima

De f Infame l’infamia , e la menzogna , #

l’orecchia gl i apre , perche il cor gli nnpri- De l’alrruifallojò del’alcrui vergogna, (ma

L’occulta vdienzaèdicoftui la prima

( Quella ì cui l’innocente in vano agogna) Che aggradire, e mentire iui ha per vlo:

^ O del Mondo corrotto indegno abulo*

A le Turbe il Fellon , già tutte piene Di merauiglia, e pertimore immote, m Di(fe. -Il mio dir da quella bocca hor viene» Di chi , quanto dilia, tutto oprar puote: Doue giudo ogni reo danna à le pene

IUI UUtllld li Wtuuvw 1

Co’ l’afpetto addolcir del Nazareno.

t- o m _

Ven^a d’obbrobri carco , e di percoue *.

Già colmo il Galileo, forfè innocente»

E cori la villa fua l’ire convmoffe Accheti almen ne fa turbata Gente .

Tanto midifle , édio veloci molle - Le piante ad eflequir la Regia mente»

da le vdlVre maniho conduca U Reo Prigione manzi il fommo Duca

Ma perche menzognero nebbe gran voglia Di di Siria d* viurparfi il nome , #

Come fuo per rifo ogni vn l’accoglia, 1 Come fuo da fcherzo ogni vno il nome * Al mertopari fia la Regia Spoglia,

E di Corolla er*1

Xa via wi vtm o ; n .

S’er^a dunque la Sede in quello loco, ^ Poiché U Regno èdinuUa.al da gioco.

*; * * li S ^

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t*o P I ANTO

IO*.

E coronato, e di purpureo Manto Gli homeri cinto, e con lo Scettro in mano Che premio fia di quel fuperbo vanto , Onde fecefi diuo , e fourahumano.

Fra guardie fide apprefentato intanto Al Regio afpetto fia del gran Romano , Che per quello fegreto hor qui mi manda , Che il tutto approua, e co’l tacer comanda

X . 1 o «

Si dille, e de l’iniquo à i detti alteri Danno gli empi Soldati intera fede, r Poi con rifo crudel fanno i primieri Deipropri Scudi loro eltraniafede*

Quelli d'altro martir principi fieri Spettatrice la Madre effangue vede.

Onde con voce flebile, e cfimefia.

Non lenza lagrimar , dice à fe llefià ,

10 4-

Mifera , Quelli fon nel tuo Signore De le date fperanze i primi elfetti ,

Qy elli apparecchi fon , perche dal core L'Anima tua la lua partita affretti.

Tu fcorgi ben dentro il mentito honore. Qual rio tormento il Re del Cielo alpeit^, E de i Minillri ancor vedi ne l’ire «

De l’oltraggio futuro ogni martire

Penìa pur , che rinchiuda empio talento De l’altrui danno ingiullo auida brama.

Odi pur , che fremendo è folo intento > A morti, à ferri, e llrazi, e fangue chiama: Ma fe non (coppia il feno,òfeil tormento, C'hor vedi , no’J trafigge , ei già non ama Quel Dio , che di bontà porta la palma , .Nutrimento del core , e cor de l'alma .

Ma.

t

151

SESTO, i o o

Madre infelice, in qual fanello punto Il tuo dolore i maggior daol ti ferba?

; Hor miri il Figlio à auro paffo giunto ,

Far delfanguediuin purpurea l’herba,

E fra poco il vedrai trafitto, é punto, »

' Pettinato trofeo dimorfe acerba:

Ma qual morte fia mai , ch’ancor fopportij

Se in vna pena fola ha mille morti?

I o 7

O fallaci penfieri , ò voi promette ,

Chè lufingatté il fen fragili , e falfe , - Poiché voi fotte gii nel petto imprese p - , Per mitigare il duol, che 1* Alma aflalfe.x - ' Hòir che vifcu òpre il cor mentite efpreffe , Il cot ,che nèì martir fermo preualfe , Rif&lutoVifprezia,efoldifia, # ;-

Ghe quanto piace 4 Cicl fua v ogha fia

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tifine del SefioTiant».

. - -t - « - *•"

ah nvaicvrak

PIANTO SETTIMO.

4 1 \G07dENT0.

I

D| El Manto antico che portar folca Il Duce Giofuc , Chrijio è veflito ; Tiagne Mjl f{hA , cheda Corona rea CU vede il Capo cinto , ani? ferito :

E con lo Scettro da la Gente ebrea Di Canna vile ornato* e poifcbemito , Torte Gl JLSVy Maria lo fegue , e forti

V il Seruo in faccia à lei chiude le Torte » .

**»».*%• » « «

M

A Gabirro proteruo, i cui non dorme

Nel fengià mai del dàno altrui la voglia* '

Prendfe da vn Seruo indegno* à lui conforme.

Di purpureo color fdrufcta Spoglia . Giacea, del tempo homai trofèo diforme,. Fri cenci, e polue , entro rimota foglia Ne la parte più vii del gran Palagio,

Quando trouolla il Cianciator maluaeio »

SETTIMO. 157

t

Con rabbia il fero la diipiega, e riiofira Di l'ommo Capitan , die fu già Manto,, Quando r allora in languitola Giailra Di valore acquilo filinolo vanto..

Con le Porpore illuilri à pena inoltra:

Hora i Tuoi pregi , ma pur ierba alquanto La forma ancor di maeitofo , e regio ,

Che icopre altrui, che fu.Iauoro egregio.

Quella vuol fa Pietà, che velie fulTe- A. l’armi inulte del Campino fourano ,

Che dopo il buon Mosè relfe, e conditile.

Il Popolo di Dio con.regia.nuno,.

A l’horche il piè;cuifempreilCieIo iftruffe,, Condiuino H u por pafsò il Giordano , Poiché fermolfi vbidiente l’onda,

E fi al gtan Tragitto argine , e.fponda ..

Diquel chiaroGuerrier,che in dubbia Guerra,, Fauorjto dal Ciel, muiXempre vinfe ; cDi quello Heroe, che la famofa Terra DiGieric.oconl?Arca intorno cinie .

«Cosi fatte cader le mura à cerra Ogni fello , ogni età vindice eliinfe- Po ich’allretta colmò l’ardita fpada Difangue incirconcifo ogni contrada.

Di quel gran Condottieri che.Palte polle De icHique Regi à Gabaon molelte ,

Co’l ferro-, e con la mano in modo Icofle

> Che fur- pria ch’ai ferire , al fuggir prede . Con fùlmini di pietre à l’hor percolle La giuda ira di Dio l’inique telie.

Onde le videpoi Maceda vinte,

Più che dal fèrro da i gran fallì ed inte .

G 5 Di

if4 PIANTO

Di quel Duce di Nun Figlio , ed Herede,

Che fece ancora à i carenati Regi Gli alteri capi cal pedar co’I piede Dal chiaro fior de 1 Tuoi Guerrieri egregi.

E prima fatto hauea con ferma fede ,

Sol per hauer de la Vittoria i pregi. Chiedendo humile al fommo foccorfo , Al grand’ Occhio del Ciel fermare il corìo.

Di quel buon Cauallier già vincitore Di ventiquattro Tede incoronate.

Che contra lui con militar furore Hauea Giabino il d’ Azor deftate .

Fur de le Turbe oftili in quell'horr ore Altre efiinte , altre offefe , altre fugate Fino à Sidone, e furo i Duci prefi, Difneruati i Caualli 3 e i Carri accefi

Di quel gran Giofuè , cui Dio commifis Del fuo caro Ifraellanobilcura,

Qyando introdurlo in quel terren promifij , Che la fertilità d’ogni altro ofeura.

Trenr’ vn guerreggiando inuittovccife. Sette Popoli diede à morte dura ,

V infe molte Città , vari Giganti , Ond’hebbe di valore iprimi vanti.

Di quel gran Giofuè , ch'alto foggetto Elfer potria del mio Signore vn giorno.

Del mio Signore , che il generolo petto . D’ofiro ha non men , che di virtute adorno, O De LA nollra Età pompa , e diletto, SOLE immortai, che Tempre tplédi intorno. Di Cigno il canto hai tù, d’Aquila i voli,

F‘J grido à Smirna,e’J pregio àMantoinuoIL

Ogran

SETTIMO. 1SS

Ograii MAFFEO, checonpurgatiinchiollr*- Nel’ Alme fai merauigliofeproue.

Ben’ è più fiei de i più feroci Moflri Il cor , ch’a i verlì tuoi non fi commoue»

Il fuo valor la Penna tua dimollri.

Prima ch’in terra altri Madori Gioue,

E con ben culti>e preziofi carmi Scriua di Giofuèl’imprefe, el’arnù .

Hor quella Velie à più remota etade- Con diligente curafù guardata,

E per fourano honor de la Cittade,

Qual merauiglia, al Peregrin moftrata:

Ma quando in mano di Babiloni cade i/ìnfelice Giudea ( pria depredata Gierufalem ) quali negletto arnefe Il Barbaro fprezzolla , e non la prefe.

Poiché fra cento Cafi, e mille Euenti De la Cattiuità gli anni varcaro,

E che di Neetnia gli fpirti ardenti Nel magnanimo cor pria fi deiraro , . ,

Mai Tempre fur gli alti penfieri intenti Porgere al Tempio >i la Città riparo ,

Del che , pregando affai, la grazia grande

Ottenne alfin fra i Tuoni , e le viuande.

1 ?

Che ad Artaferfe il de’ Perfi grato,

Con incorrotta minilira il vino.

Viene, e det brado il deliro braccio armato» ' Erge con l’altro à Dio Tempio diuino. QueiUritrouò il Manto, e conferuato pofeia vn tempo, infinche per dellino ( Checo’lcenno fouran qua giùs'adoprai)

Andò coT Tempio la Città foffopra .

; - G é ' Cc*

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1 16 PIANTO

i

Come preda non folle in quei tumulti j

De 1 e mani iacri leghe , e profane,

; Come a u ansa Ut à i militari infulti,

Frd noicerta memoria hor non rimane Ocomefono i tuoi giudizi occulti.

Gran Dio del CieIo,à l’egre menti fiumane. Che il ritrouarfi entro il ripofiro fuolo

L’antica V elle, tuo voler fa fola ..

.1 r

Se per Figura , àchi nel Suol prometto Traile Ifraclle , ornò già il feno inuitco ,

Ben'c ragion, ch’ai Figurato illetto PompofoJVlaiuo horìianel gran Tragitto .. Nel fecondo terreno in quello efprdìo Quelli hor ne guida per lentier piedritto ,

Tal che guanto pensò prauo penlìero ,

Tutto fommo honore , altoanillero ..

I. (>,

Già dato hauea Gabirro à l’empie mani'

De i Carnefici fieri ii regio Arnefe,,

E con dettifuperbi-, edin;humani;

Contra if Prigion I’atroci voglie accefe.. Adornate Colini ( gridò ) profani,

^ Che in mille cuifel’HebrailmoofFefe, 4 De i meritati honori , à i Duci vollri ' Spettacolo giocondo hoggifi mollri..

Tace ; e quei erudii mal’oprar difpofti, Dellanacontra Diò 1* ire , e gli ingegni ,.

Ed à gli obbrobri contra lui propolti Accrefconoempi oltraggile fcherni indegni';

Da vn Manigoldo àgli altri fono efpolli Di maluagio penfier fieri difegnù Era l’vno de i due, che le diurne Carni percotte con pungenti fpine.

Vdicc.

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157-

SETTIMO.

1 R

Vd’te vn mio pender contra il Cattino , Compagni ( dice ) à l’hor ch’io flagellai , Le carni lue , che non come vàio Da quelle fiere mani v fcilTe mai ;

Souiefflmi, fs di-mente io non fon prillo, » Che molte acute fpine io purlafcùi Negletti auanzi in terra, anzi, che furo ' Da me ripolle fra la porca, erl muro.

i o

Panni ( fe pare à voi ) ch’eletta mano Di quelle fpine fcielga i rami forti,

Poi gli auuolga , e gii intefla, al Capo vano Di fua follia degna Corona apporti.

De l’arroganza , e de l’ardire infano Grulla , mal ieue penahoggi fopporti, Habbia la Velie il Diadema pari,

E d’vfurparliil Regio nome impari.

X o

Piace il motiuo à quella Turba , e rende Lodi al mal u agio >e fon le lodi infami .

Ed egli corre infuriato, e prende Con la rullica man gli occulti rami . >

Torna, e rirrefoluta in gitila accende, (mi; Che sébra altrui,ch.’aItro no chieggia,ò b#- Cosi ciafcun ne la b ialine uo l’opra Hora il configlio, hòr l’arte illeffaadopra.

Vede ei la man di ferro , onde ficura:

Tratti l’acerbe fpine, e non s’impiaghi, .. ? Ma non gii tanto ella però s’indura.

Che non la pungan troppo acuti gli aghi* Padano il fèrro , e gli beilemmia , e giura Far, ch’altri caro il langue fu o gli paghi^ Che trarne vuorcon noue pene, e firn è Per yna goccia fol mille fumane* À

tfs PIÀNTO

Ben mi vendicherò , s’al Capo giunge ( Dice a il crude] ) quella Corona acerba,

0 Prigionier , che fc la delira hor punge. Più mortali feri ce à ce riferba .

Già il termine prefcritto etto non [unge. Che proni homai la Carne tua fuperba , Che il regio Manco è vn perigliolo incarco. Che dal Regno à le doglie è vn picciol varco

Ma poi che diero à V immortai Diadema Forma crudel fallìbili ritorte.

Che con l’aita altrui per forza dlrema Intrecciate hauea pria la delira forte ,

Spirò l’empia Corona horror e, e tema , / Fedi il fregio Reai pompa di morte :

Ma intanto vn fiero al collo del Prigione La man ro bulla itnpetuofopone .

Ecco if prende , e l’aggira, e poi folleua,

E fin sst’l capo fiumi! gli alza la velie ,

Inai la tira , e maggiormente aggreua . a“ro duol le Battiture infètte;

- Ahi, che per forza à le non falde ficaia ' J? » e fec<> ancor le carrii petti.

Cosi di nouo il fen , che parea eflangue> Torna a fgorgare in mille riui i] fangue .

il mal, ch’auuolta, e-ftretta Xa Gonna al c olio , non può dar l’ vfcita.

E quanto il Manigoldo più Raffretta Per trarla , e tanto più refla impedirai Impaziente à i’hor più nónfàfpetta>

Maponp il piè, doue I* eterna Vita

1 * cJPr£me , e con gran forza i^llcrc il Panno-in g nifi* tal fi sforza .

Ma

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SETTIMO. 1 19 z o

Mapur tanto il Felloni* voluejefcuote,^ •-< Che alfin la Vefte trae con graue amba&ia , Che l’alma Qola, e le modelle Gote Da l’orlo crèfpo fuo graffiate lafcia:

Co’l volto il fuolo iÌRedentor percote, Al’hor che il capo à l’empia man rilalcia La Ipoglia inuolta. Il tutto afflitta mira La dolorofa Madre, c ne fofpira.

z 7

Come Cerua gestii , che 1 1 parto amato Rimiri preda di Leon feroce..

Benché il veggia trafitto , e lacerato Da l’vgna forte, e da la bocca atroce,

Per la doglia nonsà mouere il fiato.

Per la tema non può formar la voce,

E ne le membra , ho mai di forma priue.

Pur vede efprcffa la ina morte , e viue -

z 8

Così la Diua Madre àl’hor, che icone Da quel tnaluagio mal trattato il Figlio , Quali Colomba hutnil , che l’aura fcorfe Di rapace Falcon dal fiero artiglio.

Non gridò , non parlò >. gli occhi non torfe. Ma lagrimofa, e con dimetto ciglio Tacita flette , e’1 cupo fuo dolore Tutto riflrinfe à tormentare il core

Ma tanto al viuo il fero mal s’interna Che giugne à 1* Alma, e la commoue inguifit* Ch* in tutto rende lagran Dea fuperna Per letargo mortai da fediuifaj E fòlo il pianto, che con vena eterna Efce da gli occhi metti à la conquifa,

che mottri la faccia fcolorita Vn fegnomtfer abile di yìu*

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4

i*o PIANTO

? o

Piagne la fconfolata, ed à ie rteifa Tacitamente il iuo marcir non tace .

E chi già mai d’vna vergogna elpreifa Mii'era fpettatrice hora mi tace**

Vedrò pur , lalfa, l’innocenza oppreffa Da l’frigiuilo furor di Stuol rapace ;

E chi Diadema ha in Ciel d’ Altri lucenti , Coronato di ipine afprc , e pungenti.

Hor 'di quai Gemme ha , ch’altero vada Perla Corona vile il Capo diuo ?

Di quelle , che l'Eritrea contrada Produce , ò il Mard’ogni tempeliapriuo } Di quelle si , cuila vital rugiada Pur croppo formerà del (angue viuo.

Del (angue ( oime )che le Tempie mette Già fiammeggiar vegg’io Rubin cclelte.

Quella Corona poi, ch’i l’immortale Pia, che la Telia mortalmente cinga.

Sarà amara cagion * che pena eguale A lui la Fronte , ed à me il cor diltringa.

' Èia vero il duol , ma ieri fìnto, c frale Quell’ honor , chedi faneue il Capo tinga,

, Anzi eh apporterà con fiera forte

Vergogna al Figlio, edà la Madre morte.

_ , .a *<'

Come veder potete occhi miei Jaffi a 'V nasi nona , vna si cruda vifta ?

Che non porrate , ò miei tremanti palli - *

In altra par te homai ladalma trilla?

Ahi , doue impera il cor , fermò itti Raffi Il piè , che fol dal core il moto acquiiia, Quimi comanda pur, ch’immota redi,

S ch’ddoglia maggior l’Anima apprefyV * * firet

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iti

( ; »

SETTIMO.

a

Erede à l’hora dal fanguigno fuolo IJ caduco Signor feroce mano ,

Che poi lafeiollo così fianco, e fqlo, Efpolìo à l’ira di furore rafano . Graueeraben delepercoffeilduolo.

Che non hauea il bel Corpo vn mébto fano: Mal’effer nudo , e che la Turba il miri. L’acerbo fu de i mali , e de i martiri, a f

Vn de i più fieri al Redentor s’accoda ,

E con odio fuperbo al braccio il prende , Poi la ferrata man fra colla , e colla Con pugni Ipietatiffimi l’offende.

Tace il Percoflo,e ne la Sede polla Per fua pena maggior languido afcende ; ' Qu andò ecco intorno la grà Turba il cinge, Cb’à lo fcherno crude! cruda s’accinge, a «►

Vn’altlo piglia il vilipefo Manto , Econmottià GIESV vedelo intorno. Che per l’oro inteffuto, e rotto alquanto Egualmente gir apporta angofcia,e fcorno. Con leruuide fila eipugne tanto Di piaghe il Corpo horribilmente adorno. Che à la lacra Humanùà fentire Il più fiero dolor , c’habbiail morire.

Due de più vili la Corona indegna Togfiono lieti , ed han Te mani armate.

Da cui di Dio de Iareale Indegna Sono le Tempie a mar amen ce ornate . Perche non cada in terra àl’hox s’ingegna De i Carneficireila ferir ate,

E (cotanto ogni fuo ltudio adopra)

Che ben tfadatu, e’I Capo ilringa , e copra.

Era j

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1C1 PIANTO * 8

Era di Rhamno , che pungente , e lunga lafpinaface ,la Corona intella,

Ond’è, che al Saluator trapali] , e punga Con diremo dolor la facra Telia >

E doue il Senno ha la Tua fede giunga,

E verini faiguepio la bocca meda :

Non morì gtà , pofciache in noua guiia

Eller douea da lui la Morte vccifa a o

Perche di Rhamno forte, alto mirtero Ne dimoftrano i noi le Carte fante.

Vollero già con maeftà d’impero V Vliuo mura lor crear le Piante.

Ricusò quegli , e’1 fimigliante fero Il Fico grato , e l’alma Vite amante, iChe l’Olio , il Dolce, il Vino , onde fatolk Le brame fono , alcun lafciar non volle.

4 a

Trouano ir Rhamno, e con iftanza grande Pregarlo Tour a lor, ch’accerti il Regno $ ; Quegli faggio rifpofe à le dimande ,

•Se pur di tamohonor mi fate degno ,

A l’ombra, che il mio tronco inromo fpàde, Vbidìente p od ogni altro legno!

Ma fe mentite , i 1 foco hor da me fcenda , Che i più fuperbi Cedri arda, ed incenda.

Qual? ch’à plinto à l’empia Turba Hebrea Coti quello ertemp io dir volerte Dio a Se di gridarmi de la Giudea ,

. Sinagoga diletta , hai pur difìo,

A l’ombra , cH chi lo! la luce ere*

Vieni à pofar , che quello petto mio*

C’hor per te miri lacerato, e nudo,

Concra Auerno tifia riparo , e feudo.

Ma»

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SETTI M O. 163

Ma fe per fiero fcherzo, vn crudo fcherno.

Dal Regno, à cui mi chiami, haura lavica. Da 1* humiltà negletta vn foco eterno Vfcirà ancora, acuì fia Tira vniraf Che farà preda de l’ofcuro inferno Gli alteri Figli di Sion prefcita , .

Atterrando con noui altri dilprcgi II Tempio , la Cittade , il Regno, e i P.egì,

a , .

Benconuenia , già che si prono a Tonte, Contro il fuo vero Dio fremea Ilraelle * > le gialle pene dimoftrar la fronte, ,,

Che poi douean patir T Alme ribelle 5 E quel tormento , cui le mani pronte Somminillraro al Re de Talee Stelle

? Con tanto duol nel Capo eterno, e vago* t Di più cruda vendetta effere imago .

Ma già del Coronato intanto langue f 4

Trafitto da le Spine il Capo iacro , ,

E già con più d*vnriuo(aniJface il fangue l’innocente feao ampio lauacr o }

A le liuide luci , al volto effangue D*vn*eftinto ferito è fimulacro :

Hor nel morto fembiante à cafo gira MARIA T afflitte luci , e metta il mira.

. r

Come vede verfar l’amata F accia

Fiumi di fangue, e*l crin nel fangue inuolco,' Per vn freddo rigore à lei s’agghiaccia Ancora li fangue ini omo al core accoltoli Dentro il languido len cadon le braccia , Spura l’homero humil pende il bei volto# Rimane il cor di fentimento vuoto.

Refra fenza calore il corpo immoto . v

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i*4 PIANTO

o

La metta Cleofe , che non lontana Sofpirando piagosa , Cubito coffe ,

E con le braccia à Palina Dea foura \ Nel caforio cortefeaita porle :

Ma corte pria la già cotanto vana /

Del Figlio , e de la Madre in vn s’accorfe”. Tenendo inlorl’humidelucififle ,

-Horror fu quanto fece , e quanto ditte.

Con l’vnaeburnea man ftf acciò le chiome , Con l'altra chiufa il bianco fenpercoffe T E poi chiamando il fofpirato nome.

Ad oltraggiare il vifo ambe le mofTe . >

C hi mirò fei , ben vide ancora , come Sono 1* Alme giù fpinte , e commotte, Doueogni horror,dou; ogni mal s'accoglie Nel Regno ofeuro de teme doglie.

+ 8

Il Difcepolo amaro, à Dio si caro.

Quali con moro pari , e pena eguale ,

Sfogò per gli occhiin largo pianto amara L’affanno, cherinchiufoera mortale.

Veder del Lume eterno il Lume chiaro \ Fra le ferite, e*l fangue in guifa tale Patir, premeagli si , ma l’empio fcherno L’afHiggea più , ch’ogni altro male interno «

4 * ;•

Poi che l’affanno , che fi ttrinfe al core De l'alma Donna fi diffafe , e fparfe , Ripigliò il feno ilfuo virai vigore.

Di nouo il giorno à l’egre luci apparfe. ©quanto l’ange il filiale amore , "

© di che Pianto il volto à l’horcofparfe ,

O come auoIfi,ò come fente alfine

Nel più viuo delcorl’acutefpine. ^ Ne!

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* Sf.E T T * M,0.

Nel feróce martir, che &or trabocca

In pianta, fembra pur, che il$®rs eMaiI* Onde l’Anima ancor, vuol per la bocca Difacerbar le pene fue mortali.

Dunque < dicea ) quei , che si fieri tcocea Cosi amara veduta occulti ftrali ,

, Ponno , come prou’hor la debil Salma , Senza toccareil cor trafigger l’Alma?

Che non trapallì homai , Corona amara » Quello auanzo di morte efiangue feno ?

In quella del mio cor prigione auara ,

De l’ acerbe tue punte i v anti fieno .

O fe tanto non vuoi a come la cara Fronte afferri crudel , frignimi almeno »

. O fe ciò nieghi ancora A vn’ago folo Ueue toccando il cor , finifca il duolo.

Prono il morir fenzaprouar la morte*

E per pena maggior mifera viuo ;

Spirano à confortar Je labbrajmorte Il moribondo len di forza priuo :

Ma rendon folo il mio martir più forte*

Ma fan n o folo il mio morir più viuo ,

Che tanto più s’inaipra ogni ferita»

Quanto di v ita più tien la mia vita .

Ogni ferita mia più fempre accrefce lo fpaimosì, che di morir mi fembra. Oltre che iargue è mio quel (angue, ch’efce Del del C iel da le petcofie membra . la mète, che il paffato hor volue,hor meicc Di quanto profetò , ben fi rimembra ,

Già Simeone, c con effetti fieri

Proua purtroppoifuoi prefagi veri^ ^ -

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- P-I ANTO'

ni i.

O di che pónte-acuta ( ahi ) qual coltello Il femiuiuo core hor mi trapali* , :

O di che dura Corda ( ahi ) qual flagello V Alma dolente esacerbata lafla.

G che fiera tenzone, ò che duello S’apprelta ài Piglio 3 ed à la Madre laflfa. Deh. che quanto vegg’hor,quanto ragiono. Di tormento più rio preludi fono, f r *

Tace ,<he il pianto a la pietofa inonda La voce si, ch’oltre feguir non puote, MaàJa vaga Pentita in guifa abbonda.

Che tutto bagna il fen, non che le gote. . Trema per tema, quale al vento fronda, Salomè, che dolente il fen percuote,

E frà’I pianto,e frà’l duol,Che la martira,(ra.

Hor guarda CH 11 ISTO,hor il fuoFigUojiù- r y 0

Tratto in. difparte ftaua il pio Gioanni

Stupido à rimirar l’eccelTo enorme ,

Ed à 1 0 flato de’ prefenti affanni I meili lumi , e’1 volto hauea conforme.

Per accrescer via più gli acerbidanni Al fuo gran Rè, l’empia Giudeanon dorme, Qiiando per gioco nouo, e per tormento Le minifira la Sorte altro argomento.

Che mentre lontra Dio l’infami delire Sfogano in guifa tal la voglia llolta ,

Vn che fra gli altri è più di core alpeffre Le rorue luci à cafo in terra volta, li (far fi rimirò Canna fìlueftre.

De l’empic Spine fra gl i auanzi inuolca >

D’vn tanto Rè,d’vn"così fatto Regno Ecco à puntof gridò ) lo Scettro degno.

La

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S E T T I M O. 167

La piglia il fiero , c ritener s’accorge Ancora il piè la Tua radice intorta ,

Quando vn’altro Fellon f'ubito forge.

Ch’ai rio pender nouo configlio apporta , la tronca al fomtno , e la disfoglia , e porge A quella Man , ch’à tanti aita porta ,

Io Scettro infame , e per piu dure pene Stretto la delira il forte piè ritiene s «

orge la Canna , e s‘ inginocchia , e dice Con bellemmia crudel la bócca indegna. Prendi lo Scettro , ò , che fia felice. Come honorataè la Corona degna.

Cosi parla il Fellon , ch’à 1* Infelice C o’I chiuio pugno il Volto diuo legna ,

Indi con noue obbrobriole doglie a veneranda Barba al labbro toglie

O Ov

altro dice , con vn fputo fchiuo, t

io ci fallii , ò gran de la Giudea: oi con la vii lordura il Volto diuo acchiaio laida l’empia bocca , e rea; i’J capo à Phora, hormai di langue priuo> >n la Canna colui; che in mano hauea rcote in guila al Rcgnator del’ Etra, *

ogni /pina nel Craneo entra, e penetra

* 1

1 la dura Madre , e la pìerofa 1 Penerà neo pria ) le lpine /frane,

1 al cere bro giugne , ed iui alcola,

1 amba foia mortai, tutta rimare; a più forre il langue , e 1* amoro/a ia ricopre . O feritade immane, l’ampio Stuol con cosi nouo firarioì >r non li a d’affligger CHRISTO lazio#

Ch’ai*

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i«8 -'PIANTO 0 % » ^ '

Altri l’vrta , e fofpigne, altri il percote ,

Altri con motti il morde,anziil tormenta. Chi batte il fen,chilefanguigne Gote, . Chi fin ne gli-occhi ancor poi ue gliauuéta . Quel tutto mai,ch’iraraforzapuote E' forza pur, che il nobil Corpodenta , Quel tutto mai , che il caro honore offenda Bifogna ben , che il catto orecchio incenda .

b ~ , r

Poiché pieni, e fatolli ho mai quegli empi Furo d’ingiuriar Paltò Monarca,

E die di nouioltraggi , e noui fcempi lafua diua Humanitadecarca,

Ahi * di che fiera aùgofcia il cor tritt’empi. Ahi , di ehepefo mai l’Alma rincarai A fiBitta Madre , del tuo dolce Figlio Il petto eflangue, e’1 fanguinofo ciglio? i o

Ben ne diè fe^no il fen , che fofpirando Altrui fembraua vn Mongibel ,che fumij Bene il moftrar l’affiitte luci , quando Di lagrime parean due viui fiumi.

Bendo fcoprillij ò Dea, così parlando: Pianto , piantocrudeljthe non confumi La ritta , ond’ io non veglia in quelfco die Ne i vi tupevi almi i le doglie mie? i ; f o f

Mi tormentano Pai'pre ferute, - - Onde le carni fon lacere, e fparte:

Ma tanti oltraggi poi fon punte acute Del fenfo mio ne la più nobil parte .

Veder l’bqnordepreflo, e lavimi te.

Con doglia ettrehiail toper mezo parte: Ma il come è ouelloyond’altri empio il deri Che trapaffanaojil cor, l’Alma din ide.- (de, ■- FÌ2IÌ0,

SETTIMO. 1*9

(> o

Figlia, non fon le Spine il gran Diadema, * Che di luce immortal J a Chioma velie j la Porpora vile è la lo prema Piena di rai tua gloriofa Vdte;,

quelle ancor, che con angofeia eOrehia Pur conuienti afcoltar, v oci immodelle le lodi fono, o quei icaui canti, *• w Che ti fanno su in Ciel gli Angioli fante b 7

Od'immenfo difio iourano eccedo.

Odi iornrna bontà virrù infinita ,

Per dar la gloriaaltrui perder le fiefib, Perpocapolue, e vii donarla vita;

Per lo peccato <*ià fatto, ecommello.

Da chi l’offefe, nauer punta, c ferita la carne sì, che ftia per vfcirfuore DAhma dolentej.ò fmifurato Amore, o a x ,

u Gabfrro peruerlo, ch’a grand agio Fùde]epompeingiuriole,enoue, ' Congioia efirema, fpcttator maluagio , Commefio hauea, c’ht.mai fi gilTealtroue. Quafi Duce primiero, il palio adagio , Seguitato da gli altri, Danzi mouc : . » Via al R edentor, che tutto il langue itilU » Paggtra il Capo, c Pegró piè vacilla .. ,

fegue, come può, l’empia Jlafnada, Wendo a gran fatica il debil fianco ,

mentre muta il piè, lembra, che cada, '.he non rifponde al moto il vigor fianco ; Ultra del fangue pio bagna la Itrada , u eco di langue è tinto il Volto. bianco, ne la Chiomate neda Barbaacccfo i mille glQbiègiàdeufato,e,piefo.

H Co-

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170 PIANTO

7 o '

Come parte G I E b V , {farteli l’Alma Dai fen trafitto à la /marcita Madre,

Che Jafciando in dolor la fredda Salma*, Segue il camin de le nemiche Squadre, la peccatrice à l’ hor palma con palma Percote,e perle luci egre, e leggiadre Piagnendo, trae dal cor, ch’opprellò làgue, Stille di foco , in lagrime di fanguè.

7 1 -

Gridaua la dolente. Ouenemem Il fommo de* , turba luperba?

A quali ftrazi d* ignominia pieni Il tuo ciecofuror pur’anche il ferba?

Già ti veggio apprettar fuochi, e veneni. Che poco fora vna fo 1 morte acerba,

A quella ferità, ch’appo fe face Par erpiétofo il tanto crudo Trace.!

7 x

Deh mira homai , che de la vita vaga ;

Son tutte horrore> e du ol le membra cafre; Hor qual loco haurà più noutlla piaga In quelle carni lacerate ,e guaite?

Ma godi pur , fe il fuo morir t’appaga ,

Che non ha tanto fpirto ( oime ) che bafre A trarre folo in cosi amara pena.

Per conforto dèi core, il fiato àpena. i 7 a

Godi perfida pur , benfra , che verfi Co’i fangue iacro alfin l'Anima infieme.

Già nel volto immortai ponno vederfi Mileri fegni ( oime ) de J'hore eftreme.

Non miràftù i begli occhi al Ciel conuerfi Aftratti'Contemplarle-viefupretne, ..

Cui folo premer dee prima, che carco Di fpóglic opime apra del Cielo il varco?

Cosi

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SETTIMO. i?i

7

Cosi duhquè trattate il del Mondo ,

Che lume diede al Sol, moto à le Stelle*

E di Vergine feol’Aluo fecondo,

Anime difpiècate , Alme ribelle ?

Tacque ciò detto ^ al crine, al len giocondo Mode guerra crudel la delira imbelle , . Che l’oro vago à l’vno* à l’altro il latte Irata llraccia ,e dif degnaci batte.

Mentre doleafi la Diletta, e bella , ,

Che il perdono trouò fra i baci , e i piami, E CH RISTO eflangue da la Gente fella Era condotto al gran Romanoauanti,

Che in àko a (Tifo, e lotto regia Ombrella ^iegaua fi no al piè gli aurati Manti ,

E per pompa , ò per guardia in ambo i lati Hauea coaordin vago i fidi Aitati.

7 6 k

Qual Pellegrin, che lo ito il Cielo ofeuro Per ignoto fentier mouale piarne, f Se il lume dlineue, onde rendea ficuro Neltenebrofonorroreibpairo errante , . Piagne , chiama il dettin peruerfo , e duro , più mouers’arrifohiail piè tremante , * Ma fconfolato ,e d’ogniaica vuoto Reità con j’alma d ubbia, e’icorpo immoto .

17 ':.

Tal rirnafe MARIA>; poiché il Aio caro Figlio , e Signor l’impeto altrui le colle, Gn’actonira , e fmarrita in pianto amaro L’ellremo fuo dolor per gli occhi volfe ;

E come fpento folle il lume chiaro ,

Ch’era fuafeorta, in quelli detti fciolfe T a melta lingua. O mia fidata luce,

Doue vai ? perche vai? chi ti conduce ?•

Ha A qual

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172. > PIANTO

.... 7 8 t

A qual ti chiama Impei o hor la Giudea,

Che per te così potente, e forte?

Ahi, ches'al Manto, à la Coronarea ria pariti Regno il Regno hor ha di morte Dunque,chi lotto il piè nel Cieltenea - Il Mondo rutto, e la volubilSorte,

Hor fatto e pur, ma fenza colpa alcuna , Giocoile Genti, e jcherzo di Fortuna?

Mifera, troppo è ver, che tu il rimiri Con più d’vri*afpro duolo irne derifo. Anzi , che tutto è pur iirazi, e martiri .. Dal molle piede al delicato vifo ... .

qui termine hauran gli empi deliri » De la Giudea, polcia che il brama vccìfo. forfè finirà l’impeto fiolto t . : . j

Nel Cadauero freddoyedinlepolto . , I 8 o i

Ma qual torménto ancor fia, che ricroui, Per disfogar la.ferità natia? ,

. Quelli fon pure inumati, e noui ,

forfè Auerr o in le pena più ria. -

Ingrata Sinagoga, ahi,che tu coui .

In quella mente, al ben tempre reliia , x Noue machine ancor, per appo tare - . Al dolente G [ F. S V* doglie più amare»

Poco i fi agelli fono , e forfè meno .

Le fpine rie de la Corona atroce , *

Ma nulla ben’io,che fia al veleno De l’efferato core vna fol Croce .

O Giudea fconofcente, aprigli il feno,

A che piu tardi homai ? corri veloce, . Ch’opra de la tua mano hor falli degna . Lacrudeltà, la feritadeindegua .

4- ■. ** Fece

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s et timo; m *

rece fine al lamento alto bisbiglio

De le mette Sorelle e di Gioanni»

Maddalena con afciucto ciglio <

Pafsò i duri accidenti, e i noui danni.

Ma feguir vuol MARI A l’amato Figlio L Fino à la morte, e ne i più acerbi affanni ;

E fermato il penfier, più non ripofa Mezafrà sbigottita edanitnofa .

8 * , «

Moue tacita il paflfo, e ver la Porca ,

Doue i Soldati entrar, la ff rada prende;

Altri nel caminbreuehor la conforta,

Hor di nona fperanz a il fen faccende »

Ma il configlio rift oro à lei non porta ,

meno al cor, die certo il male attende; C5iu°neà l*v(cita,ouebtf Turba iniìeuic Per pattar primall dibattè, e pr eme .

Stretta è la Porta, ed èia Gente molta» però d*éntrarui lon gb sforzi vani,

-Oltre che s’vrta ancor la Plebe folta Con modi indifcretiffimi, e villani * -MARIA tutta dolente, e in le raccolta Ritira il piè daqueJtejndegne mani, *

E fton lontana^ con gli fpirti opprem » AftendepuTyChe tanta furia ceffi.

. 8 s * S -

Vanno le Turbe al fine, vltimò reita Vn Fante vii, di quei Minittr» Senio, Ch*à la grà Madre, <;he d*entrar s’appretta Dildegnofo voltò l’occhio proteruo;

E croi landò Palcier l’indegna tetta,

Per quella Porta, cui fedelconferuo.

Già non patterai tù, che non vogl’io.

Madre dW»Seduttor,chefi£aDio* ^

u Dille

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1*4 PIANTO

4 0

La niella Cleofè, che non lontana .. . * .

-Sofpirando piagnea , Cubico corte ,

E con le braccia à Palina Dea foura *.

Nel cafo rio cor refe aita porle :

Macole pria la già cotanto vana /

Del Figlio , e de la Madre ih vn s’accorfe’. Tenendo in JorPhumidelucififie ,

-Horror fu quanto fece , e quanto ditte. *

4 7 -

Con l’vna eburnea man tracciò le chiome , Con l’altra chiufail bianco fertpercoUe y E poi chiamando il fofpirato nome,

Ad oltraggiare il vifo ambe le motte >

C hi mirò fei , ben vide ancora , come Sono P Alme giù fpinte , e commotte, Doueogni horror,doue ogni mai s'accoglie Nel Regno oi'curo de Peteme doglie*

+ 8

Il Dtfcepoloamaro, à Dio si caro,

Ouaficon moto pari , e pena eguale ,

Sfogò per gli occhi in largo pianto amara

L’affanno, che rinchiufò era morule*

Veder del Lume eterno il Lume chiaro ! \ Fra le ferite, e*l fangue in guifa tale Patir, premeagli si , ma l’empio fcherno L’afffiggea più , ch’ogni altro male interno *

4 9 ;•

Poi che l’affanno , che fi ftrinfe al c ore >

£>e Palma Donna fi difEife , e fparfe »

Ripigliò il Ceno il fao vital vigore.

Di nouo il giorno à l’erre luciapparfe.

O quanto l’ange il filiale amore, 7 ©diche piantoli volto àPhorcofparfe ,

O come auolfi,ò come fente alfine 4 Nel più viuo del cor l’acuce fpine. . - *

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* Sv.E T T * H O. i*S Nel feróce roartir, che fuor trabocca

In pianto, Sembra pur, che ilcors eliali. Onde l’Anima ancorvuol per la bocca * Disacerbar le pene fue mortali.

Dunque (dicea ) quei 3 che si fieri icocca Cosi amara veduta occulti ftrali ,

, Ponno j come prou’hor la debil Salma »

Senza toccare il cor trafigger l’Alma?

Che non trapallì homai, Corona amara. Quello auanzodi morte efiangueieno .

In quella del mio cor prigione auara ,

De l’acerbe tue punte i vanti fieno .

Ofe tanto non vuoi a come la cara Fronte afferri crudel , frignimi almeno >

O Se ciò nieghi ancora * vn’ago Solo lieue toccando il cor , finifca il duolo.

roiio il morir Senza prouar la morte ,

E per pena maggior mifera viuo ;

Spirano à confortar le labbra fmortc Il moribondo ien di forza priuo :

Ma rendon folo il mio mar tir più forte,

Ma fanno folo il mio morir più viuo ,

Che tanto più s’inaipra ogni ferita, [guanto di vita più tien la mia vita.

ni ferirà mia più lempreaccrefce

0 Spaimo si , che di morir mi Sembra-, }]ire che f angue è mio quel fargue,ch’efce >el del Ciel da le petcofle membra.

a méte, che ilpaffato hor voIue,hormefcc

1 quanto profetò , ben fi rimembra, Simeone, e con effetti fieri ouapur troppoi Suoi prefagiven^ ^

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i <$& /Jpt'I A N T Oc)

ff| f

O diche punta-acuta ( ahi ) qual coltello !

Il femiuiuo core hor mi trapala > :

O di che dura corda ( ahi ) qual flagello V Alma dolente esacerbata lafla.

0 che fiera tenzorie, ò che duello S’appreAa ài Figlio , ed à la Madre laffa.

Deh. che quanto vegg’horquanto ragiono. Di tormento più fio preludi fono.

f r *

Tace , che il pianto a la pietofa inonda la voce si, ch’oltre feguir non puote,

MaàJa vaga Pentita in guifa abbonda.

Che tutto bagna il fen , non che le gote . . Trema per tema, quale al vento fronda, * Salomè, che dolente il fen percuote,

E frà’l pianto, e frà’l duoJ,che la martira,(ra. Hor guarda CHRISTO,horil fuoFigliojiii-

j (>

Tratto in difparte ftaua il pio Gioanni -■ Stupido à rimirar l’ecceflo enorme ,

Ed à lo flato de’ prefenti affanni

1 mefli lumi , e’1 volto hauea conforme.

Per accrefcer via più gli acerbi danni

Al fuo gran Rè,I’empia Giudea non dorme, Qiiando per gioco nouo, e per tormentp Le miniflra la Sorte altro argomento.

Che mentre lontra Dio l’infami delire Sfogano in guifa tal la voglia flolta ,

Vn che fra gli altri è più di core alpeltre Le torue luci à cafo in terra volta, li ftarfì rimirò Canna fìlueflre.

De Peni pie Spine fra gl i au anzi inuolca ;

D’vn tanto Rè, d’vn cosi fatto Regno Ecco à puntof gridò ) Io Scettro degno.

La

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S E T T I M O. 1*7

la piglia il fiero , c ritener s’accorge \

Ancora il piè la fua radice intorta ,

Quando vn’altro Fellon fubito forge.

Ch’ai rio penfier nouo configlio apporta , la tronca al fommo , e la disfoglia , e porge A quella Man , ch’à tanti aita ha porta , lo Scettro infame , e per più durepene ' Stretto la delira il forte piè ritiene

j 4

Porge la Canna , e s* inginocchia , e dice Con beliemmia crudel la bócca indegna. Prendi lo Scettro , ò , che fia felice. Come honorataè la Corona degna.

Così parla il Fellon , ch’à l’ Infelice Co’l chiù io pugno il V cito diuo legna , Indi con noue obbrobrioie doglie la veneranda Barba al labbro toglie

0 ©V

Vn’altro dice , con vn fputo fchiuo,

Dio ti falui , ò gran de la Giudea:

Poi con la vii lordura il Volto diuo Macchiato lafcia l’empia bocca , c rea ;

S ù*l capo à l’hora, hormai di lingue priuo j Con la Canna colui; che in mano hauea Percote in guifa al Regrator de l’ fctra , ' Ch’ogni fpina nel Craneo entra, e penetra»

«> i

Paflan la dura Madre , e la pierofa ( E’1 Pericraneo pria) le ipine Arane,

Vn a al cerebro giugne , ed iui aicola.

Con ambafeia mortai, tutta rimane;

Stilla pi ù forte il langue , e 1* amorofa Taccia ricopre . Oferitade immane.

Che l’empio Stuol con cosi nouo firazioi i Ancor nonlia d’affligger CHRISTO lazio.

Ch'a U

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/-A

t6$ api anto

0 X .

Altri l’vrta , e fofpigne, altriil perCote ,

Altri con motti il morde,anzi il tormenta. Chi battei! fen, chi le fanguigne Gote,

Chi fin ne gli-occhi ancorpoìue gli auuéra . Quel tutto mai,ch’irataforzapuote E' forza pur, che il nobil Corposità , . Quei tutto mai , che il caro honore offenda

Bifogna ben , che il cafto orecchio intenda . o a

Poiché pieni, e fatolli homai quegli empi Furo d’ingiuriar l’alto Monarca,

E che di noui oltraggi , e noui fcempi lafua diua Humanitade carca, *

Ahi * di che fiera ahgoicia il cor triil’empi. Ahi , di chepefo mai l’Alma dncarca A ffiitta Madre , del tuo dolce Figlio U petto effangue, e’1 fanguinofo ciglio? i

o 4

Ben ne diè fe^no il fen , che fofpirando Altrui fernbraua vn Mongibel , che fumi $ Bene ilmoftrar l’afflitte luci , quando Di lagrime pareàn due viui fiumi.

Ben lo fcoprilli* ò Dea, cosi parlando: Pianto , piantocrudel, che non confumi la villa , ond’ io non veglia in quello die Ne i vi tupei i altrui le doglie mie? i ;

Mi tormentano si l’afpre ferute* *

Onde le carni fon lacere, e fparte:

Ma tanti oltraggi poi fon punte acute Del fenfo mio ne la più nobil parte.

Veder l’bonoiiieprelfo, e la virtute.

Con doglia dlremaiffenpcrmezo parte: Ma il come è ou eli o*©n d’altri empio il deri Che trapaflànao il cor, l’Alma din ide.* (de, •• Figlio,

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I . - .

SETTI M O. v> o

Figlio, non fonie Spine il gran Diadema,

Che di luce immortali a Chioma veite>

la Porpora vile è la fo prema Piena di rai tua glo» iofa Vede :

quelle ancorché con angofcìa efirema Pur conuienti afcolrar, v oc i innnoddie Le lodi fono, o quei (oaui canti, y u Che ti fanno in Cieigli Angioli fan ti.- to 7

O d’immenfo difio iourano eccedo.

Odi lèmma bontà virtù infin ita.

Per dar la gloriaaltrui perder le itefio.

Per poca polue, e vii donarla vita;

.Per Io peccato <fià fatto, ecommdìo.

Da chi l*olFefe,nauer punta, e ferita La carne si, che llia per vfcirfuore L* Alma dol ente, fini f urato Amore.

t> a

Già Gabbro peruerlojXh’à grand’agio Fùdelepompeingiuriole,enoue, f Congioia direma, fpeteator maluagio , Commeflo hauea, c’htmiai fi giile aìtroue. Quali Duce primiero, il palio adagio ,

c Seguitato dagli altri, ùanzi moue: »

Ma al R edentor, che tutto il fangue dilla , S’aggira il Capo, tl’egrò piè vacilla.. ;

Pur fegue, come può J l’empia lilafnada, Traendo a gran fatica il debil fianco ,

È mentre muta il piè, iembra, che cada,

C he non rifponde al moto il v igor ftanco ;

li Tutta de! fangue pio bagna la lfrada ,

Tutto diiangue è tinto il.Voko.b «anco, Elie la C hioma, e ne la Barba acce fo ‘■in mille globi è già dentato, cprefo.

H « Co-

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170

PIANTO

7 o *

Come parte G I E S V , jJartefi l’Alma Dai fen trafitto à la /marcita Madre,

Che lanciando in dolor la fredda Salma', Segue il camin de le nemiche Squadre, la peccatrice à l’ hor palma con palina Perco te , e per le luci egre , e leggiadre Piagnendo, trae dal cor, ch’opprellò lague. Stille di foco , in lagrime di fauguè.

. 7 1*

Gridaua la dolente. Ouenemeni Il fommo R è de* , turba lupcrba ?

A quali ftrazi d* ignominia pieni li tuo cieco furor pur*anche ilferba?

Già ti veggio apprettar fuochi , e veneni. Che poco fora vna fo 1 morte acerba ,

A quella ferità, ch’appo fe face Parer pietofo il ta n to crudo Trace «!

Deh mira homai, che de la vita vaga < ;

Son tutte horrore, e du ol le membra catte; Hor qual loco haurà più nouella piaga In quelle carni lacerate , e guaite?

Ma godi pur , fe il fuo morir t’appaga ,

Che non tanto fpirto ( oime ) che batte A trarre folo in cosi amara pena.

Per conforto del core, il fiato àpeiML i

7 3J

Godi perfida pur , ben fra , che verfì Co*] fangue lacro alfin l’Anima infieme.

Già nel volto immortai ponno vederfi Miferi fegni ( oime ) del'hore eftreme.

Non miraftù i begli occhi al Ciel conuerfi N Attrattieontemplarle-viefupreme, >

Cui lolo premer dee prima, che carco Di fp oglie opime apra del Cielo il varco?

Cosi

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SETTI M O. ifi

7 4

Cosi du’nquè trattate il del Mondo ,

Che lume diede al Sol, moto àie Stelle*

E di Vergine feoTAluo fecondo,

\. Anime difpiètate, Alme ribelle? <

Tacque ciò detto » al crine, al len giocondo Mode guerra crudeltà delira imbelle , s Che l’oro vago à l*vno« à Taltro il latte Irata llraccia ,e dildegnofa batte.

Mentre doleafi la Diletta, e bella, v Che il perdono trouò fra i baci , e i piami, E CHRISTO eflangue da la Gente fella Era condotto al gran Romano.auanti,

Che in àko aflìfo, e (otto regia Ombrella $>tegaua fi no al piè gli aurati Manti, ? >

E per pompa , ò per guardia in ambo i lati Hauea con:ordin vago i fidi Aitati.

Qual Pellegrin , che lotto il Cielo ofcuro Per ignoto fender tuonale pianre, o ì Seilìumédlineue, onderendeaficuro. ; Nelcenebrofohorroreibpairo errante , . Piagne , chiama il dellin peruerfo , e duro , più motier Starr ifchia il piè tremante* Ma {'confatalo, e d* ogni a ita vuoto Reità con j’alma dubbia^*! corpo immoto.

7 7 ì.

Tal rimafe MARIA*: poiché il luo caro Figlio , e Signor l'impeto altrui le toife,

. Gn’actonira , e fmarrita in pianto amaro L’eltremo fuo dolor per gli occhi volfe ;

E come fpento folfe il lume chiaro ,

Ch’era fuafcorta, in quelli detti fciolfe la metta lingua . O mia fidata luce,

Doue vai ? perche vai? chi ti conduce

Ha A qual

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172.

<: PIANTO

7 gt

A qual ti chiama Irnpei o hor la Giudea,

Che per te fu cosi potente, e forte?

Ahi, che s’al Manto, à la Coror area Tia parili Restio il Regno hor ha di morte( v; Dunque,chi lotto il piè nel Cieltenea ,

Il Mondo tutto. e la voluti! Sorte,

Hor facto e pur, ma fenza colpa alcuna, Giocoi le Genti, e fcherzo di Fortuna?

. 7 o v

Mnera, troppo è ver, che il rimiri Con più d’vri’aipro duolo irne derifo. Anzi, che tutto è pur iirazi, e martiri - Dal molle piede al delicato vifo . v : . . qui termine hauran gli empi deliri > De la Giudea, icia che il brama vccifo, forfè finirà l’impeto lfolto ; - a

Nel Cadauer o freddo, ed iniepolto . .1

8ot

Ma qual tormento ancor fia, che ri troui, ,i Per disfogar Inferirà natia ? a , Quelli fon pure mudati, e noui ,

forfè Auerr o in le penapiù ria.

< Ingrata Sinagoga, ahi,che coui . ;

In quella mente, al ben tempre rellia, 1 Noue machine ancor, per appo- tare , - Al dolente G l F S V doglie più amare.

Poco i flagelli fono, e forfè meno . lefpineriedela Corona atroce 9 Ma nullasò ben’io,che fia al veleno De l’efferato core vna fol Croce .

O Giudea fconolcente, aprigli il feno,

A che più tardi homai ? corri veloce, . Ch’opra de la tua mano hor falfi degna i I.acrudeltà, la feiitadeindegua .

*• Fece

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in

s E t t t m o;

. , .

r\e al lamento «dto bisbiglio e mede Sorelle e di Gioanni, Maddalena con afciutto ciglio ò i duriaccidenci.ei nouidanni. feguir vuol MARIA l'amato Figlio o à la morte, e ne i piu acerbi affanni ; rinato il pender, piò non ripofa zafra sbigottita edanimofa.

g *

: tacitai! paffo,ever la Porta,

>ue ì Sol dati entrar, la tfrada prende; tri nel camin breuehor la conforta, or di nona fperanz a il fen faccende : a il coniglio rifioro à lei non porta , è meno al cor, -che certo limale attende; iugneì l*vfcita,ouelaiTurba in de me

er palfarprimalf dibatte, e pr eme .

t fi «

:tta è la Porta, èd èia Gente molta»

’erò d’éntrarui lon gli sforzi vani,

)ltre che s’vrta ancor la Plebe folta lon modi indiferetiflìmi, e villani MARIA tuttadolente, e in fe raccolta Ritira il piè da qiidle indegne mani, » * E non lontana, con gli fpirti oppreffi ; Attende pw, che tanca furia ceffi, :

8 f n ,E

anno le Turbe al fine, vltimd retta Vn Fante vii, di quei Miniftri Seruo, Cfràlagrà Madre, qht d'entrar s’appretta Diltiegnofo voltò l’occhio proteruo;

E crollando l’altier l’indegna teda,

Per quella Porta, cui fede! conferito.

Già non patterai tu, che non vogl’io »

Madre d’YivSeduttor, che fi fa Dio*

Hi Ditte

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I7VF i PIANTO ; ?

Ditte il maluagio ; e còme può più forte , Iarabbiarea,cui la viltade accefe , Chiude in faccia di lei le ferree Porre Con minacele confitte , e non intefe . L’atto indifcretoy e vii tremanti,, e lmorte Leguance à 1* humil Donna in modo refe* Che tuttaimmota ,e co» dimetta fàccia , Di vergogna arde » e di timore agghia£c%

r' 8 7 *

Come vago Fanciul Ccruagentile - Tal’hor brama ieguire in chiufo Prato,

S’al piede in moto giada raanietuile ,

II pargoletto corio è mai vietato.

Piagne , e fi duole , e qual villano , e vile Accufa il Seruo -, e non fi mota irato ,

Che la battezza ai crtii, più ch’altro , à fieno Lo fdegno ricn , chenon gii turbi il feno.

Cosi la facra Madre al’fror, che volle / Delbeffato GLES V calcar Ja via*. Poichefuperbamente impeto folle Impedttce crudel la voglia pia.

Piagne , efi duol , non già la voce eli olle, Ch’ vnica in patienza elfer difia % 1 (

Ma nel pianto e nel duol moftra iouente D’vn magnanimo fdegno il core, ardente,

E volta à le Sorelle ? O quanto ( dice )

Mi trafiffero mai l’afpre parole, v.

ben , ch’io Madre fon, Madre infelice* * Ma Madre di vergognofa Prole:

Ahi lingua tofana , ahi lingua mentitrice ,

Tu chiami Seduttor, chi brama j e vuole,- Difcherni pieno , e di sferzate carco ,

Aprir del Cielo al Mondo il chiufo varco ?

t s i Sia

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3g[

s E t Ti m O. ' ny f

ila pur fra le lue colpe quella, ipporti lui l’obbrobriolo nome; quella fol d’empia Corona , e Iella bia fouwno horror cìnte le Chiome; volontaria pur l’ Anima beila e Te ItefTa à le pefanti fome , . *

no vn giorno ancor quelli tormenti { io nome immortai Gemme lucenti . A

ie , ò dolce Figlio , ah doue fei ,

0 , fanguinofo Voppreffo , e folo ? che ci menargli empi Giudei, .

arci con dolor l* vi timo duolo, fon le bellezze , in cui nei miei ; agli rimirando io mi confalo ? b

1 Begli occhi ? otte lo fguardo pio?

che doureidire, oue fon’ io.

« 2- - .

!oue fono ?e comelpiro, fpirto dal fen m’hanno rapito ? andò gli empi in altra parte giro , fe ( oime ) permezoil cqr partito^ à lagrime à gli occhi ? ahi non vlciro daT’Almaà 1* hor , che tramortito arò percoflfo ,effangue , ignudo, recifo fior daferro crudo h

dimora qui , mentre ch’altroue o forfè al mio ben l’vldmo male? licendo, il piè veloce moue e giù perle marmoree fcale : rre il pio Gioanni , e la rimo uc •atto penfìer, chepenfa male fi ritener la Turba infida .

:der lei, daifiichi, e dalegrida.

H 4 P^na

i7tj MANTO

o

Piena è la Piazza in mv l’alta Reggia Di Gente Cictadì a, e di minuta,

Che per veder quanto fucceder deggia Contra il fornaio Prigione è rifoluta.

Già lo llrepito s’ode, e folta ondeggia,

■» Qual biada, che dal vento è combattuta ; Hordicealei. Benlapartita lodo,

Ma biafmo il doue, e non approuo il modo. . ^ o f

Che cosi fcdperra itei l’aperto ,

Onde veggiaui fol la Gente pazza.

Con moti e voci contra voi fon certo , Che fi vedrà tumultuarla Ida zza :

Dunque per calle à gli occhi altrui coperto, SenzachcmirivoiPiniquarazza , Condurui intendo, iui per vie fegrete.

Non tanto villa, il rutto à pieii vedrete

Approuan l’altreil buon configlio, e verfo Anguffa Porta il piè dirizza il paffo.

Ma vedeàl’hor MARIA difangueafperfò Quel fempre acerbo, e memorami Saffo, Ch’à i flagelli s’adopraj e in lui conuerfo L’hòmido guardo, ferma il corpo laffo ,

Ma più le fpine.aiicor mira per rherba , Auanzi rei de la Corona acerba, e 7 *

Il lugubre fpettacolo à la mente Rinduella del cor d’afpre ruine ,

Anzi nel petto, e ne la tetta fente L’empie sferzatele lepungenri fpine.

Dopo vn cupo fofpìr, tenendo intente Le melle luci in quegli oggetti, alfine Diffe.O Trofei, cn'aì Modo empio moftratc Del lo oimo Dio fatc’Huora l’alta pierate. .

* Per-

ì

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f

SETTIMO. ITF

Porche non può, come iltiifio vorrebbe,

Darui la adirai meritatihonori?

Che tante il verde Aprii gii mai non hebbc# * Quante haurelte da me ghirlande, e fiori :

Ma poi clValtrouegir la vira debbe,^

Quelli, cui (lillà Amor vitali hùmori,

Non fdegnate accettar , che in loro efprdTa E’ la parte miglior, c’habbk in me-lteiia.

9 9

In lor vedefi il cor, ch’à poco, àpoco Stillali in pianto con perpetua vena*

Quali odorato fior per lento foco.

Che ben fiamma crudele è. la mia pena.

/ Oimè, che pollo in quello infausto loco*

Dinon premermi H corguardami d pena, Chel’altruifangue è lo mio core ellangue>

d’altro c pieno il fuorché di quel sàgue».

. r \ “< I o o Con vti fòrte fofpir, che ben de ri ira,

Doue L’Anima liia più viua giace ,

Cosi dicendo, ad burnii Porta arrida,

Che di Scala più humil varco fi facej

Con l’altrefue l’addolorata Diua

Per quella feendein loco ampio, e capace»,

- Doue mai fempre contrattar tivvedi

Tutti i lograti Arnefi» e i vecchi Arredi.

- ^ IV V 'ti. m . )

Caminan dietro ài deretani palli -, <

De l’alteTa.Magion, fenz’aprir bocca,.

Fin doue è l’alca Loggia, oue poi valli Da la gran Reggia à la guardata Rocca .

Qui fermano le Donne i melli paffi ,

Ch’vn fremito, vn gridar Parecchie tocca*.

E poi da lor , non lenza pianto, e v i 11 o Spettacolo i leTurbeefporfi CH RISTO*

11 fine ddSettiaio Pianto. Hs

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' J7S f ' j

AWb'K VP ai/MPàk.

PIANTO OTTAVO.

1

^ SGOMENTO..

! 9

Plmo di f angue, e cC atro f angue tinto Moflra Chrijlo à le T urbe ilTrefidete Saluarlo brama , a condennarlo è fpinto Da l'odio , e dal furor de l'afpra Gente . Ode: TAjLBJisA ì empia fentenga , e vinto Da la gran doglia il cor morir fi /ente; Segue GIESP , mirando in fieri modi 4 Ver la fua morte fabricarfi i Chiodi

Oiche lo Stuolo de i più indegni,, e vili

Co’l Redemor la Scala occulta varca/

Oue à l’entrata d ingiurisi

o Itili

I a Madre pia.dal Manigoldo carca; Giugne in gran Sala , oue co’luoi Gentili Noi*, è la man del Prefìdente parca ,

Che cjui le Grazie à fenno lorfi fanno ,

C he c[ui gli Vffizi à cenno lor fi danno.

Qnaa-

OTTAVO. 17 ,

z

0 il Prencipe vene il Nazareno vili A meli 3 e la corona indegna,

0 di langue liorriòilmente pien.o. to , e ilpiè, non che. la Faccia deg ì per la piecade ei venia rfleuo , uitoluo moto ei pur s'ingegna, liner si , cne non appaia tuore

:o a)cun de l’aiteratQC.ore.*

da à l’hor , che la ferrata Porta, gran Loggias’apra,ouelouence ta Plebe aa elieguire.efforta eoe def Alma Roma.ordine,e mente

1 egli palla, e con la-faccia lmorta

,IS TU, ancora. vi trae. l’armata Oente, ui viitalol la Turba infida, to pupte più forte,, alzaie grida .

10 di filenzio vbidieeti

ino altrui molti Romani armati ,

ui voci lol mute ledenti

:> si , che pur non iranno i fiati:

fi i v alci fono , e gli o echi in cci\t i

refi dente , cliecon dolci, e gran

mi, cui faconda lingua feioglie,

:ga ior le lue più interne voglie .

f. . .

diffe ) l’Huomo , eccoui quello , oji nome d* infamia h oc nominate

0 Seduttore, e qual ribello

1 Maefià noce nte il fat e ofattohumile, e come Agnello, tolfe il Paftor da l’affamate

del Lupo, onde quali paltò iauguigno , lacerato, egu affo.

H é Quiil

r

178 r*

P4P Ók WVti&fr PIANTO OTTAVO.

«£ H G 0 M E N T 0

1 4 { ' ' * 1 /

Pieno di /angue, e d'atro /angue tìnto Moflra Ckrijlo àleT urbe il Trefidete;. Siti u arto brama , à condennarlo è /pinto Uà. l'odio ,e dal furor de l'a/pra Gente. Ode: 7\ljLl\Ijl tempia /emenda , e vinto Da la gran doglia il cor morir fi /ente; Segue GIESy, mirando in fieri modi Ter la /ua morte fabricarfi i Chiodi «

Oiche lo Stuolo de i più indegni, e vili

Co’l Redentor la Scala occulta ^ varca/

Oue à l’entrata fu d’ ingiurisi olHlfc

l a Madre pia.dal Manigoldo carca;

Giugne in gran Sala, oue coTuoi Gentili 1 Non e la man del Prendente parca ,

Che k-jui le Grazie à fenno lor fi fanno , Chequi gli Vffizià cenno lor fi danno.

- iQaaa-

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OTTAVO. 17 ?' ,

Quando il Prencipe vece il Nazareno i_o* 1 vili Arnefi ,c la corona indegna, Tut.o di ianguehorrioilmente pieno.

Il petto , e il pie* noti Ode. la Faccia deg -a, Qiu!i per la pietade ei venia meno ,

Ma. F uitolico moto ei pur s’i.igegua. Reprimer sa , cne non appaia tuorev Efl etto ajcun de fa Ite rato c.ore,*

Comanda à l’hor , che la ferrata Porta.

De la gran Loggia s’apra, oue Irniente L’v nita Plebe ad eii'eguire.efforta ,

Quanto è de l’Alma Roma.orUiue,è me n tei Qu ini egli palla, e con lafaccialuiorta CdRlb l'a ancora, vi trae. l’armata Gente, A iàcui viltà lol la. Turba bìfida, >

Quanto puotepiù.lorte., alza le grida .

Fan fegno di filenzio vbìdienti ^

Al cecino alcrui molti Romani armati ,

A lecui vocilol mute ledenti Si fero si , che pur non iranno i fiati: _

Ma fili i volti fono , e gli o echi in cei\t i Nel Prefi dente , che con dolci, e grati . , Sermoni, cui faconda lingualcioglie, Dilpiega.loxle fue più interne voglie .

Eccoui ( diffe ) l’Huotnó , eccoui quello ,

Che con nome d’ infamia hor nominate. Iniquo Seduttore, e qual ribello

Di lei’a Maeltà noce nte il fat e ;

Eccolo fatto humile, e come Agnello,

Cui ritolfe il Patlor da l’affamate Fauci del Lupo, ondefù quafi palio Tutto fanguigno, lacerato, e guaito.

' . H é

i?o PIANTO

o

Qual dubbio, qual timor fia tuli per dami In cosi fiera guifa vn’Huom delafo?

Già non p ocrà-Ia Plebe folleuarui Da la fua indegnità, vinto, e confufo;.

0 le pur nout Dogmi anco portami Tentc più, come dianzi hébbe in vfo,

1 Palei, ed i Littori han moilre altrui. Quale habbian fede i Docilmenti lui .

Ch’altro da lui fi chiede? ah, òhe pur troppo fotferto nn qui flagelli, c lpine.

Che ne le da te a ccufe io non aggroppo Colpa, che de* Tuoi richieggia il fine. Guardimi il Ciel,ch’io fciolga il virai grop- Che de la Morte hi pur l’ore vicine, (po. Di Collui, ch’innocente è d’ogni greue

Errore, ò pur s’errò - l’error fulièue.

8

Lafciate voi, che libero ie’n vada,

E porti homai la Tua ftoltiziaaltroue.

Di tutta 1 Alia foll’Hcbrea Contrada 1 1 vagabondo piè vietata troue.

Se ciò troppo non è, foura me cada l’ira maggior de l’adirato Gioue,

E vogliali Cicl, chenonl’altruiperizia

Stimi il tutto vendetta, e non giuilizia .

o

Ma Le lo fdegnoancora, e l’odio chiede Li morte di Colini, c’hauete in ira.

Nel Ino languido feno (ahi) chi non vede. Che moribondo à pena hor viue, e (pira? Morrà, morrà il mefehino, e diali fede A quanto il Ciel ne la mia bocca ifpira.

Che le preilo non è, chi Io foccorra, ria che il morir la libertà precorra,

: r Deh

i8f -

OTTAVO.

1 o

Deh raffreddate homai lo fpirro accefo,

E tanto dipunir già non vi caglia Vn Reo, si che ne relH il nome offefo ,

Ah più che l’ira in voi la Fama vaglia.

Qual vi fia gloria, ch’vn ferito, e prefo L’vltimo grado de la Morte faglia ?

Ma fe gli date fol breue falute.

Sarete esempio altrui d’alta virtute.

i .1

Così ragiona il Prencipe,edimoftra

Voglia, ch’in tutto ila libero CHRIS TO. Con vn tal mormorio diede à l’hor moltra. Che non approua i detti il Popol trillo; - Ma pungente rolTor di rabbia mollra I volti, ed à la rabbia è il furor mifto.

Chi ferro impugna, e chi le voci altere Inalza formidabili à le Sfere.

I X

Rifpondono gli Hebrei,mapurla voce Congiunta è si con importune linda.

Che d’efìfa non s’intende altro, che Croce» Che tanto efprimon fol tutte le grida. Vn’Huomo à I’hor di guardatura atroce» Ben conofciuto da la Gente infida.

Si traile auante, e di parlar licenza

' Richiefehumile à la Reai prefenza .

i a

Parla (rifpofe il Prencipe) che in tanto Duro hJenzio à la vii Plebe impone;

Poi fiede in aureo Seggio, e’1 volto alquato Con nobil Maellà ferma, e compone.

Non in Athene mai, in Roma tanto Demollene hebbe intorno, e Cicerone Confìlenzio Confetto, qua nrohauea Tacita Gente à i’hor la voce Hebrea . ^ .

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I

i9z> PIANTÒ

i

A R A B I N detto è 1’ Orator bilingue ,

Da Plebeo ltato à la Procura l'orto ,

Che di guadagno auaro non diltingue Dal falioilver, da la ragione il torto . D’ogni cafof'à lice., e uon P estingue.

Pronto nel dir, nel limulare accorto.

Arpia vorace, e fallo adulatore ,

Che lugge l’oro , ed auuelena il core.. .

° i t , 1

Poiché tre volte, e fei l’ardita fronte > Riuolfe in giro, e cn’altre tante il guardo Nel Prencipeàffiisò,con voci pronte Diede principio al dir foaue, e tardo .

Cosi tal’hor da lolicaria Fonte Efce debile il rio, che poi gagliardo

In modo fafli, chela tumid'onda # *

Hor bagna i Campi>hor LCanipagne moda..

Prencipe , al cui fauer prudentc(dilTe)

Non è fra noi, chi pur vadalecondo.

men Nell or , che tanto leppe , e ville.

Il potrebbe agguagliar, torna io al Mondo.. Se-con la lingua tua l’accorto Vinte Sembrar farciti bal d o , ed infecondo » Accortamente hoggi fpiegalli à nu i,

Quai lìan verfo il Prigione i lenii cui.

- » 7

5 già I’altópenlier ditnoltra fegno De la verapietà , che il fen ti molce,

Perche con la pietà ferma il Regno,

E fermo lol con la pietà folce.

O come è ben de’ tuoi gran pregi degnò ,

", E de la tua virtù l’atfetto dolce,

Che del valor, de la giustiziai paro Ugualmente ùrende eterno, e emaro.

./ - Par

18 * i

il difio pietoio in parte èicemo la prudenza ,àcui s’appoggi fermo/ ìdfe nel Prenze quel po ter 1 upremo ,

3 temuto efler dee , fragi le, e infermo;. ì tal’hpr pietà rigore diremo 1 no Ufo cafo , io pur nonfol confermo , lodo infieme , CHE non va mai fenza da feuerità retta clemenza* 1 ,

i «

)beii Reo nel male immerfo il piede,

:a temer d’Aiirea la giuda fpaaa , i à gli ilupri infami, ed à le prede ìedefma pietà gli fora dirada : la G indizia., che lontan prouede, h’ad eflempio altrui di ferro cada; ique in prò del ciuil commun ripolo : ietàècruda,edcilrigorpietofo*

turba pace Cecili mài lieua: ,,

a tranqirilità l’alma quiete? di mordaci cure ilRege aggreua ? * gli infofca del di l’hore più liete ? i * che la Plebe humil moue , e folleua, i, ch’aflfettail regnar pervie fegrete, i, che di zelo fotto finta fpogha oua empietà copre la voghi .

- * li £

in fbmmalSignor , che in fronteporta l ifuafidlbnia Corona degnagli /: V viuo hi ilcorjbenche Ja faccia finorta# fra fegonfio già comanda >e regna; li temerità doltatfeflorta.

per cui la tematuat’infegna arre ho mai con generofo fatto i perigliai cuoi di brigai \n tratto 2

Ch’ar- |

. >

1*4 P I A NITO

z x * '• t 5

Ch’attendi ancor, che liberato apporto Distiamo già accennò pronto l’effetto? JPenla pur tù, ch’ertraniaforza>forte Renda in fegretoil temerario petto* Echclciokoeivorràcencarla forte, - Aggiungendo à ia frode ira, e dispetto t Baita, che parlar poffa, contra noi

Tutto il Mondo tràrran gli aCGentiffuoiv T . z a. .

Quel, che rimedio fai, già non mi piace*. Ch’interdetta glida la Terra He b rea, Viua,eftiafi frànoiffeperò tace)

Non temo lui, temo fua Lingua rea^

Hor chi di quello ficurràne race ?.

Come certa già mai fia la Giudea,

Chfe -non Tarmino contra i detti vaar Regi potenti, e Popoli inhumani ?

... x. ° , f

Signor, chiftUtfè il Serpe in feno èllolro,.

£ picciol fòco i'grandc incendio balla t . Io ridarello, fe Collui difciolto Se’n và, graue periglio ànoifourafta..

^ quanto detto non fi curi molto.*. Cke contra il tuo voler non fi-co ntralla^.

Ma boti ife giullo fe*i Come dimoftr i,

- Serba le Leggi antiche,e i Riti-noilri .

% §i i

ieggeprefcriue à noi, che s’altrianuenita CÓtra i|Cid,có«raDio Bettétniahorrenda* j Che di vibrati falli il furorlenta, > '

£ congiunta à morir k pena prenda *

Hor fc Coftui con tempia lingua tenta L’ira deJfommo Rè* vuò che s’intenoa * ' £ farò forfè altrui f hrigner ie cigl ia tcma^perboriw^periiKrauiglù^

figliOr

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o T TìAV O. - l8*

Figlio faflì di Dio, chiaro l’eipreffe >

Arrogante il conferma, ed oitinato.

Come fe corpo l’incorporeo hauelle.

Come foffea t vili affetti dato.

Cento beftemmie in vnp loia imene ,

Fa l’Eterno, ed Innato, in tempo nato. Vuol, die l’ Attorta Carne , e l’Immortale Creatole de l’Huom Fattura frale. _

Hor fe dee meritare Anima infetta

Di pelle rea, che con l’elTempio noce. Altro, che farti,' il dirlo a te s’afpetca.

Che il fourano poter hai ne la voce .

Da legge, e rito è la Temenza detta.

Ed effequita giàfora veloce, %

Oliando le mani non legafle a nui Il molle fren de i dolci imperi tui. fi

Vn baffo mormorio , cta’à pena s’ode, ,

Con appi au fo approuò gli vltimi detti.

Chi la facondia effalta, echi lode A la viuacità de’ fuoi concetti .

Altrui piacciono i gefti> altri poi gode , C’habbia l’affetto fuo morti gli affetti.

Forfè cosi appagato ogn i vn rimale» , ,

Perche quanto piacea fol perniale. t

Mapiàd’og.n’altro a l’hor,ch’oppreffo,cpicnfr Rdtafle di timor, il Prefidentc.

Gran cofe penfa intimorito ilfeno.

Gran cali volge l’agitata mence. .

* Quel, di cui dubitaua, hor crede a pieno,

E del fucceffo già tardi fi pente,

Sofp etto Tempre, che il Prigione Hebreo Forte non Huom mortai, ma Semideo.

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i26 1 PUNTO a °

Conofcea in lui di Micdà ioaue Pieni gli occhi viuaci,e’l volto ornato.

Gli innocenti co (lumi, e l’andar graue Scorgeua infieme , e parlar faggio , e grato, Sapeale m graniglie , in cui pur haue Con gran pietà fommo poter molirato, Vede3 alfin la coftanza» onde fofferfe Tanti marcir , pur la bocca aperfe - -a i

'Quelle , e fatte circolarne intento

Con l’occhio del difeorfo ammira, e vede. Onde pofcia ne trae fermo argomento. Che fia celefle , anzi diuino il crede;

Marion conofce à l*hor co’i lume fpento. Quanto moflra di lui certezia , e fede.

Lo ftima tal , qual gii tenea fra noi L’idolatrante Roma i Numi fuoi.

Saper non puore,c’tduomo infieme, e Dio ( Nèfianconflifele So(lanze)ei viua;

Che non due Chriili infierii j il Padre vmo, M'al Verbo !’Huomo,e la Natura Diua: Come non fi cangiò nel Corpo pio La Deità , d’onde ogni ben deriua ;

Che in Dio l’ Hum mica affa nra , quello Era anco à l’empia Etade immanifello. a a »

Ma’tiel’àlto Miftero , ond’hebbe carne '

Nel purilfimo fen de la gran Madre ,

Senza prima , nèpoi puro toccarne Vergineo il Fior , fen za terreno Padre, Stente acuta non valfe il modo trarn e,

^ Che non conobbeà l'hor l’opre leggiadre Delfommo ,tìu in cento errori inuolta Nel Gentiiifmo filo fiau a fepolta.

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OTTAVO. i U7

* 4

co accenna pria , cheto il Prigione ondotcodentrola Magionrealejr, _ Lifpondepoicon libero lermone., ,>i *

Ih’efler con tatti, dee Giudice eguale:

:he Tetto séprehor pene,hor premi impone d’alcrirkhkde il merco, ò il male»

Jhe far non potrà mai reftraneo"uilo, t » -he la ragione offenda, ò torca ilgiulto*

1 * o\ i . .

he neVTribunsfe , epe decide , ay,^ . : r Le dubbie eaufe, il vedran tofto affilo;

E sfau il largii in quello dir frvide #

I>vn tale idegno arditamente il vifo'.

Di rabbia , e ai dolor fremendo flride L’iniquo Hebreo* che ft ima e (Ter derifo, t E i n fo fpet cito ogni Tuo de t ca libra,

E correrà lui parole indegne vibra

l 6 £

irre Filato, e l’or me ianguinofe - . . . Calca di Dio, che Prigionier conduce, >

Acuì chiedendo affai,poco rtfpoie.

feufa, òpriego infòadifefa adduce;^ Onde in maggiore , e nouo dubbio il polo <■

La regia Maeità , che in lui riluce, _

Che non tovn Nume , ò pur diuina Prole,

Tal che innocéte il crede, e Jfciolto il vuole*

* T »'

-oco e dinanzìlafuperba Stanza ; - 1

Del Prencipe Laun di marmi fretto,

Oue determinare hàpervlànza,

E punire ogniecceffo* ogni misfatto; u Per molti gradi s’alza , etien fembianza Di reai Trono , hor quiuiei fiede inatto r Di maeftà, mentrelaltriintento legge Giulia Sentenza *6 ioappellabilLegge.

Sa-

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iSI PIANTO

* . 8

Saglie à la Sede eccella . ed in difparte ' *

- Scarti non lunge il Prigioniero-humile , Subico qui da ogni ri moti par ce Precipitosa vien la Turba vile .

Piume, che rotte habbia le Tponde,e fparre L’acqueTuperbe èà quel fiiror limile, VT* * Che poi s’accheta, perch’ognialma pende* Da -l’altrui bocca, e la Sentenza attende*

.. a o .

A la Vergine Tanta ih queftt vari ; Motfciriancafa Tpeme, è*l dolor crefce,

E premendo nel cor penlieri amari ,

Il Tuo fiero marcir piu Tempre accrcTce.

De le mefte Sorelle, e de i piu cari OgMÌconfbrto$!adolem6increTce ,

CH-ì. dinoui cordigli n<Hi- imprime L’Alma, che de fessure i moti: opprime»

4 O t f

Ri fp onde lor, ch’à ébntì^far drinòtìo v* L’efTortauarfò pur nel voler giullo

Del Pr elide n te; O quante infi de trouo(fto» PromefTe d’huo,CÌVal giulio Dio fia ingiu- Ocome frali, ò come amare prono leTperanze, ch’apporta vn tempo angufto* Vótempoangullo ancor Sollecitato *■ ; Da cieca paflion d’odio, e di (dato.

A eh? debile filò (oimè) s’attiene Del dolente G165V’ fianca vita?

E da qual poca, e da qual dubbia fpene Ne! peilglio maggiore è mai nutrita > Sangue verTàno antor P aperte vene, Ouetìon è pietà Tara l’aita ?

La Coróna ritien . riè gli il feti ©*

Pur4’ vn p oco licór bagnato almeno-.

Mcru

OTTAVO. I *9

4 2,’ .

Mitre il Giudice penia,oue mai cada 11 Tuo de/ire, e non d’Aft rea il volere, 3L*Alma del Reo per più d’vn’ampia firada Twgge, e fe’n vola à le fuperne Sfere. Deh,che del Tuo martir doppia è lafpada, Che mentre Pvna pofa, e l’altra fere.

Poiché la Morte à la tradita Spoglia,

Se di Croce non fìa. farà di doglia. ^ >*

lor feguitiamo noi gl» afflitti palli Elei P è del C iel, ma per diuerfa via ,

Fin gabbiano vigor gli fpirti laffi Abbandonato almen da noi non fìa;

E quella mano entro i pietosi latti Sepolcro al corpo e fiammato dia.

Effetto di pietà nc-nfi riiparmi

Fri Pire,e gli odi. e in meao’l sàgue,e l'armi.

4

Subito in quello dir ntoue le piante. Tornando à ricalcar la firada ifìefla. Prima, per cui con le Sorelle fante Venne da tt ma, e da dolore opprefia ; . Che volto a borea è il Tribunal dittante A punto,qiianto è lalunghezzaifiefla ;

Del Palagio fouran, fouracui grande E n oto Auge! Palatemuta fpande.

4 ri -v

lafciano à l’auftro Patta Loggia, e vanno -, Seco le pie Sorelle, e Maddalena,

Ch’in lagrime verfando il chili fo affanno, Hor nel pianto la via cor elee à pena. Giurgoro, c non fonrare al loco fi anno, C h’al R eo fuol defiinar Peli rema pei a, Cuiui in parte rimora auendonmefie. Quanto al Prigiò Giufcizia infame appretta - Già

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r T$o PIANTO

r 0

Gii dala nobil.Sede il ^elìdente '

Ale Turbe fea noto il fuo p enfierò,

E giii’Hebreo porgeal'oreccoic intente. Per trarne poi di quanto vdiua il veroj /

E ben l’alma Regina i detti lente ,

E fpettacolo vede ( ahi troppo fero ) .

II Figlio humil , foura la cui boutade Del gran litigio la feritene cade .

Ecco ( dicea Pilato ) ecco il voli

O Genti, ò tribù à la gran Roma ferue,

A cui di Scettri in vece, e di fìn’Ofiro , la Canna vile *e’l proprio Sangue ferue. In che mifero fiato hoggi il dimqfiro ?

C he fe ben contra lui lo fdegno lerue , '> Placherà v oi la fàccia fang muoia.

Che far potria la crudel piecoià I

Io pur di nouo , e con turbato afpetto < , v - De gli accidenti fuoimoko cercai.

Ma d’opre giu fio > e di più giufio affetto Senzaerror , fenza colpailritrouaù * Hor l’odio , che del varo è folo eftetto , l’Accufante, el’accufaetìerpenfai>

CHE poco amico per contrarie tempre De la bella^irtù il vizio tèmpre, t.

Ciò mi fa dir conofciménto puro : ~ 1

Del Giufio , ch*effer dee mai Tempre illefo. Che già di colpa io ndn viurei fìcuro ,

Se per me fo/Te vn’Inoocente offdo.

, ch’à moki farà fpiacente , e d uro >. C’habbia 1 configlio al lor configli^ prsfo Contrario , chedoue acrcniton morte,

^ Vcggian di vita aprirli al Reo le porte- '

Ma

OTTAVO. 191

5 ©

Ma che può farfi , one ciò il merto chieda»

Il retto il voglia , e la ragion l’additi è l’opre mie giuile il Mondo ammirile creda» Ila pietà l'età futura imiti.

Sia liber o il Prigione , e vada , e veda In paefe firaniero ignoti liti, . , A

Siali iltHttogiuftÌ2ia,ò,pur difio.

Cosi la legge impon , tanto voglio io

f 1

Quelle parole rifolu. e tanno ^ ,

N e l’oftinato Hebreo contrari effetti.

Come le voglie fon diuerie , c’hanno Del gran Teatro i circolanti petti >. Altruiportano fol noia , ed affanno» - Ad altriarrecan poi gioie,e diletti». , <

Ma ne la Madre dal clolorferita * -i ,> Spirti fon di vigor 4 fiati di vita, 1y ■,[ ;

Come languido Fior per pioggia forge.»

E (prega al boi l’inuigeriteioglie3, k la gran Donna del Ciel cosi riforge Dal cupo fen di tante acerbe doghe,*

-K p IlvPi’O 4/\T hAvrr.

c E’I duolo al core,e’l piato àgli odchi toglie Già iciolto vede il Figlio.» e giàl’abbraccia, CheUvoglia al penfiec formale braccia.

O come dolce ride j^eheta gode V

la conuertita Hebrea* ch’amò cotanto»

O come in cari accenti hor cangiar s'ode le voci mette , e in vaporilo il pianto; *

_ Hor pietofo, ed hor giutto* c d*ogni lode Degno chiamà Pilato , e d’osmi vanto , Sembra, fe dianzi fiì dal duolo ©ppreffa,

H or per fornaio piacer fuordrietteffa.

Chte-

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*' T9i P V A N T O

f

Chiede le fafee, impaziente fatta,

Apprettando le mani eburnee, e vaghe ,

»• Ordinal’ólio, e la perfona adatta Per medicare al fuo Signor le piaghe: Gfoeo’l pénfiero iVnobil Corpo tratta. Cosi parche ne goda, e fe n’appaghe,

E già creete'abporrar^erta falute , '

PW che Medica -A màrìtó, à le fenice , f 5

Vuol, che Gioatfp*, che nelchiarovolto * > Tarla fcopredelcor la gioia immenfa y Aità'porgaal Redcncór, cholciòlto *; Mouéfèloioil piènonporerpenfa. ^ Hàttel pitftofò guàrdoli core auuolto ,

_ E di tanto dittò!’ Anima accenta , < ^

Che ad ogni mòto, ch’oda . ò che rirnire, Parie vedere il fuo G I E^A/' venite.* \

àia gran Turba hicoltatricé por fe * Pilatoco’l fuo dirdifpcitoi e (degna, - Che in kttfrem&u do , i Hardi occhi torte ,

E de ti Rabbia fu a diè più d’vn legno . - Alt ri 'fqpLi ave i c^ff i r panni, ahrrfimorfe Con beli etnnsia crudele ii labbro indegno ctCE-gialGentC} ttring§an fuperbe mani ;

Con più i niano furore i rem dilani. dJ

J*7l

Era fri i te merari vifiduomo audace , ^iànefeTortóemUifarihfcritto, *

-Cnrdiero Tempre mai più d’vnfeguacé * (Prónti nel mattoprar ) l’Odio^e‘1 Deiirto

sciò che gl i detrail fuo ipentterno n tace , Sedinolo oppugnatori dritto/*

« Che violento, e dotto il frenatone Ddfuo^rtodèfireàlaragionev i

j ^ C O—

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■* ' * . . ; *

O t TA V O. r" w

\ . f 8 "J

Cottui trattoli auanri alza le grida ,

E gli altri inuiva à folleuarfi inficine. Conforta il Dubbio, il riioluto guida, > E’1 Contrario icacciai.do incalza , e preme. Del moto accelo ei fi-fi capo, e guida, *. Che ne lalpada,enelaJi .guahàlpeme, #

G con molti aderenti oltre fi fpinge,

E intorno il tribunal circonda, e itriuge.

NARVCCADAB noma il troppo ardito, Ch’à forza pur l’impeto fuo reprime ,

Che l’adito ntèrdetto, ed impedito Gilè de gli Albui da le Guardie prime* Apre la bocca, poiché vano è videa liprimiero difegno, e fuori eiprime In quelto dir con minaedofo aipeuo Dira crudel de l’adirato petto

Non creder già Signor, che fetrafctiri L’ecceffo tu, ch’ai "rande Impero tocca» Ch’altri, di te più fido, hoggino’l curi,

E non v’impieghi il cor, non che la bocca. Dunque di iefa Maeftà ficuri Fieno i delitti qui ? dunque fi fcocca Solo il rigor, lafciando intatti i greui ,

Contra iTalli minuti, e i fatti lieui ?

o 1

Che potrà dire il gloriofo Augufto,

Quando che alcolti vn cosi folle errore ?

Se non che tenghi dentro il petto ingiù fio O troppo folle, ò poco fido il core.

Ma c’habbi oflFefo poi per l’altrui gufio Con la fu à Maefiade il proprio honore. Ciò gli fia graue sì, che veder parmi Già voltar contra te lo fdsgno, e tonni.

I Qua-

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1*4 PIANTO

» A

Quale fcampo haurai tù? quale hauren noi Scufa, che ci difenda, e che ci vaglia. Quando habbia il tuo di/ìo gli effètti fuoi,

. E contra tutti il tuo voler preuaglia ?

Se per faluare altrui te perder vuoi.

Come ti piace Zìa, poco a caglia De l’bonor, de la vita, à nois’afpetta Saluar quella Città dal Ciel diletta. >

t> ir ",

E voglìam pria, che il Mondo, e Roma dica, Gierulalem contra Pilato forfè.

Perche di vita à Celare inimica Di porre osò la giuda Morte in forfè, . . Chela Giudea dìel Prendente amica » * Non volle à i gufti Tuoi prillati opporle*

Ma lenza moto fprttatrice fue ,

Con fellonia de le riuolte lue.

Che ben vedrai, fe liberato fia >

Il Fellon Seduttor, come hora tenti , <

Piena quella Ciwade, ed cgni via Di morti, e furti, edili raniere Genti.

pur ch’à l’empio perdonato fxa.

Che tolio mollrerà gli fpìr riardenti, C’haue del dominare, e fieno rutti Sotto il fuo Impero i Popoli ridà tu'.

k j .

O Cielo, p Dio, com’efìer può già mai Sottocanuto crin giouanilfenno?

Che merta di morir (sòpur. che fai )

Chi diregnar contra il luo fi cenno. Come.CH RISTO innocente adunquefai? Forfè che l'opre lue chiaro non denno - Al Barbaro , al Romano , à J’Hebreo legno, Che con (piriti vaiti aipiri al Regno.

. ; Già

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O'TTKV'O.J *91

Già fe nota è la colpa, ah, chi più tarda ^ *.

La pena hormai, che foura il Reo non cada? . Forfè attendi, cheautta auampi, & arda * Ch’à fangue, e lt yage-la Città fe’n vada ?> Ferirà foura te guitta, ma tarda ,

Se non cangi penfietf, la Siria fpada;

fia, ch’offenda già Prencipe amico, v

Ma di Tiberio inuitto empio nemico. .

* 1 v

Che tal ben farai tù, s’hoggi curo Impunito n’andrà per te il Prigione ,

Anzi ch’altri ti fcopra,io m’alficuro. D’opre maluagio, e di penfier fellone:

Giù ci veggio apprettar tormento duro-. Già titolo d’infamia àte s’impone ,

Già péreffemp io altrui fcoréo additarti Oltraggiato cattiuo i n quelle parti .

Ed a ragion, che fomentar non dette Minmro mai fedizìofo foco,

Macon prudenza, ò con fupplizio greue Spegnerlo, mentre è ancor debile, e fioco. Fior tù, che ftimi vn tanto eccetto liese. Poiché punir no’I vuoi molto, poco,' Ben merti hauer da l’altrui mano augutta Pena inaudita sì, ma però giutta. * ;

4

Ma non fia già, thè louranoi difcenda Per infame cagion pena più fella,

farà mai, che Italia , ò Roma intenda. Che fia Gierufalem fatta ribella .

Cefare è il poltro Rè, fempre il difenda,

É*1 confenti, è l’ettalti amica Stella , >

, Co’l «fondo tutto, ei de la Siria infìerrte

Regge la libertà, ma non la preme. •• «

° li Altro

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*96 PIANTÒ

Altro non vogliamo, e non richiede Piu molle fren la Paleltina ferua ,

Ch’a Roma fempreferberà la fede.

Che fra tante riuolte hoggi pur lerua,*

E quanto forte il tuo penner non crede, Coltrarti à maggior nuopo ellarilerua. Ben hor tifcopnrà, poiché s’adira.

Per conferuarfi fida, effetti d’ira.

Con applaufo fini Pvltima voce

I.Vmnin u«i

w MIOIU A

nor, che più turbato è il Mare. Crida in cócorde fuori, che muoia inCroce, * tanto vmto, e cosi accefo appare , > f

Ch’ile parole le minacele aggiungi,

E 1 Prencipe Roman fpa'uefita, e punge

Confufo retta, c d’animo perpldTo Pilato à J’hor, che si gran moto hi vitto * Teme di maggiormale, e dite lidio,

5e no codana,ancorche giuflo,CHR ISTO. Vede ei ben.che cornette vn torto efpreffo. Ma che può far ? poi ch’ai rimore è nimo pnrereffe, di cui non he bbe felua Ne piu crudeli più feroce Belua .

Queflo de i petti Immani Affetto informe*

In quameguiìè mai l’ Alme tormenta?

In che feroci, in che diuerfè forme,

A chi vece il douer, mais’apprefenta ?

Pare hor Giouane bello, ed hor biforme Centauro, hor Agna humile, hor Lupo reta

ho-r?j°nna vaSa allerta, e prega, Hor Moro infido ogni prometta niega.

Con

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o T T A V o; tfiZ

Con vn fol'occhio vn Polifemo fembra,

E poi con cento luci vn’Argo fàffi, <

Di Tigre il core, e d* Afino le membra.

Come il commodo è più, vertendo vaffi . Con la Confotte i propi Figli fmembra.

Non pur l’ettiranei fi di vita caffi ,

E ben di cento ho. ribili memorie ; .

Scrittigli Annali (òn, piene i’Hiilorie.

S'apprefenta al Latino il Moftro fero,

E del timor con lui la sferza ado pras Prima Gierufalem finge al penfiero . »

(Libero A Nazareno) andar foffopra. , i Poi gli face parer, che il lommo Impero v Il chieda à Roma, e che deferti l’opra, T

Eche per quello foloà gran ragione » »

Già gli appretti Leffiglio, ò la prigione*

Più, gli fa rammentar, che rigoro fo

Il Prcnze è sì, ch’anco ìlpenfierpumfce*

Di chi già mai 1* vnnierfaf ripolo Con nouitade dillurbare ardilce j E che concra difio troppo anìmofo ,

Senza chfefa vdir, prima effequifce ,

C H fi fe coMmotoil fanguenonfrmeipe* Dìchieccitollo, in infinito crefce.

Scopregli al fin, che per lui meglio fora Cedere al tempo, e con maggior configli© Eafciar,ch’vn Reo, ben ch’ìnnocéte, mora. E fe fletto leuar d’ogni periglio .

VIS- VJl 9 -

mu., , v., gitili o hebbe ricorfo.

Con pungente rofTor n’habbia

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tpS' PIANTO

18

Come ne l'alto Egeo (cui gonfio refe Il fuperbo folfiard* Aulirò, e di Coro) Nane, cui gire in dubbio» ermo paefe Spinfe tal’horaauidità de l’oro ,

Hor s’abbalfà, hor s’inalza, e mille oflfefe Le fannoj’oodérie co’Iiuror loro, .. Cede ella al fine, c combattutale laflfa, Doue il yento la rrae, portar fi lafìfa.

7 *

Cosi il latino, la cui mente è forfè Ondeggiante non men, ch’vn Mare irato , Più d’vn penficr, più d’vn configlio corfe * E chiele allegro, e comandò turbato: Aliine, oue piegare ogni vns’accorfe,

pofcia muolontario anch’ei portato. Ed oppreffo, non vinto , anzi con doglia

Per tema folo errò, ma non per voglia.

& o

E per moftrar, ch’à forza egl i concorre,

Oue il confenfo vniuerfole il guida,

E che il penfier, non che la mano > abhorre Partì d’vn fenza colpa empio homicida , Dentro vn vafo d’argento acqua porre, E che fi porti à luifubito grida,

. Ch’apertamenre altrui moltrar delia , Ch’innocente è d’vn’opra ingiutta, e ria

2 K

Pofcia rifponde, in maeftà feuero.

Voci, cui detta laragione offefa.

Io ben faprei del vili pefo Impero Moltrar la forza* e vendicar l’ offe fa,

E co’lconfiglio pria munito i veto , .

E di giuflo rigor l’Anima acce fa?

, 'Vibrar contra gli audaci in ogni parte Con la fpada d’ Afirea quella di Marte .

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ottavo;: m

* 8 i

Ter quella volta folo noggi al perdono ( Sia prudenza, òpietà) lagena ceda; Taccio ogni oftefa s ed ogni error perdono, Vbidiente,e fido ogni vn fi creda: /

Del fangue altrui, come innocente fono * la Cittade innocente ancor mi veda.

Ecco lauo la delira entro quelPonda, Rendendo l’Alma d'ogni colpa monda.

2 •**

Mentre dice cosi, lemanivnendo.

Nel limpido Iicot tutte l’immerge *

E poi nou’acqua foUra lor cadendo «

In villa de l’Hebreol'auuolge, t *

Indi dal real Trono, oue fedendo , r > StauafiinMaeflà, turbato s'ergé^ *

E riuoleo ad vn fuo coi vifo afflitto ,

Il Deere to crudel f*,che fia fcritto .

,, 8 ♦<* K

Cosi cede Pilato, e delJHebrea

Città volendo compiacere algufio,

Oper malizia, ò per timor «rhauea, * La Sentenza dettò, contraria al giuito: Sentenza la più iniqua, e la più rea.

Che pronunziafie mai Giudice ingiù fio Sentenza (balla il dir) fubito efprefla.

Ohe nocente 1* Innocenza illefla*

I f* ,, ».

Ch’ogni vno attenda, e che filenzio fàccia

Impone il tuon de la canora tromba.

Che ben tre volte fc voltar la l'accia, * -v Poiché tre volte in alto fiion rimbomba. * Per vdir quanto brama oltre fi caccia ; La Plebe vii, che: d*bgm parte piomba*

Hòr mentre al Tribunal fieri gli occhi afiìlfi. L’empio Relcritio in quelle yocì vdiflj, - - - "■ 4 Che

*

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ic0 P i n N t or.

Che G I E 5 V* Nazareno de i viuentl Profano Seduttor, fàlfo Meffia,

, Spre?zaror de l’Impero, e de Je Gemi (Tale i Maggiori fuoi fanno, ch’ei fia )

Si conduca a auel loco, oue i Nocenti Hanno del male oprar la pena ria, >■ . . Del regio Nome offefo iui in ammenda Fra due Ladroni in Croce affitto penda.

Come Teatro fuol di Mimo ardito Con applaufo feguir detto facondo, Cuigraziofo renda, c più gradito |

Conprontezza gentil mo$o giocondo; Cosi; poiché il Decreto. empio fu vditob Ch’à morte condennaua il del Mondo, O quaffifchi s’vdiro, òquai veloci Per l’aria rifonaro allegre voci.

la curiofa Gente intanto fgombra la Piazza grande, e per la Strada nota,

C h’al Patibolo mena, i lochi ingombra. lafcia porta, fincltra vuota ;

Su’ tetti falene la via tutta adombra,

E daflì in afpettar tacita, e immota ,

Eie lungi rimira, ò moto, ò polue , Sifpignein fuori e gliocchiiatiuolue .

Ma la Madre di Dio già non foftenne le note rie de la Sentenza obliqua,

Cile ne le braccia à le Sorelle fuenne. Tanto le puiiiè il cor la voce iniqua, la Peccatrice àl’hor più non ritenne Chiufa nel bianco fen la pena antiqua ,

« Che con la bocca, e da’begli occhi fuore . Segni inoltrò d’inulì tato amore.

- Saura

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O T T A.V O; / io* e o

Soura la tramortita s’abbandona,

E con-dolce pietà fi duole, e lagna.

atbiondo crin>nè al bianco Yen perdona* Che non percuota l’vn , l’altro non fragna. * Mentre con voce flebile ragiona*

O di che belle lagrime h bagna >

In quelle luci pie fono à vederle, .

Coinè da due Zaffiri vfcir le Peìrle

o t

Sconforta diceua. O de* miei man Difperato fperar cagion lunetta ,

Perche ncn>fai, che il core affi icto efali Con vn tronco fofptr 1* Anima metta ? Dunque forti fono i lacci frali _

D’vn moribondo fen, che viuo ei retta*. Mentre i morte te'n priuo d*aita ?

Colui, ch’era il iuo bene, e la fua vita >■

' <1 X

Viuere come poffo ? hor non fi ftrugge In pianto il cor, fi dilegua l’Alma ì E pur fin dentro il core ella s’adugge Al duol,c’haurà del mio morir la palma ^ Già mifento mancare, e già Te’n fògge Lo fpkto fciolto da l’effangue Salma, , Già già veggtto frà quelle labbra fmorce*.

Piatola dei mioduol, dettarli morte

« a

Fra quelle labbra , ch’ai gran Nunzio diero- i/alro confènfode 1 eterna Prole,

C'hor dettinata à fine acerbo, e fero ,

Quali per la pietade olcura il Sole .

O Donna, ò Diua, à cui del Regno nero- ' Il Tartareo Signor per forza co le,

Il richiamare i nte le forze vfate -,

Temo, che (oime) non fia cruda pietafo*

7 li Cha

t».u P Ita NT0 *•

Che fe de l’alpro mal la torta intenfa A ce languente il moto, e i /enfi toglie, . ,:Nel letargo mortale, ancorché im in enfi ,

Il petto amante v.na tol pena accoglie :

Ma ritornando in te 1* Anima accenla, Haurefii cento angofce, e mille doglie , Non vedi già, quanto veder nVincrefce,

la viitaal tuo duol la forza accrefce, o i

Oimecontrailconfiglio ogni hor più falda La villa rea l’acerba pena rende .

Così dicendo, pi oggia amara, e calda Bagna il bel pecco, e l’ alni e luci accende » Co’lofpiri difoco intanto (calda l.a fredda vitaà lei, che forza prende ,

E mentre in fe riuien tremante, e latta» Apre i torbidi lumi, e poi gli abatta,

<i, »

E Maddalena pur con viue filile Tutta la faccia à la dolente inonda ,

E bagnando anco il fen, par che vi dille Lo fpirto, e vigor nouoentro v’infonda» Ch’in fe ritorna, e fparge à mille, à mille Lagrime l’Alma, che d’affanno abbonda. Piagne l’afflitta Madre, al Ciel conuerfa » Quelle voci co’l pianto infieme vcrfa .

9. *

Viuo mifera ancora? il dolor crudo Dunque non fece in me fvltime proue ? Qual mi difefe aitale quale feudo Cullodt l’Alma ?echi la turba, e moue ? Utnio ferito Piglio, il Figlio ignudo ,

Il Figlio effangue,il Figlio mortoci doue* Doue, lafia, già mai languido volfe limai iìcuro piede ? e chi me’i tolfe ?

* i Dopo

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.«I

Ó' TTAVXn

Q * ' -r-ui- .. .

Dopo tante percoffe ah pur jnuerba

Forfè à feempio maggior l’affanno viua

Da Gente inclemer**tiffima>e luperba

Del mio dolce G 1 ES V vedromnupriua*

Cime, trafittala cor morteacerba

La iacrà H a inanità ? la Carne diua . *

Quella, c’hor lacerata è à parte, a parte . .

Quella, che del mio leno è Fattole parte? q 0 .* . . ,

La (fa, feorgerò de* miei dolori

Con eliremo dolor l’vUuno eccello ,

Edalecolpe‘amkhe,edaglieFrron.

De PHuomnocente l’Innocente dppteiìo.. Sa7 iarfi mirerà gli empi furori Ne l’altrui i angue, anzi mio (angue ifiejfo,

E vedrò al fine ; on de hor piu nu cordolo )

Ch’efialerà duelpirti vn fiato loia.

Giudice fcofifi'^iato, ah ben tàfpieghi Chiarele colpe, e viuu tuoi Metti j » Dunque, codardoifan, eh al torto pi^g Di lingua vii lediziofi detti?- .

Qua! lode hanrai,fc bgiuttizia rileghi?- - S’ v n*i ngiuft izia fauqual metto alpettif L’Vniuerfo darà, darà 1* Inferno Al corpo infamia Alma vnfoco eterno.

Ma quanto io già pronufi hora .

Con l’opra, e mouo ad effe^uirlo ì pam ». r animo, a Figliole .

Eh é^auranno vigor ghdpirtt laiii .

Daràforz a, e virtù te al corpo mfermo ^ Quellafè, che nel pettoimmotofiaflt.

Voi Donne homii, fe pietà ijcorvipren^ Co’l mìo Figliò morire andiamo a ^

*

-*m Manto

Tacque, ciò detto, e ver la Piazza viene Inmezodi Gioanni, e Maddalena,

A cui nel dubbio caminar s’attiene, Ch’afflicra,e franca in piè fi regge à pena. Pria gìugne, doue ferba à varie pene I condannati Rei la Prigion piena,

K pofeia ardua à la Magion reale ,

Che de i piu Saggi è Stanza, e Tribunale.

1 ° v

Palla la Madre il loco , oue raduna Ifraelle i più vecchi à 1* AfTemblea,

Poi fi vo 1 ge à finiltra, e con la br u na Vede fi cela à l’empia Turba Hebrea i Che ben lei riconofce, ed importuna Moue in difpregio fuo la lingua rea.

Altri fra quella è poi,èui ragion face Corcefe, e pio, che le il paffo, e tace.

i

Se*n va fchernita, c lamentata ancora

Con le Compagne lue la Diua afflitta ,

Che per veder G l E S V*, prima che mora. Con auuifo miglior la via tragitta.

V n breue angolo troua, iui dimora Tutta anelante, e dal timor trafitta ,

Scopre il Palagio, oue la villa intende*

E 1* diremo dolor doglipia attende

Non lungi à lei fan riionar l’incudi In oicura fucina i Fabri franchi.

Affumicati i volti, i petti ignudi.

Tinte le braccia, e inde borni i fianchi. Volge Cocchio MARIA, doue à quei crudi Scioglie il foco in fudor glihomeri franchi* f E da i Martelli vede in frrano modo,

Dopo mojtepercofie* vfcirc vn Chiodo.

d Ed

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OTTAVO. , *0*

io o

Ed ode vn d’eflì, che l’età matura

De gli altri dfer douea maeltro,e guida ,

Dir minacciofo . Bene haurà ventura Quel Reo, fallo Meffia, che in le confida*

Che per la tracutata voiira cura s Tarderaflì,eper me, che nons’vccida.

Di quattro Chiodi vn folo à pena è ratto* Mentre ei mal viuo à dura morte è tratto.,

Così i Miniftri fuoi l’empio rappeila

A gli interrotti vffizi, e gli conforta.

Onde altri fcalda il ferro, altri il martella* Ed altri il neghittofo à l’opra eflorta . Rimania Madre à quella villa, à quella Horribil voce effanimata, c fmorca, (getto* Che troppo, e troppo l’empie il fiero og- Gli occhi di tema, e di tormento il petto.

Abbaffa il volto , e’I Iguardoin altra parte . Volge, e dal cafo fiero il cor difuia.

Ma pur fentefi dentro à parte, à parte Tutta turbar da la pietà natia: v

Ma p ur dal crudo loco (oime) non parte Co’l tremante penfier l’Anima pia, ,• j E* Anima, ohe nel cor dice à le fteffa, ..

Dal dolor vinta,e da quelChiodo opprefia.

Sfortunata, ch’afcolto ? e qual veggio Di nouello martir fiero argoménto ? Dunque fazio non è l’empio difio Del crudo Hebreo,ch’à noue pene è intéro? Da quelli ferri pur, che il Figlio mio Trafiggeranno, trapalar mi Tento *

Così, mifera «ne, l’afpro dolore.

Ch’egli non teme ancor, prou’io nel core,

V- , 2?

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ioè PIANTÒ

' . I Ì £ . . -

O Tempre in ógni (la ua, nognintO , *

£ guantfagitigni , e quando ferma Hai, Madreinfeiibedi Figliò! tradita.

Onde conforto, onde pietade haurai ?

Se loca noti v’è h ormai, benché romito. Che non fóftlininilfrì affanni, e guai, ;

& guardo non v’nd più, che non t*apportc fmagini di (angue, horror morte.

De gli empi ordigni,ondTio«gi mai «^appretta Indiremo de ùarmenti à F Innocente,

•' ìi’afprè punture, è la crude! tempdta Ne le v licere pria Madfe ferite. 1 O come afflitta, ò come offefa retta T Dal furino, (oirrte) dal fuon fatto pungente, '• Bài fuori, con che percorono queicrudi x II Tuo mi fero cor, più chel’ineudi -

Soural* Anima mia terribii piomba .

Jlpefante Martello, eia tormenta ' Fortemente cosi, che ne rimbomba .

Il tuono in quella voce afflitta , e lenta. Così MARI A doleaff, e qual Colomba, Che rapace. Augello il v-olbfentaj , ^Tuttatrernant-e, frédda,e inferii retta *

«I Piagnendo, Tempre il carri Figlioalpetca.

tifine itU Ottano Vianto^

i *

PIAN*

207 " *

ANTO NONO-

U SGOMENTO.

K

i Li indegni ftra^i fatti al Figlio caro ' Ode, e duolfi Maria da ejlranea voce or di qual legno fojfeil Legno amaro moflra in parte, onde altri feo la Croce . oicbe i lumi Materni s incontrar o 9 i lumi oppreffi dal dolore atroce el Figlio effangue, addolorata refla a Dea, che difeguirlo à l’hor sapprefla .

F.ntre MARIA così tutu do- lente.

Di lagrimo fo humor bagna

gote.

E che per tema ogni rumor , che ; lente - -,

;1 palpitante cor l*Alma le feote ,

^de Yn, venir fra la minuta Gente, le fudor tutto fauellar non puote, ir con la voce, cui l’aflfanno opprime , nome di G I E S V’ non bene efprime.

- : ' Se-

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Ì0§

PIÀNTO

$cgiic.egtipof,nèdi MARIA s’accorge, il ragionare, e fiato prende, e Iena,

Mentre ella al nome amato intenta porge L’orecchia si, che poi refpira d pena.

Cfie ltarft immota, e curiosa feorge 1 a Plebe burnii, d’auidità ripiena D’vdir pouelle; hor mentre quei refpir*. Fargli!! intorno vn folto cerchio mira.

a

Ed ojep omelie dice. O.qualihò villo.

Di noua crudeltà tirane maniere v

' Dai perfidi Soldatfv farli à- CHRIS T O* Anziad Agnello, burnii, da tante fiere i Come olcraggiarlojìa farnplo acquifto. Con la profana lingua ogni vno il Fere,

con la lingua fai, ma con la mano Sfoga la rabbia atroce, c Podio infano*.

Come prima hebbe fa crude! Sentenza.

Per forza data il Giudice ftucro.

Subito fùfenza dimora, e fenza. Pietà-condutto entro il Palagio altero*. Oue, poiché non più la riuerenza D«i! Prenripefrenòd’impeto fer o,"

Ogni Soldato ville in nulle guife

, Cqiì feritalo fiato fuodcrile.

Ma parche la Corona alpra, omolefta ^

Con cento piaghe, da cui pioue il fanguo. Tutta trafitta pria la facrà Telia,

£ poi disfigurato li volto effangne.

Nulla di tH RISTO hàpiù la Faccia merta* Ma vedi folo vn’iluom, ch’à morte langue. Tal che non è fra quei tormenti duri*

Chi il riccaofca almeno, oMraifigurk

Peak

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I

s’icrorgf, elea, Brenta p«8 a d pena, icorgq piena qusircfpira. diio mift

io villa liere

;»RlSrt

Ipjefefi

jojquifo,

/no il»*» limano io infine

teufcntt

ero,

ai

>io atafo

’enza

ero,'

uilc

N O N -, iQf

Penfa vn pfoteruo à i’hor riouo configlio ,

E dice a gli altri poi. Sepur.difia

,*■ Gierufalem di veder morto ij Figlio Di quella Galilea, detta MARI A,

In vette ignota e- co’l nwtato ciglio. Come per CH R ISTO conosciuto fui? , - Hor de gli Arnefivfati fi ricopra , ,u > E per CHRISTO la Vefte altrui lo feopra,

Piace il parere à tutti, e in vn badeno Eflecjuifce il pénfier la Turba Folle ;

Altri le braccia pie, foogliandò il feno s Al tergo volgere poicia in alto eftòlle: Altri fti gran Corona, onde è ripieno \ Di viuo fangue il Capo, e il Volto molle,^. Con furia tal, con taro fdegno toglie, (glie, Ch’accrefce piaghe à piaghe, e doglie à do- si

Milerabile villa altrui porgea *

Il corpo nudo, cosi ofiefo, e guado,

Ch|à tutti gli occhi fiato efler parea A fameliche fiere offerto palio.

D’vna mafia di fangue il len renea Sembianza, e fembrataleil Ventre cafto^ Sono le Gambe, e fon le Braccia tutte Offa nudate homai. Membra diffrutte

Porge vn Soldato la trottata Vefte,

Cui l’altro langue homai vermiglia face, Poiconinfulco militarne vefte Intorno il Prigionter, che langue, e tace. Cosi di nouo ne le carni pefte Fafii l’acerbo duol fpafmo vorace ,

E da l’aura, e dal moto le ferite Liuide lono, e tutte intumidite

*

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iiù PIANTO i o

Il pungente Diademi vn’alcro prende, '

£ con armata mai la Frontecinge ,

E di punre mortati il Capo offende . Mentre, perche non cada, oltre lofpinge. Giù per lo Attorto Vifo il (angue i'cende , E pur di nóuò horribilmente il tinge , Quegli tacito il Capo in fe riftretto - vCoh profonda humiltà declina al petto,

Epazience, c ferrea aprirla Voce,

/ ' j

>

Confort) pófcia qui venn’io veloce.

Che la.YÌllafòffrirqUanto eipìtìfce Più non i poteua, anzi lentia già il core * Per la pietà mancarmi, e per rhótrore, *

Dettano i detti i doglia, e merauiglia De i circo alianti i torbidi penfieri.

Pur molti fono ancor, cui non s’appiglia Il foco di pietà ne i petti fieri ;

Ma che partì G I S S V* con liete ciglia Attenderti lolo. e rigidi, e feuer i Qual ghiaccio alpino, ò come felce dura. Piu, e più Tempre il petto lor s’indura,

, . ; . i x

Ma per la Madre addolorata quelli Auifi fur tante ferite amare,

Che fanno à l’hor, ch’à piouere s’apprefli, Di l'angue in vece, d’acqua amara vn Mare; Giàfomminirtra il cor gli accenti metti A l’egra lingua, e già la voce pare D'acque cadenti, ó dilóquace rio Rotto fra ì* yiuiiaffi vh inorai ori o.

Dicea

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NON 0i - tir

,jt Bice* l’affi i tra . O duol, che Tempre giungi

2j Jncempeitiuo à tormentarmi l’Alma ,

Jk Deh, perche mortaltne nte.(ahiìnon la pug^ loia Si c’homai lafci la corporea Salma?

Veggio, veggio ben’io l’hora pon lungi, j Che darà al Mar del pianto mio la calma*

;ny L’hora, che forfè il punto attefo fi a,

On de fine al morir fa morte dia.

Se pure ancor terrà tanca portanza

g,;. Il corpofral, ch’ai graue duo! refifta,

' E non fugga lo fpirco, c’hor l’auanza,

Prima che giunga à me l’amara villa *

La viltà ertrema, ed vnica fperanza ,

l C’homai deggia finir la vita trilla,

' u Che ben’io, che da l’altrui languire

Miféra forfè apprenderà il morire . x ]| 1 <

Ed ò foauii duri miei tormenti.

Se dalfommo Poter mi è dato in forte

Chiudere al mio GIES V gli occhi languéu,

r E le guance baciar gelate, e fmorre.

Se fi ue hauran le lagrime, e i lamenti,

1 Anzi la vira mia con lafuamorte

(Benché tanto fperar, latta, non lice )

Ne le miferie ancor farò felice.

Pure il volar diuiu per me fi faccia, (voglio, " Di quanto ei vuole, io più non chicggio,ò Vi ua> e veggiaà la Croce aprirle braccia ' II gran Figlio di Dio , ch’io non mi doglio. Del mio incenfomartir pur fi compiaccia LaG milizia del Ciel, ch’io lieta accoglio Qual polla dare altrui maggiore affanno Arrabbiato difio d’empio Tiranno .

Ma

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m:\ PIANTO

>!a qual feroce angoscia il petto affale*

E qual nouo tormento al cor li laringe? Chi m’agita nel fen lo fpirto frale.

Chi di freddo pallor tucta mi tinge ? Ocome faflìinafpetrando il male <jrauecosi, ch*al dipartirli attringe L’Alma, che per natura cerca folo Sempre fuggire ogni apprettato duolo «

Così MARIA piangeua, e l’afpre Tome

. Rendca mea graui à fe de’fuoi dolori. Edera il pianto ne le gote come Son i liguftri ìrugìadofi humori . Spetto con vnoo ime l’amato Nome L’interna paflìone efprimea fuori,

E feano al Volto pio,riuolto al Cielo,

Le preziofe lagrime vn bel velo.

t o

Mentre la Dea con le dolenti ftille Difacerbando il duolo il Vifo bagna.

La Peccatrice a l’hor co i mille, e mille Singultì, e pianti à lei li compagna.

> Alnnnon è, che in duol non fi dittille. Occhio non è, che per pietà non piagna , Voce nòn è, che con parole mette La crudeltà narrata non detette .

Ma già da l’alta Reggia, oue rifiede il Prencips Romano , intorno cinto D’arme, e d’armati il R.edentor fi vede Vfcir, di ferreilacciilfeno auuinto. Menrr'egìiì per ia Scala il facro Piede Scende, retta di lingue il marmo tinto , Lingue tal. che fino a l’Età nottra De le lue gocce i legni altrui dimottra,*

J Oc

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NONO, iU

Ornanti più de gli Oitri, e più de i tuoi Obelischi fuperbi, eterna Roma >

Più de gli Anfiteatri, c de gli Heroi,

Onde immortale il nome tuo li noma;

Più de le Statue, in cui mofirar tu puoi.

Che da te l’immenla Terra doma;

Più de gli Archile de l’ Acque, e più de 1* Ar- De lagran Scala i prezioli Marmi . (mi

Vfcito del Palagio, eccolontano Non molti palli apprefentarfi armato Per infame viltà Stuolo inhumano ,

De la Sentenza efiecutor mandato.

Quello con Legno infàuito,hora fourano, Pa l'Inferno temuto, ed adorato Da la Terra, e dal Ciel, di graue incarco Feo del gran Prigioniero il braccio carco.

O del Genere human forza, ed aira.

Salute fol del giàperduto Mondo;

O Morte de la Morte, ò vera Vita,

O fpentepia del Peccatore immondo t O Croce, ò Letto, ò Campo, otte finita l'afpr2 guerra, ch'ai Tartareo fondo Tolfe la Schiera di iperanza adorna ,

Ed al Domo Infornai fiaccò le corna

x r

folli già de icondani ad Rei Martirio vile, ed ignominia pieno.

De i Diademi Reaji hor fregio fei.

Ed ornamento de i gran Duci al feno. < Le Piramidi, gli Archi, e i MauloJei Bali tue fono, oue dimoftri à pieno,

Ch’a i Fedeli lule’celtfte dono.

Per cui vinti gliinjàdi, e gli empi fono,

Al

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I

ii4 PTaNY'O

1 I)

AJ fine, 0'tù, che dentro il core imprimi Forza, e vigor contrail Nemico nofira, E con la forma tua fcacci, ed opprimi Ogni Lama, ogni Fera, ed ogni Mofiro. Tu, che fra i Cnori . Angelici, e lublimi. Qual Sol rifplendi nel ceiefie Chiofìro ; Tu, che à gli afflitti leMolce rifioro ,

Riuerente t’inchino. huniil t’adoro, l. 7.

Di qual’arbore fotte il lacro Legno,

Che riueritod la falute gioua.

Che foftenere il del Ciel fiì degno ,♦ Dubbia, e contraria opinion fi troua.

. Se tanto lice adinfecondo ingegno. Portarne vna, ed vn’altra hor farò proua Ne la mente diuot3,e nelpenfiero.

Però lafciando il primo loco al vero .

E fama pia, ch’à l’hor, che il freno tenne DTlraeltutto Salomon prudente ,

Che per vdirlo folo à lui fe’n venne Saba, cherefife già V Aulirò cocente : L*vdio, merauigliofli, e ben fofienne Lapropa il grido Iparfo in ogni Gente Del fuo diuo faper, di cui frà noi Maggior prima non fu, ne farà poi.

Fra I’altre merauiglie, onde ftìblime Sberle Gierufalemfino à le Stelle,

Aurata Cafa hauea le glorie prime,

V nica di bel frà le più belle .

Qui di tutti i colorì il Marmo efprime Laforza, equicon lucide fiammelle Splende il Berillo, e par Diamante falde, Epompolò verdeggia il bel Smeraldo.

* v. Quiiu

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/NONO. ' «S ì

Quiui indurire Pittor di cento, e cerna ' Camare, e Sale ornò l’altere intra D’herbe varie, e di piante, e le lo intento Con l’arte àfuperar fu la Natura. *

Tutte in moto le miri, -ed odi al verno Romoreggiar le frondi,e la verdura;

Stendila delira à corre vn frutto, e vedi l’inganno chiaro, ed àia man non credi.

Zeufi ccsìl’Vue mature linfe,

A cui più ingordi ogn’hor gli Augelli E Paralìo fagace ancor dipinfe (Troppo limile al ver) ferico Panno,

Onde Zeufi delule, e cosi vinle L’hon orata tenion lodato inganno;

N on le Piere ingannar, ma tanto, ò quanto. l’Artefice ne l’Arte è doppio vanto .

* i

Trecenro p affi in lungo fi diffonde , * .

Il gran Palagio, e con trecento face la lua larghezza, e più di cento a/cende ,

E con tre Porte aperto fempre giace :

Da* balconi dorati il lume ei prende,

E per diuina architettura piace Via più,cheperleGemme,eche porgli Ori, Onde rilpjende il muro,e i fuoilauori.

Che di Grottefche varie, e di Rilieui Baffi, e di Statue in ordire partite Pieno il prolpetto è si, che riceui In vna villa lol ville infinite..

Sono i legni Cedro adorni, e greui Del verde honor di pampinofa Vite,

D’oro è la Vite, e pur di vera ha faccia,

E quali vn’QJmo lìa, la tram. abbraccia.

Soura

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zi 6 PIANTO

* 4 *

Soura la traile po fa aurato il Tetto,*

Che Io sforzo difeopre altrui de Patte,

Che quafi vn’altro Ciel mottra ogn’afpetto Di Gioue amico, e de P infàuito Marte . Qiiiui di Cinthia il corfo, e’ifuo difetto. Quando il Mondo tal’hor Padóbra iri parte. Si vede, e’1 Sole ancor coti moto alterno Hor PEflate condurre, ed bora il Verno.

Ne le Porte di. bronzo, ch’a l’entrata Chiù deano il varco, era lcolpito al viuo Il fuperbo Goliafràl’Hotte armata Spauentar minacciófo il Popol diuo . Quinci poifi vedea, doue attendata»

Era la Gente Hebrea, d’animo priuo Dettinarpremi il con faggio auifo APvcciiordelfiero Incirconcifo.

.. a 6 ;

E quindi fi feorgeua, ardito, e forte >

Venuto il figìiod’Ifai minore.

Ch’armato coritra i rifehide la Molte ,

Di fede hauea, più che di ferro , il core , * Fargetierofo con parole accorte la magnanima offerta al fuo Signore,

5 Al Saul, che del Garzon feroce IPvaloroi'ocòr vide a la voce.

.. . a -i ? ,

Mìrafialtrpuepofciail Rècortefe Coii l’arme proprie armare il Paftorello,

E l’elmo aurato porre à le difefe Del capo contraìl Filitteo Coltello ;

Mi polche impedimento ilgraue Arnefe, E notiviparo fora al gran duellò,

Ecóò Dauid Parme fpogliarfi, e inerme Al contrailo apprettar lem e rubra ferme.

Ve-

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NON O. 417

A 8 . ?

>() Vedilo Télo, e con la Fromba in mano A viftter'Órfi, ed altre Fiere auue zia ,

Con cmcue pietre tolte entro il Giordano, ^ Irne oue retupio il Mondo,e*l Qi’el dilprez-

, Ecco il Saffo vibrar, ch*d l’i nhumano {za fi* ' Con ferita mortai la fronte fpezza, ii Onde ei vincente à troncar già s’apprefti Al caduto Fell on l’horribil Telia.

" * o . . , >

Dentro le Porte fpaziola Loggia, jj Che* d* Agata coitili tta intorno luce,

A Scafa agiata che Tubi ime poggia ,

Perla ÌlioI di Diaipro. e Icorta, e duce. Qiiiuijchermo del Sole, e de la pioggia , ,

Vna, edvn’dltraal bel Giardini conduce. Sotto cui Jorio di beliczzaegiule Carnate fontuofe. e ricche Sale.

Ma nei V3go Giardin t eda in vii punto 1 Da) inlolito pi,: cer la^rrltaprela , Ch’iurnìiri per arre in vn congiunto. Quanto in rerra può fare industria, e fpefa. Sembrar i l’Orto il Paradifo à punto ,

Oue al Genere human la graue otfefa Fece f*A ngue infernal , cotanto è pieno

Di bellezze- e llupori il loco ameno.

4 K

ili d'h erbe Allibri, e di fior vaghi, di maturi frutti il bello appare , qi/jnto l’occhio, e’I difiderio appaghi, irò goffrè à la mano, e (ingoiare, rf f>o felli ameni e qui llagnauti laghi, i vaghe fonti, ed acque frefche, e chiare i in Va! modo, che qui (limi tutte’ agrezze del Cid ftarfiridtutc s*

K ; ^ Hoc

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Ut PIANTO

Horcosi noua, ed ammirabil Stanza,

Che del bello cdelte, e quali imago.

Il Rè, che di lapere ogni altro auanza,

.E' di moftrar, qual merauiglia, vago s Quiui Saba menò, la cui portanza Il Nil(ch’à gli occhi fembra immenfo lago) Inchina riuerente, e dal fuo nome Vuol, che Reggia Citrade ancor fi nome.

Co’l tempo poi queita Cambi appella (Cambile, detti feruala Perfia giace)

Per memoria mmortal de la Sorella Meroe, che il gran Fiume Ifola face.

Non si tolto mirò coltei la bella.

B fuperba Magion, che già non tace Quel, che prelago il cor ditta à la lingua, Perch’al prudente chiaro il diltingua.

Parmi vq Legno veder (difs’ella) in quelle Piante, ò Signor, che cosi eccélfe hot miro, Soura cui fia, che di Sion s'apprefte Con caduta mortai I’afpro martiro;

Perche d’vn’Huomle piaghe Dite inferte, E’1 fangue fparfo, e l’ vi timo iofpiro A la Giudea farà con doglie eltreme La libertà Ieuare,é’I Regno infieme.

A Salomon, ciò detto Saba, giunge Occulto vn foco, e tutto infiamma il petto, Pofcia in vn punto ifteflo il cor glipunge Con gelofo penfierfreddo lofpetto Ma perche il faggio preuede lunge. Subito volge il riuerito afpetto,.

E impone incanto à la fua Guardia fida ,

C he il formi ììab il Legno fi recida .

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NONO.' >1?

B in altra parte, oueaia mai non porta Altrui inoltrar di le foglia, fronda ,

Nd leno oleuro entro cauata folla De la gran Madre vuol, che fi nafeoncàJ Porre ioura vorrebbe Olimpo, ed Olla *A la buca terribile, e profonda >

Perche del cafo atroce nel futuro Più lempre fuiTeog ialtro Re ficuro

Pur meglio, come à icaitro ingegno lece*

Di bittume tenace, e pietra dura la Voraggine empiendo, adeguar fece Col iommo del cerren la tornea ole ara . Col ferreo dente qui l'età disfece Vari edifizi, e ben fondate mura, .

Fin ch’altri, quali ad onta de l’oblio .

Còme in gran vafo acque infinite vino .

Vn Lago forma, che nei fen.rinchiufo

D’eletti Pefci tien numero grande ,

Che de le menié laute hanno per vlo Fra gli Augelli piùrariefferviuande. Quiui, poiché il Giudeo vinto, e confuto Da quel Dio, chepiecofo il fangue Ipande, Condannollo innocente, il Legno tuora . Per jitupor vuomitò l’acqua a 1 hora.

Poi de l’Arbore influito, ch’a la rabbia De l’oltinato Hebreo moiìrò la Sorte,

la Croce colìrutta, onde allìn haobia L'Eterno, ed Immortaleobbrobrio, e mor- Con occhi torui, e con enfiate labbia (te. Porto Ila carco vn’Huom robultó, e force. Indi (pelo morrai) da mano armata Soura 1- inaile al Redentor data . -

K x Ma

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*i* PIANTO '• V o

Ma d’altriancora, cui lo fchernofero Di rimirar con l’alma fu conceflo^

Che lo He l’alca Croce è pio penfiero Fatta di Cedro, e Pino, e di CiprefTo;

E che il T itolo poi, ch’à pieno il vero Al Gentile, à l’Hebreo lcoperfe efpreflb. Stima efler flato, in manifeffo icorno,

A tabella di buffo auoito intorno .

E de’ migl iori fra la Turba pia ,

Con ben falda ragion dinoto ingegno. D’anno fa Quercia il Tronco vuol, che fra, C’hor difalute èriuerico fegno.

Ch’oltre, che di Giudea per ogni via Sorge merauigliofo il nobil Legno,

Del’al te Qifèrce al piè del tronco duro Alti milleri celebrati furo.

Sotto vna Quercia il Patriarca chiaro.

Che cosi à Dio mollrofli vbidienre.

Che chietino in holocaullo il Figlio caro, . V irrima pofe fourail Rogo ardente: Stabilii! Patto à l’empio Auerno amaro, *In cui Padre il fe Dio di molta gente. Giurando, che dal ième fuo fecondo Nalceria in tempo il Redenror del Mondo. ' J j * , ;

Sotto vna Quercia il gran Giacobbe afcofe (Giacobbe, eh’ Tfrael fu poi nomato)

Gli Idoli aurati, e leco infìeme pofe

*' Ogni fregio fouran di Gemme ornato,

A l’hor che il vero , e viuo Dio gli impofe, Ch’in Betel fuffe al fuo gran nome alzato ^ Altare, in teflimon, che gli fu guida, l’er fuggire il Fratello, amica, e fida.

Sotto

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v NONO. 1JI

Sotto vna Quercia il buon Guerrier,che toife

A Canonia Terra altrui conceda, Ch’alras’ergeffe vnagran Pietra volle.

In fegno de la Fede à Dio prometta ,

A I’hor. che inbreui detti infiems accollo L’alta bontade, in mille legni elpretta , Quando efforcò l’Hebreo con puro zelo A feruir fe mpre il Creator ^el Cielo.

Ma de la Tua grandezza il ver s’apprende Da i più diuoti, ed approuati Autori; Quindici palmi la Tua lunghezza eftende Il Legno, che migliore èira i migliori;

Otto è il trauerlo poi, ch’aire lolpende

Le braccia aperte à gli ottinati cori ;

Graue alfin tutto è sì, che ad Huomo anco» Robùtto Toma inlopportabil fora. ra

f 6

Hor disi grande, e dolorofo incarco, u

Con villane parole, e rabbia fera,

L'homero eftangue al Saluator carco. Perche four’etto poi trafitto pera .

Apre da la vii Plebe il chiufo varco

Ìmperiofo, e con fembianza altera luom ch’à forte Deftner premendo il d or-

L’eccita à i /alti, e’1 rifofpinge alcorfo. (fo j 7

Sgombra la Turba il vano, eli ritira,

Che del brauo Corfier reme, e pauenta. Quando lungi MARCA conoice, ernira 11 Figlio, in cui la vitta Tempre intenta. Vede la Croce ancora, e ne fofpira,

E tutta fi conturba, e fi fgomenta.

Che del fupplizio atroce ogni dolore , . Co’J pen fiero già già le patta il core,

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Z 11

P I A N T Ó

f g

Pòi lagrimando, e con cremante voce.

Gli occhi volgendo al fuo gran Figlio ,difle. Veggio, ò Diletto mio, veggio la Croce, Ch’alma lai u re al Mondo il Ciel preferire; Doue morendo con tormento atroce Io dal coltello (oime) che mi trafitte Già con la mente in mezo il cor ferita. Finirò co’l dolor la fianca vita.

J 4

Gechi, che fiumi già verfaftefoora.

Quali l’Anima, e*l cor, cangiati in pianto. Di quefto tetro di mirate ancora l’Iiifaufta luce, à me noiofa tanto ?

Quel Legno,oime,quel Legnofe no m’acco L’afpro dolore?) oue de’Santi al Santo (ra Pianole Membra appefe, e lacerate,

' Senza pur lagrimar, voirimirate?

Ahi non fi vede il pianto, ahi, che rittrett#

Da l'interno dolor, veloce fogge Per via più breue ad inondarmi il petto,

B con forza maggior l’Anima adugge . Troppo, e pur troppo il filiale affetto.

Qual cera al foco, mi confuma, e firugge , Ma ftà tanti martir d’aiuto priua U maggior de’miei mali è l’efler viua . x o i*

Non credo già, ch’à tanti guai rettila ,

Fin che giunga G I E S V, l’Anima fianca, men forfè potrà la debil vifta - Mirarla Faccia fanguinofa, e bianca .

Tanto forte èli dolor, chemi contrifta, Ch’à poco, à poco hormai lo fpirto mancai . Già mi (ento mancare , e già mi fembra X.*horror di morte irrigidir le membra.

Cosi

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KOKO. L «1

o v ' .

Còsi dicendo, à Solomè ne! grembo ^

Cader li lafcia immòta, e viua à pena, t)a l’humil ciglio de la velie al lembo Tutta d'amaro pianto afperia, e p iena

Ma da'begii occhi di dolore vn nembo Verfa la Peccatrice Maddalena ,

E verfo il ino G I E $ V’ (faggia Baccante) Piena d'alto furoir vojge le piante

Metta, e turbata ne le luci il foco.

Per troppo lagrimar vermiglie fatte ,

Sciolto l’aurato crini non troua loco,

Hor vela al vento, hor velo al fen di latte 5 S’ode il parlare in fuon confalo, e rocot E l’vna eburnea man con l'altra batte. Mentre camina con fouerchio ardire,

Oue rimira il Prigionier venire.

Corre precipitofa, e non ritiene Il riioluto piè vergogna, ò tema >

E douc è C H R I S T O l’alca Croce nette Giugne anelante, e con fatica eitrema. Conofce à l’hor da le gonfiate vene,

- Quanto il pondo mortai l'affligga,e prema, E vede ancor, che vacillante, e latto Mone lotto il gran carco à pena il paiio.

Volea gridare; In aual nriferiaatrpce,

C mio Signore, o mio gran ti miro?

Ma fra le grida de Io Stuol feroce Quetle voci confufe non s'vdiro.

Intanto C H R I S T O fotto l'alma Croce Se ne va humile à Pvltimo martiro,

E Maddalena poi confufa,emefta Soipinta. e iketta fra la calca reità.

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' i»4.' PIANTO

» * . .r f . i

Brama fegu ire il Capitano altero,

( E l’altra Gente folpirofa, e piange.

Perche s’arella il piè, l'occhio , c'ì penderò , Face la v ia, cui l’empia Falange;

Pur meglio, come può, s’apre il fentiero. Tanto s'aggira Irà la T urba, e s’ange , Emoue,enendo il Prigionier trafeorto. Benché languida lia- le piante al corto.

Giunge ella in tempo, e mira il benigno* Quando ài* vfeir de la gran Piazzacade, Che la Croce di legno è di macigno Soura l*offeia,e llanca Hamanitade j E vede ancora il Barbaro ferrigno Picn d’inapdiu, e noua crude! cade*

Col ferreo laccio, che la Gola afferra, , Leuarl© a forza, oue giaceua in terra

* -r '

Nel dirizzarli po; fcorge,che giunge La Croce à la Corona, e ia percote In guila fai, che il Capo à dentro punge,- fc’l petto inarca, e’1 debil fianco fcuote. . Cosi l’afpro Diadema apre, e difgiunge X’offa, e le vene h ornai di langue vuote , f: E la fronte dimetta, e’1 metto ciglio Con nouo langue vela, e fa vermiglio, , ^

A l’atroce fpettacolo rimane +

La metta Peccatrice immota, e muta.

Che le detta nel cor la rabbia immane ,

Ne l’infocato cor, pena do.uuta :

.. Vorriaparlar, ma Ionie forze vane.

Che il feroce do lor la voce attuta;

Cosi, poiché dal fen non può ritrarla ,

Con le lagrime iol tacita parla.

•• ' 'Mi*

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K fri

N O'N O. tif '

*i o

Ma già co^ Legno il Redenror s’inuja.

Che l’empia Turba à gire oltre l’allringe,

Hor doue il Ialìo piè tocca la via Tutta del langue pio la legnaie tinge.- Con vrli, e grida la Malfìada ria Prima il deride, indi lo Icote, e fpinge,

E de le membra lacerare, e rolìe Al graue duolo aggiugne le percoflfe.

7 l

Qual Pecorella humil, che inferma fegua De l'inuiata Greggia i Pani palli.

Poiché de l’alcre il corio non adegua ,

A l’ira del Paltor berzaglio falli.

Tal l'Agnello diuiu nonhà mai tregua,

E pur moue à pietà le piante, e i falli.

Con la rabbia crudel, co’l furor folle ,

Che de i Miriillri Hebrei nel fangue bolle,

. ' 7 * '

Frena vn baio Dellrier, che in fronte porta . Candida Stella, e di tre piè balzano.

Di lucide arme armato, à gli altri fcorta, - Huom noto forfè per valore infano :

La Spada al fianco tien breue, e ritorta,

E di ferrata Mazza arma la mano; . '

Hor fepompofo, ed ammirato piace , L’vffizio poi fra gji altri infame il face.

Segue ia Turba, e come vuol Fortuna Altri à Cauallo, altri pedon li mira ,

Chi tutto è armato., echi fenz'arme alcuna ^Vn Dardo auuenta , ò intorta Pròba aggira» Jn ordine non ftrigne, e nonTaduoa * .-Coilor la Tromba, che brauura ifpira, Beach’vno fia fra lor, che con vn Corna Ad additarla Gerite ipuiti intorjno. ,

•i K j Sour^

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n6 PIANTO

Soura ignoro Ronzin noto ei fi rende

Per gli occhi lofchi,e per la chioma incolta, Ha grolfo il labbro, e dal gran méta fecnde Soura Pirfuto fen la barba tolta.

E mezo ignudo, e pur non mafPoffende Lapi°ggia*ò ilSole$hor mètre in lui riu olca Vede attenta relfar la Turba infida ,

Dopo fonato il Corno, audace grida.

Quelli è quel Galileo, che l'empia voce,

A folleuar la Palellinafciolfe,

Che condannato fra due Ladri in Croce, Poiché i Tribuci al grande Impero tolfe, Pofcia che ciò,-che via più à Paline noce, Co’i detti Tuoi ne Palme imprimer volle. Che per ferbar l’antica Legge noltra ,

Mifero eifempio à 1 a Città li moilra,

Vien catenato, e con la taccia fmorta Piena di fangue, e tutto fangue il petto Quegli, che al Mondo la falute porta.

Del gran Padre del Ciel Figlio diletto. Languida à pena trae la vita morta.

Di cadauero ha più > che d'Huomo afpetto. Spira, e Ipirando, ahi, ch’elTalare il miri

1 fiati eftretni, e gPvlcimi fofpiri.

1 i '*

Non giunfe pria, doue la Dea languente Ancor giacea nel grembo à la Sorella,

Ch* vna voce di rabbia alza repente Centra la Madre humil la Turba fèlla . Ecco M ARIA G I E SV falfo, enocen tp, Che di Dio Figlio, e noltro s’appella, Condurli, oue con duol douuto,erio

De le menzogne fu? pagherà il fio.

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nono, tir

7 V .

A queffe indegne grida, al fuon tremendo DelCorno infame, in feriuenne à l’hora.

come P I «fermo iuol da tonno borrendo. La Dea, cui nel Cielo il Cielo adora . Non vide pria, le meite luci aprendo,. L’oggestOj ch’ogni cor dinoto accora, - Che di nouo vn iudorfreddo l’inuoia Amaramente ifenfi, e la parola*

Dr nouo fuienei e la ieroce ambafcia Con morii acerbi, c cori punture acute. Qual cùno,ò pur qual Serpe il fen le falcia* Lpriuailcord’ogni virai virture:.

Ma làpietate, ò purl’amor non lafcia Guari la Madre pia, che non ha iute.

Che la rinfranca, e la chepafiì il male.

Come da l’Arco iuol fcoccaco Strale

& °' *

Cede il dolore à la pietade, e riede A gli occhi il jume,e dentro il cor la vita*. Ma Come il Figlio cosi ofFefo vede* Attonita rimane, e sbigottita .

Dal vifO informe al vacillante piede.

Parie fòl o mirare vna fér ita,

V na malfa di fanguè, perch’al volto Il fanguc à punto ogmfembiante tolto.

d . .

Fifa aHrrt gliocchi,ouefrà‘I fr jgtte miftó . - Bagnato dkllh dorè il labbro* forge, 5

li J3 i .

E de

Incosf$a$gtìMti! Figliò .ftViffò/.f •* < Da Palma, Madre d l’hor^clié' i Itigli p fc orge. Tiitta dolor Piff efla -Madre afflitta 1 Pai Ino propriOdrianireefTèr trafitta.

* ' K 6 Pc

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,i8 PIANTO

3 i

Dei mefti guardi à Rincontrarli infieme , Reità ad ambo nel Tea l’Alma tremante,

E l’acerbo dolor, che cialcun preme Ben inoltra fuori il languido letnbiante ;

' Ma già la Turba difpietara freme ,

E per forza G I E S V* ioTpigne auante;

Hi mirando MARIA, gli ho meri itringe, Mentre ella dipallor la faccia tinge.

8 1

Va (Tene C H R I S T O, e ver la Porta antica Per la diritta via la Gente il guidai Moue il piè simula porca àgran fatica La Croce, ch’è di lui quali homicida.

Dice in pattando à l’hor voce nemica.

Che il Galileo,che il Seduttot s’vccida , Mentre altri più crudele il fam*o immondo

- Nel Vifo auuenta al Creator dei Mondo.

8 '

Troppo vede MARIA, pur troppo afeoka L indegne voci, e i popolari intuiti.

Ma dietro il fuo Difetto intenta volta Ne le lagrime pie gli occhi fepulti;

Quando la ìcote al fin la forza accolta Intorno al fen de i Tuoi martiri occulti ,

E fiche fra le pene al Mondo fole Tali formi nel duo! melte parole

g (

Che fp e tracolo (oi me) s’ofterfe à quelle. Fiumi di duòlj i^iferelpcimie? \

Che lembi anze v id’io lugubri, e mede »

In quello per niq fempre infamilo die?

O del mio afflilo firn Parto celctle, ch’i o vetro, pe r querelile ITe vie,

e C he premi co’ì p'i, perche m'apportc il mo morirla difiau mone. *

.il ù'à Olia*

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nono. 8 6

o u a

Qual crudeltà, qual terna già mai ,

Oituo dolce vi l £ S V*, cosi t’offele ?]

Chi di fangùe Vfelò gl i ardenti rai Di quelle luci, di piecade acceie ?

Con qual Diadema coronato vai,

; Deluio Rege à ie mortali imprele, .

Oue tra i Chiodi, il Regno, e frà le Spine Nel Tuo principio haurà l*v ltimo fine

Voce crudel, che di beitemmiè infami

E’impeccabil Gl&SV itola riprendi»

E la tua ciecarabbia in lui disfami ,

E l’ira più nel diuo faugue accendi.

Mifera, Dio tuo Creatore inforni,

Vouera, Dio tuo Redentore offendi $

Deh cella dagli oltraggiati rammenta , , Che contra gli empi il Ciel la morte auuet*

Perfida man, che di bruttureindegne ;

Macchi la Faccia,in cui fpecchianfi in CielO De gli alati òuerrier le Squadre degne » . Piene tutte d’ardor, colme di zelo*

Di furiofi ardir Ijpieehi finfegne De l'alma Humanita nel puro velo,

E fai, ch’ai Mondo più rifplenda fuore .. la pazienza fua nel tuo furore.

Ma perche foargo quelle voci al vento ^

Mentre alla morte il mio Signor s muia? Così dunque accompagno il liro torméto?

. Inutile pietade è quella mia, ,

Ecco mouo à ieguirti il pie non lento. Dolce G l E S V, per quella illefla via.

Che il fongue pio de la tua vita degna

A quelle luaifortunatc wfegna ,

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**©

V I A N T Ò

4 O

J da gli occhi pi< _

Vn mar cii pianto foura vn mar di fangue . Dice Gioannià l’hora. E come? e doue V i porta, ò Dona, ò Dea 1* Alma,che làgue? Co*I voliro gire ah non s’ accresca à vui Noiio tormehcò,dd altra pena à lui.

Vado, ò mio caro* a rimira* lo fcempio ( Rifpofe a l'hòr M A k (A) cui far decina L’oltinatò Giudeo- con fteraetfempiQ Di quella H umanità facra, e diuinas Poi come ftriò fia Hugiufio, ecl empio Con la morte del Figlio, homai vicina, VUÒ lei mio fen chiudergli i lumi, e intanto ^I/eftreme esequie poi fargli cq’I pianto .

Ma ^affetto, 6 pietà t*?nuoIa cl*ardir di fegurta(rmi,hot qui Carrella,

Che tanto animo ho beh , ch'io girò fola , Doue la morte al mio GlESV s’appréiia. Quegli replicar vuol, ma la parola Elprimfere nonj^Uola lingua mefia*

E fri pianti, e ftngulti fi confonde la voce si, che geme, e non rifpontfe..

Confronte biffa, è Cóu la feccia prhtà

Che gliocchi f c tfì,e l'auree Chiome Ipar- Come accinta al partir mirò .Diua, i ffc»* Bene il dileguo fu 6 comprènde inpàrìc^

Tal che per dogl ia il cor fe lo rifin nge, - Mentre al duro viaggiò ella ^accinge « il fine del Pùnto Nono .

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pianto decimo.

jl ^ g o m £ n r o.

COn le Carni del Figlio vn empio il fieno De la Madre percuote, ella fi lagna ;

E Maddalena di quel Sangue à pieno * Adorna il crin > che poi co' l pianto bagna . MjIB^ tjt fiotto la Croce venir meno Vede GIESr'i poi far fi à lui compagna Chiede. Da Berenice ilf acro Volto

Tonato in \oma, è da Clemente accolto ,

\ . _

A Vergine à feguire il Figlio in~ tanto *

Moue fra le Marie l’afflitto pie-» de_-»s

Copre la faccia humil lugubre^? Ammanto,

In cui riftretta, non veduta vede .

Bagna il pudico fen d’amaro pianto,

E con fommefla voce aita chiede Al Padre Eterno, che le giuite doghe ,

Oli occhi volgendo à lei; pietolo accoglie»

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ijv PIANTO

x

lyà la Turba ondeggiantevrcatapafla > .

H villane parole ode fouence,

- - Ch'altri le dica a i’hor. Va me pur Iaflfa A piagnerinorto il Figlio cuo nocence. lìti altri. Con ragion liceità bada Tieni MARIA, per noti velar la Gente; Che Madre, come cù, d’iadagna Prole , Indegna è ben di rimirare il Sole.

Chinala faccia fmorta, e*l duol vorace,

* Che le apporta IVdire, al fen riitringe;

' Beco lei chiede vn Giouane, ch’aadace

DUdegnoil volto baldanzoi'o tinge, Chestrenacodi lingua, fi compiace,

* Che Tempre vada, oue il furor la Ipinge, Che non conofee ancor nel primo corio Sprone d’honore, ò di vergogna morfo .

Coftui porge à M A R l A la delira tutta v Di fangue lorda, e fi le dice à l’hora.

Quella è del Figlio tuo carne diitrutta, Ch’in terra io colli, e la man tinge ancora. Prendila homai, banche di polue brutta . Non rilpondeMARlA;cheil duol {'accora, v Quando il Peli on, ch’ogni pietate f'péta, Nvlfeno a lei la Carn i puraauuenca*

"r.% . s - .

Perifce i! colpo, ouei! vergineo petto,

* Qoafi ba<e genti 1> fallì à fa gola,

VÌVi npt ime la carne, ed ricetto Fra le poppe marerney e fra fa dolali 1

T emò la Donna, efi cangiòxi'afpecto. Mentre vn fiibitohorroreildì le muoia. Pur con la man prende jp carni al fine ,

^’ RelKjai^inilVàbili,® diarie*- . J

C Ma

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D^jCIM Q. %n .

1 6

Ma come vede pria del viuò Un^ f . f De le v licere lue parto, e fattura ,

Tinta la man, cosi rimane eflanguCf Così ltrignefi al cor la pena dura ,

Che lenza fiato irrigidita langue.

Che lenza moto par ilatua, ò figura, Diquelle,che oe’Tempi al del Cielo Erge diuoto affetto, e puro zelo. 4 >

Del caro Fklio mira (ahi villa fella) SpettacÒlo inhumano a gli occhi rane Quella diuinàHumanitade, quella.

Per cui tante haue già lagrime fparle ; Filalo (guardo in elTa, e non fauella,

E pur lente nel cor l’Alma frapparle . Da l’oggetto cr udel, che far potna

Clemente vp Drago,ed vna Tigre pia.,

8 '

Miranlo intente, e tutte addolorate Le pie Sorelle, eia pentita Amante,

Che co* 1 pianto lapò (lagrime gr^te)

Le colpe al core, afRedentor le piante. da quelle Dio Carni beate ,f {

Torfeèioanniancorlelucilante . . f

Se non fe ih quanto ad afeiugar tal volta La faccia altroue lagrimofa volta.

'Verfa di pianto amaro vn'ampio mare L’alto Scritcor de I* Èuangglo eterno ;

Se così addolorato è quel ch’appare. Contemplatalo cor, che fia l’interno? ; Non hi rorfe giùpenepiù amare Fra Tuoi tormenti il tormentato Inferno» Bene il dilcopre> e bene il molìra fuore L’Alma co*l pianto» e co* fofpiri il core.^

PIAN T O A 9

Ma più d*ogn’aItlro poi, che fparga, e verfi Con manifeito duo] Pangofce, e i mali Gli occhifon di MARIA dipianto afperfi. Anzi d’humori, à due gran fiumi eguali . Mirando lei tenergli al Ciel conuer/i , ^ Diretti ad hor, ad hor, che l’Alma efiali,

E vdredi poi fra mille pene acroci Quelle intanto formarmifere voci.

O del mio dolce Piglio1, ò di me fteflV Auanzi miféràbìii, e fanelli.

Qual di Tigre crudel crudeltà efprefTa V’otfre cagton di pianto à gli occhi metti ? Da voi tinta di fangue,e prima operetta. Chi ddfòrza al mio cor, che viao ei retti Forfè per maggior duolo il rende, e face la percofla mortai force, e vi dace?

Mano crudel, che con la carne mia I* Anima offendi, in percotendo tt (end,

Pen fatti pur con I a percoffa ria Ingiuriarmi, e m’honoralti à pieno.

Poiché potrò la tanto amaca, e pia.

Epura tfumanitd baciare almeno;

E flutto è ben, che s’hebbe già ricetto > Ne le vifcere mie , l’habbia hor nel petto.

Vogliano almen Falpre mie pene, e diire, Primache tutta iti duolo io mi disfaccia» C'hqggi co*! piànto à quefte Carni pure Del del Ciel l’eftreme eflequie io faccia. O Reliquie adorate, ahidi re pure ,

Séte parte del lena, ò de la faccia ?

A qual membro vi coffe il colpo reo DeTempia mati del’atcecato Hebrco?

^ ' Ma

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•>

DECIMO.

Ma che ricerco più ? iapcr non batta ,

Che parte fon di quella illena vita,

Che nel’Aluo portai Vergine, e catta , Chebbe dal latte mio vitale aita.

Che daffuror Giudeo lacera, e guaita Le fiere, ei fatti à lagrimarne inulta ?

Poiché pur troppo(oime)con chiara proua Ne’fuoi più noti hoggi pietà nontroua*

Care mem orie, homai itate rinchiufe In quello del mio fen pouero panno, Tomba non più degna, ahpur mi ìcule Il tempo, il loco, e l’homiciaa affanno Quello fangue diuin, che diflfufe.

Le lagrime cadenti laueranno.

Al fine haurete in quella afflitta Salma Per Tempio il core, e per Sepolcro 1* Alma»

Cosi dicendo, al petto eburneo tolie Con la tremante man del Velo parte , Dentro di cui, non Tenta pianto inuolfe De l’afflitto GIESV le Carni (parte j - Con profonda humiltade indi rauuolfe Del grembo fuo ne la fegreta parte,

Jui tutta dolor, mentre fi duole.

Con l’affannato cor le inchina, e cole

Rimanea ancor del diuo fangue molle La gola,e*l fen con gloriole ftille,

A rhor che Maddalena il volto cltolle,

A l’hor che la pietà le luci aprilie :

Ma rimirando il fangue, alza, qual folle » Le gride, e par che in duol tutta fi ilille, # E dice à ia gran Donna. Ah non nieghi

Vii d ono ì quello pianto, à quelli prieghì.

Deh

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*36 fi A NT O \ 18

Deh fi conceda à la mia delira corre Quel fangue(oime)che Palma Gola bagna. Che tutto il vuò dentro il mio fen riporre. Che de i pattati errori ancor fi lagna . Cosi dicendo, Iagrimofa corre v è il Licore in viue gocce llagna :

.Ma pria non giugne poi, ch’in terra cade Piena d’iiòrror, di rema, e di pietade.

^ i <j ,

Vn Velo cerca àl'h or, mentre che s’erge.

In cui si gran tefor diuota accoglia,

Ma nudo è’1 sé,:ch’ogn’hor di piato afperge. Nè, trattane la Gonna, haue altra Ipoglia. Prende le chiome, allretta al fine , e terge" Con quelle il callopetto, òpur lo fpoglia Di quellemachie pie, di quei diuini.

Più che legni di fangue, almi Rubini.

falciala Dea del Ciel, ch’intanto appaghi La Peccatrice burnii la voglia accefa, Quando ella già co’crini aurati, e vaghi Conduce al fiala detti nata imprefa ,

Chi vide mai, come Torrente allaghi ,

Per pioggia rea precipitando fcefa.

Potrà fapere à pien di quei begli occhi. Quanto fia il piato ancor,chegiù trabocchi

X f

Co ì Pacque amare, e con lechiome bionde, £ di fangue immortai ricco teforo, la Conuertitaà Phor mefce, e confonde Di perle orientali, e d’ottro, e d’oro . Gemma nQn mai formar più vaga l’onde. Mano non fece mai più bel lauoro Di quello, onde le dille alme, e diuinc Ornang eteree- il preziolo crinet . .

' ; 1 Gli

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DECIMO. »5 y

1 i

Gli occhi al fin volge, e con le luci fifle In quelle lacre Porpore di Dio.

O iangue amato (folpirofa dille ) *

' Virai follegno al fragilviuer mio.

Quel ferro, quella man, ch’empia trafi/Te Il delicato leno, e’1 volto pio.

Se in fierezza non v’hà , che le fia eguale -, DaqualFera,ò in qual’ Alpe hebbe il natale?

Mifera, so ben*io, che il Mondo n offro Ne Parla Libia, ònePfcrcinia olcura Non mai nutrì abomineuol Moltro,

Che di noto animai non è fattura.

Forfè la giù nel fotterraneo Chiolfro, Scorno de 1* A fia, obbrobriq di Natura*

Fu da la rabbia, e dal velen concetto Del fiero Pinco, e de l’infame Aletto

O fofpirato fangue, ah pur fi degni La diuina pietà, ch’io ti cònlerui

Per memoria diuota. eflar non fdegni l Fra i crini già d’ Amor lacci proterui :

Ma la tua villa homai la via m’infegni , Come i fenfi tiranni io faccia ierui De la ragione, acciò che per me inuano Non ti Iparga il signor lommo , e leurano.

i f

Tu petto mio, ch’vn tempo full i albergo -

D’impure voglie, e dipenfieri immondi. Quel fangue, onde me ftefia, e l’Alma tergo (S’clfer mai puote)in mezo il core afeondi.

. E come di pianto hor’io l’ajpergo.

Così purghi ei l’affetto, e’1 uifir mondi* Onde riuàra in lui, mi faccia degna Di fpendere in duo prò la vita indegna.

In- *

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a$8 PIANTO .

Intanto co’! Prigion lo (tuoi feroce *

Vfando forza, à gran fatica viene,

Oue due rette vie fanno vna Croce,

Oue forma di Piazza illoco tiene .

£ chi volgere à delira il piè veloce ,

Potria veder, com’anche.il pregio ottiene Fra l’altre di beltà la Cala grande.

Di chi ville fra gli olì ri, e le viuande .

Quelli era il Ricco, che cedendo al gufìo Delfenfo, à le lafciuie il varco aperfe Il crudele Epulon, che l’occhio iugiuflo A le miferie altrui non mi cpnuerle :

Ma fol per ludo, e per lafciuia ©nullo ,

Di preziofi Vnguenti il crine afperfe,

E fra dolce armonia del ventre infame Con efquifiti modi empia la fame.

Egli di cibi eletti, e cle’miigliQri Vini, mai Tempre hauea carche le Metile,

E con v iuande cifrane, e co n fapori Del gufto fea le fpente voglieaccenfe :

Ma asconditi rari, e de gli odori Per la gran copia eran le Ipefe inimenfe. Oltre ch’ai fenfo furo efche volgari,

. Qpàt’nan di buono i Móci,i Bolchi,e i Mari,

In Sala aurata, che le mura antiche Copria di nobil feta, e di fin’oro ,

Fri Mimi infami, e fraJafciue Amiche A la voracità dauarittorp.

Perle,e Gemme offria pofeia à l’impudiche, Per valor preziofe, e per lauoro,

A quelle empiendo l'auarizia vile Con quanto hauea di bello, e di gentile.

Dopo

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DECIMO. 13*

* 9

Dopo hauer fatollato il ventre graffo.

Di gencrofo humor la celta piena,

Alfuon di Cetre accompagnando il paffo, Fellofì balli, e liete danze ei mena:

Ma perche il capo graue, e’1 ventre laffo Sentefi hauer, perla già fatta Cena,

Con vna impffra, al guilo luo conforme. Fra bianchi lini li ripofa, e dorme

a 1

Ma come pria la fonnacchiofa tetta Soura il guancia!,cercando il Tonno, hi po- Vn famelico Stuolo il dente appretta, (Ita E tutto brama à diuorar s’accoltaj Perche d’interi auanzi vien con tèda,

E d’altri cibi ancor, la Cena efpotta.

Di minute reliquie, e d’ynto lorda A la voracità de i Serui ingorda.

Quiui vn fremito s’ode, ed vp confufo Stridor, cu i fanno in vn la bocca, e i denti CCosi à le Ghiande vili ancor per vfo Corrono rumor gli immondi Armenti) Vedreiti molle il fen, lucido il mufo Altri tener di quelle fcalrre Genti ,

Per lo ghiotto Iicor, che Tempre cola Giù per l’ifpida barba, e per la gola.

Quiui fumofo il vin mai non fi mefee Con l’onda frefea, e puro fi tracanna.

Non s’ettingue la fete, ami più crefce . Quando fpegneria in rutto il cor s’affanna. Tanto fi beue al fin, ch’altri fuor elee Di fe medefmo, e par rremula canna. Quindi principio il Grido,e frà’l tumulto Di fatti, e detti, origine l’Infulto.,

Hor,

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Uo ? I A N. T O

J ^ j

Kor, benché fpente i pieno Hàbbtan !e voglie, . .. Refraoo ancor de le viuàhde molte, * * >

1 Cui proludo penfier già hòn raccòglie,

lal'cìaefpofre almeno altrui non colte: Ma quelle, ch’akri a! bifògnófo toglie >

Da i Cani fon ne i fenì lor fepolre,

<;he pietà non conofce il Serup, mentre

Habbìafazia la bocca, p pieno il veutre .

. % *

leuarfi alfin le Mente, ed.vno intanta le Carré, e i Dadi a l’altrur gufro e/pone. Che da l’ Auaro foto oprate alquanto , Pieno di rabbia i beftemmiar fi pone.

Altri ciancia in difparre, ed altri à canta l’amato fiafco fuo cade boccone,

E rullando nel fohno, al fonuo alletta.

Chi lazio, è fianco vn Giocatore affretta.

Stauafi poi da mille piaghe offe foy Chiedendo altrui pietà, Làzaro ignudo,, Sù’l limitar de la gran Porta ffefò 3 t

1 Détro cui dolce albergo hauca quel crudo. Contra il Sole, che folntìn gli è conrefo, D’yn fuo fdrucito Manto ei fi tea feudo, Chè ne l’afpro rigore anco il copria Del freddo Borea , e de la notte ria.

' . « * . . .

Ida per chieder pietolo, indarno tenta

GefililfcVza defi are in cor villano,

Ch altri il deride, ed altri lo fpauenra ,

Ónde inutile è il pianto, e’! pregar vano. Tal fi rinroira ancor, che le' gii auuenta, r.co'l piede il pcrcote, e: con la mano ;

T- Cosi quiui il Mclchtn, doue la Copia Sparale il fuo Cerno p?ù, muori? d’inopia. * '*’■ O quan-

»

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DEC I M O. i4t

\ * * r- 1

O quante volte à P Auaro» fiiperbo _ S’offerfeinanzi>e vnfol denaro chieie.

Ed ei de l’infelice à l’humil verbo . Volgendo il capo- il guardo altroue ìntele* O fimoftrò cosi nel volto acerbo ,

E la richieda vii tanto l’offefe ,

* Cne il Miferello dal turbato afpetto con minacce al dipartirli affretto.

O quante volte ancor, mentre fumaua Perle viuan de à I’hor caldo ilconuito.

Di quegli auanai faziarbramaua (Che fon rifiuti al fine) ogni appe tito ;

E pure al Moribondo alcun non daua * Aita almen co'l moto fol d*vn dito .

Ma de gli Huomini poi fatti piu human»,

Lambean le Piaghe fue pietofi i Cam.

o _

Ammala il Ricco, e la Cina commona A la gran noua adulatrice corre,

ISon^vn Medico folo opra liia pofia,

Ma de’rari vno ftuol l’egro (occorre;

Che come il mal difacerbarfi pofifa Con difcorde parer vario difcorrc :

Hor mentre à luperar l’vn l’altro attende, L’Infermo l’Alma al cieco Infèrno rende.

4 1

Doue nel più profondo, e nel oiù ofcuro Del Regno fuo l’iniquo la Ipinge,

E fra l’ Alme, che pria dannate furo Di più cocenti fiamme intorno cinge; Oue mai fempre in quel tormento duro l.’empia fua crudeltà darli l’ad'ringè : More il Pouero ancora, e con la morte Cangia fra gioia miniente, e vita, e forte.

43 X Cb-

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14»

JPIANTO »

Che d’Abraamc nel puro feno accolta >

V Anima bella, eterna gloria gode , *

Hor mentre gli occhi diui in giù riuolta, t Mira il Fellon, che fe rnedelmo rode ,

E i pianti amari, e l’alce Itrida alcolta, ,

E le voci diitinte ancora n’ode.

Onde l’appella, e chiede humii, ch’apporti Ale miiene fue breui conforti.

<4 a

Deh vieni,e bagna pria ne I*ondefrelche D’vn dito lol Peltrema parte almeno. Cittadino del Ciel, perch’io rinfreiche L’arfa mia lingua, e l’infocato feno.

Chea patlaci piaceri à punto I’efche Son di quel foco, ond’io mi veggio pieno Ahmouantià pietà gìiafprì miei mali. Apprendete l’éflempio, ò Voi Mortali.

4 4

Del Palagioeminenteadunquea villa Venne la Turba,e*l Prigioniero diangue, Gon k^acc*a ^ morte, e horror muta , Afflitto si, che moribondo iangue.

Conofce il Ducei l’hora, e fi contrita , Cheper la copia del verfato fangue ,

E per la doglia , effer quell’Huom diuino A l’eilremofuo fin troppo vicino oc.

Teme, a ragion, che fotto il grane p efo De l’afpra Croce in terra eitinro cada : Mentre fra fe ciò penfa, ecco diltefo ~ Giacer mira G I E S V foura la ftrada ;

Che, benché fia da i Manigoldi off efo , Perche ri forga, e che riiorto vada. Comprende ài’horaà mille chiare proue, Ch’ei qual morto non fpira, c non fi moue.

In

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D E (C I M O* *

In terrà (tende* e*l Ddtrier lafcia in cura -1

Ad vn y ateo fuo, cui * enea apprettò, .

E’1 caduto Signor tratta, e procura Saper, più di v ita alberghi in eflo. . * Cono/ce poi, che dala penadura,

' E dagli hu mori incopia (parti oppredo. Debile è si, languido è si, che tardo Al za il pienotte il fiaco,e volge il guardo.

Conchiude à l’hor, che fenza forte aita.

La Croce più da fe portar non vaglia ,

Se vuol però l’ Hebreo, che con la v ita.

Per hauer morte, sù’l Caluario faglia.

' Diiponch’altri la tolga, e molti inulta ,

Che fìiggon poi, delacrudelcanaglia.

Ahi di p<?jiafierezzain£imeeflempiOj « *

La pietadeadoprar per edere empio . ;

.4- U .

Mentretoiuandainobedito,egnda,

Che quelli, ò quegli l’alta Croce togha , Ciugne MARIA con La fuaicorta fida,

E vede il Figlio in quella eterna do glia; Spigoefi inanii, che pietà la guida,

E d’aiutare il Redentor s’inuoglia*

E chiedeal Capitan conhumil voce In yece di G I E S V portar la Croce.

4 ^ ;

S’in te valore alberga, ò corte/ia,

Deh lafciamiSignor(la Madre difle)

Quel gran Legno pigliar, che l’Alma mÌ3 Con le memorie fuepunfe,e tra fide ;

Vna fol pena ad ambo morte dia.

In v na Croce fian le membra affide (Spettacolo giocondo à quelle Squadre) Del puro Figlio, e de l'afflirta Madre

La Al*

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»

*44 '«PiÀNTOT

.•..so*..

Alleggia almen del troppo graue pondo!

Del mio dolce G I E S V'I’offefo fianco, . Oime, no’l vedihomai dal fen profondo Anelante efTalar lo fpirto fianco *

Miralo pur di fudor tutto immondo. Come ha torbidi gli occhi, e’1 volto biàco, Come auuolto nelfango, erta la polite Apoco, à pocomanca,e firifolue

Deh, fe tu Padre Tei, per me ti pieghi.

Più che il pregare, il filiale amore;

Ma fe Padre non fe’, dettino i prieghi Giulia pietànel generofo core.

Se il dono chierto bramo , ah pur lo {pieghi Il pianto muta lingua di dolore;

- Se il concederlo à te fìa poi fatica , L’humanitade à la tua mente il dica»

1 S x . .

Se Caualliertù fei, fe l’arme porti,

Qyal gloria cerchi tu ? qual premio haurai? Non dico, che veggia, e te’l comporti, Vn Giulio tormentar con tanti guai Ma che voglia incrudelir ne* morti.

Di fiero, ed empio Fama acquifterai ,

Ah non voler, che con brutte fome

S’atterri l’hopor tuo, fi carchi il nome» *

s a

Ah lafcia homai, che le Sorelle amate Habbiano il Figlio mio, eli* vccider vuoi,

. Ti priego per quel Dio, la cui bontatc Si largamente li diffonde in noi;

Per quel verace amor, perlapietate.

Cui già porcafìi d i Genitori tuoi ,

£ prendi me, che bene animo forte Di foltenere in cambio fuo lamorte.

Così

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14)

D E Gi MO*

E mentre fieuohneéite ancor fi h eoa* _ Con profonda humiltàgb bacia il Manto, Ma quel crudelv benché la Madre piagna,. Il fiero cor non ammollilce alquanto» Mafuperbo, e fprezzante >àh P*°P°iU (Non ch'efleqiuirla)nè pur darupoita *

O ÌCCOI piu UtUUC»

V>VUH la lacra Dea fchemfrl- languida fi ritira» e non fauella.

Ma dal nouo dolor dinouo oppreiia*.

Di fofpirar» di lagrimar non cella »

Mentre il Fellonpenfando fi configli^ t

Come condurre il l\igion ter caduta* Pofcia che alcun de ta crudel Famig «a la gran Croce pigiar non ha voluto: <

/ Volgendo àcaloTeturbate Cigna, __ RirtSravn’Huom daluinon conolciuco*. Ch’alvelHr rozzo , àie faugofe piante Di ritornar di Villa hauealembian te. i *1; *

le fpalle ha quadre, e di ftatura auanza cWlIioggi grande riputato viene,

Tien nudo H feno,eruuido in fembianza*. le braccia, e nel piè gonfian le vene. Quelli tenea la fua paterna danza.

ISe gli Africanilidi entro Cirene ,

Simone fi nomò, che Itaua immoto.

Di tante Genti rimirando.il moto .

1 l Chtf*

*4# PIANTO

f g

Chiamalo i! Duce, e minacciofo impera ,

Che coglia il duro Legno , e che s’affretti : Ma quegU'tacevò che la voce al cera -Non interidette, ònoncurafTet detti. Rabbiofo à l’hora picche Tigre fera II Capitan, con glfoccbi d’ira infetti. Comanda i fuoi, che Zìa battuto, e prefo »

E carco ì forza del fanello pefo.

Non cosi pretti dietro à Fierahumile ,

Son de la lattàiuorial corfo i Cani» ; - Come veloce fu la Turba; vile. ; u ! .. ^ nA por nelOireneoLinique mani* <>* . »t Quei fi d fende, e con valor virila: # u, , , Sottnrfi sforza, e fon gli sforzi vani » i Che fourafatto, e pria con modo indegno* Pcrcotto, piglia àfuo difpetto il Legno.

Àl’horailCapiranfàchefilieui, ■’ - Con l’aita dei fuoi, G I £ S V’ di terrai E pèrche il pondo.rio meno l’aggteui Lo sfbnaco Simon.dieùró. l’ afferra,. . * Del carcoliauendo ancor gli homeri gretti. Di patto in patto ilSalua tor s’atterra»,

E menrre cade, ò pur caduto s’erge ,

Apre le piaghe^! fuoi di /angue; afpcrge..

^ (k h

Cosi poi doue giacque à cafo gira:

Gli occhi la Peccatrice, e’I Sangue facro.

Fri Ja.poJueZtagnandQ> apportar mira. Amara vilfaaefier o.jfììnùlacro, * / Fermali conturbatale non refpira Soura quello.di morteampiòfauacrd ,

E già non vuol, che quel Licorfourano CaJpelUto Zìa marcia piè profano.. ,

i ù Di.

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*47

DECIMO.

Diraceorlo difpone, e con gran zelo S’inchina humile, e poi risorge mefta.

Che non hauer s’auuede, ò vafo, ò velo >

In cui ferbarlo irìtatto, onde Carrella.

Indi gli humidirai volgendo al Cielo,

Vn modo Arano la pietà l’apprefta ,

Per cui potrà quel diuo Sangue torre Ad ogni oltraggio, e in Scurezza porre.

Di nouo ai duro fuol piega i ginocchi,

£ con quel fierooggetto il core aggraua In guifa tal, che fa, ch’vn fiume sbocchi Dal volto fuó, quali d’alpina caua, (chi» Hot del pianto, ch'immenfo efce per gli oc- Tanta è la copia, che quel Sangue laua \

A pien così, che de le gocce fue Altri non potria dire, vna qui* fue*.

<L % * »

MentredefOftropreziqfo,epio. -

Con le lagrime calde il terrea ipoglia*

Con vn folpir, che ben dal core vicio. Quelle voci di duol formò la doglia.

O di quel giufio R^ch’à tutti è Dio. Torzav irai de laterre naSpogl ia.

Adorato Licor, fe non può intanto la man raccordarne n ti lau i il pianto •.

d t 'i ^ .. .

Tilaui il pianto, acciò che piu non polla * *

l’Hcbreocrudelco’l piede ingiuria farti. Ah ben deurei dentro marmorea foffa Pri gemme, ed ori ad altra età ferbarti, * Hor fe tanto nonpuò debil polla Di Donna, non {degnar quanto può darà* Ti daria per fepólcroil petto, e’1 core.

Ma il Yietan l’arme, e’1 militar furore .

L 4 Deh

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^*4S PIANTO

Deh mi conceda il Ciel , c’hoggi accompagni Ad ogni dilla tua di piamo vn Mare-, Qnd’io non fol con vn torrente bagni % Oue il terre n per te purpureo appare : .

Ma come attorno in viue mafie Ragni (Tal chela Terra il Mar vermiglio pare) Così da gli occhi ancor co pioggia horréda Di yiuo pianto bora vn diluuio Icenda* o .

Mal cuftodite luci, à voi ben tocca

Che ne 1* Abiffo giù fulminifeocca ? ;:Sù’l capo fier del formidabil’Angue.

- Doue il pianto non può, terga la bocca . [ Quejdiuiiio Licor del Corpo effangue. Del Corpo efTangue?c’hor (pietà infinita)

Spéde,eipandc in mio prò l’Alma, e la Yfta* e 8

Così dicendo, vn fiume fcaturifce Fuor de le luci pie d’acque viuaci.

Che infieme con la man terge, e pulifcc > Quelle pietre del fuol dure, e tenaci. Dou&il Sangue pria tinfe, fui lambifcc La Icolorita bocca, e porge i baci ,

E doue imprefie i baci, ella conuerfa Di nouo fràifofpir, lagrime verfa , b q

Con vacillante piede intanto vaflì Era l’e tnpia Gente il Redentore, e giunge* Doue egregia Maeion d’eletti faflì Con men belle di Tei fi ricongiunge i Su l’alta foglia de la Porta Raffi Gtouane Donna, a rimirar dalunge*

Tutta molla à pietà, l’oggetto atroce Del Prigion, dei Miniiiri, e de la Croce*

Co-

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DEC m o. *49

1 0'

Come vede quel Pio, cui fdegno, è rabbia , Seaza Giultizia, à cruda morte mena,

© quale ha duol,che «VI Galuario egli hab- lunocente àfoftrir Vvltimapena . (pi* Quando rimira poi i’efTangui labbia »

E tutta di-fudor la facciapiena, ,-v

A l’horribile viltà immotai e muta Nel fior, più che nel volto, fi tramuta.

7 V a

Ecco in pattando -ancor le viene appretto

Cosi vicino più vedelo, e mira.

Che del fianco , e del feno vn forte, e ipelio> Scuoterti, ed anelare il cor martira- Ne i -volti ih volto fuofreddo j e dimetto»

Mortali alfiggeigtiardìi e non gli gira,

E di fangue,e fudore humido fatto , Pendenteè il capo, e di languiremo atto*

7 i

MncVognipenaalfinviapiù l’offende,

Onde è nouo dolore à le fue doglie»

De la morteli fudor, che in copia feende,

E i rai gli veìa, e’1 rimirar gli toglie,

'f ai che dubbiòfej e male accorto rende Il piè, che non s’inuoJgafrà'lè fpoglie,

* O'non incefpi in fatto, ò accenda in lui

Per la tardanza fua l’orgoglio altrui .

l a

Per afeiugarfi il Redentore adopra,

"Come sa, come può, la fianca mano*. Perche gli occhi offufcati alhien difeopra Dal fangue,e dal fudor, ma iltuttoè vano. Tanta è la copia, che lòr feende fopra* # Del falfo humor,che intorno allaga jl piano Che pur di tempo non ha vn punto folo Il del Cielo, onde conofca il fuolo. t' li s*

Afo PIANTO

7

Si volge pure à rimirar s’hauefle

Vicin la Madre, e lungi ancor laicorge,

Ch*vn. Velo chiedo ha uria, perche ripreffe bufferò tacque, onde inondar s’accorge: Manonvedendo alcun, le luci opprefie Da quel licer, che su la fronteforge Con si dolce atto di pietà ridringe,

Chei circolanti à lacrimarne alìringe.

? f » *•

Ve dee ole i, che il au a fpettatrice- Sù’J limitar delà iubiime entrata; .

Che Veronica nòj ma Berenice (Come vogliono i Dotti) era nomata; . Dico, vede i (udori, e l’infelice Abbandonato, e fenteaddolòrata .

Nel ;generofo cor Pafpro martire In mezo àlàpietà dettar l’ardire..

Troua vn candido Panno, in cui fouente Le chiome fparfe in giro auuolte opprime, E con atto magnanimo aLLanguente Del luopietolo cor l’affetto eiprime, Porgelo à CHRlSTO,eicon la ma dolente 11 prende , e’1 ve Ito afeiuga, e in quello im- La propria Imago si, che la Figura (prime Di. ben dotto Pittor fembra Pittura.

7 ?,

Tale ilSigillò ancor la molle cerai

Prcmendoiformaaltruifembianze degne, . O del reale Àugelloi òd’altra Fera Di chiara nobiltà famofelrfegne. .

Mira l’alto ftuporla Turba fera,.

(j E d’ira auampa, e con le mani indegne Di mano al Redentor quel Lino afferra,

E doue ii/ango è più lancialo in terra .

: - Poi

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decimo* i u

Poi con vrti, c percolie il paffo affretta Di lui, che il debil piede à pena moue* tcco giunge MARIA, con la Diletta, Da’cui begli occhi eterno il pianto pioue : Vede la cara imago, e non alpetta.

Ch'altri la porta à lei, ma corre, douc ,

La rimira nel luolo, indila pigliai Colma diriuerenza, e inerauiglia..

7 «

E dice, in lei Affando gii occhi . Hor quale Se mhiatue veggio, e ch’il dipinle,e quando? Opra contempli tud’vn Dio mortale . (Berenice riipoie lagrimando)*

Pietà diedegli il Panno, e quella frate Mia delira, a l’hor ch’il rimirai paffando

- Ei s'alctugò con le lue mani il t effe,,.

Cosi net Drappo il Volto elsàgue impreffe*.

8 o

O Tempre dolce à me (replicò i l’hora MARIA piagnendo) addolorata Imago, Pur, ben ch’alìflicta, mi fe’cara ancora ,

E di tua viltà folla mente appago: DehVoito,ahiVolxo,incuil’almas*accor3» Hor così melto, e già lieto, e vago ,

A quel, che fpiri (oime ) mortale horrore, C come teme, ò come trema il core.

Mifera, veggio ben dei mio Dite tto»

In quello Vel delineato il Vifo»

Ma la tranquillità del chiaro afpetto Frà’l fangue,e frà’l fudor già non rauuifo*

Ahi, ch’amara veduta, ahi, che nel petto . Per mezo il cor mi fembra effer diuilo,

E da le fpine, e da ogni lor tormento Fungsrmiilfen, ferirmi l’Alma Tento. % j, 6 Olpec-

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z-t* PTANTO

Oi'pecchiodipietate, in te rimiri.

Chicle laidegno l’alma indura al foco*

In te veggial’alrier, come deliri,

E le fallo le pompe affreni vn poco Per te la faine, e i cupidi dilin In liumano pen/ier non habbian loca.

Ma de i difetti fuoi da te l’emenda li Superbo, il Crudel,l*Auaro prenda, js * '

Hai* non fdegnare, ò bella Imago, e cara,.

Ch’io porga à i labbri tuoi gli eitremi baci;. O Faccia vn tépo dolce, hor troppo amara, Ch’ai maggior’huopo non rifpondi , e tacù. Se d*vn fol detto ila tua Madre auara?

Deh le i colori tuoi fono; viuaci (Che viuo è quello fangue) ah come fei

. Sorda à i fofpiri, e muta à i prieghi miefc

. 8

Pur così muta-le’ per me loquace,

£ moltri il male,.e le tue doglie fpieghi>- Ahi, che iliìlenzio è teftimon verace ,

Ch'd mor ricco hor tòmi chiami, e prieghi; Piglia, ò Donna il tuo Velo, e retta io pace. Vegno teco à morir, mi li nieehi,- O tmo G I E S V* . Cosi dicendo, rende Il Drappo à Berenice, ed ella il prende •-

8 5

E del ricco Tefor fatta gelofa.

Sotto chiaue il ripònein nobil'Arca >

In Iogo tal del gran Palagio afcofa,

Oue raro, ò non mai perfona varca.

Dopo molti anni poituttapenfofa .

Di lofpetto, e timor l’Anima carca.

Che l’ingiutta Città, Pinfaufto Climax A* fuoi dtfeguincmficliriftUW.

- *-

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D E C I M O. *Jf

Vedetta incrudelir la Gente Hebrea

Contra ciafcun, che da GIESV s appella, Giìcomra loro Editti, ed armehauea Mandati intorno in quella parte,e m quelu. Ma non tanto per quello ella temea L’empio furor d* vna. Citta ribella.

Come per altro , onde portaua inuol fraterna il core, e in pallidezza il volto,.

Sempre dinanzi àgli occhi hauealo fcempio. Cui di Stefano teo l’altera Setta,

Quando fra i falli, à noi Ionico eflempto D?Caritàlafciò l'Alma diletta. .

E di Giacomo ancorché giu del Tempio Rabbia precipitò, d’inuidia ìnretta.

Il fangue fparfo,e il liuido fembiante Lcfea nel freddo fen l'Alma tremante.-

g g

Già- di Gieru falemme al Cielo ingrata La ruina fatai vide, e fi dolie.

Che combulla dal foco, e duo ,

La gloria, e'I fallo vn giorno fol le tolie. Stette non conofciuta, ò non curata Cittadina de’bofchi, e l'herbe co fe,

E prede il latte, onde la Gente fella U*

Non Teppe raai,ch’era di CHRISTO Ancel^

Hor, perck'èdiG IESV’noua Guerriera,

Il dito paragon teme di morte.

Poi pan lode,edegual gloria fp era, ^ S'amica al fuo p enfierò haura la torte*. Pedina andate, oue da Roma altera Sonde la ferrale grandezze ab iorte,

a /4/,1 ni AfTA fArrn il C*r21ie DOndC

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.PIANTO

.. <j o

lui il fourano Impero, il cui gran moto,^

Xlcui volere ài' Vniuerlo è legge ,

Douuoque gira il Ciel per fama c noto,

: Douunque Tplende il Sol per forza regge. CLEMÈNTE iui di Dio leruo diuoto E Scouofciuto Pafior , Tocculca Gregge PalcediCH RI STO, e della Chieia fida Diletta Spofa è in vn Cudode, e Guida .

« i

A lui dar vuol, come à Vicario eletto Del Monarca del Ciel da i cari fuo i.

Quel (èmbiàte immortai ,quel reggio afpet- Clie la Faccia di Dio ino (Ira fra noi. (to.

Forfè è d’Amor religiofo effetto,

O pur diuino Spirto vno de i tuoi Celeffi raggi, che la Donna iipira,

E doue piace a te la volge, e tira.

Ma chi «rinfiamma il petto, anzi la mente ^

E qual voce già mai cauta mi dice La gloriofa morte di Clementi»

E gli errori nel Mar di Berenice ^

Se* tu farle del Ciel fiamma lucente.

Aura di lauto ardor, Fiato felice ,

Che m’infondi il difio, perche più fplenda ,

La Fama loro, e i cor dinoti accenaa.

o ? *

Clemente de i Romani il folle zela Raffreddò in parte si, che per ifdegno Traiano poi dal bel latino Cielo . <

Gli diede ingiuffamenteeflìglio indegno; EriIegollo,oue con caldo, e gèlo Forma I’Horrore il fuo deferto Regno,

Fra l’erme piagge di Serpenti piene Cherfona, che d’afpra il nome tiene. .

Que-

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DECI MO. tU

o f.

Quefta è rozza Città de la Taurica

Guil’ànofpite Eufin bagna, c circonda , Terra d’humanità cosi nemica.

Comedi Mofiri, ed* Animai feconda.

Qui con den nata in moro, ed in fatica Dentro cieca voraggine profonda A cauar marmi vaghi, e vini falli,.

De i credenti in GlESV gran copia Halli .

Giunto ilPafiore, oue la Turba degna Nel faticofo vlfizio il tempo [pende ,

Con pietofo parlar la viale infegna Dei Cielo, e ne l’amor di Dio l’accende i Ma del fiero Leon la firada legna Co’raggi il Sole, e 1* Vniuerfo incende. Già minacciofo il torrido fembiante Scalda il fuol, fecca i fonti, arde le piante.

n 6 -

De i miferi Chriftiam a l’inquiete 'v < Membra la notte ancor toglie il ripofo. Che l’ombrc fue non hanno hore più chete Di quei; che s’habbia il mez o noiofo; Oltre che il vaneggiar de Paure liete Del C3n cele He, e fra le fiamme afeofo.

à’ior difagi, nèà la fetelero *

Può dar l’acqua, ò la terra alcunriltoro»

Soura terreno inculco atroce arfura

Sface l’herbe, e le fiondi, annulla il tutto* pure ha vn faflo almen l’àrfa pianura. Che da i raggi del Sol non fia difiruttoi Tal che la feticofa Agricoltura .

Attende in van de ifuoi fudori il frutto* Checon le ftille adufie le rugiade.

In vece di nudrire^ ardon le biade .

iì* PIÀNTO

Al difetto del cibo, a le fatiche,

A le calde vigilie, ancor s’aggiunge , Ch’acquanon hanno le Campagne apriche, O poca almeno, e quella. molto*è lunge Ondes altri auuien mai, ches’affatiche, lallanchezza,e la fere in vn congiunge r Cosi languido alfin manca tra via.

Se per abbeuerarli oltre s* inuia^

0 o

Quella infelicità così commolFe Del lourano Paltor la mente dina.

Che de’fuoi prieghiTeflkaci polle Rino Ile al vero Dio con fede viua.

Nume fommo (difs’ei) deh lìan rimolle Iecolpe,onde ne i Fidi ogni A lina è priua De la tua l'anta grazia, e perche fono

'?uoi lenti-detti* a lor concedi vn dono,

* i. o o

Apri lor tu di tua bontadei fiumi.

Dona lor tu viuaci, e chiari humori.

Perche nel faticar non gli confumi La fete rea con gli infocari ardori. >

(O miracol gentil) volgendo i lumi , Ripieni di cefefti almi fpiendori ,

Mira yu candido Agnello, che col piede. Non molto lungi il terren duro fìede.

1 o i

Colmo di fè, cola volge il San to Con quelle Turbe, àfegui tarlò pronte, 1 Comanda poi, ch’iui fi caui alquanto ,

Ed ecco fcaturir viuace Fonte.

Altr j, in cui beue, e bagna il feno, e\ maro* •Altri immerge la mano, altri la fronte,

Hor, poiché ognivn hrdentefete hàfazia. Di vuwworei&cdel Cìel ringrazia .

Era

*• #

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DECIMO*. *17

Era al fedel l’idolatrante infido per vari cali entro la Terra imito,

Gh’à miracolo taldiuenne fido,

E (caccia do Plutone, abbraccio CHR ST Sparfe di ciò la Fama intorno il gru*>» Qual di prodigio fuolc vnquà non vitto.

Si che Roma Fintefe^econ diigui|°

V dillo ilfommo, eriuento Augutto.

Stima Tiaiano (in ciò?fudele,edfmrpio) Chefhonor degUDei re(hdeluf>. .

E che l’alprorigot Mt quefto effempio

Contra il Vopol fedel paffi in abufo .

Se deggia fimulare, ò nero fcempio Far del Pallore è in fe dubbio* e con fu fo;

Che fi affoghi neiMare alfin comanda,

E fiero Eflecutor de l’opra manda*

Giunto m CherfQna,ifbuon Cleméte prende,

E firetto il lega, e su la Naue d porta ,

Che in aito fii ritira. Il lutto intende La Turba fidale rimari quali morta.

Al lite corife intanto il fiero appende Del Santo al collo vn’ Ancora ritorta ;

E mentre egli nel Ciel 1* Ajrna diritta, L’Idolatra infedele in Mare il gitta.

Dal lito infame addolorato mira

Il credente in Gl B S V le doglie amare Del fuo Nume terreno, eoe folpira, Epetfouerchioduol fuor di le pare. _ Quando ecco à preghi fuoi, che fi ritira A l’hor più 4i «e miglia indietro- il Mare,

E mentre che al gran fatto il guardo porge, Houoltup or nel fondo afciuwtorge^

. i . . 1

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*** PIANTO*

D eletti fafG vede in bella guifa (Onde per merauiglia vn luon rimbomba) r !fa fumili d’angullo Tempio in guifa» Che dentro leritien marmorea Tomba. Quello, che dia la Gente àfhor s’auifa,

E nel profondo Mar dinota piomba L’ Ancora, che fommerfe il Santo à l’hora lui rimirai e*l bel Sepolcro adora ,

ac^ bnomo tal di/pone.

Che in RomaàPhor tenea l’occulta Sede* Soura vn Nauiglio cibi, arneli pone,

E quel ! Tefor, ch’ogni Teforo eccede « Apodwjefidiil fuopenficroefpone» laicia la Patria, e pellegrina à piede

Vaitene i d*,* r~: ~n

vento.

Seco è Volu/ìano, onde il S A V E L L O Ceppo lourano trae l’alca radice ,

Che (come à molti piace) ancor quello. C hjboeil Volto diuin da Berenice.

Per cui Tibero poi da vn dolor fello Sanato (fe il ver la Fama dice)

Che la rimora antichi rade à noi Rende oleari, ed incerti ilnmi Tuoi.

Perlo liquido Tuoi fonde fpumafe Fende, ara tro dei Mar, l’audace Legn o # Azoto patta, e loppe, oues’efpole la belliflGma Ignuda al Moflro indegno .

E vedo BoreaTungo l’arenofe Sponde fe’n va del Palesino regno , ' -Vede Cefarea, oue celefte mano Co* Vermi vccife Herode empio, e profano.

Scor-

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2

DE CIMO.

Scorge il Carmelo poi, che par, che Aia Co’Icapofrile nubi, e’ 1 Cielo irriti, _ Oue NabaI fcprtefe, e’1 (acro Helia Habitar già fra le fecondi viti. Tolomaide pofcia appar frà via^

Che del Fenicio Mar giace su i liti*

Tiro indi forge, che potente lue ,

Hor Oitri,e Perle fon le glorie fue.

Sivi one feopre, à cu t Sidonei nduftre Figlio di Canaam principio porle. Città di Porti, e per Mercati illudre. Che gii Guerriera, e nominata forfè . Vola la Naue, quafi Augel paluftre.

E mira intanto a la fua viltà oppone Tripoli bella, che falubre auanza Ogni Cittàdimerii, e d'abbondanza «

lungi Tortofa retta, e ver Ponente .

V olta la.Naue la ferrataProra,.

Ed ecco falutar Cipri fi fente,.

Che quafi nebbia non fi feerne ancora lui vn tempo adorò la prifea Gente

Quella vaiuieltà,. ch’altri innamora*, MaJafcia de la Terrai l’hor felice

Amato, che^Limiffo ancor fi dice.

i i v.

Di Zèfirin monte sù'l Mac ne viene . La Nauei villa, eper ^90 ingolfarle Più verfo Tramontana il corto tiens*. E vede Pafo incontra fe mofttarfe, Ouefolean foural’infami arene Trouar la dotei pria che maritane. Le Vergini, in honor de l’impudica

Venere* d’ozio, e di lafciwia amica-

i6o PIANTO

A 1 » 4 . ,

Non prende porto mai, i remi adopra Il curuo Pin,macon Fortuna lieta ,

Strifcia felice à le falfeaccjue fopra.

Che contrario fpirare il gir non vieta. Sempre hanno i Marinari, intenti à l’opra. Chiaro il Ciel,pianoil Mare,e l’aura cheta, Ch’à l’alta Naue per celette dono Il vento, e l’onda vbidienti fono*

i i

La gonfia vela à dietro Cipri Iaffa>

Cipri d’ Amori , e di delizie pieno.

Incontra Side poi vola, e non palla,.

Che del Panfilio Mar giace nel feao :

Ma quando il Sol ne l’Ocean s’abbatta* Fafelo difcoptì di Ladri pieno.

Indi pafsò nel’ombre ofcure, e mette *

Le Chelidonie à i Nauiganti infette.

i » £

Co’l mattutino Sol Pacata vfcio - Da gli horror de la notte algenti, elmi , Patata, doue il luminofo Dio

Darne! Verno foleà rifpoftaakrui.

Lungi appare Telm-tto, oue g;ià aprio L’Europa Scola Ai Fal&auguri fui.

Poi Rodrpar,ch’ognihora pitts’appreffc > Rodi, ch’ai Sole il gran Colotto erette .

1 I 7.

Il Marinar, ch’audace al ventocrede,

Sempre dritto à Ponente haue il Timone* XTfoiai man finittra £ pena vede.

Che di Carpathió al Mare il nome impone*. Creta difcopre, in cui tenne la fede Colui, che giù ne ITnfeYhal Magione- Con Radamanto kfGiuttizia fcrba.

Già per cento Città chiara, c lupe ri>a.

V n:.

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» t '

decimo; *6i

f i 8 .

Dietro la cotta borealTe’n Viene ^ .

De lTfoia famofa il buon Nocchiero,

Lungi mira le piagge apriche, amene,

E di Viti ferace il uto altero .

Per l’alto Mar con vele gonfie, e piene Varcala Prora, e Tembr attrai leggero, , Siche à Cifamo arriua, che l’ettreme . Parti di Cretaincontra Malea preme.

i i ,<>

Indi pur fr à Cithera, e fra Malea La ben fpalmata Naue il corfo affetta

' Fra Cithera facrata à Citherea,

E la Laconia à la man dritta retta;

Giugne al Tenaro Monte, oue credea L'aru ichitade efler la via funefta Di gir per cieca, e difufata Grotta A l’empio Regno,ouemai Tempre anotta.

Quello di Grezia, che già Troia eftinfe,

J2el lito diremo rjuafìin mezo giace.

Che da l’Eroe, chealcorfo Enomao vinte Hebbeil nome primìer,c#horatt tace.

Qui lafciando la Terra il Legno, fpinfe L’animofo Nocchier del Mar vorace Per l’alto si,che ouunque gli occhi ei gira Sol,Mare,e Cielo intorno , intorno mila.

Felicemente il buon Nauilio feorre Perlo liquido Sai l’onda Tirrena,

Ecco de 1 Paffaggieri al guardo occorre Malta, chelung: fi conofceà pena.

Mentre Tempre via piùs’ìnoltra, e corre , Vede incontra apparir PI fola amena De la Sicilia, e w Etna raffigura Dentro i forni ondeggiarla fiamma ofcuraJ

Scor-

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z6i V I A N T O ;

Scorge intanto il Noce? ier* che il Soléafeóde Dentro pallide nubi il chiaro lume, 1 >

E’1 veloce Delf n guizzar pef laonde?. . j . . E’1 vento rir for za rfi oltre il coll urne. ; Ecco vn tetro vapor, che fi diffonde* / D’acque yerlàre impetuofo vn fi urne, J. Ecco da fommo ad imoil Mar turbar fi,; * Efinoal Cieloinrumidito.alzar.fi. < .

« % a

Il Piloto maggior confido apprefia Ogni rimedio, e calar le vele.

Non più mida acquail Ciel, ma vna tépcfla Fra tuoni, e lampi vibra Euro crudele. Giàs’ode intorno de la Turbamela Cò’l pianto mifti i voti, e le querele.

Che la Fortuna rea mezo fdrulcùo Traporta il Legno à romperli sù’ilito «

fc * 4t

Sorge d l’hor Berenice, e con amare lagrime, vn Panno aurato pria difciolto. Spiega quel Lino, incui dipinto appare Dal Sanguepio del Redentore il Volto:

(O miracolo grande) àl’hora il Mare,

C he gon fio s’aggitaua, in fe raccolto l’ira depone, e faflihumile, e cheto,

E riede il fofco Ciel fereno, e lieto. , :

Ceflato il furiar dei flutti infidi, r

Spiega di nouo il Sol temprato il raggio, .Alzandinouo con feftofi gridi le Vele i Marinari al lor viaggio;

Vede la Nane fra gli oppolìi lidi Di Medina., e di Reggio il Nocchier faggio E (Ter trafcorfa. e vn gelai! cor gli preme. Che di Cariddi trema, e Scilla teme.

Ma

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Decimo. ie$

) Ma poiché JoHupor grande ha veduto Diquel Volto diuin, ficuro pafla,

E de lo ftretto fuora indi venuto , noto à man finiftra latta :

"^olca con frefco vento il Mar temuto, : Kc pur di tante vna fol Vela abballa ,

E lungo il tratto del terren fecondo V agheggia le delizie vniche al Mondo

Scorre la Colla, e l'odorato Lido,

Oue iBruci, e i Lucani hebberla fede ; Popolo i primi fùr, che poco fido Fra i moti, e l’arme ad Annibal diede . Gli altri d’induitrihauean celebre grido,

E ne fea legge indubitatafede.

Per dea colui, ch’à I’oziofo daua.

Che fi lotte poi, quanto preitaua .

l x -8

Giugne à Salerno, oue Tancredi ingiullo ' Pianfe Gilmonda morta di veleno, Nonlungeè Capre, in cui Tiberio Augufto A l’inlàmi lalciuie alllenrò il freno $

Vede Surento, che'loaui algulto Vini produce, e Napoli, e Milleno,

Ch’ai Sonator de la Troiana Tromba folle il nome famofo, e diè la Tomba* v

Pur dietro il litopalfa/ouei Campani Terra habitar, che il nome ha di felice*

Oue Cerere, e Bacco i lieti piani Feraci rende, è culta ogni pendice.

Ecco declina il Monte, ouegliinfan* -

, Amori fuoi trattò l’Incantatrice Circe, figlia del Sol, nota per fama.

Onde Circeo dal nome fue fi chiama . f

Rade

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5*4 PIANTO . 1^0,

Rade ft I azio la Naue, e ih lieta voce Hoftia da lungi (aiutar fi fen te, - Che del Ttbro I atin ne l’ampia foce * ANCO, quali Atrio, aperfe ad ogni gente, Prende alfinporto, à J’horfcende velo ce In terra Berenice, ed à Clemente S’irruia quel giorno ilhflbje in puro arriua,

Ch’ancor la luce in Occ idente è viua.

i a »

In Roma poi con anfiofo affetto Del gran Pallore à ricercar fi pone,

E’1 ritrouò fra i termini riftretto D’angulte cafa nò, ma di prigione :

A lui s’inchina e con humile afpetto Del fuo venirla cagion altaefpone ,

Gli porgeri Lino, oue del Volte diuo

Son le fembianze effigiate al viuo .

I f z

Per tenerezza àPhor piagnendo, piglia Il buon feruo di Dio quel nobil Velo,

E di celarlo à tutti li configlia.

Che di Gemma si rara ha troppo zelo. Ringrazia poi la Donna, e come à figlia Tutti gii ampi Tefor l’apre del Cielo $ Quiilette iltacro Panno, e fra le tue Riuolte, ò Mondo, Tempre illefo fue. i,n

Efiuoadhorfi vede in quel fublime .

Tempio, che Roma erede al gràde Vfciero, C’hà fra quanti mai furie glorie primé.

Che fri quanti hogei fon forge primiero,

O qua! fìupor ne gli ammiranti imprime,

A Polciache vince,ebeneilmoltraiI vero, w TathèbbeilDRAGÒ,eprialePERE ami- $plo in beltà le Merauiglie antiche. (che

v - Il fine del Decimo Pianto.

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PIANTO VNDECIMO.

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'*'•* *4 SGOMENTO,

MEntrepiagon le Dorme il I{è benigna Bjfpojìedure alfin loro fon portei Voi di Sion T affedio afpro, e Sanguigno Si narra in parte, eia funebre forte.

Nel Caluario Gl ESP’ lo S tuoi férigno Condutto Spoglia, fol per dargli morte ;

Ei fi duol d'effer nudo, e MjLEJJL mtato Col proprio vel,piagnedo}il copre alquato *

Mna IMMMW. ■■' 11 "> '

fanguinofa, econIafaccia_j fmorta,

Traendo à gran fatica i fianchi lafiì.

Viene G I £S V’ su la funebre— ? Porta,

Amicadetta, oue al Caluario vaili . Sottola Croce, eh’ al fupplizio eiporta,

A pena moue i vacillanti palli,

A pena può dal petto, homaifuenato,

Per iouerchia iUnchezza-hauerc il fiato ..

' M Ju>

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a U PIANTO

te terra cade, c ne la polueftefo

' Forma di polue,e fangue atra miftura , /Uz yn Barbaro crude! di fdegno acceio Stende al Braccio diuin la man impura, rafferm e l’alza, à forza il Corpo offefo ^ ?Erge dal ìuol con ruma pena, e dura, «,

E perche vada, su l’eifangue faccia Gli pone il chiufo pttgtìoindiil minaccia*

* » * T a - .

Quegli china la tetta humile, e proua ^Affrettarli al camin, ma poco puote.

Così languido è fatto, e meno gioua i Dettarle membra, homai di fpìrto vuote, lo Stuolo à l*hor di quegli infami à prona Beftemmiando ,lo fgrida , anzi il percuote. Indi con vrti il premesì, ch’à forza _ ;

Al gire il piè, benché tremante, sforza.

. miràdalùnge;

Efce de la Cittade, e con la Gente In numero concorfa fi congiunge, _ _

* Che penfier curiofo alni conduce, ^ l’amore ad altri, e la pietade è duce.' %

C-: . ' .5 | /

Fra quelle moltitudine, che intanto Il moribondo fuori acc ompagna.

Di Donne euui vpottuol, ch’in riero Maro, Battendo mano à man, fi duole, «lagna;

può il configlio, ò la vergogna tanto, Che non laceri il feno, e’1 crin non fragna,

F. che con ahegrida, ed-vrli atroci Non empia incorno ilCiel diquefte voci .

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k V NfPìEtC 'I MqO- 1*7;

Ou e ne ! afe?, oue, Sigilo r, ne vai'-

Innocente àfotfrirlM rime pene? . .7

Dunque purdeeirwrireon carni guai » \

Chi v iiieyne e0rtfola,e ne mantiene ? , ^

; ,Gietuiakn^.Gjemfeieni3 chefai^,. , * -i

Chiladeftna tonante il Ciel ritiene . J; *

Del giufio Dia, percfrvna pioggia hqxréda Di fiamme vltricihor loura te non lcénda?

Infelice Signore, -horquefto è il merco, v .

Che dela tua bontà fra noi riporci, ,

Per ^prir ri i 1 camin feo fee fo, & er ta ^ ,

Di girealCtel,quai pene, ahi,non [opporli? Per<£heraollrafti ili tuo potere aperto , Sanando gli Egri, ecauuiuando i Morti,..

Sarai coftreuoriajo Stupì feroce .

Lafciare il Corpo effanimaro inCroce*, >

Già noti PalbergaPinfdieè Stante, ; ! : ~'i

Tanto amata da no»#del Mondo iiigiu fio, Huom di più merto^ò di maggior palfaiiza. riie.più faggio fia,nè che più giufio. Gtd’ogni afflitto cor fola fperanaa, , . t MartpizatO.Rèjdelùfq Auguftp, ,»• :

Per darci v ita fol, morir tu vuoi# , 4>; *

ErielamortetUaviuremonoi? :il- a.)

1 '* <1 ;

Ah non fia vèr, chele l’acerba doglia j

Non farà al cor, quali mar tal veléno, ; :

Il pianto haurà di lui PvhmiafpoglHV o Il pianto (oime) che tutto inonda il feno. Quelle lagrime amare almen raccoglia La tu^pietadc, ò le rimiri almeno, > - Dan'no^uantodar ponnohor le tue afflitte Addolorate Ssrwe* e derelitta .

M l COvSt

<v •• »•

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a 6* PIANTO

i o

Così dìcean le mette Donne, e fu ori Verfauano di duol viui torrenti,

A la cui villa i più feroci cori.

Ripieni di fi upor, volgeànfi intenti.

£ CHRISTO itteflo in mezoà’fuoi dolori Sifcoffe à quelle voci, à quei lamenti,

- E nel fangue diuin le luci afcofe Volgendo loro, alfin cosi rifpofe.

O di Gierufalem Figlie gradite.

Dal lagrimar ceffate, nomai ceffate.

Me non piagnete, al Diamo fol v'inuitc

Di voi, de i figli voftrialtapietàtej Che verrà tempo, in cui faranno vdite Quelle voci dolenti, e difperate:

0 beata Colei, c’hebbe nel Mondo

Priuo di latte ilfen, l’alilo infecondo -

i x

Fià che chiamino à Thor co’detti cfprefli

1 Monti, e i Colli, e con preghiere interne > A cader foura loro, ò nei receffi Celarle almen de Tatre ampie caueme: Perche fe i Giu fti, e gl’ Innocenti oppreff» 1 Soncon offefe, e con ingiurie eterne.

Che farà poi con memorandieffempi Giulio Rigor contra gl’iniqui, ed Empi ?

Così dice égli, e intanto non ritarda Il laffo piè la faticofa firada .

O gran Dio, Tira tua, quanto più tarda» Tanto più auuien, che formidabil cada . Proùocata ecco vienforre,cgag!iarda, Terror del Mondò, la Romana Spada,

- Che vibrata da Tito* apportaalfine A tuttala Giudea flragi, e rame»

^ .7 Era

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VNDECIMO. *63

| 4 i

ÉraGerulalem per fico forte,

£ per muraglia inefpugnabi 1 forfè ,

Ch’ à lei munita di gran Torri, e Porte Con triplicato giro intorno forfè .

Soura (colicela rupe ingegno , e forte» li doue il chiaro Sol cadeà riporfe »

Con muro pur di moilruofa altezza

: Beltà le aggiunti:, e l’apportò fortezza .

i y

Mi quanto vn gufto delicato appaghi Nel caldo emuo, dentro le Cictade^ Ombre grate , dolci aure , e chiari laghi , Copia £ vini , e quantità di biade :

Ma poiché gli empi di dominio vaghi Coilor Gioanni riuoltar le fpade ConrraSimonejC’l Popolo Giudeo,

Pria del* eccidio fuo quali cadeo .

Quali incendi mirò quai non foflerfe Mifcrie ? e che ingiuitizianon PafflilTe ; Contrail Ricco innocente àl’hor cóuerfe Jf empio la forza, e di rapine ville ;

Ed altri il nudo ferrod gli occhi offerfe Di Donna , che pudica contradifle , Nèpuote mai frenar la violenza )

Non ragion, non timor, non riuerenra .

A* 7

Vedeanfi ancora, ahi quante voice, e quante Dal furor folle ,e da la rabbia paiza Arder le Cafe intere, e in vno illance , Doue vnaftradafù, farli vna piazza. Struggea con quelle à l’ hor grano bacante Per glianni interi la peruerfa razza ,

Poi con pellimo eflempiole Prigioni De t Ricchi depredati eraa Magioni,

M 3 Dirò

c* i k ^ v

1. 8 *

Dirò cofa maggiore: il facro Tempio * li r Simulacro dèi Ciéb cafa di Dìo,

Serrato al vero culto, il Tirann’empio Sua Roccafece,imilIe morte aprio* Quiui la crudeltà con fero feempio Efferato Gioanni, e quiui vnio « - , *

I fuoi detti Zelotti, onde (ottenne.

la Guerra vn tempore in pugna aperta véne

Giugne Tito famofo, e in fiera guifa t .

II campo cfpugnator de l’Oriente Soura Gierufaìem,che già diuifa.

De la fua altezza il precipizio lente*

Era la Pafqua à l’hora, e rimprouifa Giunta de l*Hofteinmmierabil Gente Chiufe, che ne Guerra, ancorché voita, fu poi d’impedimento, e non d’aita*

A X O

OMufa tu, cui nela Mente vera ^

Il tempo la memoria non eftinfe, - 3>e la gran fame vna notizia intera Spirami al cor^ehe gl i Hebrei tutti vùafe ;

A l’hor dich’io*che con muraglia altera Tiro Gierufalemme in modo itriu^e, ì Che chmfeai victb,ed à la Gente ria:

A Entrare, à l’vfcire era ogni via. * ; i . . i \

a.* f

Cominciò prima la Città fune fta r ?. ;*■ j* D'ogni cibo àfoffirir penuria grande,

Che chiufi i 1 ochi furo, oue la metta *

Turba comprar folea pane, e viuande «

"Già per dilàgio à diuorar s’appretta (Cibi vdi,e negletti) herbaggi, e ghiande , Pòlcia i Cani fedeli, indi le brame Nei Guerriero Ddtàer ipenfe lafame.

<?**• : Ma

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V N D B C J WO. ' %fi

2 X

Ma poi che gli Animali à l'altrui voglie Mancaro, e che il difetto ogni hor crefcea. Umifero difcorze,e conte foglie D’arbori trite il digiun ventre empiea.

Con fiere grida già s'vdian le doglie De l’infelice Plebe, che cadea.

Con horrendo fpettacolo, per tutta l’aflediata Città morta, e difiruica.

Giaceano qui de i miferi viuenti le lunghe fila, in rotti panni afeofe.

Per carità chiedendo à i più potenti Gli auanzi almen dele più vili cofe. # fi vedea vna Madre fra i languenti Morir, mentre che il Figlio al fen fi pofe , Che da le Mamme, homai di gelo fette, Cercauapur, ma in van fuggere il latte . ì

O quante Donne fùr, che per difetti Di cibo,altrui le proprie Figlie offrir 05 O quante Mogli i lor pudichi letti Per efea vii contaminare ardirò:

O quanti Ricchi.da la fame aftretti ,

Seruiti pria, che à feruir altri giro j .1 O quanti per vn pane, e nero, e duro Vender fe ftefli alfin sforzati furo . ,

Spello à l’hor, che ccrcaua il nutrimento l’affamato Plebeo, fen za ritegno Sourail nudoterrencadeuafpento. Mentre altridi morir moftraua fegno.

A molti fi tróuò per alimento, <>.‘

Elsédo morti,in bocca hor terrjhor legno. Tal che ne la Città feorrea per tutto Lamifcria, l’horror, la morte, e illutto .

M 4 Mifti

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tff PIANTO V

Milli fri i mòrti con trafitti volti Infiniti giaceano a pena viui ,

Altri pria del morire erao fepolti.

Ed altri morti di fepolcro priul .

Da i Cada u en in mucchi interne accolti D* vn corrotto licore vfciano iriui.

Onde nafcea vn fecor, ch’intorno errante Pèrvccidere i laniera battiate*

* 1

E pur di tanti mali alcuno ammorza

V efler fatto il difagio afpro , e la fame Da la necelfìrà, non da la forza ,

Da l'arme, e non da l'altrui cieche brame : Ma lapenuna grande ecco homai sforza

V Hebreo Guerrier ne la fierezza infame , Per viuere , ad vfar con tutti, e lenza Tema, horrore , ò pietà la violenza .

Del crudo Difenfor gli «ti crudeli Maggior l’an guftie , e le milcriefero ;

Che non fece il Felkm , perche non celi Il vitto il Cittadin d’ ingiallo , e fero ?

Qy ai pene non oprò, perche riueli Il duol , quanto occultò conpio penfiero Al' auido furor de l'empia Squadre (Cibo de i figli Tuoi) mifero Padre ?

Più d'rna volta altrui diede la morte, Trouara à cafo alfin, poca farina.

Ch’era l'occultator battuto force ,

Quali conuinto reo d' empia rapina ;

Cosi il mefchin ne la finillra force ,*

Da chi follano atcefe,hebbe ruina.

Cosi de le fuenture, homai vicine , Prouidealdanno, enonpreuidpilfine .

. . * - Pili

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V N D E C t M ©. 27J

z o

Piu d* vna volta ancor 1* empio Soldato , Entrando à forza ne le prime Cafe*

Dopo con diligenza hauer cercato.

Che latibolo occulto non rimale ,

Poiché nulla trouò, percoffe irato (Che molto ritrouar fi perfuafe ) *

Gli habitatori, e con enfiate labbia,

Del ventre in vece, (atollo la rabbia . z v

Cenando alcun , quali in ben forte Rocca ,

Di cuftodìta cafa entro i ricetti ,

Ecco la Turba militar , che fiocca ,

Da cui fono i Cu (iodi in fuga metti ;

Ecco il tutto predare, e fin di bocca I cibi torre, homai dal dente opprefli ,

Non à Giouani fol nerbuti, e termi.

Ma à le tenere donne, à i Vecchi infermi#

a ,

Dura condizióne , oue I* antica AtfediataCittà conuien , che giaccia ,

S’ altri già mai per caldo, ò per fatica *

Di vermiglio color tigne la faccia ;

Come d lui mieta fol Sicilia aprica ,

E Creta fol le fue vendemie faccia.

Per odio, ò per inuidia è d* imprpuifo ,

Come ribello ,d la fua Patria vccifo . z z ? r

{ila s’altri pofeia effettuato, e fmorto peÉ publiche ftrade, inerme , e folo. Vattene lagrimando, c per conforto Del cér, con vno oime disfoga il duolo ; Come ogni vn tenti folleuare è morto Dal Difenfor del combattuto fuolò ,

Tal che la morte à gli attediati latti Sempre facale,c irrep arabil fatti . .. ^

M 5 De '

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*74 V X A N T Oc VI 7

**?.{** ififtma vlciano fuori M v .. Tal horle Donne afflitte à l’hore oscure, CJu ne Marte temean, i fuoi furori,

Cm ia necefl* ti ie fea fiCUfe> . . .

luan cogliendo fino i iprirai ialbori

L iierbe, e de l’orbe le. radici dure* «

i er osculi® ienuer facean ritorno, « , / :

Ak^a con quelle i figli* altra il Marito,, . .

Ch Infermo li languia,giua nutrendo, ^hepoco ne gulhua, ogni appetito

Ma S i p e nei<%iUÈ perduto bauendo:

Ma da la forza del Cullo de ardito, ;

Cftetierapre andana la Città /correndo, ; Tro uaceal&K que]ie infelici herbptte ,

A4aiu^faoiedarQerano aftretre.

Vnp;? ^c’hauea U mano tvf . .

Pienadr Ruta, al fen tenero Figlio*

ie ? VLU COI1Paflo fumile, spiano.

Che" «ol r h3“Cr pa?aco °Sni PengHo; .

Che poi forgiata davn Soldato,™ vano

t „e;-ei>r?°J chc con turbato ciglio La pr^le quefFeilon, CHE Pira ftofta Non conofcepietà, nèprieghiafcoka, J )

T. ujuiUll vjiuua.;

Aer me non le voglio, chegiuntafonm A tempo tal, ch’i nodio hòl’eder viua. te bramo folper foftener le membra ^9ueftoJ^le^Iaa^^

- -C > * *V r

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V N DTE C/JM O. *7*

2 8t

Se le togli così con modo ingiutto ,

Già non deuranno alcuno honor portarti; Poche à l’auide brame, amare al gulto.

Già non potranno alcuna forza darci ;

Ma fepur tùie vuoi, pietoio, e giolito Con la tua delira forte almenle parti.

Acciò che in auelto dinon vegna meno Di fame il Figlio entro il mio affitto feno^ a * 4

A£a il fuperbo Ladron,c’honor non prezza, * E dietro il fenfo^orre à fciolta briglia, Igiulti prieghi,e i caldi pianti fprczza,

E non fol l'hèrbe tutte ingordo piglia;

Ma il Pargoletto afferra, e con fierezza Di Tigre, à cui nel volto altier iìmig iia, f Il batte prima aifuolo, indi con pena « Su gli occhi: de la Madre alhn lo iuena.

v .

Se bramarti d’hauer foll’herbe in pace (Rifpofe il her) per dare in quello die Cibaal tuo Figi io,hor ch’egli eltinrogiace. Rifiutate da te fon fatte mie.

Ciò detto, à quelle poi per la vorace Bocca, di gir.nel vèntre apre le vie;

Rettala Donna, e piagne , e foura il faogus Del caro Figlio ittnpiditalangue.

'Come Lupo crùdel, che taì’hor efce Del Bofco fuori àdcpredarl’ouile.

Se non può disfamarli, ecco piu crefce La voglia di rapir nel vemrc vile Così l’Hebreo, che forza , e ingegno niefce Per fatollarfì, al Lupo in ciò limile,

. Nc la difficolti delta la voglia.

Che foflr alfine impazienza,e doglia.

' ' M 6 ' Se

t

i7?-~ PIANTO 4 *> '

Se a’entra va di dentro vna cafa , e chiede (Come è il {olito Tuoi viuande, e vino; * Ma tace, ò che non ode, ò non s’auede Donna, eh* à foco humilfedea vicino. - Teneua ai fen de le fue doglie lierede ,

Nato pur dianzi vn tenero Bambino ,

Che grida, e piagne , e perche nulla gioua , Con le Mammelle d’ acchetarlo prona.

4. a;

Impaziente à f horl’ iniquo, lega JLa Giou anetta, che fi duole, e lagna, Pofcia pane le chiede, ed effa nega Hauerne ,e tutto il fen di pianto bagna;

E mentre che la feioglia Mando prega,

E i prieghi con le lagrime accompagna. Scorre , e cerei ogni loco, apre , e differra L Arche,e le Caffè ikrudo,e*l tutto atterra.

Perche nufla non troua onde iàtolfe

V efferato difio, tutto $* adugge ,

. Corre à colei di caldo pianto molle ,

E da le Mamme il latte à forza fugge ;

dalfemineofen primaii tolle,

Ch* auidamenteegli il confuma , eftrugge " Come è fazio fi parte , e in graue ambafeia

Così legata l'infeiicelafcia.

. f-

In quefta gaffa per la Città niella

Correano furiofi , ed infoienti Gli Hebrei Guerrieri in quella parte, cui A le rapine, à gli homicidi intenti, (quefta. Onde la furiaTor via più moiefta , ^

Del Nemico era à 1* attediate Gemi,

Come accenno! Io poi co chiaro effempio , Dc^no di piantola fatto atroce, ed empio.

*-• i*: Era

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VN DEC IMO. *77

4 4

Era in Gierufalem Donna, che venne Ne i moti primi in Scurezza à por fé, ^

Che di ricchezze il primo loco tenne’,

E di fplendore hauea il fecondoforfe ;

Dal Tiranno coflei, che non (ottenne? Poiché più volte à depredarla corfe, Spogliandola il Fellon con atto indegno Di quanto hauea di preziofo, e degno»

E s’appretta già mai la parca menfa Perfollenerfi ne l'anguftìa grande.

Ecco la Turba d’ingordigia accenfa Corre, e tracanna i vini, e le viuande s

pure à l’infelice alcun difpenfa (Benché tutta pietà fi raccomandc > Nondirò poca parte, alnrèn quel folo,

Ghe rifiutato auanzo è tratto al fuolo*

Arde di fdegnail generofo core De la Donna viril, chefatta audace.

Ciò che le fomminiftra ira, e furore,

Contra i! proteruo Stuol nqncela, ò tace; Quel che la man non può, dimoftra fuore ' La lingua almen, che perfido, e rapace '

Il chiama, e forte piagne, e intorno grtda> Per alcuno irritare, onde l'vccida»

* \

-Eri tante fceleraggini finire

Pur brama il vtuer fuo, che farà corto; CH'vn magnanimo cor non può foffrire, Ch’altri,benche maggior, l’offenda i torto* Mafua fuemura è ben, ch’i l'arme , i l'ire Il Giudeo contra lei non fia mai (orto.

Ben pofeia attende, ed à Barbarla viene rhora foi de i pranzi ede le cene .

A»-

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z7 8 PlANT Q *

Ancorché yegna, e minacciofo frema ,

£ famelico cerchi in ogfii canto.

Altro non troua, che miferia eflrema ,

appretta la Dònna altro, che pianto : Ma l intrepida alfin conuien, che te ma la fame rea, c’ftormai l’afììigge tanto ,

Che non sàgome, ò con qua l’arte opporli A le lue forge, à i Tuoi rabbiofi mora.

Penfa,e ripenfa,enonhd mai ripofo.

Eli Tuo lungo digìunpiù Tempre I'ange,

Piu Tempre incomportabile, e noiolo Le vifcerecontorce, e il fen le frange;

Nulla corjferuapiù l’Erario afeofo ,

Vuo ta c la Cala ,e vri Figliohn , che piange il mal, che cosi fortepunge,

CheJ infelice al difperarii giunge.

E commolla dal duo!, tacco tiranno

De la ragione, al Figlio corre (fpinta Non feda la fame, ò da l’affanno)

Ma infuriata, e ad opra grande accinta: Qiuntaà la Cuna, i] Fanciullin non fanno Pigliarle mani, e relèaquafi vinta L'ira da la pietà, che nulla adopra, *

Ma per hreuettofa ibi rirar4*l’òp» .

Di Donna difperara il core irato, '■ -a r -- *

Chi-mai fertnaiIe,anoor fermar p o tria >*■ D’vn Fiume il cor(o} ò l’Ocean turbato .

d’ Aulirò, e d’Aquilon la pugna ria .

Porga e pur, che nel fen del Figli<*ainato *

Il materno furor s'aprala via, *

Ma. pria, che il ferro vccida l’infelice, t.«n le l^aoKa^U occhi jj guarda , e dice.

Osfot-

*7*

VNDE CIMO.

f

O sfortunato Figlio, à chi tiferbo

Nel ferro, efrà U fame ?al duro impero Seruirai de Io Stranier fuperbq,

O de l’Hebreo, de lo Stranier più fero . Moto intanto io di fame, e quello acerbo Vicini o giorno mio non vedrò intero ;

Tu fe dòpo la Madre ancor vi.urai,

.Di diiagio piagnendo alfin morrai ,

Hor cibo adunque fij de l’empie brame Di chi ti generò (tniferia horrenda)

E del fallo mortai fauola infame ,

' Onde ogni etàpietade, elenno apprenda: Ma beui il fangue homai,fa*ia la fame Con le tue carni pur, che per ente nda Haurai, Madre crude), giù ne l’Inferno ,• - Senzapentird, vn pentimento,eterno- >

, f fr a

In quello dir, benché tremaci e* inone - q ;i

La delira il ferro, e’1 Pargoletto vccife , - Che poi tagliato, à brano, q-krano colSt'

In diuerfe viuandej e in varie gui/e . Turbolli tutto il Ciel, tutta fi icofie ^

La Zozza Cafa,àl’horclValfoco ilmi/es , Prodigi, che infamar già di Tielle ,

E di Tantalo pria, le Cene infette, j £

. s 7,1 t

Attretta da la fame, ingorda prende jih c.*'iy

L’abomineiiolcibojepri^ildiuora^^^j Poi nel Capolini indizi, il guardo antere. Che il fembiante ge ntilr it iene a n co ra; o* x Per vergogna fouenteil vifo accende >

E fpeflo p er dolore il difcolora,

Mentre che il fen,che al patto rioconforad Chigià VÌUO CdÒjlXÌQUQMfcQlìfe.

Co*

*% * P I A N TO'

Come e f.iziaCoftci, ciò che rimane Depefiecrabil Cena, altroue porta ;

Ecco giughe il Soldato, e chiede pane.

Ma pr;a con violenza apre la Porta,

Sente l’odore, e con fierezza immane la Donna afferra a l'hor tremante, e (morta, E de la morte la minacela, mentre Non habbia il modo onde riempia il ventre re

Turbata penfa-, alfinjdarjgli difpone le reliquie in felici di fuo Figlio; tìor mentre il dente quei delta,e compone, Torna ella intanto, e con dimeffo ciglio

. Il miferando cibo inanzipone

A l’affamato Hebreo, che quali artiglio Non ftende il braccio pria , ch’egli il ritira.

Quando ilpaftomhuman conofce,e mira, e o

Epallido, e dliortor pieno, e tremante Sor ge da l’empia mertfa, e guarda, t tace. Mala Furia eludei trattali aliante,'

Sdegno fa in atto, e con fembiante audace Dille- Del cibo ancor caldo, e fumante, Otenon (atolli homài la bocca edace ?

Del Figlio vcci(o , ch’io magnai pur diami. Quelli, c’hor miri tu > fono gli auanzi «

0 i: : -,

Senza rìfpoff a dare à l’empi^ Madre, r- A I^cÌ3^horribileafa,€'fidipartè”, - ^SerOpre de le viuànde atroci, ed adire L’oggetto hauendo inanzi à parte, à parte* Per la Città, perle Romane Squadre Dino^oflì il gran fatto in ogni parte,

T^he le menti più fiere,ed ogni (eno, S’àpietà non dettò. comm òffe almeno.

In-

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V N D £ c I M

b x

nto foural’efp ugnate mura i più d* vn loco è il Vincitor lauto, rii per tutto la fona, e la paura ùfcaccia il Difenfor vile, e imarrico : loti è, chi più relitta, ogni vn procura aluar le Hello dal Nemico ardito ,

L dentro il Tempio, c foura eccelfa Torre Codardo afcende, e difpcrato corre.

non Riparo, ò Fotta, ò Rocca alpeftre >otrebbe ritener lafuria, e’1 fello De l’Eflercito à piedi, e de l’equeflre, Ch’entra per tutto hormai fenza contrailo. Non si duro cor petto filudlre.

Che in rimirar contaminato, e quatto Ilgran Tempio, famofo in ogni età te.

Non lagrimatte almenper la pietate

ferpe il foco, ed ogn’hor più s’auanza Ne l’altera Magion, Reggia di Dio,

E d’ellinguerlo è vana ogni fperanza.

Tanto perfo vigor l’incendio rio.

Cade in cenere alnn l’antica Stanza ,

Dopo cadale Porre vn fiume vicio Di {angue Hebreo, che per voler iourano t

Lauò quel fuol, cui fatto haueaprofano '

s ; ;■>

'er tutta la Città fi veggion folo Fiamme àglobi difumo ofcuro mille , D*huomini,e mébraettanguiè pieno il idolo E l’aria intorno d’vrli, e voci tritte. Commune è il danuo,vniuerfale è il duolo, E le miferie non più vdite, ò ville.

Onde i mal viui Hebrei rellano olFelì Nel Sanguc,ne l’Honorc, e ne gli Arnefi. <

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af* Vxf I A N T O

0 6 -,

Con voce altera, e eoa terribil faccia Il Vincitor le faggidue fchiere,

Co’i ferrano, ma folco’l guarda {caccia*

£ chi relitte ancora opprime, e fere .

Di tette tronche, e di recife braccia Sparfo è il terreno, horribile à vedere * Eperche nel furor la pugna auuampa*

Non fetto, non età la morte {campa.

' 7

Pergiuftizia di Dio, come ribelli De PopprefTa Città per ogni ttrada,

E le paurofe Donne, e i Vecchi imbelli V anno indittintamente à hi di Ipada.

Non vai chiedere aita, ò ch'altri appelli Il grande Imperator, perche non cada , Che doue il nero Marte il ferro impieghi * Ea pietà fogge, e non han loco i prieghi.

6 2 4

Di viuo fangue dentro vn'ampio Mare Ondeggia la Citcade in mezo il foco.

Del primo afpetco fuo più nulla appare # pietra più riciene il primo loco, l’eccelfe cafe. e le delizie rare ... Caggionò in trita p.olue à poco, à poco,

E testarne^ gli Archi, e i Bronzee i Marmi. Diuorano le fiamme, atterra» l’armi.

6 Q

Fra gl’incendi, eie morti, e le ruine.

Sazio di fangue homai l’empio Soldato#

Verginella timida nel crine' » •• Prende, à gli ttupri,à le lafciuie dato.

Cède sforzata al fin, rettale alfine ìl co re intatto, e’1 corpo violato.

Se non le toglie poi rabbia infinita, '

Dopo il pregiar o- honor, la cara vita ,

De

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VN

io?'.

le cafe il Romano apre le Porte, ~ \

ì troita dentro, fol vago di prede - a Madre afflitta, e le Figliole (morte,

•’I Padre pio, ch’ai Giel foccorfo chiede^

The minacciato à l’hor d’acerba morte, ù’1 letto maritai tremante vede _ •. u

)e l’inhumano àl’impudiche voglie

ior le Figlieferuire, editoria Moglie. j

-jii-

gionfi in al traparte adorni, egraui - : 1 enir di ptedegV Inimici crudi, U

di Gemme, e a Argento di foaui ngnenti pieui hauer gli elmi,egli feudi, he di quato acquiftar già il Paare>egli Ani ifciar le Cale, e i gran Palagi ignudi, unendo fottoi cenni Ior proterui - i brandi, e Ricchi già prigioni,jeiemL 1 x

fo fcorgeafì ancor, chi vide parco, , -

le proprie folta nze al fornaio accrebbe, ledipenfierimainonraangiòfcarco , * ìe trauagliato mai pofa non hebbe:.

:1 fuo caro Teforo ir dietro carco , chine i Figli il fangue filo pria bebbe, rdouer poi mirar tanti fudori «

i

*

legnarli ne i giochi, e negli amori.*

7 1, e

i celarolericcheaze loto, o; » .\0 V 3 )ueco.ncoceilfeno ognialimento, >, ; >hi orrendo per forzàargento,ed oro, -i r rihauerlo poicia i lor talento i ìe dilcoperti alfine , per roartoro mia vita lalciar Foro, e l’argento, ide i Romania quanti à l’hor fuggirò morce, cosi yìuì il petto aprirò. ...

Efpei-

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ti ^

2*4 .'PIANTA V

14

- Efpeffo poi, doue predar penfaro* I

Suppellettile ricca, e preziofa.

Piena di Corpi morti ritrouaro, fidi puzza, e d’horrore iui ogni cola*

Che morir di difagio in duolo amar#

Il Padre, c la Famiglia lagrimofa, ,

Senza hauer,chi pietofo almen chiude/Te

I lumi loro, ò lor fepolcro defle ,

Xe miferxe narrare è folle cura.

De l’afledio, ch’ai Mondo è flato folo*

Arfe Gierufalemme, e l’alce mura,

E le gran Torri Tue giacquero al Aiolo»

Non léce Marte mai guerra più dura.

Non vide Morte mai con tanto duolo Tanta gente cader, quanta cade o A l’bor co’I nome, e co’l dominio Hcbreo#' f

Usi ceco alfin verificato à punto ,

Quanto predice d’humiltade il Fonte, .

II &èdcl Cielo,il mio G I B SV,che giunto Al piede é homai del dolorofo Monte,

Da la fatica, e dal dolor confunto ,

Tutto fangue dal piè fino à la fronte;

' NonIungeconGioannihurmli,epie >. Vengon poi con MARI Al’ altre Marie* 1

Erfe il Caluario appretto! a Citiate i

Pieno di fallì duri il capo alpino ,

Fri' le mora Padora horcon pietare.

Anzi con zelo ardente, il Pellegrino:

Che le prime combutte , e difofate Furo da Tito, ed Elio altre vicine A quelle ne coltrutte, e lor nel centro Cjuul'e il gran MÓte,c1 bpl Sepolcro détro« ■’*' V Non

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. vndecimo; »«jf

7 8

n già per honorar la Tomba dina,

>Tloco, oue G I E S V morte foilenne,

^iò feo l’Imperator, che in età priua £uafi di lume, empia credenza tenne, mzi d* Adone, e de la Dea lafcìua ìHdoli prima, e’I culto poi mantenne,

)ue la Croce fu gittata, e dove 'hìufch Terra infeno il vero Gioue.

7 ©

cerche il Mondo eterno il nome veggia, retti ad altri l’honorata brama, le il Regno di Giudea fenza la Reggia inoua la Città, ch'Elia poi chiama: fa che il fecódo Adamo nor morir deggi a, oue il primie^c’habbia il fepolcro,eFanu ittero è ben;com’è ragion, ch'apporto

or vita 1* vn, s’arrecò Filtro morte .

8 o

Caluario Ifaac ne l’erta ttrada zr figura portò le legna, e*l foco, uando à cader per la paterna Spada, oftia richiefta, venne in quello loco, osi compire al nouo Ifaaco aggrada i Profezia, che porta esàngue, e fioco nel duro Legno,in cui daMorfe opp retto, rnci Vittima al Padre offre fe fletto. -

perche il fito,oue gli eftremi lutti » r * :rfano quei, cui la Giuftiiia afferra, luafi centro, oue egualmente tutti !i >rnano i tratti de l’Immóbil Terrai - 1 rche communi effer doueano i fruii! -d :1 Sàgue pio,che il Demon empio atterra,

1 per quello il Caluario irrigar voli©, ic il nudo capo io inwo il Mondo eli pile»

Adun-

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2gé * f*'! A N T O, y

A dunque flrett o da fer oce Stuolo» , ; ^ c '• Sù’l Monte accende il R edentor fenigno* Languido sì, che in rimirarlo iolo ; Intenerito haurebbe vn cotogno* > Biancheggia d’oflTaignude il duro iuoloA

Spira.’vntacitohorrprl’alpromacrgno^

E di Corpi corrotti, elvelle intorno ;j ,

Altrui fi moftra bonibilmente adorno* -

Ma da la quan tità, ch’iui fimira De i morti Rei, che quali tutt o il cinge, 4 Vn a puzl vn kw* si grane tprfa , - yA Che foderato offende,*’! fiato ilnnge.^ Ecco intanto MAR I A. viene, e ioipira*- Edi color di uxorie il vilotinge*

Come vede quel loco, oue l’atnitto -, . -f < Suo Figlio inCtoce dee morir trafitto ^ <.r

Eriuoltaà Gk>anni,e Maddalena r,*L * f>l Ed alenare lue, così ter dice. , 'f i

tt >1 _ t> I^pmht

E l’Innocenza,. chi Oiorir fi mena, : 1 ;

Edio duóqye farò la Spettatrice ;t •* 1 £ 1 r^Drcosìdur:0^°b>hl>p3I^iaPriraa> 1 La pie tate m’astertiifc’.l dupl m’opprima.;

Ma chepietà, che duo! richieggo à farmi- : '{ Oli ella vita mal viuahonfai finire ? r r Satt*felodl mir^IaCrope, à trarnn r ;f Luoriboggimaid^-mio v^al morirei:- r

Ball» vederi che-di Martello s’armi * ;

& Hebteo crudele,* in atto di Ferire^ b -1 Aby la mano, e moft/difcolpo forte tU t ,• Apcuetrarmiil core>àdarmi morte,

~ \ * Onuo

VNDECIMO.

... 8 6

n io Figlio innocencc , ahi, qual già mai apprellan crucio fine i fieri Hebrei# i lignei ti colmo d’ignominie, e guai '

1 loco infame, oue morc’hanno i Rei. . unii tu ancor, qual Reormorto farai,; uiuipur ti vedran quelli occhi miei, non gli accieca il piamo ignudo efsàgue la Croce yerfar l’vltimo fangue.> . , .

8 7

re si crudo è il duol, che nelcor mio . < ogni pena maggior trapala il legno,. udeliflìmo è quefch’à l’Huòmo , e Dio \nima diua affligge, e>’l Corpo degno *

Ire del Cielo, in quello giorno rio a fragilità fiat© foltegn o ) j

ma tenera Madie, à leineIco*e j •„ : npri la pietà vofira il fuojdolore . .

8 s o

o la Turba intanto inermi, e nudi > r « / aiano i due, che condannati furo *

iurta morte, fra i Miniilrixadi, ; , f

rcutorideltormento duro . * no quefli quei, che i lacci Crudi i le ferree Catene al braccio implico ? h l’èmpio diero,à l”hor,chefangue,e gèlo le fotto i flagellili del Cielo. ,•*. .i

ohi afflitti, e di pallor dipinti : ; : oppiando fe’n gian lagrime, epaflii * udore , e di fangue a fperfi,,e tinti, doglia* e per viltà tremanti, e laffi . , , mdo folo in mirar qui de gli efiinti « die, e l’olla auuolteftar irai fallì, o vn fu biro horror, che loro muoia ifla, il fenfo, il motore la parola . ■. i

Non

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3*8 >PIANtO

«j o

Non lungi al Saluatoreattendon metti Il fine alfin de le 1 or vite infami,

Cosi à l’impero altrui vengono pretti Martellio Ctóodi:erK)iiiempilegamù I Manigoldi al cenno vfato detti S’accingono troncar gl’indegni ftarai z De le mal nate vite, e in piè rifor ti Spiran da i torui fguardi angofce, e morti.

ti

Mentre fra grida horrende, e martellate Su rdurì Chiodi, e fra Catene fcofle» Appefe al Legno fono, e pria forate l’inique mani, ho mai difangue rotte? Quattro diquei Mini tiri cuipietace l’empio efferato cor non mai eommofle, S'auuentaroà GIBSVS che con gra pena Eflanguc ,e fianco in piè rcggeafi à pena,

0 li v .

C con atti villani, e con parole >

Indifcrete apprettar le mani infette ,

Per trarre à Forza à la diuina Prole Dal petto pio la fangukiofa Vette. Hormétre al Capo hum ile vn’empio vuole leuar le Spine, perche nudo eirette,

«.Apre al Sangue le vie, che perle piaghe Inacerbate, fembra vn Mae, ch’ali ag he. < o a ■>

con furia minor, poi ch’à lui tratte Cou violenza far le facre Spoglie,

Sangue verfar le vene, hoggimai fatte Miferoeflempio d’infinite doglie.

De le fueCami dine ilpuro latte Copre ilfanguecosi, che il fuolo accoglie. Che, benché nudo eifia, veftite, fembra. D’yna purpureavette bauerle Membra-

Fra

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v vun&cfi m o.

i tante penealRedentors’aggiuhge 4 > [1 cocente roffor de la vergogna.

Nudo fi vede, e la modeftia il punge ,

Ma celarli à tanti occhi inu ano. agogna. Vn’eleuatò Saffo indi è non lunge,

Qui fi ritira , eroiche fiat biiogna Così fenz’altra Velle,in feriiiretto ;

Tnu.o;s'accoglie,é il capo inchina al petto ,

o fc-

lentre che la gran Croce intanto appretta, gli altri ordigni rei lo Stuol ferino ,

Vndei più crudi la Corona infetta Torna di nouò al Capo almo.e diuino;

E pofeia vna beuanda empia , contesa DaJacrilegamandi.Mirra, e Vino, ; ;

Gli apprelentaà ieJabbra, onde auualori Non Ja forza del cor ,ma de i dolori?. ; ;

o ' o i

Eraperfanguefpgrioil Saluatoré,

E per lunga fatica, arfo, e confunto ,

Non ch’afletato , epriuo di vigore ,

A l’ettremo. confin del viuer giunto; i cbecon difio frefeo licore,

Betcohforto delfen, bramò in qnel puntò* t Gode lapura mano il vafo prende , sfr cui foccorfo., erefrigeno attènde r, . ;

W O 7 t. *

» Non ptinupoi con l'aria lingua il tocca , *

, A(ìTaogiandoilLicor,cuiteneachiufo,

’jjj Ch’altroue à l’hor l’amareggiata bocca, >

■i Senza gufarne più, volge confufo .

; grida, rifi, kftemmieinfieme (cocca, ;

yjf d-a Turba, che celiar mira delti lo , : :

c $ G 1 E S V , che me fio gira

Gli occhi à la Madre afflitta, e:larimirà> . *. \ .v N ' Coti

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i* TP! A NTTO: r

a„ '

Con atto di pietade, e di martire Ne la materna faccia il guardo affila,

E in quella poil’occulco fuo dilìre,

E la miferia, e’1 duol fpiega, e diuifa :

Ma la Donna del Ciel non può loffi: ire :

Quella veduta amara, ed improuifa,

. perche il tenero affetto al cor fiitrmge',

E i languidi occhia lagrlmareallringc»

U naturale amor l’Anima sforza . A rimirare il lagrimofo oggetto,

E*ardir da la pietà prende à l’hor forza » Ond’armapoi di ficurezza il petto ,

E cosi larinfr anca, e la rinforza.

Che tremantes’appreflfa al fuo Diletto,

Mentre occupata la feroce Turba ,

Ne la morte de i due, non la diiturba *

Hor quando giugne, e più d’appreffo vede Del Figlio offefo leferite, e’Ifangue, -r. Quali che la ragione al dolor cede.

Pur vince,CHE virtù rara non langue:

Ma bene il duol, ch’ogni dolore eccede , Concertandoli al cor , fa il volto eilanguc In guifa tal, che d’ogni fenfopnua, - Di vitto altro non ha, che Teffer viua.

i o i ' _

Mentre poi gli occhi ferma, ecco più forge - Maggiore il duol de le fue pene dure, Che no tener più il Figlio à l’hor s’accorge Sembianza, onde il conofca, ò*l raffigure. Doue non dilla il fangue, altrp non icorge. Che tumori, ferite, eiiuidure ,‘

E tutte mira ancor le Carni piene Di ner ui incili, e difquarciate vene .

Ahi

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vndecimo. %ft

14 z

li de l'afflitta Madre, e quale, e quanto Fuffe l'acuto duo!, chela trapunfe.

Dir non faprei, potrei dir mdi tanto,

Ch’ agguagliale quel sómo}ondeàrhor giu Ma fe fi deue argomentar dal pianto (le. (Dal pianto, che la mifera conlunfe )

T al fenza dubbio fu, c'human penfìero

Non formarlo pocria più forte, ò fiero

h o \

Iza i torbidi lumi , e poi gli abballa -Il languido Signorein tantapena Villa la Donna , eh*. anelan te , e lafla Ne le lagrime fue refpira à pena .

Quello atto di pietade à lei trapana Di nodo l'Alma, d'ogni affanno piena , Che mira, e piagne, e tace, alfin poi ruppe Ogni filenzio , e in quello dir proruppe.

| 9 4

n qual loco, in qual guiia, in quale fiato H«òr vi ritrouo, hor vi riueggio, o Figlio > Da qual nembo di duol miro turbato Il Sol de gli occhi, e l'vno, el'aitro ciglio ?

Ofanguepreziofo,òfangueamato,

Qual conforto può darui , ò qual contiguo L* afflitta Madre , fe fra tanti guai #

Ogni foccorfo c intempeftiuo homai ?

Ma pur nel cieco horror del pianto mio , Quali in nubilo Ciel mal certa luce,

V n non che di bene , e di di/io (Se non di fpeme) d l' egre luci luce;

Follo pur dirui almen l’eftremo à Dio, Come à mio Parto, Creatore , e Duce ,

E del materno amor per fegni efprelfi ^ rollo pur darui ancor gli vltimi ampie, ffi .

, Ni Epuc

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t9% .'PIA N T O? '

. io*

- E pur conuien , che il mio penliers’acchete In cosi metti, e dolorofi vflfici ,

Poich’al languido fen brene quiete i Dar non ponnohorai voltri fidi Amici;

' .• men fi può l’intolerabil fete ,

Cagionata dal (angue, e da i fupplici’, leuarui in parte, gii che fol de l’onda .

D’vu pianto rio lane ila Madre abbonda*

io?

pime, dunque non dee l’ardor crudele ,

Se non da fucco amaro effere eihnto ? Pianto hor gli offre , e poco dianzi Fele Li porle vn crudo , à più crud’opra accinto . Ma che giouano homai quelle querele

, - ALnio dolce G I E S V ? Ch*oppre(To,e vin- ./ f pal’horror.dal timor, languido more, (to - , V^iNon le di vergogna ò di dolore.

dO mio vero conforto, hor si conchiudo, »

Da quel roffor, ch’ai fanguehoras’aggitige. Che non le piaghe già, ma i'efTer nudo E'quell’acuto duol,che si vi punge. Confolaceui homai , che vi feudo iConcraad occhio Linceo ,che veda lunge. Il fangue,che le Carni eflàngui,e pelle ( Miferabile Manto ) intorno velie

1 OjO

Ma fe chiedete ancora, onde vi celi.

Opra gentil dibenteffuti Itami,

Quelli, c’hò intorno al crin poueri Veli Nafconderanui i Membri infermi, e grami. Non fiacche Scopertali riueli A la profana villa, àgli occlv infami De i fieri scribi , ò de la Turba ria La parte,che da lor nafeoia fa .

e Cosi

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V N D E C X M O. *9J

110

Così dicendo , i l’aurea chioma tolfe - L'eburnea mano i Drappi, e pria gli aperfe,

E pofcia intorno al puro fen gli auuoll'e .

EU ventre callo, e’1 Dorfo burnii coperfc.

Lingua non pòtria dir, quanto fi dolfe,

ISe penfiero penfar quel, che fofferfe .

La Diuaà l*hor,che il dolce Figlio ftrinfe,

E del filo /angue pio tutta fi linfe.

111

Sofpirofa nouo à dir riprefe,

Quando il Corpo fourano hebbe coperto «

O legno efpolto à le nemiche offefe ,

Petto diuin,da mille piaghe aperto ;

Ahi, che louerchio amor d’amo r t’accefe^ .

. Soffrendo morte per l’al truidemerto,

Onde( mifero Mollro ) horla Giudea/rf^JAjV Fàil Giulio iniquo, è l’innocenza rea .1

i 1 1 x i Viaggi y

Andate in pace Alma beara, epura,

Che dietro à voi l’Anima mia fe’n vola :

L’afflitta Madre voftra altro non cura , Ch’vna grazia ottener picei ola,e-fo la ;

PriaJ, che vi prema ( oime ) la Motte dura'* Per me porgete al Padre vna parola.

Acciò che per pietade ei mi conforce *

E mi foiteena in cosi dubbia forte, iti

E qui piagnendo, per le luci oppre fie Il duolo in acqua ardente fi diftufe’,

quelle vltime voci intere efpreflfe 9)

Ma le troncò nel pianto,e le confufc . Aprìleluciàl’hordi morte [imprelfe Il moribondo , ma poi le chiufe.

Indi con vn fofpir,che dal cor nacque ,

A Dio pur dille Madre) e qui fi tacquejj

Ni Con

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1*4 PIANTO XI.

1,4 -

Con quefta amara voce à lei per l’ offa

Corfe vn rigor 3 eh* immobile la refe ,

E parue , che dal Fulmine percola Non poteffeadoprarle Membra offefe Ma del dolor da la terribil poffa Il Corpo fenfo3e forza alfin riprefe , Che ritornò , mouendo il paffo à pena , Doue eran le Sorelle, e Maddalena^# .

\

Jl fine del Tianto Vndecimo.

PIAN-

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*91

PIANTO X I I.

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* ~ . •■»■...•

.*€ % G 0 M E N T 0 .

a

fy7»4 <///e Ladri fon trafitti , e poi r Crocifijfo è Gl ES V , conpena grande; £ mentre gioca l'empio i Tarmi [noi > Son di le pene mijerande .

* Perche il morir del Figlio non l' annoi, (de tfacquifia vrì altro iHor Cbrifto i altofpa Za voce , abbandonate à l bora more » _ Tiagne la Madre , e langue di dolore

Entre via più con le Marie di- lette

Disfoga , e co Gioanni il duolo atroce

La gran Madre di Dio , furono erette

Co' i Ladri appetì vna , ed vn’ altra Croce Non potriaairtìàpicn, come faette . Bedemmie inique la terribil voce

Del Ladron* eh’ à finiltra ignudo pende , Mille con vrli fieri , e grida horrende .

N 4 L’ al-

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1

\

ì 96 PIANTO

X \

L’altro più manfuctoil capo afflitto Con modello roffore inchina al petto,

, E co’l filenzio accula il fuo delitto , Manlueto ne gli attive ne l’àfpetto.

Da yn pentimento intimo il cor trafitto,

* Noh ofa gli occhi alzar, mairi le tiftretto. Non come l’altro fi dibattere freme.

Ma cheto ftalfisò fieuolmenje geme.

Hor la villa funebre ,e*l rumor ferp De i Ferri,de i Miniftri, ede le Genti,

"'De la gran Dounagià forma al p enfierò ^ Ufo turo teuor de* Tuoi tormenti .

Gii contrail pio G I ES'V lo Stuolo altero

* Eccita ifenfi antìchi,e gli odi ardenti, J - 'h Chementreferuepiùlo fdegno,el’ira,

: La Croce, e i Chiodi ecco appresati mira.

Ben fe*l vede M A R I A , che frale braccia Del Difcepolohumil di doglia manca,

, Che bagnandole poi l’effangue faccia ,

Co’l pianto fuo la della , e fa rinfranca :

Ma come tema, c duolo il fen 1* agghiaccia ,

. Cosi nel volto appar confuse bianca , 4 « Ch’adogni mótòjò llrepito.ch’afcolta, lui de gii occhi il cor prima riuolra. f

CosiCeruagentiljC’hebbesù’ldorfo, - » O da Spiedo,ò da Strai ferita graue.

Nel folto Bofco,a lei fido foccorfo,

- Tremante fugge,e intimorita paue;

Se cade, ò foglia,ò fronda , afflitta al corto Di nono torna, e pofa mài non haue, Che-fempre teme in felua,ò in giogo alpino Co’i V eltri il Cacciatore hauer vicino. *

Ed

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*97

NDECIMO.

6

Ed ecco i Rei, fra I c cui fiere mani La cruda ingiufia morte era diuifa, Auuentarfi à G) I E S V , come Cani A Damma,pria tracciata, e pofcia vcciia . Per odio accefi,e per furore infani , legangli con ritortela firanagui fa - le braccia, e i piedi, e con mortai tempefta

Altri 1* vrta, altri il batte,altri il calpelUj.j

7

Stringon le Funi fra la mano,e lofio,

« Oue il moto del cor l’arterie infegna ,

Il Redcntor,ch’à forza fuelto, e moffo Oue fedea,vefiigie incerte fegna,

Perche il Canape al piede intorto, e grotto* Di cui l’vn capo tien la Turba indegna ,

Come de gli altri ancora, al Prieion latto Rende impedito, e mal ficuroilpaffo .

Come à Deftrier , cui per natia brauura Altri il feroce piè ferrar non ofa.

Con lacci|, e funi faggia man procura

Manfuefar la voglia impetuofa.

Hor cosi al Creator PHuom creatura1. Quali à Belua feluaggia,e furiofa,

Lega le Membra, e con infame eflempio SolcontraPHumiltà fi dimollr’empio.

la Gente i l’hor di feritade acce fa'

Con vrti,efcoffe tira il fourano,

Doue nel fuol è l’afpra Croce ftefa , ^

E di Chiodì,e Martelli ingombro il piano . Qui tratte al fin l’Humam tade offefa Il gran Liberatordel feme fiumano ,

E qui giunto , degli altri vn più lagace Volgere il Tergo .al crudo Legno il tace.

«y

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19% P r A N T O r

io

Indi lo /pigne, ed ei, che più non tiene Forxa nel corpo fral , cade lupino ,

Gli homerioffefi, e le piagate rene Percotendo con doglia al Tronco alpino . Con T amara caduta, ahi, più fi viene A trafiggere il Capo almo , e diuino.

Che la Corona à 1* alta Croce giunge ,

Da cui percoffa il ripercote , c punge

i i

E’ grau iffimo il mal , che da la bocca ,

E dal nafo,e da gli occhi il l'angue abbonda* Cosi nel viuo penetrando tocca Tanto ogni piaga più dentro profonda : Hor mentre da la fronte vn fiume sbocca. Che il Patibolo tigne, e’1 fuolo inonda ,

10 S tuoi de i quattro, per dar fine à 1* opra, ÀI caduto Signor s’auuentafopra.

la mano afferra, e doue angullo foro Segna del Legno forte il corno deliro , Adattata l’affigge con martoro

11 più crudel Crocififiòr Madiro:

Manon conforme à i difideri loro Ghigne la manca al loco del fineilro , Onde, perche v* arriui , à i crudi gioua

Far con fierezxa vna, ed vn* altra proua#

ì a

Prendono il laccio pria gli empi nocenti ,

Ch’ imprigiona la manca , e con granp offa Cosi tiranlo poi battendo i den ti ,

Che fi rompe la carne, e llridon l’offa .

Molti refi ar, qual fredda neue , algenti Al fiero'ìiion de la terribil (coffa,

A molti ancora empiè l’atto improuifo D’ horrore il petto , c di piecade il vifo .

. .■ i’vno

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DVODECIMO. %99

I 4 .

L* vno il Martello piglia, c l’altro yn Chiodo Appretta à quella parte , oue finifce La man co’l braccio, e fi ripiega in nodo,

E con quanto poter batte, eferifce. (do, Graueèilcolpo,elaCrocehàfotto il fo- Si che ne trema il luolo , e ne fiordifce

Il fenfo de pii Aitanti, e più d’vn llringe Gli homen, e tacere di pallor li tinge*

i f

Eri tutti gli altri , i cui giulto dolore Per si nera empietà conturbi il petto ,

E' la Vergine numi], che moltra fuorc Con l’acerbo martir l’accefo affetto ;

Che ben crudele à lei trafigge il core, '

Chi trapalla la maqo al fuo Diletto ; > . . Ma differenti fon le piahge intanto ,

Che l’vna verfa il fangue,e l’altra il pianto.

Non alza il braccio mai l’empio homicida. Che non s’agghiacci à l’infelice il fangue , Nèpoifcendeà colpirla mano infida,

Ch’à lei non rolli il freddo feno eflfangue ; Ne fere alfin con infoienti grida.

Che non le vegna punto il cop, che Iangue, In guifa tal., che muta, immota , e frnorta Altrui pofcia non fembri in tutto morta , 1 .7

Alfin con duri Chiodi al Legno duro ,

Senza alcuna pietà, del benigno L’eccelfe Mani conficcate furo.

Quali in vn lago tepido, e fanguigno ,

Che da le noue piaghe il Sangue puro Spiccia , come tal’ hor d’alto macigno Fontana fuol, che pofcia in riuo bagna Di fertil piano i prati, e la Campagna .

N 6 Re-

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jò# P i A N T O . « 8

Reftauan’ancoal Saluator tradito '

Senza piaghe mortali i Piedi ignudi ,

Che nel Capone nel Seno era ferito,

* E «eie Mani più dai ferri crudi.

* Quando s’appreftaàl’hor lo Stuolo ardito Che fierezza,e‘furor ftima virtudi.

Con altri Chiodi à dar 1 ’eitremo duolo A le t?iante,che i Cieli hanno per fuolo .

Prendala Fune,eperch*arriui il Piede A legno,con tal’ordine difpolto ,

Che forma vn breue pieno , onde fi vede. Che per (oftegno inutilmente è pollo. Tira co n quanto hi forza/ e fe ben cede Il corpo, retta il Piede ancor difcoflo , Hor,perche giugna, e prema quella parre ,

Huopo è di maggior forza, e ai nou’arce *

1 o

Ferma la Croce,ed à ben laidi Cerri La lega sì,che {correr più ncn puote, Pofcial’afpre ritorte à noui ferri Con arte auolge,e tira forte,e fcuote:

E’ forza, pur che il rio penfier non erri,

-E che le Membra, homai di fpirto vuote. Non reggendo al furor di tante (coffe , Giungano al fegno difneruate, efmoflc

rt I

Due Chiodi acuti intanto, e due Martelli Prendono due di piu sforzato nerbo,

E poi con colpi difpietati , e felli

. Figgono i facri Piedi al Legno acerbo;

Di (angue à l’hor due tepidi rufcelli Di nouo fpargel’humanato Verbo,

Che le Piante foròda mano immonda ,

Oue il Talondi veae,e nerui abbonda.

Pia

9

i

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VN' DECIMO 301

Più crudi gli alm.perche férma pofla La Croce eretta fopporrare 1! pondo , Cauanò con le Vanghe angulta fona.

Per fondamento, à chi foftiene il Mondo. Mentre occupati fono , à l’hor co mmoila La Madre afflitta dal dolor profondo ,

Vien foura.il Figlio,e in lui le luci affi (Te,

In vn pianto crudel proruppe , e dille .

lopur vimirojò Figliole pur m’arreca Tanto dolor la Carne volto incita.

Che più tolto vorrei non veder cieca 3 Che rimirami ih cosi ;fiera guifa .

Aduque vn petto humano alma ha si bieca* Che poflfa contemplar la Vitavccifa?

( Che Vicafete voi del’Huom terreno ) Enon fe’n dolgano non fofpiri almeno?

Oime,le Mangime, che già formaro .

Ne l’Etra i Cieli, e fer tant’opre belle Del’afpra Croce affitte al Legno amaro iy vn Verme infame, e vii la delira imbelle! Oime ,le Piante,oime,che già calcato La tetta al SoIe,e le più chiare Stelle ,

Hor preme vn ferro ? e trapafsò piu fero L’Huom,de la fua viltade,ahi troppo alterq

X $

Ma vedi,ò Madre, vedi,ou*hà condutto Il tuo gran Figlioli Creator del Cielo *

Il Monarca de 1* Alme, il del tutto ,

De lafaluezza altrui fouerchio zelo;

Farli de l’ Aluo tuo mirabil frutto , r Volontario loffrire il caldo , e’J gelo , .

Poco era à can to Amorife in quelli Crocè

Non fi morii» al fin con penaatroce. %

. ; Ecosi

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}oi PIANTO

x 0

E così il trouo al duro Tronco affilia.

Tutto lacero ftar pien di ferite *

Occhi, deh per pietà, mirate fiflo Nel Legno , vincitor de la gran Lire,

Che vedrete quel , che ne ì* Abiifo Cog nóme fa tremar 1* iniqua Dite , - Che il fuol di Sangue preziofo allaga , Fatto per molte piaghe vna fol piaga .

Ahi, che pur troppo il veggio, e fin nel centro Del cor la fiera villa mi trapaffa j O Figlio, ò Figlio, d* atro langue dentro . Vn’ Oceano h or vi rimiro, ahi lafia?

Onde forte alfeno il duol concentro , Chel* ifteflb dolor poi non rilaflfa.

Per disfogarli, mentre fuor trabocchi , ,

A l’Anima fofpiri , e pianto à gli occhi .

x 8

Quella languida voce efprimeà pena De la meli’ Alma mia [‘infima doglia.

Del mio trafitto fenl* eflremapena,

E di vofeo morir l’vltima voglia . (na ,

Per quello pianto, ond’ io fon mol!e,e pie- V n fepolcro voi copra, e me raccoglia, Chefento ben , che ne la morte ria * Spirerà il vollro'cor 1*; Anima mia .

x 0

1 qui tacendo!, in lagrimofe flille Sembra, che fi dilegui, e fi disfaccia. Tenendo ognihori’ humidefue pupille Del del Ciel ne la Sanguigna Faccia,

Che dal bel Corpo offefo , in fini mille Variando il langue, à poco,à poco agghiac t £?,e Pur ?e ^ Alma ha tanto di viuace , (eia* Che parlar polla, ond’ ei Ibi mira, e tace#

Cobi»

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DVODECIMO. |?| i o

imoffe in guifa tal 1* atto dolente el Figlio', e de la Madre il Popol tutto , h* occhio non fu fra quell’ alpeftra Gente Ancorché fier) che «manette afeiutto. iene 1* altre Marie di zelo ardente , renian o à l’ hor, per accoppiare al lutto )e la Vergine Madre il pianto loro »

^ l’aftUtt a tormento, e non riftoro,

- a i.

andò venirne l’ infelice mira

Gli empi Miniftri del martirio atroce ,

Ond* ella timorofa fi ritira ,

Pur lagrimando, da l’amata Croce.

Ne i minifteri fuoi freme, e s’adira.

Giunto al Legno vicin lo Stuol feroce»

E Scale, e Legni, e Pali indi prepara *

Sol per ergere a lfin la Cr oce amara

le Sorelle, e con la bella Hebrea, ^ ^

Che feo co’l pianto il gloriofo acquifto »

Si ritratte MARIA, ch’ancor tenea > ;

Gli occhi nel volto al fuo diletto Chrilto j Poi non lunge fermoflì, òue douea (Spettacolo crudele , c non più villo)

Il Legno alzarli , e lenza alcun delitto , Effere il giuftò Dio, qual reo: trafitto,

Quiui di pianti , e di fingultimelli, ,,

E di fofpiri vn flebil luon s’afcolta.

Che non folo commoue i più moletti, *

Ma tutti gli occhi fieri in fe ri uolta. t

Già non iottien la Madre i colpi infetti T ,

Del duol,che fuiene,ed è nel grembo accol Con affetto d’amor , quali in ripofo , . (u| Del Pifcepol o amato » c iagrimofo . ,

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?o4 PIANTO

; +

Sorge ella torto, e fua virtù rinfranca >

Qual Palma fuól,cui neftun pondo aggreuaì Apre i torbidi lumi,alza la bianca Humida facciaci corpo al fin folleuaj E benché tutta fia languida , e franca ,

E che noue ferite al fen riceua , . Gencrofarefifreje’l volto molle

Con atto di pietade al Cielo efrolle.

Jda per dar fine intanto à l’opra ingiufta , Doue non lùngi l’atra buca fraffi,

Strafcina l’empio Hebreola Croce Augufta Per lofuolo ineguale, e per li farti ,

Che del trafitto carca,ed onufra ,

Mal puote fecondar gl’iniqui partì, con vrti , e con crolli al Corpo eflangue

A pre ,e dilata le ferite,e’l fangue. a

Del Patibolo rio l’efrrema parte Su l’orlo de la Foffa altri compone, Ei corni ad ambo con mirabil’arte

' Con due capi vna Fune intorno pone*

E due pur lunghe traui,che in difparte ' Sraùano prefte,in guifa tal foppone.

Che con le punte biforcate al Legno, Mentre ergendo frvà,fanno fofregno. ,

,Al*an la Croce gli altri, à mano,d mano Prima col piè nel foro ofeuro feende* le Corde àicornipofte,con la mano Tirano due,mentre più Tempre afeende, E tanto s’erge alfin da l’humil piano ,

*’1É C'osi à forza in alto fi fofpende ,

'** Chedoue Pempia Fortail centro tiene

/Vpipmboimpetuofa a cader viene .

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DVODbCIMO. 305

Ipo gran'de,à la tremenda (coffa % e diè improuifo,à l’horjche cocco 11 ron- ue,chepenetraffela percoffa (do, giù nel centro, e nel tartareo Mondo*

confitto G I E S V tremaron l; offa,

1 tal modo crollò del Corpo il pondo , e fu poi quello «Lia fua fireddda Spoglia [uol, che di dolor pafsò ogni doglia .

in de l?afpre Corde vn capo lolo ei due, cui poi tirando in terracade ; piantata alfin,refta nel fuolo, iza appoggio,la Croce in libertade, e, perche poffa dar l’vltimo duolo, ?

\ ferma, e forte,à l’alma Humamtade , n vn legno .vn cru del prima la fpinge , t con altri minori intorno ftringe *

co affiffo à Tronco infame,e rio, n Chiodi ne le Mani, e ne le Piante terno Verbo , l’humanato Dio, l’ Huom, Fattura fua, tener o Amante; $ il primo error, donde la colpa vfcìo,

poi l’ingiurie diuerfe,e tante -

reglLfempre, intepidirò il zelo, '

hebbe,morendo,ai condurlo al Cielo*

* . r + 1 *

1 pietate, inumato amore,

Frir la pena de l’altrui delitto,

r differrare il Cielo, aprirli il core ,

>er dar vita à noi, morir trafitto . pietade,ed amor, per troppo atdore ttuto,coronato, e derelitto , * argere il fangùe,|e frà due Ladri a torto £uai Ladro infame^ffer’appefo, e mortq4

1

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3o6 . PIANT O v

Già nel Deferto , à 1* ftor che il giogo feofle Del Tiranno crudel la Turba eletta* Pofcia che con tra il Ciel la voce moiTe,

D’ ingiulèe accufe , e di querele infetta ,

Vn nembo di Serpenti in lei commoffc la giuft* ira di Dio , che per vendetta Vccidea co*] veleno, à pena tocche, ,

Le lingue infami, e le profane bocche ?

Teme il Popolo accorto , eiìrauuede Del fatto error , come Fanciul per ver»a , Viene à Mosè, eh* à Dio piagnendo chiede. Che plachi il fuo furore , cno’I difperga , Ferma la mano il del Ciel , che vede .

II pentimento, e vuol, che in alto s’erg a legno, che moltri à la ferita Gente Fatto di bronzo il feritor Serpente ,

^“^equalunque in elTo il guardo intenda Habbia falute, e fani ogni ferita ,

Hor cosìè d’huopo ancor, ch*in alto afeen- Per dar la vita i noil* eterna Vita; (da.

E che mirando in lei , fanata renda Nel primo Adam l’Humanità ferita Da morfo tal , che in fe medcfma poi Piagati refe tutti i Figli Cuoi .

fretto il Tronco, in cui ftaua pendendo II vero ,egiufto de la Giudea , la Madre i dolci I umiin lui volgendo ,

Per Tacerbo dolor forte piagnea;

Ed egli ancorairorbidi occhi aprendo,

II fangmnofo guardo in lei tenea ,

E rimirando il fuo crauaglio atroce ,

' Sopportava ne I'Almavn’alcra Croce .

Se

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D V O DEC I M 0. 307

anzi ad ogni moto, ad ogni fcoflV _

:1 Legno infaufto il fangueal cor ^finnlc : l’inlelicei ch’agitata, e mpffa, . n <i: .

►r di pallore , hor diroffbdì linfe; iche fermato fu, prouò per l’ offa :ddo rigor, ch’ogni calore etti nfe , .v >

>n morì già , che ne l’eflangue Salma Ica pietà del Ciel ritenne 1’ Alma*.-.

lumi filli, e con le labbra immote , ndofi fermo à rimirar Gioanni * indente Signor, giù per legote. tti verfa del cor gl’ interni affanni . v

bella Peccatrice il fenpercote, . _

;endo biondo crine oltraggi, e danmj

; Sorelle pie fatte dolenti ,

piono il Ciel di pia nti, e di lamenti .

\ d* oeni altro poi , che in copia fuori fi de P Alma l’indurato affetto b 1 Madre di Dio, che i Tuoi dolori . più non tace, e tutto inonda il pett#. po tanti martiri, ò Figlio , mori.

|ual mifera ftanza(oime) in qual letJO? tura che guancial duro , e noiofo 10 languido Capo mai ripofo ?

ito aperto Ciel , che le ferute 1 Sole inafpra, e co’l rigor de 1* hora, vn Legno pendi, e la vital Virtute rgendo vai co’l fangue ad hora, ad hor<£ v’ hà, chi ti conforti, ò chi t* aiute, i confoli pur , prima che mora , chi riltoro dia (fe non può al feno)

arie labbradipoc* acqua almeno^. -

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3ó8 PIA N T O

S o

Vmi Madre infelice, e’T Figlio miri 1 Auolto in quella horribilemiftura Di fangue »i di iudore ? e tu refpiri ?

E la tua vita à si gran pena dura?

E non faccora il fuon di quei foipiri ,

Con cui s’apprella agir l’Anima pura ?

Ma di lui forfè, hor che ti vedi priua .

Non odi,non hai fenfo,e non lei viua.

f i

Son mor£a,ahi Iafla,e già l’iftefie vie.

Che 1* Alma altrui calcò,!’ Anima preme : Quello è del mio G I E S V 1* vltimo die. Quelle del viuer mio fian l’horeeftreme. Har chiudrà pur con l'alme luci , e pie L’vltimo fiato fuo quelli occhi inlìeme:

O Figlio, hormai da te congedo prendo,

E dal tuo fine il mio morire attendo. *

Alfine vn*empio,che nel Legno infame Hauea trafitto il Nazaren benigno.

Per disfamar la federata fame De l’oro,di ch’abbonda il cor ferrigno , Con deflro modo,e con auare brame Fura 1* Arnefe,ancor caldo,c fanguigno , Del Sàluator, ma gli altri s’ auuentaro ( Veduto il furto) e’1 Ladro àl’hor fermaro

Cosi i Cani tal’ hor nel Macello Soglion,ringhiando,ad altro Cane apporli, E per vn’ono vii fiero duello Far,combattendo,con latratile morii . Diqaeimaluigiàl’hor dille il men fello. Che per viltà non volle in zuffa porli :

Non fia guerrafrà noi,ma diuida.

U Preda ,c non con l’arme li decida.

* > f*»

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DVODE CI M Q\ 309

an !a mi fchia,e trattili in difparte , - [ r uidono fra loro il fatto acquifio, attro fon gli empi, ed à ciaicun la parte cca de i Panni, cu ip.ortò già CHRISTO le tutti contenti il ferro, e l’arte , mando al troppo, ed aggiugnédo ajtri- e dei Panniamoli, e menci , _ (Ho,

ri tagliati foro , altri fdruciti , -

r f .

ifareftaua ancor la Vetta, . / - »

e copriua di Dio la Carne vera, e non di parti vnite eracontetta , , tutta fò.feaz*opra<i*ago, forerà . e fotte M A R I A fattura quella :deafiài’hora,etalla Faman’era, •/ nata al Figlio Infante , ed efla poi :bbescrefcendo i fanti Membri fuoi.

s &

:r noiiitade,e per lauoro, sr valore àmerauiglia bella, r,perche non fi fquarci,vn di coloro n fcaltro auifo à gli altri fuoi fauella. j 1 non s’incida yp così bel Teforo * fia la 5orte,che difpongad’ella :

>siad acquittar gl’infidi inuoglia 1 E?ado infame l’honorata Spoglia.

1 7 ,

! configlio taci-, o rimane , ipproua lo Stupì peruerfo,e rio; la vin le il primier.che tratte Can%- e Senio ilfecondo,e il terzo Chio: * da 1* vietino poi ( che in guife Orane otte i Dadi ) al fin Venere vfcìo j o felice, che ffà gli altri tiene rimo loco 3 e la vittoria ottiene

XI

3io* Pi ANTO .5 * . .

Il gloriofo Panno allegro piglia , lafciàndo gli altri Tuoi d’ inuidia pieni. Che i i vifi fieri , à le turbate ciglia Spirano d’ogn* intorno ife,« veneni .

Riuolge à 1* hora à la crudel Famigl ia '

Ne le lagrime pie gli occhi fereni la Conuertita, ed à colui, che fpiega 11 fatto acquifto, così parla j e priega. s

Se quella Ve (le, Cui fen no, e fatica Dianzi ti diero, e c' hora altrui dimofhi , Contrattar Vuoi , t* offre la Sorte amica (Se pur vaghezza n’ hai) porpore , ed ofiri ; Di forma rozza , e per lauoro antica , «

V vfo non fegue già dei giorni nòftri:

E fe di maggior prezzo anco hai ta!ento,(to.

meco Gemme, e in pronto oro,ed argen

o

E in quello dir j con infiammato zelo ,

Da vna Tafca , in cui tien ricco Teforo , Onde fpera comprar', donando , il Cielo A prezzo di pietade , e di poc* oro ,

Tratte vna Gemma , che fimiglia il gelo ,

Di preziofo ornata, e bel lauoro , Ch’efferdoueagià ne Pecade acerba Del fuo tenero fen pompa fiiperba .

Sfauilla il bel Diamante, e de l’ Auaro,

Più che la vifi a, à I* hor ferifce il core 9 E v* impt ime cosi l’oggetto raro ,

Che diuien tutto voglia , e tutto ardore;

E far l’inegual cambio in modo caro , Che le parole tronca, e le dimore ,

E per la Vefte (cui non fimiJe Teforopifiritreo) prende ii Monile. J 1 Così

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DVODECIMO. Sii

6 x

de gli altri Pannili rimanente mprato fu da man diuota, e pia , alcun non v*hà,che cóferui in mente irto lor d i quanta forza lìa j che Donna fanò, che già languente ,

>ta di fangue ogni lua vena nauia; de le diue Spoglie ogni vn ripofc, ne Gemme lucenti, e preziofe.

6 X

nna di Magdallo in tanto prende felle, e la ripiega, e poi nafconde , entre à l’opra lofpirofa intende, anto fuo co’l fangue pio confonde . èrma è si, doue il gran Figlio pende ,

R I A, che non fàuella, e non rifponde, n raffembra à gli atti, e più à 1* alpetto ciiìfTa reftar co’l fuo Diletto .

t> >.

; che fìffa, e fenia moto ftaffi, tirando le piaghe , e le percolTe , ano moto infieme vnendo i palli Icriba Hebreo, contra GIESV molle: non dille il crudel ? le piante, e i falli legno accefe, e per horror commoHc « ali giù , doue la fpeme è Iberna ,

:mie horrende i [cieco Inferno auuétt.

O S S- '

fciocco(dicea) ftraggi il grà Tempio, ì degno culto il làmolo erede , rna dopo il triduano fc empio fuo loco primier le pietre illefle . glio fe* di Dio , con chiaro elTempio i di Croce le tue Membra opprelìe , no, e fano in Terra altri ti veda , e appagato, i tuoi gran vanti creda.

Mira

$n . PIANTO/ -fi

6 6

Mira finto poter, falla virtute Di Coftu i,che fi feadi Siria Donno,

. Ch’vna ancor de le più lieui ferure , Tutte le forze Tue faìdar non ponno.

Se d'Ifraelleè Rè,fe ftefio aiute , '

Pria che gli opprima gli occhi il mortai fon Se già tanri fanò, dunque è frale. ( no;

Queit’arte in lui*, ch’à lanar lui non vale ?

0 7',

Vede la Madre imo?i,o de l’àccufe.

Con che l’empio il beffeggia, epoi ne ride. Onde lente vn dolor,chefi difnjfe,

E che l’anima parte, e’1 fen duii.de*

Per gli atti non mirar lelucichiufe.

Che il difpregioI’accora,awàl’ancide, , *

E per non afcoltargl’ihdegni accenti, L’orecchie afforda al fuon de iiùoi lamenti.

© g^

O come affettuófe, ò come piene ; '

Son le voci di fenno,e di bontate,

O come ben rifponde,ò come bene Carca di fellonia le Turbe ingrate:.

Ma il pianroi l’hor,che da le cupe vene .. .Del cortrafie il dolorerete pietare.

Sgorgò for^e così, che iafe riUrinfe /

.La debii voce, e leparok eiliate. L ;

© <l y <j

Hor co’l peflìmo effempio', vn di quei due. Che per misfatti lor pendean dal Legno, Che altero è sì, comerapace fue.

Per cento error di mille morti degno, Auuenta conrra il Ciel kràbhie lue.

Vibra contra G I £ S V l'infame fdegoo,

E fri bell emriìie atroci in quello dire*

A chi è lontano ancorala fornire. r, . ;

Se

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D V O D E C I M O. 313 10

’qnel Metti*, quel Rè, quell* Vnto., ito al Mondo a rifc.it tar gli Hebrei ,

> il tempo, opportuno, ed ecco il unto* fari notoalcrui , quanto, e qual lei : o, ò Salito, che fi j ciimoliraapunto . citi crudi increduli Giudei, di Croce fcenciendo; apportar puoi

ita à te > la Ubertade a noi.

7 1

rro poi , cui'anto fdeg.no accefe ma , dal cieco Mondo hotnai diuifa, ragioni iakiiflìme riprcfe * ut-, c’hafiT di Dio la via recifa, deureiti faper con quante offefe '•< locammo già il Cielo , edili qualguifa, (e vide, e iorcFri tanta malizia,

ia, -dolce Pie.tade>e non.; Giudi zia.

7 1 r

1 c/ion. temi Dio ? chein'.quefto locò i’il^fltipenaattcprl irriti ì> fiotti cÌ(b‘go,.chedi affligge, e poco il vero dinfiTike) fi amo puniti: qyeliijirh’c d’Anioreyn viuo foco, di bòntade ha meriti in finii i, . _ tl già maifece errore? ahi, ch’à gra torto irefo* fìrlegato, ed hor fia morto.

7 i ~ -

l^cncio ài SàlUàtor làifiicciàj giupfe.pqicone(fi^ce2elo. . nmep cacti di ma, Signor, ti piaccia, me faraicel Regt)Oftuo del Cielo > :u*^nignità.mondo mi faccia,

:>lto ch’io fia dal mio caduco velo, quei peccati (oiitie) da quegli eccelli , iouerchia follia da me commetti. -

O Vano

$j* 'PI AUTO*

i

Vano non Ri il penfier , vano il dire , thè il cor elpreile,c che dettò la fede 3 -Ma per rifpofla merito d’vdire,

H oggi fa rai de la mia Gloria berede , Felice Ladro, auuenturofo ardire ,

Che da te più £btama,ò che fichiedc ,

Se legato, percoflo. hai d’improuifo Ttapitoconvn detto il Paradiio* *

* » 1 5 m

Haueua intanto il Paziente afflitto Con debil voce, e con parole mefie Pregato Dio,per chi l’hauca trafitto , Con chiaro cfìcmpio di pietà celefte;

Id bora dal gran Padre derelitto ,

Pel vicino morirne l’horeìnfefte,

A lui conuerfo con l’dtremo fiato C hiedca, perche l’haticlTe abbandonato.

.Ode il fuo figlio la gran Madre# corre» Doue sù’l Legno amaramente pofa.

Ma cornehebbe difio , già no’1 foccorre, On de fermali metta, elagrimofa Bramar iail fen, vorrebbe il coreefporre. Per dargli aita, e non ha tregua,ò pofa : Mapoich’altro nonpuò,doue l’affi fife,

la forza Hebrea,l*humidelucì fi ile:

7 7

ItTuolgeil guardo i l’hora il Moribondo,

E vede Palma Donna, in fiera gutfa ,

Ch’ai pianto amato, al fofpirarprofondo , A gli atti, al moto par da le dùrifa Quello al gran carco infoportabil pondo Aggiugne del luo duo! villa improoifa , Mirar la Madre in quelle angofceeftreme , Più che il patir^piu che >1 morir gli preme.

Bpcr

DVODECIMO, :

7 1 * -

iarle d -amor 1* vltima prouap 'r :rchc fi conloli in ranci affanni , cerata pietade ecco rìtjoua, urente riftoro a i grauì danni, tana dategli occhi amara pioua no ila decente il buon Gioanni ,

: mentre il pianto co’iofpiri mefice, ;giorlapenaal Moribondo accrefice.

’adrepoijChc Pellcgrin lontano a diletta Patria ir fi configli!, ilmrifede, con giudizio iano, affari fiuoi comettc,e la Famiglia . quefto Padre ancor, che dal profano ulo, co*l fanguenormai congedo piglia andar lunge , di lafciar procura a fuo caro Teforo altrui la cura,

io-

e (aggio, fin ch’i luì con ce ilo gran martire c fenno , e fientimento, . cimo fuo difio vuol fare efpreflb , i fermo irreuocabil Teff amento:

[a tf or» cura più * di fe lidio, le la Madre ogni penficro hi intento, li fo 1 gli rincrcfcc , e di lei folo na,fic potrà pur.temprare il duolo.

;to di pietà volgendo il cìglio ;li occhi di Gioanni, e di M A R I A: »onna ( à pena difle )ecco il tuo Figlio , eco ( ò Fido ) la tua Madre pia.

‘alta Prouide* la alto cor.figlio, di Vergine huaii!. Vergine ha lode;eben ragion, perche non viua , i fieUegno,ò2ifioccor(opriua.

O a ie

3i«S; . 'P I ANTO ' .7

v 8 r

le luci mefte/Iagfimoie ancora *

Torfe Giouanni da le luci amare ,

Che egualmente l’allegra, e l’addol ora Quello effetto d’affetto, e di bontate. Periuacara, e dilettaaccetrò à l’hora la Madre di dolore, e dipietate,

E tal la renne, (in che l' Alma refe

Al Figlio, e con la Vita in Cielo afcefe.

8 ^

Quello fegnc^d’amor ifrugge, è dilegua Xn acqua di pietate il fea Materno* .

Che l’acquillo mortai già non adegua . \ Ea gran perdita mai d’vn, Figlio eterno;, Ma come vnitaà Dio , forz*è,chefegua Co’l iuo di/ìo l’alto Voler fuperno ,

Ben rifenre à I’hor, ma foffre, e tace, (ce. Che guaco CHRISTO vuol, tàcoà lei pia- nure il lenfo, J’anAo^ilafcarBe,if fangue Oprano in lei; le forze. [or maggiori,, n * Ch’à la ragion, che ne Japena langue> Velano in parte i chiari fuoilplendori * Onde à fajreddaibocca ilcoreeÌTangue Comparte la gran forza de i dolori,

E con l'Anima poi lagna, e duole In muti accentile tacite parole,

g ? o - 1

Qu elio cambio ineguale, ahi , chepur troppo La mia perdita moft*a, e’1 danno (copre. Ma P che piace al Figlio yil core aggroppo. Acciò che taccia il duol i> che in fe ricopre ; Che le forte non fcioglie il mor tal groppo. Sono milleri occulti, e diuin’opre, ;

Che Tento io ben, che in quello amaro puto D’ogm forza,ed eccello al colmo è giunto. - ' Ò che

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D V>0 fiVti r'M O. 317

. . 8 t> 1

: frale foftegno, off de maggiore i caduta ogni horà ,'è quello mai ? rdere(bimejdef Sol l’almo fplendore, r goder poi d’incerta luce i raì. tal trouerai conforto afflitto core? doua Madre , e tu qual Figlio haurai? *lk> d* Amore, £ non di fangue, ed io idre d’affanni /e Aon 'del Figlio mio*

v . 0 _

•ur neretto cosi viuorefta, *

tìliò GPESV, l’Imago tua fcolpita, ie inqiieffafo}m'*accheto3;efoloin quella ; IaìUa.t&flrte amara hauròTa Wfa. 1 *

:h, ch’in eifa vedrò la ferie niella . ; zi fanrguei é'd'è le piaghe , onde è ferita, è potrà confala* r A- ima mia, ile tormento maggiore à lei non dia. !

, r

arie m tégo-drà'Jò ipirtò afflante > miò tFigbbM’ Wmòr, Gibanni amato) pelle bontà, quelle vi. rudi fan te, j'de fe tu mirabilinenrè ornato ; forfè il Cor fra le fue pene tante a, che reff i contento , e confutato, uendo di quel foco, onde sfauilia e non potrà la Fiamma) vna Fauiila.

8 9

ne*FFagelli , e ne le dure Spine;; ne le Piaghe, e ne i pungenti Chiodi aucan fortitoilpreueduco fine ili antichi vaticini in vari modi: la CHRISTÒ axor , perche finifee alfine panto de le fue ingiurie, e de le lodi * a Scrittura in Enigmià noi predrffe , ' utto languido, e itane 6*. fetc, dille.

O | Sere

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$it PIANTO

o

Sere querta non fu, ma voglia ardente. *

Anzi difire,ò mio Signor tradito > Difoftenere il Mondo homai cadente Nel precipiiio eterno di Cocitò j Che fc b en*arfo, e pallido, e languente Ti fece à l’hora il troppo fanguc vfeito j I>i ftarre ogni Alma à quelle Scarne Ucte Del Paradifo era la vera fc te. - *ià

© me infelice,ch'àji dolce affètto, ' *

Qual fango 2) Sol, v ia più me Hello induro *

£ capo offefo , è’1 lacerato petto .. - Non rimiro*ron piagno» anzi non curo . Ingratiflìmo Verme, ahi, che ricetto Ben merri hauer giu net profondo ofeuro » Se non diftruggi 2 cosi ardente zelo De l'oftinato cor l'amico gelo * * *

Ma tu gran Dio, bramata mia fàlute » » ».

Che con la morte altrui la vita apporti * Infondimi vigor,dammi v ir tute ,

Che lìtuo grauc patirne! core io porti j Ne Iatuafere,eneJe tue feruce Habbia le mie fperan2c>e i miei coforti» Meditartante pene à l’Alma mia- Il fuo penficiojilluadiletto fia*

t t

Varo era pofto,indi non tungc, pieno ( Come l’vfo chieda ) (faceto forte ,

Q per dar forza per fonalo alieno * . *

O per accelerare anche la morte ^

w Arida Sponga i Manigoldi hauieno , fi lunga Canna apprettò lo r la Sorte , Cornea punto chiedea per l'atto fiero Itdifegno crude! d'empio penfiero.

o Prc*.

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t> V'Ori* « C I M O.

* -♦<* ...

ic la fccca Sponga, ìndi fa getta : l’acerbo licor la Gente ingrata, »’ipoco,àpaco>ancorche in feriftrfrtta* ia più feinpre fi gonfiale fi dilata:

>me d* Aceto è poi piena^d infetta*

i mano eipcr ta al calamo cleeata

rchc ad amareg«ar,fatta piu lunga , - bocca al Re del Ciel di tetra giunga «

Off.

n crudele ìnalzaca,indi è poi mefla «

[a bocca Dio tiuida>e nera’, i cui non prima prette comprefiai ae rifiutò la beuand*empta,e fer ai a già l'hora fatale ecco t’apprcfia*

\c per dar virai noi la vita pera v nc la Croce con l’efTangue pondo nca Auerno,apra il Cielo,efaniil Modo*

* * < ' n*alt e. vn grido ( ò merauiglia noua ) *

habbia, mancando il cor, viua forza he noto è pur, com*alrrià pena moua i voce, cui quel punto infaufto ammorza-,

; CHRlSTO,che fuenato hor ricroua :nzalpirto,e vigor piùfi rinforza* v.

uefto è d’altavirtù mirabil frutto , he tutto pucoe il Creator del tutto’*

te moftrar, che volontario offriua ; (ledo al Padre in Holocaufto Tanto,

;he non Potea la Morte, onde moriua # snzat’affenfo dino oprar mai tanto lentreàl’A.mma pura il varco apriua,

Quelle voci formò, mifte co’l pianto., le le tue mani , ò del celefte Regna ouimo Signornò Spirto mio conlegno *

Q i , la

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sia urunfT'O' 3

«, 8 * .. .

In queftodire il Capò esangue inchina Soura il languido feno , ftumile in atto , . V E cosi fpirà poil’ Alma diurna.

Recando ilnobil Corpo immoto affatto. Stauaà la Crocea l’hor MARIA vicina,

E qui Gioanni ancora erafì tratto,

Quado CH RISTO formò quella gra voce Con grido formi dabilef,e feroce.

0 «o ^

Pa-u*, quando s’vdi , Mole cadente.

Che d’impronifo altrui i’ orecchie offènda, O del Bronzo Guerriero il tuono arderfte, O vibrata daiCiel Saetta horrenda :

Tutra ft sbigottì l’iniqua Gente ••’

(Quali che il fine a lei douuto attenda) * Iliiono il Monte, e s’vdì ancor lontano

'Fremerla ValJe,ed vllulatneil Piano.

1 o o

Come l’Anima fanravlcita mira "• 1

Ji’alco Scrii tor de l’Eu angelo facro,

DjI profondo del cor forte iofpira , .

E di lagrime lp3rge ampio lauacro ;

Poi con le mani , à fe medeimo in ira (Ne sfoga in parte ancora il dolor’acro) li crin fi fue!le,ed à la bella faccia

Conl’vgna acuta acerbo duolmipaccia,

i o «

le piangenti Sorellee pur dilai,

E di tronchi fofpiri empiono il Monte ,

l’Anima, e del cor gl’interni guai,

Per la forza del duol, portando in fronte. Non vibra tanti fuochi Etna già mai.

tanti humori verfa alpina Fonte,

Che più non fin ancor de le Marie Gi’infocaù tofpirijC l’acque pie. ì, : t> Hor

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D V t) D E jfc I M O. Jii

qiiift nVo #r i'dò f or i a Màd dadéna," :*

ncjuàfacanda à pieii rìb* 1 pòtria dire * IVaì^ridìl^ao'i.j'àlà proterua péna,:; i armato dd'Cbr ^embraniprfre; * * opre ^addolorata U volto a pena; \ he il pianto è tacche bene iLpuòcoprirc, ante lon dente, e cosi fpeiTe poi : amare dille de’begli occhiluoL

. , I Q , f .

a V’efcjHe’Klàdté; à cu! cpfnpartè' . '

1 prudenza vlrilfòi^è'maggiorr; on th'iqnànirao ardir dadi in dìfpirte^ om^fiittèftdo ne FAhtfàrfiioi dolor ir ero tanto non può che in qualche parte •al le no alcun non ne (copra hi ori : * chi la mira ancor ben può vederle ; orporeggiare i rai alcune perle.

rche irTuò dolore ógni altro .àttera: ; ►'acerbità, difoTia, e di grandézza, J ; alè,e maggiore ancora èlacaftanzi , * )nde à fodrirlo è la fandAlnia atiuezza* còme ella in virtuianpre s'auanza, ' osi gli affetti vince, e iféhfi (prezza;, dianzi nel duolo , hot ne la morte >i cot fimi offra inuitto,e d*àiòia forte*

t O £ . .

do non forma, e gemifo non fòande, •Je^Vàrigeil crin^ne il perente U volto-* Aa-vrl^non So che^drgerrerófo>c-grande, umìrT, cà* dòl'oè mai femper auutfhq*. fhe e miferaride f,

Zcrfò lèi la pietadè accresce molto , *•

1 da le lingue ancor di rabbfe piene;

Di (ingoiar fortezza il pre^iaot tiene.

\j _ O s Ea

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F' I A N T O’

i w

£dragion,«henon fumai fiàquante:. Donne l’Amichitàjd’anùiiorare^

E d'intrepido corxla più. collante O la. più. forte. ne Panguflie amare .. Taccian di Resfa pur le Carte fante»

Che d'animo dimeifo appoleiparc, Benché miralfe con. tormento atroce DuccariFigli fuoi morfre in Croce •,

L . T

Ne quella Macabea,che. vide vccilf Sette fuoi Figlidamodkanto, Urani,.

Che tutti.fiiroà membro à.membro incili Con tormentiterribili, c.inhuroani Cui de icari Partii tronchi vifT»,

de l’infano Règl’impetiinfant. Spauentaro già mai l'Anima, viua ,

De la gran Donna a la colUnzaarriua ». t o s

% vo i fete anche ( ò gran R EG IN A ) in Terrifi Ch’à MARLAd'AJma.eccdfas!auuicfni ,

E che d’affanno immenfoà Palprignerra.

Il generofo ardir giamiainon chini;;

Che fe ben'Euro.impcruerfàndo atterra^ l’Elci tal’hor,non.moucigioghi alpini;.

C osi vince indolori’ Alme volgari,,,

Ma vinto è da le Regime fingolari

i ©. •»’

Tale apparile àpunto arditale inuitr* ( fo, Del grandcHE N R IC Oettinta alfiero aui» Quju fi moflrò MARI A, bencht trafitta, Mirandoin CroceiIfuo.DiIetto.vc.cifo;. Voi non turbali c pure,ancoE ch'affli tu*

Di pian t q infru r t uofò jT. R egid Vild,1,

Ma premendo il dolor,feopri£te il ciglio Tkno d’iagofciandjina di configlio.

b v a b h c t m e. ;i*i

€*e »e ioianeggigraui, e ne ipenfìert Volgendo, ilcor^etecna gloria degno ,,

A gProgJmBunteftini* agl*firanieri Qpponclìe prudente Arme xd Ingegno

B (opprimendoli fin quei- moti fieri ,, C’haurian potuto folfeuarui il Regno,

Eolie accadente Impero inerme , c Donna*. Ed afoon fermo R è Baie ,c Colonna*.

*EaR flsuf fon pofciai chiari effèttf*

Chedal noto Valotmai lempre viciro*

Che gli ammirato i Popoli [oggetti,.

Eie Gentiltrankreneilupiro ;

Onde i penfier. dinouitade infetti,.

Scoprir ipoco Fidinon ardirò,

'temendo tanto il volito 'fenno, come Deiforme Benric.o già la Spada, e'I Meme

ì. ii t , ,

Beu’.hor perquapt.<>-. v n'occhi<? cftern^ vede Xutta compolla parPilta.MAR I A ,

Ma in par.te troppo cupa hi Palma fede,.

M è alcun di lergliocculti fenfi fpia »,

Ahi, che Pintern* penai! fommo eccede. Che quanto c chiufa più» tatuo èpiù ria ,, Onde à feria corretto dal dolore ,

Cosi ragiona à fe roedefmo il core *.

ffelióXe'morto^dÈàretlando invita,

Pxouo >nidcdr.la.fe«aidélmorire r

Anim«ii3tdaliw>Vih Corpo vfeita, AceffeiCtmorendcilmia languire.

Qual cor feno piufpnro,© quale aita 3 Marcando.il veib ogj*euo( oime) ai difirefc *: Come, infelice me,viuer pofs-ìo

Io fpirto mio ? ;

flp - Q fi

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<3ìa $ i a w t ó nnw

. % ì * .*4

Figlio fc’ morto, ò rropp & chiaro effe mp io * tì’vn'^morikriiberacd^d inaudito, ' '

Quali vii Profanò, Vn Misleale, vn’Smpto Fu'i*ijtleluf©pvcciro,'e pria tradito.

O Morte ingiidia,ò memorando feempio,

O troppo d àì mi o C H il (STO H u oìno gr a - , 1- Se p aprirti il Ciel, che pria chiuderti, (ciào, Coauien clr’aflì Ifòin preda a Morte ci relli.

. 'i 1 f

Figlio fé' morto, ed io pur’ anche fpiro ? Egodò<]uello Cielo ? è veggio il die *

L’i (angue fparfo, eie fèrité miro,

il pianto àcciecal'egre luci mie.* . '

Ne ad vna lagrime tra, ò ad vn fo(piro>

Fatta di mamiQ tutta, apro le vie ?

S'hor non mi sfaccio in lagrimofe tempre, laffa, ben incrt.o di piagner lèmpre.

O w‘ r'I

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PIANTO XIII.

•.'■• . « '> . ; . J -•

* Uff G 0 M É N T 0.

r; v -i ;; -r -i>: •’ \ ,\

S' I {braccia ìlVcl strema la T erra , eìn ivure r \

D'vn morto Vane altri la nona intende , S'ofcura U Sol con modo fingolare,[pede, jl /’ bor che CHBJSTO morto in tutto VieneLongmo , e di ferite amare il morto tato al Redentore éffende? Vuol/i la Madre, ì piè de fitta Croce . Disfoga Maddalena il duolo-atroce.

A come pria fpirò l’Anima pura Il trafitto GIESV nel Legno chiaro, \

Il Mondo, il Cielo, ed ogni

^'Creatura

D’acerbiflimo duol legno moftraro. Tùttigli ordini Tuoi turbò Natura £3e la gran Mortele ne l’eccelfo amaro,

E Prodigi mira, gli empi Ritrofi ,

H o rrendi ad ogni etate, e moftruofi.

•MAKTft

ftimail gran tempo* ouc la Gente; Hebre* Offriua al; v ero , Dio prego. diuo io Che fra quanti, Sdiftzi il. Mondo, hasea . tra per Fama, e pcr,beIlezzanoto .

Come à punto ltracc iar.fi ale ti folet v le^ v e(U lue d’affannojò d'ira al moto ,

Cosi per duo! , morendo il; Rcdei Cielo , Squarciò daremo ad imo. andv’eflQ Ù.vcl.o^

|1; Ve l,che d i bel lerz a*e d i fu per n o

Mifiero, oguialto, ingegno à.rhotconfufe#. Che da 1? Altare, oue ar.dca.il foco eterno,. I dal aMenfa;d*oro, ogni, occhióérdulei Che raureo.Candelierc, c’I foco interno. Del Timiama,in nobil’Atrio chiufe ,

Che di Porpora intefiOjC di Giacinto,

Con ordine confuta era..di {tinto*.

"If

folci* che i| Biffo molle, a! Cocco, aggiunto». Di beltà vario ijrefeje di.fplcndori Tal l’Iride nei.Ciel difpiega.à punto* Rugiàdofo.iLbel fen di piti colori t. D’acccfiC herubipicra trapunto,, f E mille raggìhauea, mille fulgori;.

Che CQ*1 bel lume Ipro.à pena tocchi 3 Di luce empiano, e di tenebre $*Ji occhi*

Squarciato il Velo, eccoda.Paltopièmba0 Dome in auratojCiel finifee il muro , BattcndQ.i vann 4jCandida.CoIoir»ba Ed elee. fuor de! Tempioà Phora ofcuro* Prodigio, che raofirò, che «’à la Tomba* Tccifo da l’Hcbrco perfido,e duro,.

Giuafi DiOjCb’à l’hor per quefto-.fcewpie, ,i’ahaÌHaf>eità laioavu il Tempio .

DE Ci MOT E R Z O, i 17

.

Eeomcdafe fteflojfu veduto t .

Stracciarli il Panno vago > e rilucente ,

Che vedriafi cosi, priua d’aiuto

Diuifa errar la circoncila Gente;

E che Popolo odiato* c vii tenuto D’ auare oramei e di pcruerfa mente , Opprcffo al fin faiiaua noi Gentili In mecaniciaffari,eitioprcvilir ;

T

Indi con vn terror, che il core atterra *

E tinge altrui di palidezza il vifo ,

Cofi fòrte fi feofte a l’ hor la Terra »

Che fembrò tutto il Mondo eiler diuifo : Tremò del Regno fiior.ch’ottenne in guer- Quando era tanto afriato il Circoncifo(ra Offa in Europa, e Tauro in Afta, e l’ Alpe , Che! Libia è pofta,e fiedeincó.tra à Calpe.

ftladel gran moto poi maggior ruina ,

Ch’abbafsò.i-MontijC che in alzò le. Valla è Sentinel grembo fuo laPaleftina,

Pena anche lièue a cosi grauifalli ;

Che da 1* Qronte.infin doue confina Con Gaza fòrte, egli arenolì calli ,

Era pieno il terrenain varie.guilc Di caduùEdifizi , e Torriincifc

AlpiccioI Siloèvicino giacque

(Anzi pur. forfe ^dilettolo vu Colle,,

Che frutti, di fiori , c di frefeh.* acque

Eraferace incoronato, e molle p tr

- v Quiui in Capanna humil pouera nacque^ Ma bella si , che dibelleata lolle Il pregio à i* altre , Paftorella humile*. Dda Maadra Cuftoùecde l^Quile».

- ' c

"iris .'PIANTO -

o .

Quel di conduttò hiiita , fungo la (ponda 1 Del vago Fiume, à pàlturat 1* Armento, Quando al gran terre trio tofì profonda Con la Capanna il 'Galle fri vn momento i E cosiauùiehV'che tùtcd^nafconda,* ^ Crocchio non potria dite, ancorché intéto Mirafrefifb; ò porre almeno in forfe ili

Da i rettati veliigij eilo giti torte*

Ode l’alto romei te, $ fi .lèbrrieft ta n M iuiu La V irgìny 14 ìnyftó; \c ferrhà il alBy 1 j* v <; he pre^;cfe.IW'tèniÌ;ili Vano tcnYay p * Tet fuggire,’ ò partir, anouere i'pafli.' ^

* ; Acthèraroil gta ftSfrjotd , epr ia, che fpfnta * Xa luce da ch’at M^r "vicina fa®,

I Buoi pafduti , e le Giouenche piene S'inuia dinanzi al fuobdi rozze Àuene*

^ i % v ,

$la come è giunta àt lbco, otie cifrare-- - *

' S o lea Vicina1 hot mai :$t$irz annota;

Co’i Iftmi intórnòcèrc^ émlftà appare, Senon la ipfaggrid^ogmafbergo vuotai Stupì di reità , e bersagli artipare, 7? Non e h*a I femfetant p io*, ffgùra mtniòtl^ Poi fi ritè'nte^e Mgdmando, in vano

II fuo Colte nariò cercane! piano.

l<onfòcQfkmdrtal,chéféprófiauefle, \

C he Ber gran doglia ; ebeVdbuufd affètta ^Ffàgr ime Bagnati nòn tiénèìfé* :.**= -

DECfM'OTER-2 O. 3^

Ed ecco il '-Nì onte .ehem Tofc a navette,

Che fembra ogn’hor,che precipui accline, Ouell'gran Santo , del bel leggio herCv,c Di Lucifero aiticele piaghe ottenne ; Santo, che con l’opre , e con 1 a .eoe La cadente di Dio Spofa foilenne ,

ISel tempojche GIBSV volle morire >

Di mille fallii duro feno’aprire.

i # * ,

Del Terhpio eccello à la maggiore entrata « ' D’eletti marmi vn nobil’ Arco è fópra»

Che di foglie , e figuraleflìgiata Fu di dotto Seultor miribiL opra.

Hor quello ancora s’apre , e fi dilata.

Che lo 11 u p ore ogni fu a forza adopra , Mentre intórno s’afcolta, in fuon feroce Dir Quelle voci , non veduta voce.

* « ri A

Hortnai partianzi , e la prò fatta Stanza , Bl’empie fedi abbandoniamo in tutto , Prima che fia da vindice portanza Quello Tempio fuperbo arfo,e diilructo. Cadrà frà’I l'angue , lenza hauer fperanza Di miglior Sortele fra le finn ne, e 1 lutto,

- Mèd’elfo fìa, eh’ vnalol pietra auanzi ^

, ( ira del Ciel)partian zi hòrmai, partianzi.

Anche il Caluario niello (acciò chepia L’interna pafiìóne altrui riuele)

Se He fio aperfe, e l’apertura vfeia Vicina al Legno del Ladron crudele ; Perche forte d’ Auer no empio la via Più breue troui l'Anima infedele, ** . -

Poiché de l’ampio à i’hor foro profondo Non trouò alcun per filo, b pelo il fondo.

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*?•

r I ANTO i a

^ J 2

non di doglia fai moflraro fenm V ina limate, e Gammate cofe ,

Ch’ancora penetrò 1* affanno degno ~ quei, che dianzi morte in nulla poft j

^t,rCwCA?affar011 c5tr?» c gionto al Regn#j Che 1* Almepure macco horrorc afeo/e. Xe commone cosi , che per martire v on Yiolcnaai Iot iepolcrx aprirò ,

Ma quel, che fece 1* Ocean d* borrendo

Trema la mente à raccontar Io foio ,

Turbo flt tutto , e di furor fremendo * t a * Pcr Ciclo à 1* onde il volo ?

-Ma perche non poteo *del letto vfccndo leutò fuperbo (T inondare il fuolo .

Tue ì . Monti lontani, c ne le Selue

Porto fc Foche^c le Marine leluec

tee o in vn punto pofeia, in vnmonaento Imporre il moto «rande, e placar l’ ira*

B oenche furibondo fpiriil vento,

Senz onda darli, e placido fi mira «

Forfè, che Ungue anch.’ effo bara, che fpét o E il fuo Fattore, e l’aipra morte ammira . B per le tante merauigie noue Non rompe il filtro pid, l’ onda non moue,

SoJcaua quello à i’ hor Naue,.che m offe Da ì Jiti.di Corinto il corfo audace y Sprezxa.ndo d’ Euro le temute polle» Mentre nel’ acque falfc ifolchiface* gagliardo il vento, e l’òn de grolle > ' Agitauano il Mar cupo, e vorace,

Sd eflTaàdcflra de la Greca riua &.vcr Ptnenteà volo ne veruna . .

Qop-

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0B

DECÌMOT IRZO. 3$l

Gonfia la bianca Vela, ecco fé* n viene £

De T Echiaa dea v ifta, Ifole fatte Del lima d* Acheloo, miiio à 1- arene »

Da la furia del Mare iafìeme tratte.

' A l1 hora,ch*Euro tutti in le ritiene < I fiati, e reftan 1* onde in modo intatte*

Ch* ad Ericufa>indi non molto lunge *

la Nauein quattro Solii péna giunge *■

i ...» % .

Era Fa notte, e nel’ horror celato r \

D’ vn nubilofo’Cicl ftauafi il Mondo

E ali afflitti me rtalt in Tonno grato Riporto hanea de l’egre membra il pondai Quando voce s’ vdi, eh* vn* vlJuIato Parue di Cane, ò pur di Lupo immondo ,

V Tramo chiamar e,eTramo era il Nocchiero* * Che faurai Marinari haueal* impero*

le tenebre, il Hfenzio, cHt^proiiifd Suod de la voce e* ^Cielp|enod, horror* Rende P alma confida, e bianco il vifo Ai Partaggieri , c palpitante licore 5 E Tramo ifteflo in due penfìer dìuiio (Poiché vinta è Paudacia dal timore)

Non le parli, ò taccia, alfin rifonde.

Ma i detti per tenor tronca, e confonde*.

Quando farai (loggiunfè i Tramo fmorto : la voce à 1* hora in più terribij luono) Avifta di Corcira, oue yngranr Porto ,

Per limo paludo{ahoggi cnó buono,(TQ Aiuterai come IL GRANPANfi E* MOR- Indi vn grido formo, che paruevntuono O del cauo metallo il bombo in Guerra. Che il Mondo afforda*c l'altc Moli attejfra*,

■* *' Per.

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Per Pannimiuòfuneflo al fomtìio pieno Rimane di ihipore,’e merauiglìa Tramo cosi, che rende immoto il (èno,

p^rlà^ltrui, mone pur le ciglia :

Ma in fe tonnato, e gfHnro a quel terreno, Otie deue parlar, fòrza ripiglia, Dbenche'Pègra lingua a pena mona,

Pur , meglio coFrtepuòVdahgran noua.

- ì j 7 1

Kifonq à l’hò* d’Vii flebile cotìeento ( Ohe 'Pò/éde hte jngortibrò');rjc na armonia, V) li, fi féh Clatrati /e di larftento

*■ i; d ftròni,! è fìhma fìnfórìì a j

Còme rimbombi il Marche frema il Vento, t còmi? tqònìil Cietóim vns’vdia, f er za infanti; die grida, òs’alrro pure (re. D'Olio* piùgradc ha il l'Ombréòicu

Sisifch Nàtie, é’T PairàggieÌP tìremarrte 1

tPbr $i;h òrti prodigi à ìlrirYo'fiede,

E dd !e itòuradpvdrre^h.^hrè'- v*..

m.bre ; e i fa ma fin i lifting? gli occhi vede: Ma còme e giuntò al Eòrtò,invriò ili ante. Senza farlhottoiin terraponeil piede,

E muto, c metto/qtianto afflitto, e latto, •AI deltfniirolòca indrizza il patto.

Diufi Igafnla Tama, e èbme fu ole.

In ottetti càf? ìfaFVferó at?diumid rr Mrir»*

'■i - . yy t parole .

•Gli éii fatto efr>oflo,ed ogni dubbio tolto, •Ma però nòn s’accheta, anzi ch’ei refi a Difio i q ììptn fatti n gran tempetta.

Ctùa^

< 1.

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DEC L'Nt O T E R Z CX m-

a a

Chiamai configlio entro laregiaSoglia -w. C gli Auguri vani, e toro il tutto dice, \

Che di la per, che fia il gran Pane ha voglia, Echeporti d’infauito, òdifelicprr ..-r

Ma perche di pietà frutto non coglia l’imperator , laTurbaadulatrice Con facondo parlar le regie tempie

Di Fauo le, terrori antichigfi empie# 1 a .i> r . #

E d’vn Mercurjofinge infida Hiftoria , :u<l Che divPenedopea Pan e trae (Te. !

Infelice Bugia, quella è la Gloria Che di Pudica il nòmeàkiéonceflfef \ l

* Cosi con dubbia, e fragile memoria A mente deprauata vn Velointefle, Ond’elTere ingannata noó s’accorge,

È nel più chiaro giorno il Solioonlcorgè.

?erò conofcerppi le vtcn oòiitefoir V: ^to; vJ Che il morto <PAN *chein!feóóneneil tu&* E’il lourano: Motor , d’.A mone accefp, - >

Che per dar «ita à l’Huó. fimuordiltrutto^'

E che dJAuerno al mal commune intefo : r * le voci fiano,e le querele, e il lutto, . >

al no apporre* gran morte* .i«c

Così noui poftenti>ed altri aliai,' : > t vl> Che l’oblio tace , e che l’etade ofeura * *. ' )

t^oe sa ben’ei, quanto»e au;

A fuoi dilegni , i lui quella

a a - ?

la morte accompagnaTO,egli afpri guai , ! Cui diede al fuo F-attor l’empia F altura : < MkPofcurarfi prima al Sole rrair < -n? Fece ftupire il Mondo, è la Natura,

E i più Dotti confufe, e i Saggi minfe,

E cento merauiglie in vna llrinie.

Toc*

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I

' .C r> P I A N T O

% ♦, :

Toccato 2 ei del Mornon di FriflTo, e d* Elle Il primo punto, ed era inmczo il Ciclo ,

E la bella Febea con alrre Stelle Ne 1* Antipode fuo! fpiegaua il velo , Come già mai potea le luci belle Turbarc,oppoha al biondo Arcier di Deio, Se folo i 1* hor, eh’ vnira à lui non luce , Deliquio apporta à la fua chiara luce ? a y *

Dunque ìmprouifa, e fuor del fuo cofturae, i. ; In vn’ atomo breue, in vn momento Palla glieftiui Segni, e copre il lume , . (

Da cui nel Cielo ogni altro lume è lpento; E come fufle creta, ò pur bittume Il corpo fuo, che fuol parere argento , I/oflfufca fi, che al Ciel (non dico al Aiolo) Non rende di iplendore va raggio folo .

1 t a

O fe fteffa ingrandi la luna à puqro ,

Come Cera s* allunga, e A dilata , >

Onde potè coprir tutta inqtìclfpUMto i Del grand’Occhio del Ciel iafa cria aurata* O tanto»* abbaisi», che dal trapunto Globo la luccfu rolta, e velata .

Cosi yn denaro.ad occhio oppofto fuolc Altrui celarci mezo giorno il Sole .

/j* 1 t - .

Che di coprirlo non. hauea portanza , .. •«

Che dr fa Terra è di minor grandezza 5 . -* Ed eglìil Mondo cento volte auanza , Emolto più, di corpo, c di bellezza, » Forfc il gran Padre del* Empirea Stanza* * Per amor, per pietà per tenerezza Del Figlio, porlo fri le doglie isnmenfc (Come altri va lume fuol) cosilo Ipenfe. .1

I

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BS CI MOTEK/SO* 3&

« t

Ei di color di cenere cofparfe La faccia , troppo lucida, e fercna ,

Aladi tetro color la LtmaapparTe,

Anzi d” horibil fangue afperla, e piena » Mele tenebre lorle Stelle lparfe Alirò nel Ciel ,chi vide il fuolo à pena»

L con nouo terror furo interrotte

V opere altrui da la diurna Notte

1 9

Cosi pofeìa de 1* Etra, ofeura à 1* bora. Congiunta al Sol, 1* ottaua parte corfe » Colà, ch*à gran ragion confonde anco» le menti faggie,e che non inai più occcrfa Che nel difetto feobreue dimora Apollo ,e ne 1* horror cade, eriforfe.

Si che fra 1* a! rremerauiglie, quello Vn miracolo fu grande , e funefto.

He fi deuc tacer , che da Ponente Alai femore fuole il Sol puro ofeurarfi,

E in quello EclifG poi dal* Oriente Cominciò diliuor tinto à inoltrarli;

Bcosi il punto arcor prima lucente Kitorna ,chcprimierofu à turbarli »

Aia pria riheboe à 1* hor la luce intera X* vltima patte , che £ fece nera .

« i

Raggiunge à quello ancor, che puri* Ecliflt Occorféfuor di quelle linee vfare ,

Dentro cui frtnpre farli altri defenflfe,

& X ape, e C oda del Dragoni ornate^ Effetto eh’ ogni ingegno acuto affli/Te Diqueìla cieca, e fo rtunata Etate ,

I che più Tempre ancora in queta noftra Di quel Deliquio le Aupor «iiuofrra.

, >*■ v W

336' .(PIANTO

«• f

Tei quando CHRIbTQneJa dura Croce Rendè l'Anima al Padre, ecco ritorna la Luna in vn baleno, onde veloce Pur dianzi molla hauea la faccra adorna. Ruggi il Icone à Phor, fiele feroce

I e braccia il Càcro, e’i Toro alzò le corna, S’attridarc i Gemelli, e l’alma AUrea Rotta la Lance fua, mefiapiangea.

\ 1

Cosi turbò di quelle Sfere eterne L’ordine àl’nór Pinco nfueto cor fo.

Che rutto il Ciclo poi fùper cadérne ,

. Ma da la Prouidema hebbe foccorlo.

Me il tempo, l’età già può vederne Liìtmpio mai d’vn fimi! cafo occorlo.

Or, d’altri intonò àl’hora. 0*1 Diopatifce De la Natura, ò’I Mondo qui fìnilce.

Obcn faggio DION IGI, ò delgrau Regno Del mio fourano.RèjGuidà, e Cullo de,

I. ne gli horrori di canofeer degno ^

II vero Sol, chefoloùLCie! fi gode.

Qual dotta lingua, ò qualfacondo iqgégRO Ti potrà dare egualealmerto lode?

Quel Rapprendevi dòtto^ che infegnaffi, Co’l tuo DngueJnn ©cerne amentipalti.

f r ,

Quelli e quel vero Padre, ò gran LVLGI , Che feo di Francia fi gloriò fo acquilo. Quando la toffesa ifakì Angeli Stigi Co i detti lauti i ,e la riuoMeà CHRLSTO Fer&ui vedraffi Laurea FIOR DE LIGI ■< Fugar d’ Alia, e di Libia:! 1 Popol tniflo,:

E vinto il Trace, e debellato il Moro , : > - Sù’ICai usrio piantar la Croce d’oro.

Ofc

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V*

DECIMOTERZO. Jj7

o /

O Mainai, che il Ciel veggiaui accinto A l’altra f oprerà, che a la Francia ferba ,

E bilicami, d’ Arme, e Squadre cinto. Filine, c Trofei la.v olirà Brade acerba. Al’horafia, che di catena auuinto . Pieghi la fronte indomita, e fuperba Il Parto,e lTndo.e nel alba ruma Di perder proui Pinuincibii China.

7 .

Pattato il tetro horrore , il Sol pur’anco Pallido /piega , e vacillante il lume,

E via più (empre fatti afflitto, e bianco , Morto mirando il fuo Fattore, e Nume;

E di vedere vn tanto fcempio franco, E’viato corfo affretta oltre il coltume. Quali che brami il raggio fuo giocondo Portare in altro Cielo, ad altro Mondo.

8

Trema P Alma nel core , e*l cor s’agghiaccia Nel freddo feno à i circolanti melìi,

Airri percote il petto, alrri la faccia ,

Altri iiillarfi in lagrime diretti : - ' .

Da la bocca à ciafcuno(ancorche taccia) Voci dipentimento vfcire vdrefti,

. Cbreil men2ÌoPefprime,e in atro pio

Confeflàr CHRISTO per Figlioldi Dio.

o .

Coperta d afme in tarilo, ecco fi mira Turba venir,che par, che d’ira auuampi,

* Che daltembiantefìerminacciefpira,

** Come dal rerfo acciaro accett lampi. Souravn Dettrier, chete tal’hor-s’aggira , Lieue è cosi,ch’à pena aunien, che ttàmpi L’ormanel lnol, caualcail Ducealtero , - Superbo in atto, e con àfpetto fiero.

P la

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PIANT O

so

la I ancia ha in mano, e difdegnofo moftra Voglia di zuffa , e di prouarfi in Guerra,

E impaziente, per difio di Gioiìra Hora il vento percote, edhor la Terra ;

Di piume è (Pelino adorno , e Parme inoftra Purpureo Ammàto,e vn Fulmine(ch*atterra Superba Rocca) ha ne Io leudo , e pieno

Di rabbia il volto, e di furore il feno.

s i

LONG INO ha nome il Capitano , à cui. Come abbonda il valor, mancala viltà* Perche poco di luce han gli occhi fui ,

Per la pupilla male affetta , e trilla :

Son’effi ogni hor cabginofi , e bui.

il Vetro loro alcuna forza acquifta ; Veggiono , ma la veduta corta L’oggetto incerto à l’intelletto apporta*

f X

Qpando poi giunfe à lafunebre cima Del Caluario crudel lo Stuol feroce. Perche i’vltimo duol gli Affidi opprimi* Corre adirato àia finiltra Croce,

E conynciò con ferrea Mazza in priitia A romper l’offa del Ladrone atroce *

Che con le grida Arane empiè d’horrore*

E di fpauento à i circolanti il core.

n

Indili volge à l’altra ,e con gran poffa Al felice Ladron le gambe offende*

Che rotti i nerui, e fracaffate l’offa*

Al Creator del Ciel 1* Anima rende :

Poi viene à CHRISTO, ma così commoffà L’Alma hi da la pietà, che non l’offende*

E tanto più, ch’ai Corpo irrigidito

Conolceben*che il yiuere n’è yfcito.

Ma

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DECtMOTERZO.

5

Ma come tl fero Capitan s’a ccorge, t h’àGFESV reita ancor la vita. illefa,

In tanto (degno, in tanta i abbia forge.

Che ripofo non vuol 1- ima accela > Sprona il Deftricro ,e-’J Ferro acuto porge, Perfarnel Corpo ciiinto indegna offeia. Poi (pigne il crudo, e palla il deiiro laro.

Si che ne reità i! morto Cor piagato.

Ed ecco per la Piaga a l’hor fgorgare ' '

Dal Corpo efiinto, e quali homai disfatto Di v uo Sangue, e d’ Acqua vn’ampio Mare, Che i fette Fonti de la Grazia ha fatto >

E che la Chiefa grande , e Angolare «Sfcofa di CH;RI$TO diede al vlódo inatto. Che hi canata dal Coliate pio ,

Com’Eua giàdal primo Adamo vfcìo.

f

Con occhi di dolor pieni , e di pianto Mira la Madre afflitta il crudo eccedo,

E da la Lancia difpietàta intanto Sencelì il corein mezoilfeno oppreflo j Onde il feroce duo! le ftrigne tanto L*A!ma gents’Hche non le vien concedo. Per disfogarli poi cadente ,e fola,

Vna lagrima almeno, vna parola.

f 7

La ferina crudel così irafide A la dolente, e pia la mente pura,

#Che fràj’amarepene altri preÉcride *Queda(à ragion) per la più acerba , e dura : Ma come hebbe Io fpirto , il volto affife Del lato aperto ne la Piaga ofeura,

E Igo-gando vn gran Mar di pianto fuori, EÀalò in quello dire ifuoi dolori. ,

Pi Nfi

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HO -PIA NT O J 8

con la morte ancor de r Innocente Ha fine il mio penare, e l’altrui Idegno, Sempre fanfi maggiori , e bene il lente L’Anima, d’ognfduol milero fegno ;

E bene il proua più, morto, ed algente, Del Monarca del Cielo il Corpo degno. Che ben fanguinoio eliinto giace ,

Dopo la mone ancor non troua pace.

S" o

Qiialifirazi, ò màrtiri , ò quali pene Potrai più ritrouar Giudea peruerfa ?

JNon più di fenfo il nobil Corpo tiene,

Hor che la V ita è ne la morte immeri'a:

Se del ilio duolo hai Cete, ei da le vene , Che Sangue non piti, l’acqua hor ti ver fa. Sol, perche fazi ( in vece di quel fiele.

Cui già gli delti)il tuo difio crudele, o o

Piaga,che mofiri il nobil Seno aperto (Anzi il colmo Telor d’ogni conforto)

Di quel gran Rè, che Senza alcun demerto. Solo per troppo amare, hor pende morto; Sarai Tempre nel camino incerto Deiavita mortai ficuro porto,

Oue altri ne gli affanni afpri, e noiofi

Habbia le fueYperanze, e i fuoi ripofi.

o i

In te ripongo il duol, ch’arrechi à l’Alma, Come in Erario preziofo,e diuo.

In re nafeondo de l’afflitta Salma ,

Fra tan te pene inuol to , il cor mal viuo : Ma intanto l’Acqua gloriofa, ed alma, > Cui verfi, e fpardi in cosi largo riuo.

Ne la mortale ambascia almen m’afperga ,

E negli affetti luoi l’Anima terga.

- •• - * Etù

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D E C l<bl O T E R 1 O. $4t

i> 1

feroce Hebreo , l’empie brame , . C’hai di ferir , non fatollafti à pieno , Vieni , ed appaga il tuo difirc infame , C’hora t’apprelfo , e ti difcopro il Seno j Quiui pafcer potrai Pauida fame.

Che del materno fangue è rutto pieno ,' Hormai perdona à freddo Corpo efiintò.

Pieno di piaghe, e d’atro fangne tinto. t> a

Ma quando il Cauallieroil Petto aperfe Del morto R.cge, ond’arro vn fiume fiiUa, la diuina Pietàgli occhi gli afperfe Del Sangue pio con vna breue iHlla (Mirabile vìrtù)lucide , e terfe Rellan le luci, e’I bianco, e la pupilla ,

Già foltener può il , già il tutto fcer nei Onde apre al vero Sol le luci interne.

Confiifo mira il Monte, e’1 Crocififlo,

E’1 Cielo, e’1 dì, cui mai non vide chiaro ,

Poi ferma il guardo al fine intento, e fido

A rimirar quel, che le mani opraro.

Di merauiglia in vn profondo abiffo

Conofce ai pietà l’dfempio raro,

E pien di riuerenza, à l’hor s’auede ,

.Che l’opra grande ogni ftupore eccede.

% ® y *

Come in Teatro luole Ebro fouente

Chiudere alno gli occhi grauati alfonnoi

S’à lo ttrepito poi gli apre repente.

Ch’eccita Comparen do altero Donno, 1

De 1’ Arme,de i Deftrierle de la Gente »

Le bellezze, il valor, la grazia ponno

Confonderlo così , che non s’aueggia v

- Scimirabili Oggetti, ò fogni , ò veggta,*

V $ Cosi

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^ 3At PIANTO.

o &

Cosi Longino ancora ebro d’honore.

Gli occhi de la pietà chiufi te ne a , y

Ma quando aperleal Nazareno il core, ficco laiciar la fonnolenza rea i E llupido , e confido à lolplendorc Del Sangue humiJ, cui prouocato hauéa ,11 miracolo grande ( anche à le lidio )

A pena crede,e pure il mira e fp redo. u 7

E da vn’sffetto nouo intenerito, tSentefi dentro poi moflfo , e compunto ,

E rimirando il Sen dal ui ferito ,

Vna certa pietà forge in quel punto ,

Che il fallo accufa, e rende il cor pentito ( Che ben tal* ei fi moftra, e feopre à punto) «Onde confido il Caaallier felice ,

De ntro fe lleffo à medefmo dice.

t> g,

E vello l’Arme ?e Capitan fon detto ?

J&l* Alla impugno re l'aurea Spada cingo ? divergognail temerario afpetto. Profano Caualliero(oime) non tingo? Caualliero di nome , e non d’effetto , Perche la cruda Lancia hor* hor non fpingo A disfogar la feelaràta fame,

C’hà pur di lingue, in quello petto infame? 0

Va pur Longino , e di tant’arme appendi , A duro Tronco hormaiLinutil pelo ,

E in vece loro vna v il Canna prendi » , Poiché te lleffo mhonorato hai refo , - Chenon pure vn legato,e ignudo offendi. Ma di cieco furore il core accefo lafci , che la man fera il ferro poni (infamia eternala incrudelir ne i morti.

<■ a c;*

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D ECIM0TER20.

i.o .

jucfto pur fràtuoi gran farti quello ,

'he di forte Guerrier ri doni il pregio , >*hauer ferito in fingolar Duello Un’infelice , emortoperdifpregio.

Vh non più la (htura, ond’io m’appello, iia del mio noto Nome altero fregio,

V4a de l’indegna man la rabbia ria D’Antropofago il nome lioggi mi dia.

ggiunga algraus eccedo, à l’empio fatto Quello , che maggiormente mi confonde, cRe ildiuo Sanpue^onmirabil’atto Diede la luce à le mie luci immonde. *

O celefte pietà, che il gran misfatto Tai , che via più di feritate abbonde ,

Ne le tenebre fue l’Alma rifchiara ,

Mentre la da l’ opra eccelfa impara.

7 * - ,

Comprendo ben, che d’Huom terreno, e frate

Non chiude il fangua in fe tanta virtute, Chepolfa da vna piaga afpra, e mortale, Vfcendo fuori , altrui portar falutc.

Dunque in Corpo diuin forra immortale'. Gli occhi fanando , impiaga di ferute ì L* Alma, c’homai nel fen dal ferro aperto. L’altrui pietà conofce, e’1 fuo demerto. .

Così ragiona il Cauallier , che volue Fra fe gran cofe, e fernbra in vifò foco ,

Ma i due Ladroni gittar pria rifokie ,

. Come fi fuol, nel dettinato loco;

le Croci fpiantare, e feco inuolue Depofti i Corpi,e perche ilgiorno poco Hormai di vita, anzi che notte il copra , r Comandai fuoi, che fìa finita l’opra*.

P 4 Per-

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344 PIANTO

7 4

Perche non vuol, che il nouo Sol,ch’apporta Solenne il dì:glieftinri in Croce veda.

Che ne la Valle de la Gente morta Iulepolti reli aro, à i Corui in preda, la Madre à l’hor a {con folata, e lmorta Teme, che co si al Figlio non fucceda ,

Che patto fra i Docenti il Corpo diuo Sia del Sepolcro, e de lEfìequ ie priu a.-

Sì^volge afflitta, e con la faccia metta , Così ragiona à fuoi piu noti Amici.

Di G IES V, che in poter de i crudi refta.

Ecco la pompa de i pietofi vffìci >

Ahi, che veduta amara (oime)fia quella , Dopo morte mirar l’offa infelici Sema fepolcro , effere efpolte à i demi De l’empie Fiere, al furiai de i Vena.

7 6

Deh con affetto il Capitan fi pr leghi, - Che di Vedoua Madre habDia pietate,

E fra tante miferie, ah, non lenieghi.

Che fepellifca le Reliqu ie amate:

Sarà forte, ch’inuitto ancor fi pieghi *

CH E di raro è valor fenzabontate $

.Nè fia,ch’importi à lui, c’habbiano l’offa

E’vitimohonor de la funebre foflà.

7 7 _

Quello faggiopenfier rutto commoffe Guoanm, hcr di M AR I A Figlio ben degno, * Everfo.il Duce altier la lingua moffe, .

Con modellia moltrando arte,ed ingegno. Era in Terra Longino , e comefoffc : Sua noua cura, ò nouo fuo difegno. Diricercar doue bagnato hauea .

Il l'angue, il guardo fiffo iui tenea. ^

Por-

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DECIMOTERZCX $4*

( 7 8.

:conhumikà , cornea lui venne,

Giouine gentil prieghi loaui, tilcortele Guerriergià nonfollennc ^ ragioni afcoltare, e i detti graui , 1

mcefie il tutto, ed ogni cofa ottenne oanni, ancor ch'alquanto pur l’aggraui ella riferua poi: Se cosi voglia

1 Prencipe Latin laregia voglia.

7 cy

ti promette oprar con pura mente, fia meifcier, quantohaurà forza il dire» •che non contradica il Prefidente giulPopra, àcosi pio difire pagato Gioanni , a la dolente ante ottenuto haueapenla ridire» ntre pieno Longin di pentimento odisfar nouopenfiero è intento.

8 °

a iTterren del g*ufto Sangue molle- ppliee econ fofpki mille igne il peccato , e ^ardimento folle * rdon chiedendo à leporpureelHlle; fctaconhumilràPhumide Zolle, loilfangue via pia par, che sfauille, tioto prende, e cauto afeonde in parte* te per rkrouarle è vana ogni arte. *

8 »

(ìa fra voi', chi temerario ardilca iffe riuoko d* fuoi) toccar la Croce» pur non vuol, che foura lui fenica quella vltrice man l’ira feroce; aiolabil legge s’eflequifca, tanto chiaro v'impone hor la mia voceì li prende il Cauailo, e monta in Sella» a feeukio* fuoi più Fidrappella.

P 5 Per

3** ’jP I A N T O , -r

8 x

£er lo noto camin tprona il Delfriero , - Ma quale ei venne, tal però non riede. Dianzi luperbo, indora bil, fero ,

Ed hora burnii, pii tofo, e pian di fede- Pria non tenea degli occhi il lume intero, Hor con le luci , e più con l’Alma vede ; Idolatra fcherni Tempre ogni legge.

Ed hor per CH & IST O di morirli elegge.

O quanreivolte inlolitario fpeco, Ouepietofo, e folo ei ritraile ,

Il lourano Teforo hauendo leco.

Creder dee ; che prono l’adora (Te,

E che non più(come diami era)cieco , Quel, che credeuail cor, l’occhio miratfe. Onde il penfieriirà milk dubbi infermo,

Co’l vero poi rende ITe, e cheto, e fermo.

8 ♦-

Ma quando al fio lauò nel Fonte, facro Con l’error primo l’alcre colpe indegne. Per digiun lungo eftenuato , e macro Abbandonò i Veflìlli, e l’Armi degne ,

E lpargendo di pianto ampio lauacro Soura quelle d’honormilère Infcgne,

Velli ruuidi paoni, à piedi, e folo lafciò, partendo , il Paldhnofuolo.

» r

E di lungo camin fi volle efporre A cento angultie, ed à perigli cento.

Per venir, oue fri Smeraldi corre Sereniamo il MIN CIO acque d’argento Perche nel patrio fuol brama riporre (Chelunge vede nel futuro intento y li Sangue preziofo, ond’ornipoi Vn giorno il petto à mille chiari Heroi _

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347*

DECIMOTERZO.

8 6

Gloria fola di voi Regio FERRANDO, Eletto prima à foitenere il Mondo %

E Icielto poi co’l valorolo Brando A defenderlo ancor dal Trace immondo: Voil’aurea Verga, e l’alma Penna oprando. Sete GIANO primier, FEBO fecondo,

, Pompa di Palla, e de le Mu le h onore ,

E d’Italia, e d’ Europa alto fplendore. a t

Penfate homai, che da l’empìrea Sede,

, Di cui fece Longin co’l fangue acqui Ilo, Ch’egli pietofo ancora inchina, e vede Quei lochi facri, oue morì già CHRlSTOi E che da voi, fuo Figlio,iltando, chiede* .Che il valor voltro al poter Franco milìo Sia, per leuar diferuitù crudele Gierufalemme, e il Popolo fedele* a a

Pei* quello il Ciel vi teo d’animo grande. Maggior di fenno , e di poter tremendo , Co’l Rè(ch*à l’Alta vn di fiacche comande) Yiapiùche il fangue,ilcore inuitto vnédo» E le il nome di voi noto hor fpande Sol,douenafce,emoreil Sol cadendo ,

Eia ch’à l’hora inchinato arriui forfè

A P A ultra ignoto, A l’intrattabiL’ Orfc* a <r -

Al dipartir del Cattai! ier, partirò,

Senz a dimora quali, t cir coftan ti,

E per quel, che mirar, per quel, eh’ v diro : Attoniti confali , e vacillanti ;

Ne ì loro alberghi entro Sion fe*n giro, * Mai Tempre il CrocifilTo hauendo alianti , Che con Tacer be Piaghe il Legno inoltra Per lor fallite., e’1 Cor ferito molèra j , P 6 Onde

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$4* PIANTO .

0 o

Onde folfreftar nel Monte ofcuro La Vergine, Gioannise le Marie,

Che del gran calo fpettatrici furo,.

E tettimo ni in quel lunette die :

Mala dolente Madre al Legno duro S’appretta intanto, e con le ttici pie - . .

Mirando il crudo oggetro,in fiera ambafeia

Per i'ouerchio dolor cader fi lafcia.

01

Era cosi à la Croce à l’hor vicino.

Che nel cadere il capo al Legno appoggia,

E’1 volto verfo il Ciel volge lupino ,

Mentre l’ Anima à Dio forfè fe’n poggia. Cadeale di quel Sangue almo , e diuino Soura il volto , e nel fen porpurea pioggia. Che nel mortai letargo alfin la feore ,

Onde riforge, e forma quelle note. .

0 2. *■

O puro Sangue di quelPHuomo , e Dio ,

Che per dar vita altrui foffrì la morte ,

Che nel dolor eh’ à l’Alma il varco aprìo. Opportuno foccorfo hora m’aporce.

Io pur t’adoro, e inchino, ò Sangue pio.

Io pur ti veggio, e pur le labbra finoi te ( Mentre in gocce nel len fparfo mi giaci)

Ti danno per pietà gli vltimi baci.

. o a ! ^

Temo,ò dolce GiE^Vpche l’inhumano H ebreo non tornt,econ fpie tata voglia Non laceri, crudele, à brano, a brano L’auanzo(oime)delatuaeffangue Spoglia:

V. che vano il pregare , e’i pianto vano Sia , perche alfin non mi ti furi, e toglia ,

O con altre maniere ancor non troui Nouo duol,nouepiaghe,eftrazinoui,

Mt? |

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DECIMOTERZO. 349

t Ma fc liinge vedrò rilplender ì’arnii Di nimico Giudeo, chequi fi volga

Acciò che di ferirti, empio, rifpar mi , Supplicherò , che prima il cor ini tolga;

O le icortqfepoi vorrà negarmi Dono pio, perch’vn fol colpo colga L’afflitta Madre,e’l Figlioli Corpo ignudo Di quello pe tco eli angue io farò feudo, o f. _ r .

Tu mio Figlio d’amor, le forle ha ,

Che l’altrui ccu deità cotanto frema ,

Che per ferir GlESV morte mi dia ,

E che il fuo Corpo la mia vira prema , Pregoti, che fepolca infieme io fia ' Sotterra feco; e quella grazia ellrema Ti chiede per pietade vn’affannata Vedoua, Donna,e Madre tua nomata*

Ciò detto , rugiadolo il guardo inalba ,

E con la villa, fol di piagner vaga, fiormira il Cielo , hor la falfofa Balza , Hp^’il Figliojhorail Sangue, hor lagrà Pia- E per la paflìone il cor le sbalza * (ga,

Quafi dal fen, cuid’acque amare allaga ,

E di fofpiri, e con fingulti mefee Il lagrimar, che via j>ià fempte accrefce.

Gioanni intanto àgli atti,àle parole De Balta Madre vn fallo è divenuto.

Pur mentre al fuo dolor fi lagna, e duole, i Chiede(ch*altro non puote)al Cielo aiuto; E due, e tre volte, che rilponder vuole, E*amore,e la pietade il rende muto.

Ma per gli occhi il cor parla pur troppo,' No a però (doglie à la fauella il groppo.

Quati*

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_ JT© PIANTO

o g

Quando ecco poi, cbe da la Donna illuftre. Che da vna interna penitenza tocca ,

Sorte dal limo al fin tetro , e palulire Del Mòdo immódo, vnagran voce sbocca: E come à vago fior voi’ Ape induitre .

Cosi corre à la Croce , e con la bocca > 1} Sangue bacia, e la virtù deliba.

Che adorando il fen , l’ Anima ciba.

, * a 9 . ,

Varia al moto del cor moto, e colore, (era, Hor tutta è foco, ed bar qual neue agghiac- Hor forge furiofa, horlangue , e more, Hora s’acceìnde , bora s’ eltingue in fàccia. Portata allindai duolo, e da l’amore.

Si gitta in terra,e l’alma Croce abbraccia,

E la llrignecosi ,ch'ad occhio fembra

In quel Legno incitate hauer lc Membra*

. » a, q.» -

Equiui co'i fQfpirt il pianto accoppia,

E co’l piantai fìngulti infìeme aggiunge. Ne però sfoga il duolo , anzi il raddoppia, _Ondepiù forte poi la premere punge ,

E l’agita cosi, che il cor le feoppia.

Tal ch’à la morte l’infelice giunge ,

E ben morta , ma in quelli detti poi Sfogando il duo! , non fini i giorni fuoi.

tot

A Quello Legno, oue pendente ftaiS Del del Ciel lafanguinafa Spoglia, peccatrice dolerne, hor fermo i palli ,

Pria che’l Ma Uro internai P Alma mi toglia: ^Verfin lagrime pur gli occhi miei lafE Al dolce ardord’vnainfbcara voglia , C’haurò da quella Croce, inricompenfa Di poche itìiie, voa pleiade immenfa. - .

Odi

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DEìCI MOTEUZQ. -i '3*1 * 1 o

:hi fece il Ciel duro Col frigno; v lei gran dei Trono pietofo, i di porpora in vece vn Sangue degno r per ioni ma pietà rende pompoio ;

:e ricouro, à te ricorro, ò Legno, me à porto di pace , e di ripofo , :rtnaqiu(poiche il vagar mi e graue )

I clilìo, del penfier la Itanca Naue.

\ ót '/** ; i,c ver, che nei diletti vani, e il Mondo apportar Tuoi, fepolta vilfi, ggij gli aiuti eccelli, e fourahumani ,

. occhi nel fango rio tenendb fidi* icafcosi ne’miei penfieri inlani, pie fauola vii fufler gli Abiflì, veggio ancor GIESV,che in te fi langue lar le cólpeTtfie coJl proprio làngue.

del mio GlES Vj pofcia che cinto :apo tien da cosi acute fpine ,

:to doglia fpirar , di l'angue tinto lelicato Volto, e l’aureo Crine, iol, che Tempre il Sol diluce hai vinto, e fon le bellezze alme se dmine ? ne, che ifmio j&Ilire 4 si bel Volto , atnubeal Cielo, ogni fplédore tolto,

' - forf ' X

che fur gli fdegni miei fuperbi , à le Tempie donar l’afpra Corona, ^ :ro le pnnture i detti acerbi , cuil’horribil Tuono ancor ne Tuona, tu, dolce Gl ES V , nel petto Terbi rade tal , che l’emp io error perdona , armi fol difia ( pietà inaudita) vece di caltigo eterna vita.

!«(• < V

ÌJ1 'pianto XIII*'

fot» x

£d io mirlndOjahi, non nu fèruggó, e sfaccio? il cor dileguo in doìoroio pianto ? Dolerne me, ronfio, d’alpe (Ire ghiaccia.

Se il mio rigor non fi riscalda alquanto.

Per quella L egno,ò Dio,eui Uringo .abbr ac Humil ti prego, à non negarmi tanto (eia* tenerezza almeno , onde traboccai Vna lagrima fot per da gli occhia

|/ fine del Tianto Decimtcr ^

Jk* fA&' ^ ^

I A N T O XI1II.

U- SGOMENTO.

Sepellire il I{è del Cielo arriva L Giofeffo,e Sicodemo , e fra l e braccia : Madre il tiene : Indila Corte dittai eia .

: pompa konora3e parche in duolfi sfac - ngelrlABJeA la Bendai refi a priua 7 Seno amato 3 e de la cara Fa ccia ,

\ amolta nel Len^toljepolta giace * entre foitra la Fella ella fi sface

Hielto hauea intanto, ed otte- nuto infame

Giofeffo , di GIESV feguace occulto.

Che il nobil Corpo fràl’ effe* quie eltreme uffe da i cari Cuoi pianto , e fepulto*

:o*i caratteri noti le fupreme lani munirò il difiato Indulto , É<

:hefece à l’empio Hebreo , ne l’ira dolco,

tracciarli i pannile lacerar^ il volto.

No»

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554 PIANTO

Noncontradifleil’hora al regio Editto,

Che tanto non osò la Gente iniqua.

Ma benrinchiufepoi nelcor trafitto Contra Giofeffo fol la rabbia antiqua ; Che nudo, ed infepolto, e derelitto , Volea CHRlSTO mirar Sionne obliqua, Sion, che di furore, e d’odio vinfe Chianti mai l’empierà Mofiri dipinfe.

.. *

Kobile era Giofeffo . onde renea Grado fra* primi , Cittadino antico De la nota Città d’Arimatea ,

Caro à MAR IA, come del Figlio amico. Per e/Tequir quanto ottenuto iwuea,

_ Salià con moiri Semi il Monte aprico.

Che di due Scafaonulli, à l’alta Madre •Paruero di lontano armate Squadre.

S ubilo forge in Tei fredda tema , fftutra lacommoue,e la conturba,

E puaJe al vento arida foglia trema,

** r imirando venir l’ignota Turba,

Ch’à le Marie neh tniferia eltrema Il pauro fo cor così difturba ,

Che di nuouo atrédendo vn nouo affanno , r Con palpitante cor tremando Hanno.

Ma la Vergine àl’hor piena d’ardire,

- Con magnanimo cor s’appreffa al Legn o , Ch’opporli vuole in tutto , à chi ferire Già mai tenrafle il fuo diletto Pegno ;

Pi foluta è vietare, ò di morire*

Ch’altri più non offenda il Corpo degno:

* CosìcompottainmaefHIa faccia, (eia. S’accingcà l’opra, c’learo Tronco abbrac-

Co-

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]

decimo qv arto, sss »

ìofcei volti alfin dei cari Amici ,

Ionie pria faro al nudo Monte (opra, vede poi, che per gli ettretnivffici pprettato è ciafcun di porli io opra, che perfepellirl’Offafehci i atto già la mano il fenno adop-a, che d’altro di/io l’Anima inuogl-ia , he depone il timor, ma non la doglia* .

Giofeffo era Nicodemo ancora , hsgià1blo,edi notteà Ctf RISTO véne, ni titolo fourano il nome honora , he di Prencipe Hebreo frà gli altri tenne che già mai nei Regni de l’Aurora odorifero, e grato i! pregio ottenne, '* co tenea , per honorarne il Nume orto per noi , com’èi’ Hebreo cottume.

>lfe à l’horàìl lagnmofo volto eterna Dea, dopo i faluti metti, ditte 1 or. Fia che nel fangue inuolto vottro , e mio Signor negletto retti ? >otrete foflfrir, ch’egli infepolto , eia infelice fia de i Lupi infetti»

\ non fia vero mai ch’altro richie le.

amor vottro,il fuo m:rto, eia mia fède, o

fi prepari purC'fetio’l contende «

rbara volontà di quella Gente); ofctira Tomba, à chi nel Ciel rtfplende* izi'1. occafo ài vero Sol cadente, con le bracciaaperte ecco ci attende, pe r folleuar noi ttattlpendente > perche eftimo hauer fepolcro pofla,

, che ci donaifGicl, chiede vna Fotta. .

- - N

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¥m

'3S6 /PIANTO io

Chi ria si duro mai, eh -* non fi pieghi , Mirando fo! I* Humanitade ignuda ,

Che par , che formi affettuofi prieghi. Perche fra poca terra altri la chiuda ?

Ben farà fiero il cor, che non s* impieghi Ne I* opra degna, e più che Fiera cruda Quell* Alma poi, che confanguigni humorì La iua morte non piagna, e non honori .

Come Deftrier, che le niedefmo porte Co’l corfo alato à desinato locò ,

S’acuto fprone il pugne, à l’hor più forte Fatti veloce, e fembra tutto vn foco.

Così MARI A con le parole accorte Ne gli Amici il difio non lento , ò fioco Accende de le funebri Pompe,

Ch’ogni dimorac i ogni indugio rompe.

Ecco vna Seal a il buon Giofcflfò pone, Doueal Legno maggior l’altro s’inetta ,

E su vi poggia, e vn Panno indi foppone Al Petto /acro, ed vn fottegno appretta > Acci òche quando in libertà ripone L’alfilTe Bracciali Corpo habbia.ela Tetta, Ouepofando poco, à poco feenda l’ettinto Rè, fin ch’altri in braccio il prèda*

i ?

L’altra il pio Nicodemo adatta piano Al deliro corno , e vi faglie in modo , ChepolTa trarre à la trafitta Mano Con tenace Tanaglia il crudo Chiodo#

Ma quali fu Vaftaticarfi in vano ,

Tanto nel duro Tronco è fitto fodo 5 c Pur cefle alfine,e dal punge nte laccio Sciolto giù cade à l'hor, pédédoJl Braccio

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T

DECIMOQV ARTO. 357

Sotto il Legno diuin , come in aiuto >

Erano le Marie fubito co rie ,

Quando il pietofo Hebreo quel C hiodo A la Vergine humil da l’alto porle j (acuto Che come fanguiiiofofìì veduto,

. Da le materne luci il pianto forte ,

Con forza tal , che tolle in vn baleno La viltà à gli occhi, e*l relpirare al ieno.

Il prende, il mira, il bacia, al fen loffringe,

E con amaro humore il laua,e bagna,

Ed elTo poi la gola , eTl labbto tinge Del Sangue pio, per cuiiì duo!e,e lagna. Come il matern o affetto alfin la lpirge , * Nel petto con le Fop^e l’accompagna. Che non sa ritrouar loco maggiore

De la Itanza v ìtal, ch’alberga il core.

1 *

Tutti cauati fur nel modo ifteffo,

E nel modo medeimo ella gli accolfe ,

Che détro il fen da graue affanno oppreffo. Così I'vn dopo l’altro afcender volle.

Con ch’affetto già maifiì il pianto éfpreffo. Con che parole mai l’Alma fi dolfe,

ben, che non potriafenfo capire Di mente human a, ò mortai lingua dire.

Furo dardi le voci, che paffaro Per mezoil cor,douehà prircipioilmoto. Furo oceani i pianti, ch’inondaro Il fenfo altrui, che rimafe immoto.

Non fu alcun de Io Stuolo amico, e caro, O fufle C mattino, ò fuffe ignoto,

Che nonfaccffe, dal dolor coffretro.

Gli occhi vna Foncé, vn Mógibello il petto

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«8 ' PIANTO'

^ J O A

Già il Tanto Corpo in libertà riporto , . Cedendo il Panno, cui Giofeffohauea ,

£ l’altra per a ita il braccio pollo*

De la gran Croce al duro piè fcendea.

Da cui tredici partì era difcolfo.

Tutta pianto^ e dol or, l’afflitta Dea ,

Che ripofaua foura vn nudo fallo , * *

Senza ripofohauere, il corpo lalTo.

1 9

Al vermiglio terrengiungeano à pena Con l’vgne eltreme le forate Piante , Quando l’abbraccia, e llrigne Maddalena, E bacia, e laua in vn le Piaghe fante, ^ Che da’begli occhi con perpetua vena Forma amore, e pietà lagrime tante.

Che puote ben del freddo Corpo eflangue Lauar.co’l pianto le ferite, e’1 langue

Gioanni ancor nel luo gran Dio coiiuerfo Pietofo il guardo, e la bagnata faccia , Corre, e’1 Corpo diu in prende à trauerfo (Caro pefo d’Amor)lotto le braccia ,

Efà la bella Hebrea volgerli ver fo t '

la niella Madre , che tremando agghiaccia. Mirando appreffo del fuo Figlio vccifo Le Piaghe, le Percofle , il Seno,e il Vifp.

X I

Hor mentre la pietà V140I , che l’accoglia Dentro il pudico fen, tutta moue.

Del Diadema crude! prima dilpoglia 11 Capo humil, che fudor tetro pioue;

Poi de la im’gidica,e fredda Spoglia Tratta le piaghe, e’1 fangue indi rimoue, « E q uante ne ritroua , e tante à pun to Ne riceue dal duol P AI1114 in quel punto. .

Prcn-

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DECIMOQVARTO. 119

1 X

de il Giouinepio l’afpra Corona, con doglia,eltupor la volge, e gira. Itine inpreuaal duol l’Alma abbandoua, ome così pungerne eiler la mira : a mille baci intanto affgge , e dona i Piedi(ouepur’anco fi ritira) i vaga Penitente, cherafiembra vino pianto dileguar le membra*

etofe Marie vicine (tanno la Sorella, e con le labbra mette >di, baci, l'ofpiriincopia danno CoFpoeiiinto del Guerriereelette, on animo dimetto altro non fanno, (fi e, Yaffiflar gli occhi in quelle parti,e in que- ?ftando nel mirar tan te ferute

urte per duol, per meramglia mute, x. .

ucci i circottantiiu le r iuolue t metta Madre à rimirare intenti, le il cor disface,e l’Anima diflolue caldi pianti , é in dolorott accenti ; mentre al volto, al fen la faccia volue, > •mminittraal dolor noui alimenti, * ita, che ne l’Eiìinto il guardo moua, ' ? ie mileria maggi or Tempre ritroua. x t '•

a il fanguigno Corpo fi diftrugge, i Mando il duolo in lagrime viuaci , l hor da gli occhi, hor da le labbra fugge^ :ntre lo lirigneal feno,i freddi baci, aal vago fior per pioggia reas'adugge, le MARIA dei fuoi dolor mordaci diluuio crudel, ch’eJcé dai lumi mbra, che ù disfacciale fi confumi.

Sotto

$6o PIANTO ,

x b *

Sotto caro, e preziolo pelo ,

Encelado d’amore, elTala il petto < Fra [profondi fofpiri vn foco accefo D’vr.’amor grande, e d’vn maggiore affetto. Hauendoalfin l’hutnido volto incefo Ne gli occhi eftinti, e ne Peflangue afpetto. Con vn dolente oime , l’afpro martire

Ruppe il duro fìlenzio in quello dire, i 7 -

E quello del mio ben, del mio conforto (to, il Corpo, il Seno, il Capo, ilCrine,il Voi- Ne I’horror de la morte elfar gue, e fmorto, B dentro itfanguc horribilmente inuolto ? iVhijChe pur troppo è defTo;oime>che morto Il proprio Figlio hai nel tuo grébo accolto Madre, e di riconofcerlo ritarda

' la villa ancor ? ben delfo è si, riguarda.

x 8

Quelle non fono già l’alme fattezze, ì .

C he di vaghezza gli Angeli auanzaro* Quelle non fono già le luci auuezze Ad o leurare il Sol , quand o è piu chiaro : Quelle non fono alfin quelle bellezze.

Che gli Spiriti eletti inamoraroj.: :

Oime, che del mio Figlio hor veggio folo. la Morte, il Sangue le Ferite, e il Duolo.

X O

Ofpettacolohorrendo, ò villa atroce.

Che l’Anima trapalile nonl’vccidi ;

Se ben fan cjuelle Piaghe, e quella Croce,

C h’.i! mio aolce GI&SV la morte inuidi. Deh come nel mio corq entri veloce , *

'B formi l’alce note,e imelli gridi j Horchmonfai.cheperrillelTa llracfa,^

Cui dianzi il Figlio feo, la Madre vada ? .

' ' . Era

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DECIMOQVARTO. 161 * o

Era dolce i I morire à 1* hora in rutto.

Che nel Legno crudel certe à la Morte II mio Parto diuin, non men dillrutto Dal troppo amor , che dal tormento forre Horfiapiù dolce, chel’eftremo lutto L* vltimo honore à quelle Membra /"morte Apporta, e porto ancor chiudere homai Conia tremante mah gli fpenti rai .

Occhi, che già con vn lol voftro giro vera luce delle al Cieloofcuro, iafla, quai vi ritrouo ? e quai vi miro Tutti auuolti in horror mi/èro, e duro? Ecco vi chiudo, ò Porte, donde vfciro » I viui rai d’vn Sol più chiaro,e puro;

Ecco vi ferro, e nel ferrarui arreco

Notte caliginofa al Mondo cieco,

° a r

Ma tu pietofa Bocca, che già delti Tanti fegni di fenno, edibontate,

E che nel gran patteggio aperta relli , Quando l’Alma lafciò PHumanirate*

Non ti ferri la Man, che non haurelli Quanto ti deue il merto, e la pietate.

De le mie labbra fol lo fpirto lieue Co’l lìgillo del cor chiuder ti deue. a a

E qui dal grande amor ne l’Alma rotea.

La Faccia lagrimofaal Volto inchina'

Del morto Figlio , ed à la fredda Bocca le fmorte labbra fue mefèa auicinaj Poi mille baci affetruort fcocca In quella di GlESV Spoglia diuina,

E mentre laribacia, eia riltringe.

Tutta del Sangue pio bagna, e unge.

"Q. Nc

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J6i PIANTÒ'

X +

di quel Sangue puro auuien, che prenda Il Volto folo, ò la funebre Velia,

Ma tinta «e riman la lacra BENDA ,

Che in legno Vedouil cinge la Telia.

Che, perdi’ ogni Alma di pietà s’acccenda*

. Hoggi à la Patria mia FE LSIN A rella . Quali Pegno celelle,fourahumanOj

Donato à lei dal luo Palloriburano. x s

Al buon PETRONIO Teodofio Augufto, Chegià l’Impero in Oriente relTe,

Come ad Amico, à Pallor fanto, e giufto* Con altri doni il nobil Velconceflè;

Ed eglipoi, del bel Teforo onufto.

Nel Tempio, ch’in Bologna al primo ereffe* Che per CH RISTO mosì , con viua fède Ciunto, il ripofe, oue hoggi ancor fi vede,

Milleriofa Chiefa altrui fi mollra Quella, fra quante al Modo hoggi ne fieno* Ch’oltre che 1 lochi di Sion dimollra Più chiarie diui, il grà Sepolcro ha in feno. Di Corpi facri la diuota Chioftra,

E di fante Reliquie il grembo pieno » Oltre che poi,peracquiftata Fama,

Altra Gierufalemme ancor fi chiama.

X 7

Molta è la riuerenza , e grande il zelo *

Chela Dotta Città diuota tiene

De l’alma Madre al gloriofo Velo ,

Da cui grazie, fauori , e doni ottiene : Ma contra noi forfè adirato il Cielo ,

Da facrilega man furato viene.

Che come poi fi feppe, e fi diflfufe ,

Ogni fedo, ogni età molTc,e confufe.

Cor-

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decimo qv arto. 36$

* ».

Correano afflitte, attonite le Genti Al Tempio noto, per ritrarne il vero ?

Qui di pianti, di grida , e di lamenti Moueano i Vecchi vn metto fuono , e fero , lai Fanciulli, eie Vergini innocenti Con faci accefe precedeano il Clero 3 ' Ch' intorno già pregando humile, epio* Per placar r ira de l’ irato Dio. a o

Mail fouranofauer di quel MAFFEO,

Primo de l’ Ottro honor, gloria di Flora* Del cui chiaro valor nobii Trofeo (Cara tìiemoria)tien la Senna ancora. Fettina, che la gran perdita feo ,

Per volontà del Cielreggeuaàl’hora,

E con dominio in lei giutto,e ioaue Del Succeflor di Pietro hauea la Chiaue.

o

Comehorla tien congloriofo pregio Porpureo Heroe , che pur di Flora è Figlio, Che fcopre adorno hauer l’animo Regio Di fortezzanon men,che di configlio.

O de i CAPPONI illuttri altero fregio , Che chiami l'aureaEtd del lungo effigilo, Viui, ch’vn giorno fia, cheli Trace ingiufto T’adori Pietro, e t’vbidifca Augutto.

Hor quel , che tutto puote in mille guife Oprar fenno, valore, arte , e prudenza , Con magnanimo ardir non pretermife. Non perdonando à fpefa, à diligenza. Peneimpofe di più, premi promife ,

A chi ne dette indizio, òconofcenza, ,

E per Corrieri in ogni eftraneo lido 1

Ne diuolgò la fama, e lparfe il grido.

t Era

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PIA N T O

Era il ladro infedel,che l*o pra indegna Con auaro penfìer commetta hauea. Partito con la Preda eccelfa, e degna,

« Cui nel profano fenchiufa tenea, v Doue il LEON di Marco inuitto regna ' Volfe prima compiè la mente rea, Ch’iuii’empio pensò(fiero misfatto)

Del Sangue di GlESV trattar contratto.

& 4 a

Ma il generolo VENETO, che il retto Al lenno accoppia, e co’l douer la voglia. De la no ua empietade hebbe difpetto,

E del furto inhuman difdegno , e doglia; Scaccia il Ladro crudel dal regio afpetto, E firitien la riuerita Spoglia,

E n’auifa il gran Padre, ed egli poi Manda la noua à i metti Figlinioi.

Che pria non giugne a la Città dolente.

Che la facra Reliquia ancor v’arriua, Diuolgarfi la co fa ecco repente.

Onde Felfina forge, e fi rauuiua. _

Corre precipirola à Phor la Gentei Per adorar la Benda chiara,e diua.

Che fuori ftaflì, mentre al tri prepara ,

Per accoglierla. Pompa illultre, e rara.

A Phor Pimmenfo gaudio in guife mille TrapaiTain ogni loco, in ogni parte ,

E di lumi, e di fochi, e di fauille Volanti, s’ode il ruon, s’ammira Parte.

I fonori Oricalchi , e 1 ’alte Squille,

E la bombarda, fulmine di Marre,

A Gente vn Mondo ancor da noi rimora Fanno la gioia, e l’allegrezza nota.

Con

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deci moqv arto, s^s

a ..

Con molte faci in ordine dirette

Ecco i Confrati accompagnare à i paflì Xagrftne,e precisegli odi, e le vendette Porre in oblio , mentre al gran Tépio valfi* nobil Vafo ne le mani llrette ,

Dentro cui l’alma Gemma occulta Halli,

Il mio Signori che fenza macchia, ò neo Sembra fra gli Olhri il Soffra i Cigni Orfeo*

i A

C on moto graue, in maeftà compio ito, Haueudo à quel , che tiene il guardo intéro* Portato da più degni, e fourapofto Pregiato d’oro vn vago Ciel d’argento i Mentre in flebile Tuono, ancor dilcofto *

Si mira la pietà, s’ode il concento Del Popolo fedele, ei viene, e intanto % Tornala Benda pia pel Tempio Tanto..

Dietro il Pontificate habito adorno (giato* Ecco ALESSANDRO , il buon Paflor pre- Che forTe di Corona ancora vn giorno •* Porterà cinto il crine, hor d’ottro ornato. O s’haurà mai quel Tacro Manto intorno* - O s’à tanto Iplendorl’inalzail Fato,

Ben fia,ch’à l’hor fi veggiaergerf? pura [ La Croce, oue la Luna hpr forge impura.

o .

Che nonhebbe già mai Romajrà i chiari*

Ft porporati Padri Heroe più giulto;

Cosi non brama in quelli tempi amari Per Tua felicità Numa, od Auguiio :

C on opre illuilri, e con eflempi rari > Pieno di zelo,e di pietade onulto . Sempre moftrofli, ondefà quali vn Sole Splender &4no%Ja LVDOVISIA Prole. }

^ :: " q. ? cot.

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i

3*6 PIANTO

Correua il Sol precipìtofo homai Ver l’occidente, e in nubilofo horrore Già nafcondeagl’impalliditirai ,

Forfè per la pietà del Ior Fattore*

E pur la fama Dea non ceda mai facerbarco’I pianto il fuodolore, i

Quando Giofeffo coll dime ffo ciglio >

* Vtì fépelirlo alfinle chiede il piglio.

Turbata la pietofa,‘ il vifo imbianca >

^ A la richieda amara, e dolorofa ,

Silangue poi, Come languendo manca Per fouerchiocalor vermiglia Rofa i Marrafitta nel cori* Anima fianca,

Sern fugge à gli occhi in pioggia lagrimofa, Rie'de in fe lleifa alfin,ma non rifponde , Che Spianto il duellar trinca, e confonde

Troppo acuto è il dolor, che RÀlmapia In quel punto crudel punfe, ed offeie , Ben’arto è di pietà , quanto difia Giofeffo sì, ma troppo ài ci richiefe.

Tal fu l'affanno forfè, ò gran M A R I A ,

Che vi rurbòiquand'altriil COR vi chiefe D’ENR IC O ilpio, ch’ogni nini ico Stuolo Spauenta ancdr, fcon la ine morìa folo*. - s * .

Di quetfouranoR'è, cui mai non vide.

Ne fia, che vegeia alcun pari, ò fecondo: Nons’altri fuffe il fauotofo Alcide,

Non fe viueffe altro Aleflandro al Mondo, Com’effer può , che in vn foI’Huó s’annide Indomito Valor, Senno profondo , Temperato Poter , Clemenza giuda , Cortefe Affetto, e Maetf ade Auguft a ?

* Epur

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DECIMO QV ARTO. tf?

s .

Eput di tanti,e maggior fregi ornato il grande Heroe. per naturale illinto* Come à i Trionfi, ed à le Palme nato*

E generofo al perdonare accinto : Inuincibile al Mondo ei, che nomato Ira, da la Pietà però fu vinto.

Perdita gloriofa, e qual Vittoria

Pia mai* che giugner pofTa à la tua gloria >

Conia Pietàfàmemorandeprede» .

E con 1* Armi domò Genti ribelle »

Ma al perdonareil fangue fparfo cede» Che perde I* vn, l’altro fai’ Alme ancella Onde con illusore hoggi fi vede Di Francia inuittain quelle partile in quelle Del magnanimo cor, che il Mòdo ammirra* Più legni di Pietà, ch’effettLd*Ira* ... i

Vinle Annibaie il forte, e Scipfo vìnte*

Ben de la Grecia Capitani mille»

Ma vna gran Fiamma il lume loro eltinfe* Ch’appo quel foco fon lieuifauille..

In vna Roma fola vn foto cinfe la Spada, nouo Etorre, ed altro Achille* Sembiante in tutto al prudente, e force Me la Pietà* ne 1* Arme, e ne la Morte..

S »

Cefarefolo,efolo Enricavanna Di Gloria, e di Fortuna a paro, à paro * - Incliti Tempre far , Tempre faranno^

Di Fortezza, e Valore effempio raro *

Ne la morte potea(che con inganno) Apportar loro, ahi fera, il Fato am jro *

Ne fola ardì effeguir l'inique brame , MachiamòfecoilTradimentainfame. .

Qj 4 Quan^

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36* PIANTO

Quanto voi rifpondeite à l’hora, quando Altri vi chiefe i l preziofo Pegno,

Tanto rifpofe à punto lacrimando la gran Regina del celefte Regno. Fftequifca/i pur l’alto comando ,

Diali a la Terra, chi del Cielo è degno. Tale è la volontà del Signor mio.

Cosi chiedete voi. tanto vogl’io.

Sog|iunfe pitì. Men trebbi in n la Vita» Che fol per noi ioflfri la morte dura,

% » « ferrai, d’acqua infinita

le Piaghe afperfì,e l’alma Faccia oscura; l’opra di pietà eflrema ecco finita. Quanto rimane hoc tu efTequ ir procura ' E in quefto dir graueambafcia

Ne le lue mani il Corpo amato falcia.

D'vra pietofa riuerenza pieno Il Generoio Hebreo, fobico il prende, Poicia vn Panno fpiegar nel terreno , Souracui pria il declina, indi il difende. Teneua ancora iiàcri Piedi in feno Colei, da i cui begli occhi vn fiume fcende. Fortemente cosi, chefembra tutta In caldo piaàta'liquefatta, e {frutta.

lafciali meffa, ma però non parte Maddalena da loro, ò ffaflì lurge,

Gittafì in terra, e da la delira parce Con le dilette Piante fi congiunge!

Ma gliVnguenti Sabei fparge, e comparte Cioiefro al Corpo diuo, e rutto l’vnge.

Indi piagnendo, dentro vn nouo, e mondo Lenzuolo auuolge alfine ilnobil Pondo. .

~ Hor

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S'

deCImoqvarto.

Hor queflo Drappojn cui C HRISTO col sa^- Di medefmo la Figura imprese , (gue

Che i! CapOj il Sero,i Piedi, il Tergo eli ai»- E le Mani e le Braciaio tutto efprelle. (gue. Quando il Trace crudel, 1* infornai' Angue E'vltimo Coftantin vinfe, ed cpprefle,

. Del gran LV (Gl, che lo Scertro tenne

r De l'inuitta SaucÌ3. in poter venne.

t> a

Epietofa l’Kilìoiia. A l’hor, che cade.

Din* peto d’ Or sente, eia Fortuna,

E che per tutta la reai Cittade,

Verdi’ Arto fattori, forfè la Luna: :

Dcjct a iTefori de l’Hehree contrade.

I et Fuggirei! Tiranno, infìemme aduna, Fràciti ripone il gloriofo acquili o, (STO.

Cui diai: zi feo, del 2ran LenzuoldiCHR.1-

o

Hcr2cofìei,chefceiidedal Reale ,

E pio GOFFR EDO e Margherita ha nome, „De l’Aritefe dit:in,che non eguale,

E d’altri Arredi ancor carca più Ionie.

Dato al natio terreo l’vliimo vale,

Si pene in via, benché nonfappia come,

5 O doue, od à chi vada,e mentre il piede »

Via più s’inoltra , i! core indietro riede. o j:

Due contrari fentier dolenti fanno.

L'Anima, e’1 corpo j il corpo in altra parte ? L’Anima portaje l’Alma ne l’affanno

Torna à la Patria, anzi già inainoti partet Dopo (offerto hauer periglto,e danno,

E quanto difìniftro altrui comparte Strano camin, con la Reliquiadiu»

A Chiamberi laregia Poru) a arriua» i

. / , Q. 5 Co*

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37* PIANTO

Con apparatogrande, e regalmente . Dal Prence accolta venne,ed incontrata*. Che a’Annala C onforte era Parente,

In Lufignano Heroe già maritata.

'Da 1 ei con atto humile, e riuerenre la facrata Gemma alfìn mollrata,

C h’empì dipianto altrui noB men l*afpetto,; Che di Itupore , e di pietade il petto* .

I*vro, e l’altro ConJorte ecco s’ inuoglia In modo de Perla alma, e gradita,

Ch’Ai na à ÙCara fua (copre la voglia ,

E con bell’arte à proferirla inuita :

Ma l’altra , ch’ama più la (aera Spoglia

' D’ogni Teforo,e de la propria vita ,

O che tace, ò che fìnge , ò che fi feufa Cosi donare il chieho Don r(cufa* t> a

Tenea la Donna per l’Argento immote V Arche,e Carrette* hauea Caualli,e Paggi, Che de i Grandi non fon l’vfanze ignote , Mentre fe’n vanno in lunghi afpri v iaggi. Erano altrui tante ricchezze note, *

E i lorC ullodi poco accorti, e faggi.

Si che i Ladri notturni le furaro Co’l fanto Velo, quanto hauea di raro*

e <t

Fatta la Preda, vanno à la forefta Con paffi allegri in loco altrui romito , Parroncfl’Oro.e del Lenzuol , che reila Ammirati l’arte vaga, onde ordiro;

Perche pur fi diuida, ecco s’apprella Con la tagliente Forfìce il piu ardito.

Ma quando pone il penfier* empio in atro * Pei £raccio,e de la Man rimane att ratto.

, Men-

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DEC IMOQVARTO. i o

Mentre ftupidi gli altri à quel mefchino Intorno ftanno, e quali il'piangon morto. Ecco furare il preziofo Lino Vn, che fi tien fra i più auueduti accorto ; Per dilufata via volge il camino , >

Hor varca Selue, horper fentier difiorto Sagl ie l’erte Pendiei,e Tempre Iunge Da l’habirato , alfine à vn Fiume unge*

Qu iui fi ferma, e verfo l’acque chiare A rinfrefcar le labbra il volto piega.

Indi, perc’hà difio di rimirare la fatta Preda, il facro Lin difpiega;

Che, perche fià venal , penfalauare Il Sangue e la man ne l’opra impiega.

Meni re vnfulgcr, cui Palma Imago arreca (Miracolo fouran) l'Infame accieca»

' 1 X

la regia Donna intanto , che fi vede

Sézail Drappo immortai, pianfe, e fi dolfe. D’altro non cura , ed altro non richiede , Onde à ricuperarlo il penfier volfe.

Premi, e grazie promette, e ne fède ,

E d’ ogni furto ancora i Ladri aflolfe ,

| Ed’ogniincorfa pena, pur che fia

Portata ilei la gran Reliquia, e pia.

7 t

Pentiti gli empi, afficurati infième Dal promefro perdon, fu£>iro vanno,

E con vero dolor, ch’enfro gli preme ,

Il fanto Pegno à Margherita danno. Scoprendo poi quelle miferieellreme, D’ogni peccato lor rnofirano affanno,

E pregan sì, che retta in tu no far, o ..

De gli Occhi Pvno, e l’altro de la Mano.

. Ct 6 Per

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'PIAN T O ' ■nr

. 7 .♦ * ..

Per miracolo tal v ia più s’accrelce tOi Luigi ii difìoja voglia d’Anna, l’v r, per haucrlo e pianti , e prieghi mefee, Vahro a perluadere il van s’affanna. - Si feufa Margheiita, eie rincrefce ,

Mail non potere incolpa , anzi condanna? Erifoluta già di far partenza ,

Con cor tele pari ar chiede licenza.

De le fue Spoglie, e del Lenzuol celefte. Entro vna (oh Ca(Fa,i Milli carca,

Giugne à la Porta , ed iui a'.iuicn,cherefle Il Mulo, portatorde la grand’ Arca?

Che per grida poi, per infette Percofle, ò per tirarlo, oltre fe’n varca. Ma fermo, e immoto ftafiì,e tutte fenibra Di marmo duro fatte hauer le membra. >

Vede la Donna(e fallì in volto vn gelo)

3.o Pupor nouo , e l’alra merauiglia, h crede, ch’vn’auifo ei fia del Cielo,

Onde feco medeima fi configlia: «

Torna à Luigi,e gli concede il Velo,

C he il R edenror coperfe, ed egli il piglia, E di cor la ringrazia, ond’ellapoi.

L’interiotto camin fegui co’ iuoi.

7 7

In iìmil guifa r.elamanperuenne Quella celelle, e preziofa Gioia,

C he fr à le merauiglie il pregio ottenne, Clie tanto il del cieco Abiflo annoia. Dai Duce inuitto, che lo Scettro tenne T e la Citrà del Toro, e di Sauoia,

Cui con la mau.clVà molti, e freno,e legge Jlmagnanimo C A RLQhora corregge. ..

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DECIMOQVARTO. 31} t

Mg'*

Quel fourano Campioni chefol fra quanti * Hebbe-il Mondo Guerrieri , hoggi e il, piu Benché Sparta, Carrago,e Pelia vau (torte,

I chiari Heroi,che preda horion di Morte. Porle fia, eh* anche vii di gli ettremipianu A la noua Babel Geneua apporre »

K-oiàdi lui (fin dentro il proprio lido) -

•V ombra 1* affligge, e la lpauenta il gnao .

O fe fia mai che nobii’ irai* armi

Contra il Mollro infedel de 1* Oriente .

E che poi contra lui fulmini d* armi.

Con orribile fuon, cempeila ardente; Ecliffarfi nel fangue, e cader panni La Luna, già terror de 1* Occidente,

A CARLO di valor Folgore, e Lampo,

Lafciando in preda alfin rinfegne,e* 1 Capo

E che fia poi, fe dei bei GIGLI d*auro Ten^a 1 a Vice mai la CR OC E bianca ?

E cfral Perfo infedele, à l’empio Mauro Porti Guerra crudel la Spada Franca?

Qual vedrà di Trofei nobii Tefauro Pn ene,e 1* Alpe, cui la neue imbiancai

Sol dei Veflìlli à la temuta villa >< 1-

Non farà chi contratti, èchi relitta» i ?

Mail LENZ VOLO,Signor, dal Ciel conceffo Al voftro regio Sangue, ecco vi chiama - A liberare il facro Regno oppreflo; - *

Adacquiftare immottal Gloria, e Fama. Perche à l’inuitta Man non è commetto * Quello, cui forfè i 1 cor pietofo brama?

Che f cioglier vedria lieto, e diuoto

Senza periglio al Pellegrino il Voto.

jriOf

-,

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37 4 .PIANTO

8 x v *

Hor tu PADRE commuti, che in Vaticano .Reggi laNAVE, PESCATOR. di CHRI- * £cco il Séno, e l*Ardire,ecco la Mano,($TO Che farà in Atta il gloriofo acquitto.

Qual Rè, qual Duce mai, qual Capitano Di fembianre valor l’Europa ha vitto ?

Deh fa Signor, che vada al gran Tragitto

Sotto lui con la CROCE il Mondo icritto.

8 a

A fepelire il Saluatore intanto Erafono loStuol mefto,e fedele,

A l’horch’apparue in lagrimofo Manto Con gh altri Angeli fuoi ,1’Angel Michele. Quanto fufle il dolor, moftraua il pianto , Di quegli Spirti puri, e le querele.

Che in mute voci , con celefti accenti iRormauanpoi, nel rimirarli intenti.

8 +

Al comparir di quelle elette Squadre S’empie di gioia, e di ttupore ogni Alma: Ma ben conofce à pien l’afflitta Madre , Quale hauer deggia honor l’afflitta Salma i Che non vuole l’amore, onde il gran Padre Amò l’Humanità diuina, ed alma,

' Se fch^rno fu de’fuoi Nemici infetti.

Che nel Sepolcro inhonorataretti.

Hor come poi di Capitan famofo Suole il mondo honorar l’EfTequie degne. Che l'Arme, onde già fu vittoriofo.

Gli porta inanzi, e le temute Infegne.

Cosi prende Michele il glorioio legno, in cui già foflfril’ingiurie indegne l’alto Monarca,e come il giufto chiede . Co’l Vedilo diuin gli altri precede.

'■ se-

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DECIMOQVARTO. 37J & o

Seguiua Gabriele, e ne la delira

Portò la Lancia, che il Collare aperfe,

| Poiché laiciollasùla Rupe alp eltra

lógino,a l’hor che l’Alma à Dio conuerfc, E dietro R afael ne la lìneftra I Chiodi hauea, che il diuo Sangue afperfe De laporenteMan,la cui viruìfe

A tanti Infermigli diede falute. .

Inalzaua Vriel Canna palùftre,

Soura cui fìaua ancor la Sponga auara.

Gli altri, per honorar la Pompa illulìre , Vna face tenean lucida,e chiara:

De l’empie Spine haiiea la Suora induflre Di Maddalena la Corona amara,

Vlrima feguia poi la Viravccifa, Portata.da’luoiCari,in queitaguifa.

8 8

Pria fra le braccia le pendenti Braccia Del morto CHR1ST O Nicodemo hauea, £ i fanti Piedi, cui piagnendo abbraccia. Affianco s’accollò la bella Hebrea :

Piegò Giofeffo poi l’humida Faccia Verlo il coperto Seri, cui foilenea.

Indi tuttìcon fuon, ch’alto rimbomba.

Vollero il palio à la pietofa Tomba»

8. 0

Mefta, e languida alfin dietra venia, s

Dal fuo lido Gioanni accompagnata.

Fra le melte Marie, l’alta MAR I A, la Madre de i Dolori addolorata.

Fra le lagrime pie l’Anima pia w

Dimoftraua dolente,e Iconio lata ,

E mentre il piè meuea, perj’aipr© duolo Ì Co’I guardo filo il luci emana lolo. *

;r x

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V I ANTO o o .

II tafpirofo Giouìne, che in atto

Di (ottener l’alma Regina ttaua, _

Dal pianto oppreflo, dal martire attratto. Con filenzio,epietà larimiraua, Eripenfando al dolorolo latto, n

E rione horàtt Eterno cibnto andaua, (fe, „1Ì rkrrht.pH pica al duolo aggi u-

Mentr

don e horàl’Eterno cibnto anaaua, w un‘ore à gli occhi, edelca al duolo agam- ie r.tre ne l'Orto al gran Sepolcro gmnfa.

Frac, nell’Orto incolto adorno tutto D’ombre fcctete.c di rifpolh horror.,

Qui la Notte, c'1 Silenzio hau-a il i k utto Che mai non gli fcacciar Cam», od AlLon m, umili Beffi, e Salci lenza tono . D’acme Ortiche, e Felci lenza fiori Rimirai: afi pieno, anzi contu o,

E da vsa roza fiepe interno cimilo*

Sotto vna Rupe, à forza di f«rpe'lo . Dimetto à punto nel confine oicuro (Ouafi vi/ Antro rircndo) il tetro Anello Era canato nel Macigno duroi Verta Aqmlon,nehenopoi diqueH0 > Sette pièJungodiftendea-i vn.W Cio tte palmi iorgea dal ttiolo^ed u*

Doueajifi porre i Morti poidai viuk

colorerà irà v ermiglio, e bianco,

E verta il Sol la bocca haueua al bailo, (

Ch’à 1‘aUrui volontà cbuidea pur anco

De Httefto color temoli ^a4/o.

Hor qui giunto lo Stuol dinoto, e ftalico. De eli Amici di Dio termina il patto. Elargendo di pianto ampio lauacro, Tofa n?l verde iuolo *1 Corpofa^ro^

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DECIMOQVA&TO. 377 9 ♦'

Con ordin mefto in triplicati giri . .

Quinci, e quindi piangean gli Spirti alau. Quando aflìfsò fri lagrime, a fofpiri # MARI A nel fuoGIESV gli occhi beau, Ocon ch’affetti à i’hor , deh quai martiri

; Da lalinguagià mai furo fpiegau ,

Ben molfo hàurian la ne 1J Ircane SeluC L’Elci più dure,e le più fiere Belue. o f .

O te felice, ò te beata à pieno

Tomba(dicea)ch’afconderai nel grembo La Rugiada del Ciel, ch’à me nel ieno Con falute ftillò pietofo Nembo :

Deh fi conceda à la fua Madre almeno Di te ileffa toccar l’eilremo lembo.

Ed iui polcia in dolorofe tempre llfepolto GlfiSV lacrimar Tempre. r o r

Se di lei dentro haurai fepolto il core.

L’altra, auanzodel duol, Spogliamo rtale Ben’ in fepolta puoi tener di Fuore ,

Che tolto fia, che il fiato diremo efiale * Ah per conforto pio del Tuo dolore, , Tanto che giunga alfin l’hora fatale.

Che la vita mal viuain tutto vccida ,

Dal corpo il core vn Marmo fol diuida.

o -7 , i .. . . n

Ed ecco hormai, che dal morire ingiufto Al Sepolcro fe’n pafla il mio Diletto :

In quale angolo (oime)breue,ed angufto L’altro Fattor del Cielo hor fiariftretto? Ch’vn’eltremo dolor moftri è ben giufto. Tremando il fuolo,il Sol càgiando afpetto poiché la Morte in quella Tomba ofcura ~ Gli Elementi Confonde, eia Natura. - #

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37* PIANTO

« a

Hipofa pure; ò del gran Dìo verace lacera Spoglia, in quel Sepotcro dentro , Mentre ei trapala à portar Iuce,e pace A i puri Spirti, habitator del Centro,

Che la memoria tua , che tanto piace ATAImamia, tutta nel cor concentro, (ghi Così con quella ogni hor fi a, ch’io m’impie-

In fofpiri, in memorie, in pianti, in prieghi»

a

GiofefFo entrato ne l’oicura Buca,

Non Terza pianto, il Rèfourano prende,

E Nicodemo, perche s'introduca*

Piangendo anch’ei, la man ne l'opta Rende, Sepolta ègià l'Humanitd caduca.

Che dal rnefio filenzio ^comprende.

Che tutti opprelTe à l’hor,che il Monuméta , Rinchiude lTmmortal trafitto ,e Ipento*

Dentro il Sepolcro alfin(che non corrompe Dei Santi il Santo)àl’bor gli Angeli chiari Pofero, qual Trofeo d’illultri Pompe, la Sponea, la Corona, e i Ferri amari.

Vn nebiFmormorìo fpeffo interrompe l’afFetto, e la pietà de i Fidi, e cari.

Mentre il loro in duri làcci auuolto ,

Cui morto lagrimar, piangon fepolto.

1 O ri

Così il Corpo diuin dato à la Terra,

De la Tomba GiofefFo ecco fe n* efce,

E co* I gran Saffo il foro aperto ferra ,

Che le lagrime, e il duolo in tutti accrefce ; Talché la Maddalena à 1* hor s* atterra ,

Ed al crin biondo immonda polue melce»

E forte poi, come il dolor la /prona, Pcrcoteado il bel fen, così ragiona.

Offe.

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Di<

\

DEC IMOQV ARTO. fi* - I o r

© fièro Saffo , che la dura afprezza Ritieni ancor di quella Cote alpina Che ti produffe, poiché non ti fpma 1/ amor, che deui à la Pietà diurna :

Ma fiero, e duro più d’ ogni durezza , Oferreocore, ò Alma adamantina.

Che rimirar fepolta puoi (offrire L’eter/ia Vita (ahi cruda) e non morire

Adunque è morto il Creator del Mondo Per miafalute, ed io non l’accompagno (Come Tempre iIfeguij)col corpo immódo, E inutilmente qui piango, e mi lagno ?

Che fa più meco il core ? inutil pondo.

Senza GIESV, lenza il mio Ben rimagno,* 1 Deh quale hor m’apre il Sen pietofa Spada,

Perche dòue è la Vita il cor len’vada ?

tot

Doue è PHebreo crudel, che mi diuida Da l’impudico fen l’Anima folle?

Doue è la fera Lancia, che m*v cada,

Del Sangue preziofo ancora molle ?

O miei dolori,e chi di voi mi guida Hoggi à la Vita ? e chi di voi mi tolle Hora à la Morte ? che ben morta fono.

E cadauero vii piango, e ragiono»

Ma fe la Morte è forda à quella voce.

Se il viuer mio del mio Signor mi priua,' Quella Tomba altripure apra veloce, C*hor*hora voglio fepellirmi viua r Ballerà bene il duol grande, e feroce. Perche più lungamente io poi non viua ; O me felice, fe mi fia conceffo Alfepolto GIESV morire appreffo^^ 5

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v PIANTO

l o b

Qu ]I nube, ò nebbia, ò come fumo al vento Si sface,e fi diftrugge, hor cosi pure Sparuero,e dileguarli in vn momento Da gli occhi altrui le Menti eterne,e pure: Mapercheil Sol d3 l’Oceano cfpento,

E forgon già I’ombre notturne, e fcure, Co’l luo Gioanni,e le Sorelle amate

MARIA Ie ne tornò ne laCittate*

/ - 1 . o .7 .

Giunta a l’Albergo, ha leco Maddalena, Che Paccompagria entro l’vfata foglia. Che moftra nel partir, di fangue piena (Come non sò) la già comprata Spoglia. Ben la conofce, e la rimira à pena V afflitta Madre,e crefce doglia à doglia,

E da la villa cruda, ed improuifa Poco man cò, che non reiìafle vccifa .

I 0 8

Cauta prima U prende, e non s’ auuede la Peccatrice, eh’ oltre pur s’ inuia, Qtiando con humiltà la Dea le chiede (Non lenza pianto)ciò che il drappo fia . Turbali Maddalena, e ben $’ auuede ,

Che nafeondere il ver non può à MARIA le Icopre il tutto, e con parole mette Confortandole il cor, le la vette .

i o o

Qual già Ifrael foura la Spoglia immerla Nel finto fangue amar o pianto /par fe ,

Tale MARIA foura la Gonna alperfa Del vero, e poro, lagrimola apparfe : Rimbrotta, baciolla , alfin conuerfa II volto al Ciel, non potè più celarle Di non moftrare addolorato il ciglio , Cornetti a l’ hor , che vide morto il Figlio .

DeCIMOQVÀRTO. $Si

E foura erta versò la fàccia intanto ( La faccia, che il dolor non fa men bella ) Con vento di fofpirivn mar di pianto j E mentre piagne poi, cosi fauella. * Beii’hebbe d’empietà ferino vanto,

E di Tigre crudel l’Anima fella Colui, che in voi dipinfe, amate Spoglie , Co’l /angue l’ altrui morte, e le mie doglie.

Del Figlio àgli occhi miei fonti infelici La dolce etate, e’1 fiero ttrazio apporte E Guerra, e Pace, ò Vette in vno indici.

Già minittra di gioia, ed bordi morte,

Da quella man ne i giorni più felici Le prime fila pur u'furon porre ,

Ed hor da te(nè fia che già t’incolpi Del mio morir riceuo primi colpi.

il»

Mitterio fa Vette, ahi, ben rinchiudi In te medefma a pien di me l’eflempio,

già coprirti i fanti Membri ignudi ,

Ed io di quelli fui Sacrario, e Tempio;

à forza tratta da i Nemici crudi,

Io diuifa da vn Sarto ofcuro, ed empio, SoI'O non fotti mai d* Ago trapunta ,

Ed io da mille punte(oime)i on puuta.

Fri le care memorie il loco primo Via più nel cor,che ne l’Erario haurai.

il caldo affetto con la voce efprime. Onde l'erbata intatta ogni hor farai ,* Co’freddi baci in te l’Anima imprimo.

In te l’ettremo fiato ertalo homai.

Che folo à punto inouel diuino Sangue Può ripofo trouare u core effangue .

$*i pianto xinr.

1 1 - _

Quelli affetti d’amor, d’amore efpreui ,

•' Accògli Spoglia honorata,e cara,

B quello pianto, e quelli puri amplellì >

E il mio cordoglio, e la mia pena amara. De gli affanni crudeli i Nembi fpelTi Con la dolce memoria almen rifchiara,

E contempri tal’hora i penlier trilli,

Che’l Figlio mio, che’ l del Ciel coprici.

Così dicendo, la pentita Amante ^ Dolcemente accommiatale li ritiene Con accefo dilìo le Spoglie fante ,

Quali Trofei de le fue immenfe pene.

Non diè l’Autunno al fuol mai foglie tante. tanti il Lido mai grani d’arene. Quanti i baci poi fur,c’hebbe per fegno De la pietà materna il caro Pegno.

Il fine del Tianto Decimoquarto,

** - V

PIAN-

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Ju JL Su. JL JL'

^pr^f^p^p <5^* ^

PIANTO XV.

^T^GOMEUTO.

P1{efo è Giofejfo , il \edentor del Mondo Con pompa fcende à debellar l' Inferno, lui è adorato , iui del Serpe immondo T rionfa ìmitto^con bonore eterno .

S'adira il Moflro ,e chiude nel profondo D'ofcura Palle il Legno altoy e fuperno : Helena il troua,e con pietofo effempio Gli erge con nobil Gloria altero Tempio .

1

Onfio di rabbia,e tumido di /de- gno

Verfo Giofeffo il pertinace Hebreo,

Perche tolto GlESV dal co- bi! Legno ,

\ Con Pompailluftrefepellire il feo.

Quanto può l’ira folle, e l’odio indegno Obliqua tnente,oprar peruerfo, e reo (Ancorché giufto, ed innocente folle)

Gli pofe in torno 9 e centra gli corninone.’

hi

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384 PIANTO

X

Incerto loco, ouepartareei deue.

Come in aguato, armata Squadra pone

* Che da gl’iniqui Scribi ordin riceue ,

Tofto che giunto eilìa, farlo Prigione. Viene egli in tanto à parto lento , e greue Con Nicodemo,'è;ver la fua Magione

Si volta ; hor l’erter prefo, e I’effer giunto,

E condutto Prigion^ tutto fu vn punto.

C Piede i la Turba Nicodemo à Phora Qtial fece error , perche prigion ha tratto» Cb’inipaziente poi de la dimora,

i Nullarifponde, dffdegnofa in acto.- Non cerca ei più ,che.di fe teme ancora , Non per lieu e delitto, ò per misfatto ( Poich’è innocente)ma guardingo il face ì/efiere anch’ei del Galileo feguace.

Cosi pofeia Giofcffo è via condutto ,

E in olcùra Pri gion lolo rinchiufo ,

Oue l’vdire, e’1 fauellare in tutto i

—Tolto glifù, come richiede l’ via. ,

Altri Pàffolue, edaltriil vuol dii! rutto.

Chi loda il fattole chi riman confufo. Quanti i penlieri fon, le voglie tante

De la Plebe volubile, e incollante.

s

Non si pre fto ertalò P Anima'pura

Il Monarca del Ciel nel Legno forte ,

Che giù nel centro de la Terra ofeura Scefe'ai Regni del Duolo, e de la Morte.

D’ Acheronte tremò la Rina impura , L'empio Martin de P infocare Porte (La fera Coda al ventre refirrgnendo) LaCuftodialafciò, tempre fuggeudo .

Por-

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decimoqvinto. i*J

Pcrpurea Croce il Gloriofo Duce Dentro vn’aurato Vel difpiega al vento 3 Bianca è la regia Velie, che di luce Supera il Cielo, e di candor l’Argento, magnanima Faccia in modo luce ,

Che rella il Sol, quàdo è più chiaro ,ipento: E pompofe di Stole alme, e leggiadre

Seco ha d’ Angeli fanti elette Squadre.

7

Al folgorar de l’improuifo Lume,

Il feroce Nocchierde l’atra Naue ,Tiuto tremante, nel fulfureo Fiume Precipitò le Hello, e’i Legno graue.

Viene à l’hora nel fuol l’inuitto Nume,

Che chiude ancor con renebrofa Chiane L* Anime pie, dopo che il gran diuieto

Trapal'sò Adamo, e Ammortai Decreto,

.8

Quando rifulfe il luminofo Vifo ,

E 1* Corpo facro à 1* Alme fortunate, - Fatto 1* ofeuro Limbo vn Paradifo ,

Tu tte le refe à pien liete , e beate .

Prima le belle Piaghe, onde fu vccifo ,

:Con di uota pietà furo adorate ,

Indi con gaudiose con letizia immenfa Fruì del Rendencore c gai Alma accen fa

Di faote voci, e di cdeiliaccenti (Reggia hor di Dio) l’atra Magio rimbóba, Feriìce il core à le perdute Genti,

Con angelico luon, più d’ vna Tromba : Onde per tema, e duol battendo i denti * Gli Habicator de la Tartarea Tomba' Fuggono impauriti, e melti vanno ,

Oue il Seggio primier l’empio Tiranno,

R Qui

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M PIANTO

Qui d’ ogni C-chjoA ognu^ntej.to

^Lucìfero aUteo «mpàur.W ;

•sssa KBSsSa

Che vorrebbe fuggirla non Pur difperato, e pertinace infieme»

Con fuperbo penfierpe.«od oppo

Al Re del C ielo.«=.^nt^gcotle. , .

V infernal Regno in vnbalentr

;

lnSSl"B^ènde

°SiS2iif ||i3re’ .

Che giù alni vn' Arpia difforme

AltnvnaSfinge. alta vn^n-, nere . lembianzirieneìe molti hanno lafaccia

Soalp^ediLeonlebracc»^

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DECIMOQVINTO. $87

I 4

Con vrli , e grida a la difefa d’ alto De 1* empia Rocca infelloniti Hanno ,

E d’horain hora attendono l’afialto. Ch’apporti loroirreparabil danno.

Méntre al Liberatorfourano, ed alto Lode, ed honorei lieti Padri danno.

Fra cui con humiltà, pieno d’ardire,

; Adamo il primo in quello fenfo à dire*

O grande, ò Tanto, ò gloriofo , ò pio Creator, Redentor, dal del difcefo,

E nel Vergineo fenfatt’Huotno,e Dio,

E da noi viui in mille guife offefo.

per falute fol del Mondo rio Caldo, e gelofoffrilti, odiato, prcfo ,

E fchernito,battuto, affilio à vn Legnofgno

Foli i,per troppo amar quell* Huomo inde*

1 0

Quell’Huomo vii, che tante volte,e tante Prouocò l’ira tua vendicatrice ; QuelFHuomo rio, che da le Piaghe fante (Cari Trofei d’amor)fatro è felice; Quell’Huomo alfin,ch*à la tua Gloria aliate Poich’altro far non può, ti benedice,

E con la mente humil , de la tua grazia

Piena, al fommo ti loda, e ti ringrazia.

1 7

Benedetto lìa il punto, ond’hebbe i pieno L'alrà Dilaniti Carne mortale.

Sia memorando il di, che vn puro Seno A l’Increato diè luce, e natale;

Sia l’hora gloriofa, che il terreno Spar feda 1 Sangue giutfo. ed immortale , ' E Signor,con ogni immenfo affetto. Celebrato, adorato, e benedetto, v R * Hor

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388 PIANTO

Hcr la prigione, e i trapattati horrori,

£ l’afpetrare, affannipiu non fono, Mafoaui memorie, cne maggiori I pregi fan del riceuuto dono.

10 foio,io folo(ò Dio) de i primìerrori. Che la Morte ti dier, chieggio perdono , Ma di Iorpure eltingùa ogni memoria

11 duol pattato, e la preferite Gloria,

1 0

A quefti Fidi intanto hor non fi nieghi Baciare almen de i Piè le facre Piaghe , lafeia, ch’iui, Signore, ogni vn fi pieghi, E la Giuihzia, e la Pietà n’appaghe ; ' Mentre ch’affigga i baci, e porga i prieghi , Di lagrime gioconde il fuolo allaghe (Ocelefte contento) onde fia poi,

.Che gioia accidental s’accrefca à noi.

z o

E qui fi tace, e con la teli a china In atto humile indietro fi ritira,

Qtiando vn raggio d’ Amor da ladiuina Faccia, verfo Giofeffo il lume gira. Giofeffo, che Io Stuol diuoto inchina,

E come Spofo à la gran Dea l’ammita , Oltre l’effer fra noi dèi Parto diuo , Perceleltefauor, Padre adottiuo.

Quelli il primiero fu da la bontade Del fourano à i fanti Piedi ammetto.

Ed Anna(che la Madre di pierade Al Mondo partorì) feguita appretto,

A Gioachin, che per I* Humanitade Apo è di CHRISTO il terzo loco è ceffo Vien poi Noè, de l’Huom fecondo Padre, De ì Padri primii con Cantiche Squadre. >

Sue-

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DECIMOQVINTO. J8s>

l t

Succede Abramo, Macco, ed Ifraelle, Co*chiari Figli, e coT buon Seme tutto. Che l 'arene di numero, e le Stelle V infe, e da cui il Cananeo diftrutto. Doppo loro Mosè, che l’opre belle .Fece dinanzi il Rè, cui l’ampio Flutto Sommerfe alfine,à l’hor che il gran Tragitto Pensò vietare il pertinace Egitto.

i, t

Aronne è feco, e gli altri Sacerdoti, >

E Giofuè, co’i Duci più famol? ,

V Che le Piaghe baciar lieti ,e diuoti.

Fatte à i Piedi immortali^ glorio!?. I/ifteflb fero i Giudici più noti ,

Ch’erano in quei folinghi almi ripoi?. Sempre aggiugnendo, con letizia in terna 9 JNouella gloria à la lor gloria eterna . x

Simoffe poi con maeità fublime Il Profetico Rè, con molti Regi,

Il gran Dauid, che con celelli Rime Cantò del Redentore i geli i,e i pregi. Dietro lui feguitar le Scniere prime ^

De i forti Macabei, Guerrieri egregi,

E i Profeti di Dio, che de i futuri

Cali auuolfero il ver ne i detti ofeuri. x f

Fra quelli è Simeone, il cui gran merto Del Redentor gli feo leìvtanionufte:

Ma primo è il Precurfor, che nel Deferto Vide d’Herbaggi folo, e di Loculfe, la cui fonora Voce indilfe aperto Il bramato Riscatto à l’ Alme giulle , Scoprendo qual douealì aprir fentiero Al Verbo Eterno, apportator del vero.

Ri Seco

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39® PIANTO*

z 6

Seco vna fchiera poi di Pargoletti ' **' Viene, à rendere à Dio domita lode , Ch’incifa 1 volti, e lacetaca i petti ,

Del l'angue, e del dolor s’allegra, e gode, Moltrando chiari i furiofi effetti

De l’ira, e del timor de l’empio Herode E rifplen dente à l’immortal Prefenza Il bel titolo fuo de l’ INNOCENZA, ?

Con profonda humiìtà tutti baciaro le Piante Iuminofe, e rediuiue, ?o!:

E in quell’atto diuintutti guftaro r ,ri ' Il fommo de le Gioie eterne, e diue.

i

Fu Difma(il Ladro al Saluatorsi caro) L’vltimo, ch’adorò le Gemme viue,

E ben conofce à l’hor con gioia efprefll , Ch’offeruata gli è à pien l’alta prometta,

X g

Quando ecco poi cinta di luce vaga. ;:Un lieta venir la prima noftra Madre, C’hora ne l’vnà, ed hor ne l’altra Piaga . Dolce affitta le luci alme, e leggiadre $ * Tal che in fe fletta ogni dilìre appaga ,

E d’altre Donne le co elette Squadre, Che furo già frà le più note , e rare Per opre ili nitri, e per memoria chiare.

X 0 .

De le piùbelle, e graziofe è Duce Rachele, vn tempo fofpirara in vano; le più calte, e pudiche indi conduce Sulanna, cui bramò difio profano* le più prudenti ài Piedi eccelli adduce Abigail, già di Nabal Villano Generofa Conforce j e de l’inuitte

Era, piena d’ardir, capo Giuditee. .

Con

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DECI MOQVINTO. 391 a o

Con atto humile,econ affetto pio:

Tutte baciar le Piaghe alme, e ferene ,

Così di gioia, e de ì‘ifteffo Dio,

E di gloria immortai reflaro piene :

Ma già do ue il Serpente antico, e rio Fra F Alme dlfperate il Seggio tiene,

Più veloce del Tempo, e de la Mente Si moftro CHRISTO,in Maeltà lucente.

A lo fplendor del’alta JLuceimmenfa .

Fuggon gliHabitator de POmbre eterne Nel fumo negro, e ne la nebbia denfa Dentro l’affumicate ampie Cauerne :

Ma pur d’apporre il Moltro altero penfa A le poffe ai Dio 1 e forze inferne ,

Stolto, che guerra vuole, e non rammenta Con quanta furia il Ciel fulmini auuenta.

Apra Dite le Porte(in chiari carmi Canta più d'vna Tromba)al R.è del tutto : Mail Rècrudel de la Superbia l’armi Di nouo appretta, ond’hebbe eterno il lutto, E gli altri incita, e con lui che s’armi Cozbi mendace, ed Acheron dittrutto,

A ftarotte, Baalle, ed Afmodeo,

E gli altri de lo Scuoi dannato, ereo. a I v '

Pur guari Bottinato non con tratta, Ch'vn’Atcofol di volontà l’atterra.

Cui vibra il gran Monarca: e tanto batta. Per vincere hoggi mai!' infernal Guerra* Spigne à 1* hora Michel la fatai’ Atta,

Che la Porca infernal rompe, e diferra, Fugge l’empio Demon difdegno accefo. Ma m vn fol tépo poi raggiunto, e prefo , . R 4 Ne

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*»• ,'PIANTOr -.

Nei Ghiacci, ne le fiamme, epe le Grotte Fatti cattiui fon gli altri Ribelli? . \

E le Lt>r forze annichilate, erotee A forza di caftighi, e di 5a3el“: rf .

Del vinto Regno de l’ofcnra Notte,

E de l’infamia de gli Spirti imbellr^ ;

-ssssé— 1 **£?•

Ed in pacando, per tormento torte.

Inchinar Palma Croce. erano aft r em,

Pofcia dietro feguia vinta '?

E feco infiertie i piu mortali Affetti ,

* E dopo lor rhorribile Peccato » -

Punto da cinque Strali , e trapalato

Con faccia (morta , eliuida venia.

Per le percofie, e di catene cint ,

Tutta dolor, la falfa j .

Con infame Bupia, dalVcrov nta ,

l’antica Empietà fouravn Arpia

Succede poi, di (angue afperfa, e £inta » Che in mirar de la Fe 1* Vera Pont ,

Metta abbafsò la temeraria fronte .

Comparue vltimo alfin con

L’ Empio, eh’ ardi con Dio ftt tornj i , Per gran faccia, gran corpo, e magg

Ai riguardanti hornbilraen te

Fiaccate hauea le Corna, «dagl, toh D’ vn’ infocato Amore il volto guaito ,

/• \ a a O fi f*ll /I

U vn inroc<uv ^

E per ifcornO’ ò per condegna pena

D’ Idoli rotti intorno vna Catena

Hor

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DECI MOQ VINTO. S9>

' . .. . ? 8

Hor quando manzi ai Kedentor fu giunto ,

Ei eh’ iniuptrbia la Superbia eccede ,

V horribii Capo già non piega punto ,

Che , benché v into Ha, però non cede . L’atto fprczzante, e vii rimira à punto La Giultizia di Dio, che mollò vn Piede ,

Fa per forza piegar 1* altera Telia ,

E la preme, e 1* opprime, e la calpeila ,

Con lieti fuoni, e con allegri canti Il domito calligo accompagnaro ,

Dato al folle Demon,gli Angeli fanti ,

E l’alta Prouidenzanelodaro Tremar gli Abiflì,e le beftemmie,e i pianti Tutte l’ Alme perdute rinouaro,

E con horror, d’Auerno in flebiPEco

Muggi la Valle,e rimbombò io Speco.

o

Vittoriofoalfin lafcia Cocito L’Eterno, che co’l Padre impera,eregn3j E doue non partendo, erapartico ,

Ritornò poi la vincitrice Infegna;

Dal profondo del cor traile vn ruggito La reprobata Creatura indegna,

' Fortemente cosi, che turto /coffe L’ inferii al Centro , e l’ampia Terra mofle.

i

E doue il ghiaccio horrendo , e i freddi algori Al Tradimento atroce pena danno ,

Riede il M offro infernale^ maggiori In quello dire altero il duolo, e’1 danno. * «Dunque fpogliò dc’faoi più chiari honori Colui, che su nel Giel regna Tiranno , L’infuperabii Dite , e con eterno Mio feorao trionfo del vinto Inferno?

* - R. 5 Dun-

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394 PIANTO

X

Dunque I* Alme , che incorno à l’atra Reggia Ed à le Sede mia Corona fero,

Fia che mi tolga ancor?,fìa ch’io mi veggia,

E me’l fopporti, diiolar l’Impero ?

Non farà vero mai , che fotfrir deggia Tante ingiurie, e tacer, l’Angelo altero.

Ma forga più viuace, e pronto al male, Comepercofla Palla alco più lale.

E moftri al Mondo rio, che non gli noce , Com’alcri deltinò, come fe’n pergia,

11 Patibolo infame de la Croce,

Che il fuo noto poter così dilpregia.

Habbia in eterno pure il Legno atroce Fra d’immondizie fepolcura egregia ,

Poi riforgafe può, taccia, e rinoue Al debellato Inferno ingiurie noue.

4 4

E perche il nome ancor venga fepulco* #

10 farò poi, con memorando eflempio. Chiuderlo nel profondo, ed iui al culto De lamia Deicà forgere vu Tempio.

Non fia,cherelti vn tanto oltraggio inulto. Vedrà il Ciel, vedrà il Mondo,e vedrà l’fcm- Qual de l’ingiurie fue vendetta prenda(pio Di Lucifero alcier l’ira tremenda.

/ 4 1

Ciò dille à pena, che dal petto ardente.

Quali horribile tuono, vn grido eftolie,

C he fra gli Spirti rei chiama repente

11 codardo Sofpetto, e l’Odio folle. ; * Vien l’vno arroaro,ogni rumor , chele ntc Di gelo il re nde, e il relpirar gli colle , *

E l’altro armato pure altre viene ,

E fouratt dorio vn Croco drillo il tiene.

, Giuri-

#

- r

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DECTM OQVrNTO. $9*

Giunti dinanzi à Porgogliofo afpetto -Del Tirannocrudel de lOmbre trifie , Soggiunlequei. Dei Regno mio negletto Mirafie i danni e i vilipendi vdifie :

V n Legno lol fe il temerario effetto ,

Che s’auerrà, che maggior forza acqui He, Gl’Idoli noftri, e’i noftro honor difirutco Fia che fi tragga dietro il Mondo tutto.

Adunque à voi miei Fidi, à voi s’afpetta Del graue oltraggio, e da l’ingiuria efl rema Far con fcempio inhuman giufèa vendetta. Prima che nouo mal ci co!ga,e prema.

Da voi la Croce di quel Sangue infetta.

Per cui( dire il degg’io ?) l’Inferno trema, S’afconda si, che in luo perpetuo fcorno Non riueggia mai più la Terra, ò il Giorno.

4 &

L’vn Mofìro , ePaltro co’l filenaio moftra. Che farà più di quanto ei brami , e dica * Partono à Phorda la tartarea Chioftra , Che fiancar non gli può firada,ò fatica *

Per linea retta in quefta luce nofira * Sorgono alfin, Poeto Sionre antica.

In loco,ouel’Hebreoriduttohauea Co* iFarifei gli Scribi in Affemblea. !

4 n

Qui con maturità fi libra,e pefo.

Quanto effequirfi altroue poi fi fu ole* * Jnuifihile tien Porecchia intefa II fofpec tofo Moftro à le parole*

E comprende, che fia querela accefa Fra loro, ch’altri nega, ed altri vuole.

Che il Monumento da vno Stuolo ardita Del morto Galileo fia enfiodito.

, j ;• R 6 Precu

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*9$ PIANTO r o

Prende il tempo il Solpetto , e dilata ,

E diffonde il fuo gel ne i più ficuri.

Vince 1* Opinion, che Gente armata De 1* Auello diuiu difenda i muri,

Perche non vegna mai la Turba amata De i Difcepoli cari, e’1 Corpo furi,

E dicaaltruiiChe CHR.ISTO esàgue,emor Sia per propria V irtù viuo, e riforto * (to

Vanno gli Empi à Pilato, e con ragioni

- Gli fcoprono il penlìero, e la temenza.

Che fianco hormai de i lunghi lor fermoni , Di guanto richiedean lor licenza.

Scelgono à l’hor fra i valorofi, e buoni Soldati i primi, e fenza indugio , fenza Altro afpettar, mandan lo Stuol pcouiflo L’alto Sepolcro à cullodir di CH RISTO.

L’alto Sepolcro, ch’à Voi fol riferba ,

Ogran LVIGI, il Mondo, e la Fortuna, * Ch’efler poi deue vn di Pompa fuperba , ' De i Trionfi, che in Alia il Ciel v’aduna. Spauenta il Nome(che con ttrageacerba.

In Siria, e in Libia già turbò la LVN A)

Il Trace fier, che fino à i Regni Stigi Noto, e tremendo è il Nome di LV IGL r a

11 voftro Braccio fol farà, che dome _

(Tolto il Sepolcro) il Popol’empio,e rio;

Sol quella Imprefa fia, ch’aggiùga al Nome Il gloriofo Titolo di PIO.

O come lieta fia la Frarcia, ò come Arderà di fperanza, e di difio Di trapportar, con le voftr* Arme fole ,

La Croce Santa, ou* la Cuna il-SoIe .

« " Que-

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DEClMÒQ^VINf O. $97c

Quella Irtiprefa immortale hebbe in penlìcro Forfè tentare il generofo H ENRICO,

' Maàvoilafctolla per fatai Miltero,

Ed à la Spada vollra il gran Nimico .

Torpe ne I* ozio vile il i ureo fero ,

D’ Amor lalciuo’ e non di Marte amico , Piu non luce la L V N A , anzi è , che moliti

Tutta ecliflarfi al Sol de* GIG LI voltri . r r

Se quel fotirano Rè, che in cielo hòr fiede ,

E il nome chiaro, in Terra à Voi concefle , Con immenfo Tefor, eh, à MARCO diede > Rifcoffe di G IES V le Spine iileffè : RICVPERARPInfegnedelaFede. ;

Solo al Sangue di Francia il Ciel permelTe j Hormai dunque ritorre a Gente indegna _

A Voi s’afpetta folla Tomba degna*

Per ammirare il valor voftro il Volo Spieghi il LEONE, e AQVILA gli artigli. Ed àlèguirui nel Sirio fuolo ,

Da si bella pietà l’ efiempio pigli. *

Cosi P Europa da quell* atto lolo Altri penfieri apprenda, altri configli .

E 1* Mondo vecchio homai da cosi chiari Effetti di prudenza, il lenno impari.

\ Andate imiitto Sir, che il Ciel fecondo Homai fi volge à penfier tanto giullo ,

Facil 1* Imprefa è sì, pure il pondo De 1, Arme, ò del penfier farauui onullo . Ite, ò Signor, che già v* inchina il Mondo Ite,ò gran R è, che tornerete Augn Ilo , Dando albelNome, che la Terra honora. Co’ 1 cognome di PIO, 1* IMPERO ancora.*

Nel

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t

}9*: -PIANTO

f a

Nel Monte intanto à cultodire il Saffo (Arca di Dio)giunfe il Latin feroce ,

Quàdo vn’Hebreo crudel,voIgédoiI paffo. In difparce mirò Itarfi la Croce : t

l’Odio à l’hora nel core infame, e baffo Del misleal, delta vn penfiero atroce ,

Che il difpone à gittar ne l’empia Valle '

Il Legno, che del Cielo aperfeil calle.

Segue l’oprail penfiero , il folle afconde Nel fondo à la Vallea la Croce Tanta,

Che poi fra l’herbe, e le brutture immonde inuano vntempo ricercata, e pianta. Indi il Donno infernale empie lefpondc, I/imo al fommo adeguando, ed iui pianta Vn Tempio, anzi vn‘ Afilo, al culto infame

De l’empia Dea de ^impudiche brame. c> a

Penfa il perduto Rè(che nel futuro . Gli occhi lippi non volge, e non affifa) Vendicato reltare, e più ficuro D’ogni offefa del Legno in quella guifa.

j Stolto, ch’auuinto nel profondo ofcuro * Poterle opporre al Cielo anche s’auuila*

Ed impedir, che il Regno fuo dillrutto

Dal Tronco Imperiai non relti in tutto.

*' j * & i

O quanto itnperfcrut^bile, edtfcreta E l’increata, eterna Prouidenza;

Per qual guida già mai Itrada fegreta Il tutto à retto fin la l’uà Potenza? Abbagliato rimante non s’accheta) Ognihumano difcorfo,.ogni Icienaa, Aritiue.de, e difpone, e in modo vario 'f A quel del Mondo e l’oprar fuo contrario.

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DECIMO QV I N T O. *99

Credea 1* attuto Serpe hauer fommerfa Nel fondo de l' oblio 1 a Croce inuitta.

Ed ecco da la Croce etter difperfa Ogni iuagloria, ed ogni forza afflitta,

Po icia eh’ à Cottantin la Gente auefla Co» quello eterno fegnofùfeonfitta.

Ed vccifo Maflènzio, e fermo il moto

Del Mondo, al cenno fuo fatto cjiuoto * o a

Quella Vittoria ài* hor tranquillo refe De la Spola di Dio lo llato folco ,

Non più la Croce in aito alcun fofpefe j più il fedele hebbe il coltello,òikofcó Al iacro Fonte poi di Lince refe L’occhio de 1* Alma abbacinato, e lofeo, L’Imperator, che fugli il buon Siluellro

Ne la candida luce, e maellro. r

6

Hebbe l’eccelfo Heroe fourana Madre, Donna di chiaro fangue, Helena detta, Perfenno, epetvalord’ppre leggiadre* Da lui» dal Mondo, e più dal Ciel diletta* Era fedele, e in parti occulte, ed adre Per dipo tàìhumihà ftauariftretta , Contemplando con l’Alma à tutte 1* ho re.

La Croce di GIESV, c’hauea nel core 6 r

Dal lungo vigilar ftanca, vn mattino Le luci al fanno chiude? ed ecco vede Cinto jJi gloria, e di fplendor diuino Spirto veni» dalabeaca Sede,

Che giuoto in terrai efatto àlei vicino, Cpi*loaue pattar cosUe chiede, ?

Perche fotterr*, e lotto immondi falli , La Croce del tuo Dio fepolta italFi*

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40Q I> I A N T O

0 u

Dal loco indegno, e dal profondo abitto , Dona occultata fu, dei ricrarla ,

Cosi deltina il Cielo, e così è fitto Sorgi, che tempo è hornai di ricercarla . Sente la Donna al cor nel Legno affitto , Mentre il Nunzio immortai cosi le parla. Scendere vn Foco, vna foaue Fiamma ,

vChe d’ vn Tanto difio tutta 1* infiamma, t> 7

Sparue il Lume fourano, ed ella forge ,

E confolata, à quanto vide penfr,

E più lperanza Tempre il penfier porge ,

c E la fpeme difire à 1* A Ima accenfa j Poich’etter volontà del Ciels* accorge la grazia, eh’ à lei fol largo difpenfa.

Altri non manda, ella d* andar deltina

- Perche fola è di lei l* Opradiuina» '

8 .

Con regia Pompa, e qual fi conuenia A Donna, à cui 1* Imperatore è Figlio, Verfo Gierufalem fi pone in via Con lieto core, e con più allegro ciglio j ad alcun voi feoprir già mai qual fia i

' Del lontano camin 1* alto configlio » . r Chenel penfiero immobilmente è pollo , Ad ogni mente acuta in tutto afcolto . - '

® e <5; 0

Giunta à la gran Città, dinanzi à fé*

Co to rigorofo Bando imma, e chiama *

Gli Uomini vecchi, e i più periti Hebrei, Che di fauer le cofe antiche han fama. *

ETponepofciaàipertinàd,erei, " >

Cne di tremar la Croce inuittahà brama,1 E gli prega, e gli efforta à dirle aperto s - 1 ^àtò han del Legno-pio di dubbio, e certo

Ne-

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DECTMOO VINTO 40i

7 o> :

Negano quei con arrogante ardire < ;*?r r

Cofa3lcunafaperne,econmenzogna j La bella Verità voglion coprire.

Che Iarue à puro fon d’vn’Huom,che fogna. Ma I* alta Imperatrice, che sài* irei E 1* arme anco adoprare, o«e bifogna, * Se non dicono il ver, con fiera faccia Fràceppi, e ferri il foco Iorn)iaaccia. i •. »

7 1 <*

Impauritigli empi à cosi cruda r.v,:< Propofta, agretti, fanno altropenfiero ,

Di palefàr la Veritade ignuda ,

E difcoprir, lenz’ altra nube, il vero . f ' Narranle poi, chetai potrebbe Giuda ( Prefente anch’ ei ) trouare il Legno altero Ciò lieta afcolta, elafcia Palerò Stuolo Ire dtìe brama, e riticn GiudaMo 1 .

E c on dolci luiinghè il tenta, e prega Ad infognarle l’occultata Croce >'

Ma quel fuperbo,ò pertiriàce rilega ,

O fe richiedo vien, non apré voce. •*' X Minacciato è di morte, e non fi piega,

Anzi più fafliintrepido,e feroce* .

Dentro vn’afciutto Pozzo , oue di fame Deggia morire,alfin pollo è l’Infame. '

, 7 ,a T

E qui noui protetti , e noui patti ,

Pèrche palei? il vero , e nonpiiYifcopra j Con prom irte di premiagli fon fasti , -

Pur vana è la fatica è inutil l’opra:

Ma quando dal digiunfuro disfatti Quei fieri fpirti , e che la fame adopra Glillimolipungenri i (laudo chiede, - Che tratto fia-da la profonda fede.

■* •• Cj*

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4oa . P I A N T D‘ .

_ v - .7 4

Cauato e mori , e riltoraro ancora Con vini elettùe con viuande grate,

E perche dica il ver, fenzadimora Gli fon di più mille delizie vfate.

Cosi conuinto il Reo , difponfi à l’hora Di quanto li dilla dar noue grate, _

Ma al corpo afflitto dal digi un noiofo,

Co’l Tonno apportar vuol prima rip ofo.

In ricca Stanza, e in deficate piume ^

Corcato viene, e come vn ferùito,

Era bianchi lini auuolto,e fpento il lume’» Entro vn foaue oblio reità fopito j Quando infognò gli appareil fiero Nume, Tormentatorde l’Alme di Cocito,

E con Fanrafmi pieni di terrore Gli agitai! fenfo e gìifpauentail core.

Poi gli ragiona al feno> e con villane 0 ) *

Parole pria I* infulta, indi i! riprende. Codardo il chiama, eh’ à minacele vane ,

E eh* à breue dimun vinto s’ arrende»

E che dal nomehà ben 1* opre lontane.

Che Giuda il Nazareno al Giudeo vende, Ed ei con danno eterno del’ Abiflfo J (Diuerfo Giuda)e(Talta il CrocifiiTo .

7 7;

Lo fpauento de l* Alma il corpo delta ,

Si eh’ apre i lumi, e forge, e lafcia il Ietto,

E benché veggia il di, pur* anco reita Con cor tremante, e con turbato alpetto : Ma già 1* Imperatrice ecco s’ apprelta De la promette à rimirar 1* effetto ,

Chiama Giuda, e co’ fuoi falifce il Monte , Che il Sole à pena è fuor de 1/ orizonre .

'*'* Do*

DeCIMOQVINTO. aoz T 8"

Dou’hebbe ikempio l’Idolo di Gnido", lui Giuda impiegar i Guaftatorii; tra ferenoil Sol, tranquillo il lido,

£ l’aura dolce!lufingaua i fiori.

Quando del Mezo giorno il Vento infido Emp e l’aria di polue, il Ciel d’horrori,

E con tuoni, tempefte, e pioggie,e lampi Vibra ardor, batte il fuolo,e inonda i Capi.

7 o " 1

Sdegno di Auernoh'i d’effetto vano ,

Che illauorofouran non interrompe.

Che il Turbine infernàl fol giu nel piano Le Biade atterra, e l’alte Querce rompe :

Ma doue il fenno, e la pietofàmano Opra il Fedel, difpiega il Sol le Pompe,

E foaue fpirar di placid’aura

Tempra l’ardor nociuo, e’ifenriftaura.

Miracolo gentile , e ben per tale Da tutti i circolanti è riceuuto ,

E Giuda iileffo,à l’hor ne l’Alma frale

Prouavn tal moto, pria non conofciuto. Che con foaue forza il cor gli affale (Forle è di Dio preueniente aiuto)

Che di (lupor gli empie la mente, e i fenfi , Non è però, che cangiare ei penfi.

Cauafi intanto, e di Vorago aperta Si fcoprono i recedi, e le latebre ,

Ed ecco finalmente è di (coperta.

Dopo molto cauar. Croce funebre.

Se più moftraffe allegrone cofa incerta) L’Impetatrice il volto, e le palpebre. Quando il fuo Figlio fu à l’Impero affunto Di tutto il Mondo, ò pure in quello punto

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<

-104 PIANTO

8 a

Per gioia immenfa , e per letizia ooua Par, che la Donna jn fe capir non p offa , Quando ecco vn’altra Croce fi ritroua ,

E vn’al tra appreso nel’olcurafofia , Simigliami cosi, che con la proua <*

Non è fra lor,chi fia più grande , ò grolla; Qual dunque fia la vera ? ed ecco Ipemo Da dubbio co si grande ogni contento .

8 a

Confo fa refta, addolorata inparte

HeJena fanta,e in gran penfieri auuolta , Mirail Titolo si fiarfiin difparte.

Cui pofe foura Dio la Gente ftolta :

Ma nulla gioua poi , pure vfa ogni arte 7>er accertale più lempre c lepoita (ma, Nel dubbio ofcuro,hor giunge palma à paU E inalza ver fo il Ciel la mente, e l*Alma.

8 4

lui trouofii à l’hor Macario Santo ,

De la Greggia Cedei Cufiode pio Entro Gierufaìem,che fiato alquanto,

. \ olfe con humiltade il fenfo à Dio ,

Bagnò lafaccia veneranda il pianto ( Che daljfuo cor, più che da gli occhi vfcio) t E tenendo nel Ciel l’Anima fila ,

Pieno di viuafe, parlò in tal guifa.

8 y

Signor,che già moltcaltial Padre chiaro Ad Abraam , fra tanti Monti il loco,

One doueafacrificartiil caro Ifaccojche portò le Legna, e il Foco Se ciò Tipo Col di quello amaro Sacrifizio, che il Figlio effangue, e fioco Farii douea,deh cosi inoltra à noi . La Croce,cfie iofiennei Membri Cuoi.

4s. ' Nel

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DECIMOQVINTO. 40f 8 6

Nel fin de le parole ecco fi /ente <•

Pieno di confidenza hauere il feno ,

E già vn penfier volue daccela mente ,

Con vera di ficurezza pieno.

Era in Gierufalem Donna languente ,

Cui venia l’Alma a poco.d poco meno. Incurabile è il male’e cosi forte ,

Che difperando vita,attende morte.

8 7

Fatta è menar Cofteidal buon Pallore l’alto Monte, appretto il loco,doue Helena ilafli,e fe ben già fi muore ,

Potta è nel fuolo à farl’eccelfe proue ;

P onle foura vna Croce , e con ardore Dilpìrtoinuoca ilCiel, ma ronfi moue * Punto l’Infermaihor prende I’altra,e face Pur l’atto ifieffo,ed ella immobil giace.

T oglie la terza al fine , e non à pena *

Toccail Legno diu in la Moribonda,

Che lieta lorge3e di vigor ripiena ,

E come pria di ianitade abbonda.

S’atterra à l’hor diuotamente Helerta, ' }

E di pianto la faccia, e il leno inonda,

E con le proprie mani in quella Balza :

( Perch’adorata fia ) la Croce inalza.

- t 8 <| * 1

Con humiltàjCon fede e con affètto , WJ Di riuerenza pieno,ogni vn s’atterra , " Eriuoleendoil fagrimofo alpetto Verlo il Legno, che il Ciel foilenne in terrà. Con la man chiufafi percoteil petto,

E de i penfieri Tuoi l’interna guerra Compone : sì, che per virtù feg reta Rintuzzai! icnfo,ed ogni moto accheta .

Giu

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40 6 PIANTO

o o

Giuda è prefenre, e l’alia merauiglia , Ch’auanzaogni (tppor, tacito vede,

E dal fatto euidente acquilla , e piglia Fortezza in lui la vacillante Fede j Farli fedele in tutto con/ìglia ,

E con zelo, e feruor Battemmo chiede , Cuiriceue pentito, e humile : e come Cangia vita, e penlìer, muta anche il nome*

QVlRIACO(oue Giuda altri gli diffe) $

Dal ricercar la Croce horas’appella.

Che per Dio, per la Fè,, mentre che vide, Spelecon frutto il tempo, e la fauella.

Fin che il ferro inhumano in fengli fide, D’Idolatra crude] mano ribellai Cosi, come bramaua, hebbe quell’ Alma

Martirio in Terra, e in Ciel Corona,e Palma o x ,

Ma non s* appaga l’ alta Imperatrice Sol de la Croce, e cauarpiù baffo , Quando da i Dumi, e da le Zolle elice D* humana forma effigiato Saffo :

Quelli è il leggiadro Adone(vnBreue cjice) Mezo dal Tempo, e da la Terra cado. Segno, che non lontano è il Monumento , Che celò in feno il Lumeeterno fpento .

Più lerue l’ opra, e [unge Più rimbomba La Vanga, eVl Palo , alfio.lì fcopre , e modra Prima ìlgraoSado , e poi lachiara Tomba, rSigillo pio, de fai ute n olirà , ; .

In lieto fuono à I* hor più d’ vna Tromba,.

E d’ vna voce ancor, l’ eccella Chioiìra

Saluta con piet à, mollrando intanto L’ allegrezzadelcor, degli occhi ilpiantq t En-

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DECIMO QV I N TO. 407

/ 0 4

Entra nel Tanto Audio, e tutto laua V Imperatrice il loco eterno, e diuo,

Co*l caldo pianto, cui da gli occhi caua Vn'affetto ad cor tenero, e viuo j E mentre di man propria altri mollraua, Oue giacque per noidivitapriuo L’immortal Rege, traile à piagner feco I Marmi ancor de l’adorato Speco.

Ini ri troua ogni fùnebre Infegna,

La Lancia,i Chiodi,e la Corona acuta, (gna, Cui già CHRISTO potrtò con doglia inde- De i di Francia in mano aliin venuta. Così la Lancia,e la memoria degna D’Innocenza, mandò l’Animaaflura Di Baia zetto, ed hor la mollra vn Vetro

Nelgrà Tépio,che in Roma è facro à Pietro. <i 0

Prende Palme Reliquie, e le riferba.

Cornea la fuapieta fi conuenia.

Comanda poi, che fra le fpine* e l’herba Vnagran Pianta diiìgnata fìa;

P oi con Marmi, e Colonne erge Tuperba , S otto vn’aurato Ciel la Chieia pia ,

Che chiude il Monte, e l’Orto ,e la diuifa

Con bella Architettura in quella guifa. o 7

Da l’Oriente in ver l’Occafo ellende.

Con cento palli, e più, la lua lunghezza*

Più di cinquanta è larga, e fo»ma prende Di Croce,e forge al Cid con giulta altezza Ver Ponente è il Caluario,in cuis* afcende Con vinti gradi, iui il diuoto apprezza I lochi, oue GIESV con pena atroce pollo prima, e p ofcia eretto in Croce.

Luti-

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4p8. ,<;y; pianto ;

9 $

Lungi dal Monte,ouefinilceilmuro,

Più ver i'Oceafoy occulta Scala- ItalTì, Di cui pér moki graziai loco ofeuro. Cucia Croce fùtrouata, valli,

Che tutte qui prima gittate furo ,

Epoi coperte dibrutture,e falli. Diuoctì è il fito?e di più Altari intorno E di Colonne lagrimanti adorno .

Q 0 . )

Ma ài’ Orienterai facto Monte oppofto. Sotto Cupola grande è il Monumento , Che tenne già derrtaro il fuo grembo afeofto Tregiornrìl Rèdel’Vniucrio fpento . D’altra Cupòlafottoil Cielo è pollo , Cinto di Marmi,e Marmo è il Pauimento: Ma il loco, che il contiene è, come in Roma

La Chiefa,ch’ancheil Pantheon fi noma, i o o

Quiui parte dèi legno almo,e diurno PolcHelena in Argento . e l’altra parte Por iò.co’ Chiodi infìeme, à Colìantino ,

Imperatordela Città di Marte., j Ch’vn Chiodo pofepoi ne l’Elmo fino, li’l ncbilfren d’vn'altro ornòcon arte Al liio Deftriero ,econpietofoeffempio Al Tronco erefìe va fontuofo Tempio

I 0.1'

Di molti donile di più grolle entrate L’Imperatrice ricco il Tempio refe :

Furo rsol^altte Chiefe fabricate . . Con magnifica pompa, e regie fpefe,

E mille' Croci. e mille anco drizzate^

E l’ imagi ni falfe à terra ftefe ; /

Torre fù,che non fpiegafle in alto . Croci,in Tabelle d’or,fiute di fmalto

. ; COSÌ

4.

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DeCIMOQVINTO. 40*

*• 1 o X

Còsi rimafe II del Pianto eterno Delufo in tutto da i penfieri fui ,

Ch’inalzar vide con honore eterno «L'almo Trofeo,terror de i Regni bui ; jk Anzi ad onta mirò del tetro Inferno la pietate atterrar gl* Idoli altrui E*1 Mondo Icorfe ancor fra chiari carmi De la Croce adornar lTnfegne,el* Armi.

io?

O fanta Croce,ò preziofo Pegno ,

Che la vita ritorni al Mondo eftinto ,

Che ben douea , fc vinfe con vn Legno l’aftuto Serpe, effer da vn Legno vinto Arbore inuitto» e trionfante Segno In Terra,ein Ciel d’immortal gloria cinto* Tu fe fra l’onde infide,e combattute

Di qucfta vita altrui Porto j!e Salute.

10 4 , r :

S,alcundird,chelatua Hirtoriapia Inutil membro in quefté carte giaccia »

E ch’Epifodio fenza frutto fia.

Che co’l propofto fin non fi {con faccia» Digli purj Cne il penfier già non oblia Quel, che dotto altri infegna,ond’homai taC Che tu fola mimftra di quel | Pianto (cùt.

Eoliche in rozzo ftil celebro , e canto.

« » ' . « .

. Il fine del Decimo quinto Tianto .

S PIAN-

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Jl R G 0 M E N T 0. '

*!•** ' . .

Liberato è Giofèffo t il gloriofo' '

CHBJSTO riforto/ alma Genitrice Saluta pria , mentre à lo Stuol dogliofo . N un^o dmin , fianforto , dice

anno i Diletti [noi pace,e ripofo,- Confolata riman la Teccatrice : yWtf molto più à Maria gioia sapprefla » Che con la Madre > e co'lfuo Spojo rejla*

On pompa gran de,e più del Ciel

lucente, j

jj £ lui Eccitato l’Alma,al primo AI

Qual folgore, ò Balen, forge re- pente

Dalcuftodito Anello il Redentore.

Come pafia>e non rompe il Sole ardente Vetro, che fe gli opponga , ed efce fiiores Hor cosi CHRISTO dal Sepolcro pio.

Ancorché chiufo. Trionfante vfcio .

,iar y Fra

41 1

. D E CIMOSE STO.

Era ferenoil Cìel, chiara l’Aurora,

L’aria tranquilla, e’1 Margiaceafenz’onda , i Di cento Soli il Sole vfcendo fuora. Ripiena hauer parea la chioma bionda j i De’fuoi telori il fuolo arricchì Flora ,

E de’fuoi Primauera ornò ogni fronda.

SteIo,ò Sterpo finche tutto adorno i Di fior non fufle in quel fiorito giorno, »

Le querce annofe, da cui trarre il Vifchio Soleuail Villaneljfiillaro il Mele,

Humil lafciò la cruda Serpe il filchio ,

Morte il Tofco,e l’aniaretzail Fiele. ;£rrò la Greggia fola, e fenza rilchio D’àuido Lupo,ò di Ladron crudele, ,

Che il gloriofo Di nafcendo,vinfe L’Odio proteruo,cla Perfidia eftinfe.

♦h

I dipinti Augelletti almo concento Formato à proua con vezzofe note ,

Latte versò la Fonte,eièrfi Argento . 'JDelfamofoGiordanl’ondesìnotej *

E’1 Pefce,per mofirare anch’ei contento , Con lieti gujazii.e con fellofe rote .

Entro i ficuri,e liquidi Grillai li Menomante leggiadre, e vaghi balli.

Ma già l’Aurora cèri aurata mano ÀI matutino Soie apria le porte.

Quando vn Tremoto il facro Monte,e’l Pia Con violenza affalfe,efcoffe force. (no

Tutte atterrite non fuggir lontano , Le Guardie ài’ hor, che»in terrafquafi morte Giacpero fpinte;da ami fegreto effetto ,

Che lor velando gli ocefecoppreife il petto.

1L*.I S t Con

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411 PIANTO

' ...

Con quel rumor,con chei fuoi Strali il Cielo Vibra tal’hor con viue fiamme in terra.

Cimo di luminofo,e bianco Velo Vn’ Angelo, il Sepolcro apreye difierra; Ripienahauead’vn folgorante zelo la bella faccia,che co’l guardo atterra ,

E’1 fuo puro veftire erra qual neue ,

Che caduta a l’hor fia,candido,e lieue.

7

Hor quelli al Monumento il Saffo tolto ,

Ch’il richiudeua,il moftrò vano, e vuoto E’1 Sudario,e’l Lenzuolo ,ouefù inuolto , Oue fi giacque il gran Motore immoto. - Soura il Saffo (dia Tomba il guardo volto) In atto rifedea dolce, e diuoto. Contemplando con gioia il loco a pieno.

Che del Ciel le delizie afeofe in feno «

8

Ma il riforto Signore à la prefenza Di quegli Heroi,cui da l’Inferno ei traffe, Veft i il bel Corpo lenza indugio, e fenza. Che il modo,il doue,il quando altri miraffc Tanti raggi fpargeala Aia Potenza,

Che parue ben, che fola iui fpiegaffè Tutta la Gloria cò’l bramato Vile, '

C’hanno gli Angeli fanti in Paradifo.

o

Con melodìa celefte, e qual richiefe Il gran Trionfo del Monarca eterno* Armoniofo intorno il Mondorefe Di quelle MentipieStuoIofuperno.

Tal concetto nel L anto à l’hor s’intefe : -

Lodiamo il Vincfiordel cieco Infèrno* Lodiamo il Vinritor del Regno tetro : De i Padri il Chororipigljaua dietro.

* Indi

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DECIMOSESTO. 4.1$ i o

Indi inchinando quella Faccia Tanta,

Che di Gloria riflette ardente vn lume * D’amor,di lode noui affetti canta ,

E più s’vnifce al luo Fattore, e Nume :

Ma qual fialo fplendor,che Chrifto animata Alma humana,viuendo , in van prefume Con lo Audio potere, ò co*l penfiero Lungi mirar,non che ridirne il vero,

Spàrgon le viue Piaghe vn lume tale ,

Ch’appo quel fono i Cieli ofcuri,e bui.

Che il bel Corpo diuino , ed immortale Impaflibile moflra à gli occhi altrui. Vincon d'agilità volo di Strale,

Rapidezza di Tempo i moti fui,

Ch*àIoco( vn Modo ancor diflate,e lunge) In vn baleno in vn fol punto giunge ,

i %

Sottile èsì,che non v’hà legno, ò muro.

Ne ferro men,che fe gli polla opporre^

Sìa qual voglia corpo opaco, e duro. Ch’egli il penetra, e viaic’n palfa,e correi Ma perche grato,con alletto puro Mai Tempre à tempo i Fidi Tuoi /occorre Accompagnato da la Schiera diua,

Oue è T Arimateo prigione arriua’.

1 9

Co’i Corpi chiarie rediuiui,feco Erano con Giofeffo,ed Anna,molti Di quei Padri, che giù nel crudo Speco Dal primo antico error furo ’fepoltilj Checometeftimonial Mondo cieco

Del gran Miftero,fcielti furo,e tolti Onde in Gierufalempofcia à diuerlì Dentro diuolplendor fero vederli.

Ver

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4T4 P I A N T O

1 4 -

Verfo il Carcere ofcuro il Braccio inaila Il di Gloriale la Mandiua [tende .

Ed elfo volontario in aria s'alza, ElediuelteMuraalrefofpende .

: Sorge Giofeflfo,e fuorlibero sbalza ,

Che l’aiutodiuin lieto comprende,

Tornan le Pietre al primo loco immote ,

Del nobile Prigion vedoue,e vuote

i f

Merauiglia fittili pur vide ancora (Ma per altra cagion ) Felfina pia.

Dèi Muro eltremoangutto Tempio in fuora Si (pigne, e par, che per diffefa ltiaj Quiuiil Popolo humildiuoto adora Bella Imago dipinta MARIA?

( JSon lunge a P Apennino è il picciol Tetto. Che B ARACANO in lingua noftra è detto.

i .

Di Guerra arde l*Italia,e tutta auampa Di foco Marzial l’ampia Campagna,

Contra il GlGLIOGuerrier fiera s’accapa la facraQVERCIA,e feco vnitahà Spagna Bologna è in mezo,e da fulminea vampa Squarciata viene,e in van fi duole, elagna, Che il feroce GASTON,Turbine,e Foco, Lento le fembrain aiutarla, e fioco

Pur generofa fi diffende,e invano Per altri giace la muragliagrofia ,

Che co’l ienno,col3ferro,econ la mano lunge il Nemico tien da l'alta Folla . Quando fra* più famofì vn Capitano ( Perch’al luo ingegno contrattar no polla ) lefabricacon viefurriue,e torte Il tremoto del Foco,c de la Morte

»• * Caria

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415

DECI MOSESTO.

1.8

Ca ua vna bucale per lotrerra viene ,

Sotto le Mura affé diate, e 11 rette*

E nera PoIue( Che le Furie tiene D’ Auerno vnice ) ini in grati copia mette; Ch’aecefa polcia, le più chiufe vene De l’ampia Terra, e le vie più riilrette Apre^e dilatale doue troua fona, lui più violenta,atterra,e sforza .

1 o

Era lotto la Chiefa humil ridutta La fomma poffa de la Mina fera.

Che il Muro alzò così, che vide tutta Di dentro il Difenfor quell’Hofte altera; Pofcia tornò ( come pria) coftrutta . Nel primo loco,la muraglia intera,

' vn faffo pur màncò,nècadè d’alto In quel tremrndo,c repentino affalto»

x o

Miracolo fourano,e chiaro eflempio

De la difefa tua. Madre pietofa, ~ - (pio

Che in vano il cieco Inferno, e indarno ì’em Opra ( fe non vuoi tu ( la forza afcofa Ben’è ragion, c’hoggi frequenti il Tempio Bologna, oue l’Imago tua ripofa;

Ben’è douerxhe Tèmpre i tuoi diuoti T’offrano con pietà preghiere, e voti.

X t

Pxoltrato in terra, e con humil Sembiante Adoratele Piaghe intanto hauea A G I E S V gloriofo,e trionfante ,

1 1 nobil Senator d‘ Arimatea,

E porto prieghi,e refe grazie tante ,

Quante vera pietà render potea ,

Mentre egli àccolto,e con affetto vifto Da l’occhio fu delrediuiuo C H RISTO.

S 4 Co-

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DECIMOSESTO. 417

x 6

E diceano fra lor,piagnendo,emefle,

Aj moto de iToipir mouendo ilpaffo ;

A porci in via ben fiamo date prede.

Con vn penfier,d*ogni prudenza caffo ; Ahi;che farà,ch*infruttuola rette la douutà pietà l’alpedre Saffo ,

\ Che lo Speco rinchiudere chi fia quello,

' \ Che ne’l riuolga,ed apra à noi i’Àuello ?

Cosi dicendo ,oue la Tomba èpe da Giungono afflitte, e fconfolate inficine,

A lo /puntarde lapietrofa Coda Veggono vnltftne,che il gran Saffo prertie ; E mentre pidciafcuna oltre s*accoda, Confufa penfa,e paurofa teme ,

E poco men,ch*al gloriofo Albergo Non dia tremante, e fuggitiua il tergo,

E ben vo Igeano tutte à dietro il piede ,

Ma l’Angelo le affida, e le Conforta >

* E che cerchino lor ben igno chiede , 1 E pur di nouo à non temer l’efforta.

Di G I E S Vyfcni cercare, hor qui fi vede Il loco fòljC*hebbe la Carne morta, Ch*£glt(còme pre'diffe, edendo viuo ) ' E*rilbrdo immortale, e rediuiuo,

a Q

Venite pufèà rimirar la Tomba,

Oue ripòrto fù,tratro di Croce ;

Itene dunque. e qua! fonerà Tromba ;

A iDifcèpòh fia la voftra voce :

& come TtìòttefftCie] luhge rimbomba. Così hv Terrier Voi s’oda veloce ' IaTamam\tolgar,cfoe fia rrforto »

I] Salwacor, piantò pur dianzi morto*

S f Così

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-PIANTO

\ . Io.

Così lor dice l’AngelOjChe vibra

Dal bel volto diuin di luce vn Sole;

A le Marie non reftòfanguèin fibra.

Poco intefero il lènfo,e le parole, Talché ogni vna fra femilura,e libra , Nelritorno,chefàjquel che dir vuole,

E tra lieta,e confuta il vero lcorge,

E confìdenza,e fpeme à l*altre porge*

ai

Giunte in Gierufalem , doue celati I feguaci di Dio per tema hanno.

Che dai perfidi Hebreiiono ofreruati . Gli amici di G I E S V;le Donne vanno . Con purafè dopo ifaluti viari.

De l’alta Vifion parte lor danno , S’allegran si,poi con immote ciglia Cangian la noua lieta in merauiglia.

Nulla credono alfin di quanto han detto Le Donne Ior,come impoflìbil cofa» Penfano ben, che per alcun.difetto Sia vano Sogno,ò Laruafàuolola,

Onde con debil moto il freddo afretto

A pena eccitar può l’Alma dubbiola.

Pur Pietro con Gioannià quelte noue Verfo il Sepolcro il piede in fretta moue *

Seguegli Maddalena: Ecco precorre Gioanni a Pier,tanto il delire il punge »

E così prima, perche forte corre, _ , . Bench*anelante;al gran Sepolcro jgiunge. Con l’occhio il loco in vji ba|en trafcorre* E tutto fi commotie,e fi compunge;

Pietro anco arriua e la Pentita refta Non lunge al Safro, IagrimoIa,e niella.

Nel

DECIMPSESTO1 419 *

Nel Sepolcro entra Pietro, e tutto quanto Piena diriuerenzail loco inchina i

"‘Ch’Erario fu del preziofo Man to.

Che in terra già velti l’Alma diuina

11 candido JLenznol mira in vn canto Spiegato llarfi de la Pietra alpina*

Vede il Sudario altroue edere auuolto. Ch’ai morto Redentor coperfe il V olco

Mentre pien diltupore il Vecchio ammira L’altera Stanza,e gliocchi il pianto adób^a »

0 Viene Gioanahe’l guardo intorno gira*

E di gioiate pietà l’Anima ingombra E volto à Pietro,che di cor fofpira*

Ecco ( dicea) ch’va vero Sol dilgombra Ogni iiube d’horrore , ecco difueia Quanto l’Xmmenfità nel grembo cela

Quello è il loco ( Simone ) e quella è PArca» Cbeil Xeforo delCiel morto naie ole a Quando Giofeffo quì,difanguecarca*

La gloriola Human irà ripofe s -

De inonorato Pondo eccola Icarca*

Cui sàia Croce in Sacrifizio efpofe 1 . \ Tenerezza d*Anwr,vogCa infinita*’ ' *

A chi morte glidiè,d‘apportar vita. * ,

*|t Tt

OfàcraTomba,ehenel freddo grembo L’alma Eìammad* Amor chiudelHeilinta E falUgià da ^innocente Nembo.

Di doloroioJmmor fregiatale tinta*; La£qafnitù5fe nel tu o diremo lembo.

Piego la vita,ad adorar traccine (gu&

Soliper memorìadel mio CHRISTO eflan- iauar co’I pianto, oue ci bagnò co'l languì n, S 6 Dinv-

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Ai* PIANTO

Dimmi,pietofa,come priua fei >

Di quel Corpo diuin,cheinterton veggio? Riforfe,ò fu rapito,ò gli empi Hebrei 4 11 ripigliar, perf arne it razione peggio ?

E tu mio Redentor,dou’hora lei ? Tericerco,tebramo,ete l'ol chieggio (ze Purc’habbiail mioGlESV,pompe,e gràdez Tolgali il Modo, e*l volgo ignaro apprezze

Così ragionai filo il guardo Tempre Nel vuoto Auello,e Pietro muto ltalft ,

Pur 1* vno,e l’alto par, che il duol contempre Ed empia di vigor gli fpirti lalfi , i

E ch’vna eccella fpeme il gel diltempre , Ch’opprelfe l’Alma :hor da la Tomba i paf- Torcono lieti, epieni di dillo (fi

Di riuedere il lor Signore, e Dio

4 O ,

Staffila Peccatrice intanto affifa Soura il terreno,c fauellar non puote.

Tutta e turbata, e di penfofa in guifa Tra l’vna,e l’altra man pofa le gote ;

A l' Auello diuino il guardo affifa,

E lemprein quello tien le luci immote.

Tal che rafiembra vn corpo d'Alma caffo,

O che la vira,e’l moto babbiadal Saffo *

4 1

Stata vn pezzo così mella,c dubbiofa>. ILiuolge verfoiK. ielle luci belle,

E quanto vaga fu, tanfhor dogliofa.

Sola con l'Alma fua parche fauelle: .

Da Wntimo del cor,che non ha pofa,

V n profóndo fofpito à forza fueile.

hormai celar potendo il fuo difire, forza fu diicouririo,in quello dite.

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DECIMOSESTO. 41 1

4 z ...

Il mio m’hanno tolto, e*l mio Signore,

E doue l’habbbian pollo,ahi,non ritroupj Stolta fon*io,poiche perduto licore. à ricercarlo il piè veloce hor mouo : Tepido mio<iifio,quelfo è l’ardore ,

In cui ( quali Fenice ) io mi rinouo ? Oime,quelto è l’Amor ? quella è laSede?

E fono amata ? Amante altri mi crede ?

^ 4 a

Chefaccio neghinola? ah non s’ottiene Il difiato fin fenza fatica,

'Vh generofo ardir mitrala fpeme,

Che la Fortuna è de gli audaci amica :

A ricourare il mio perduto Bene (Che forfè m’inuolò Turba nemica )

Già mouo|ilpiè,di cui non fiache pofia 11 corfo ritardar terrena jpofia , «

Jl cercherò per Balze, eper Dirupi,

E dietro 1 Fiumi,e nei Torrenti afciutti.

De i Riui in fondo,e in mezogli Antri cupi, E ne i Campi feraci,e ne i diihutti ,*

Per le Selue,magion d’Orfi ,e di Lupi,

Soura i Collidi fior pieni, e di frutti ,

, E fe mi fia*conceffo,ancor per en tro

l’ampio Oceano, e giù nel cieco Centro.

4 f

Per l'Aria audace poi fpiegherò il volo (Se l’alehaurò de l’Amor mio celefte )

, altezza fia da l'vno,e l’altroPolo ,

Chepretermefia,ònon cercata reile:

Male pur fia,che nel mondano Suolo No‘1 riuegeiano mai le luci mefte,

S’ei mi darà douuto merto,e zelo.

Patterò alfine à ricercarlo in Cielo.

K , * Cosi

v.x

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4*4

PIANTO

Cosà fri fe difcorre , e lorge poi Ripiena d’ardimento,e di iperanza, . (fuoi Callido ecco vn’ duomo occorre à gnocchi Cnedi cokiuargli Horu hauea iembianza. Cbied’clla , le l’deroe deglialti Heroi Porle habbia toltole chiuio in qualche liàza Quei Cariale riiponde,efla veloce Conolce delibo Dio l’amata voce.

4 T

Qu al Madre picche già per morto il Figlio Soffrirò vn tempere fparfe amari pianti*

Se il vede mal dopo si lungo effiglia Allegrone (ano comparirle auatju, ! >

Stupì da rete con immoto ciglio.

Al fin l’abbraccia e gli' baci canti , Quante lacrime fparfe,o.nde contenta*,

Più. del pallata dual non. li rammenta* . .♦a >

Tal Maddalena,ptìiche raffigura La bella Facciale Iabramata villa*

Piena di meraniglia,e d’vna pura .

Fiamma d’ Amore.à riverenza mi Ila»

Del duolfi fc.orda,e d’otgni pena dura* Cui,piagnendo,rofE il* Anima trilla,.

E corre ad abbracciar l’amare Piante,

Marno’! coniente il fuo. diurno Amante».

♦, cu >

Itendolce lacanfola, indila.face- Delàgrannoua Ambafciatrice lièta, PoilparuGiCome in Cidlnehbia-fogace,

Al cmiar&iurne fpldeibel Pianeta. ! ; ' Correla Peccatrice^e porta paCcj A i n o t i Amici»edògnidubbio accheta *

E per veder lavina Hnraaaitade,. L’andauinGalUeaÌ0rperfuade*v.. . .

^ , sa-

DECIMOSEST0* 4*3

Subirò allegrici dittato auifo % I ferui di GlESV pongonfì in via ,

E per l’annunzio lieto, ed improuifo Ogni affanno Sofferto à l’hor s’oblia.

Di riueder il Rè] del Patadifo Per {effetto ciafcun tanto ditta, Che,benche ft anco nel camin maluagio>

Fatica non però fente,ò dilagio .

5 1

Ma prima il Saluator, comeritolfe Dal Sepolcro diuin la fredda Spoglia ,

Nel proprio Albergo à confolar volle la cara Madre ne l’ettrema doglia ,

Che dopo Maddalena.^ gli altri accolfe \ E pofcia entrò ne fa ferrata Sogl a:

Hor tutte qui del Ciel fcoperfe alfine , le pompe incorrottibili, e diuine*

Staua intanto M A R 1 A ( come fi ditte) Contemplando co’l cor,mentrt leggea. Quel che di GH RIST O3profe tàdo , Scritte r Con dolce canto la gran Mufa Hebrea,

Ed à pun to fermò le luci fitte ' : , *

, In quell’alto concetto, che chiudea Con poche note,delMifferoinimenfo i ( Tutto di gloria pien ) l’occulto fenfa. «

Non abbandonerai (dice il Reale : Profetico Dauid ) ne i Regni òicuri , l’Anima mia,Signor,nè fìa il mortale . 3 Del tuo Santo lalciato i i vermi impuri: Perciò s’allegra il core, anzi la frale? lingua fc iogli e in rua lode accenti puri* El’affetto,éTacarnevnfriioffeme . ri Kipofanlietiincosì cere afjwme* -n r Afr,. i •<5iV SO M

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4*4 PIANTO

f «•

Soura quelle parole ella fi ferma.

Con quel penfier, cui nullo fenfo opprime , E nel J ieto fperaf più fi conferma.

Di vera gioia pièno, il cor fublime;

E mentre al Senfo la Ragion riferma L’infallibil prometta, e*l modo efprime, «Colma d’vn Tanto ardor 1* Alma felice ,

Con viua fede à fe medefma dice .

r

Quelle voci fon pur di quel grande . Ch’ifpirato da Dio,non può mentire. Quella è la Tromba pur,ch’intorno fpande. Tanti fecoli fono, il mio gioire:

Di Dio fol manca à l’opre memorande Risorgere immortale,e*l Cielo aprire ,

Sol quello fia,ch’à me la vita apporte

Treno à l’Io femore morte à l’empia Morte r o

Se mai farà, che teìnaterne braccia Ti èinga al collo, e mi ti ftringa al petto, Troice mio Figlio>e da l’amata Faccia], Quanto hebbi affanno già,prcnd*hor difetto come al Solì chPdgni atro horror difcac- Muta velie la Terra,et Cielo afpetto; (eia, Hor così à punto à la tua dolce viltà Sembimzacangera l’Anima trilla.- » »l }

£ 7 *

Ma pur nel vago, elucido Oriente ff rr

Già (punta il So!,che ne rimena il g torno,’

£ dbgli Aùgdis?óde:it canto intorno; >3. Torfe, ch’erfia dWaltré Sol lucente :

Per me noùella Aurora, Albore adorno Onde poi fotga à l’egre luci mie> - V:.ì Itola w^lpdigioùìl die.:

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DCIMOSESTO 4»f

r 8 '

Vieni Fiamma d* Amor , che di te priua.

Tetro mifembralo fplendor più puro ,

E nel vago Martin , che il Mondo auuiua Queft’aria fofca,e quello Cielo ofcuro. Deh vieni, ò Lume pio, di Luce viua,

E rischiara l'horrormifero, e duro ,

Che lenza te ( mio Sole ) à le palpebre Le chiarezze del fono tenebre.

Vieni Speme,Difìo, Conforto, e Vita Del tormentato cor ,de 1’ Alma niella* Dehvieni,lribeata,e fia finita De le lagrime mie la pioggia infetta;

Da te fpero la Pace,e quell’aira ,

Cui l’immenfapietadeal Mondo appretta,

* A te chieggio quel ben .che fol può trarmi

Di tanti affannile Tempre lieta farmi, o o

Ed ecco, che nel fin de le parole

Tutta la Stanza vn chiaro lume ingombra* Appo cui fora il matutino Sole v ( Quando più vago gira)horrore, ed ombra. Cinta d* Angeli in mezo è ia gran Prole , Che di Gloria diuina ogni Alma adombrai Son dietro i Padri fanti al Lume{eterno|,

Sourane Spoglie de Poppreffo Inferno . oi.

A l’apparir di tanta gloria, piena

D’vno immenfo gioir fatti MARIA,

Che nel mirar la Faccia alma , e ferena.

Del gran Monarca, ottien quanto difia:

Ma la glorial’affetto hor non affrcna , \

Ed ella d’efler Madre non oblia , Checorre,e con le braccia il collo cinge Del fofpiraro Figliole al fen lo ftringe.

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4*6 PIANTO 1

o f

E fenza fauellar ( poiché le muoia l a gioia i fenh ) dategli occhi fuorè Verfa lagrime do!ci,e gode fola : Quel ch?altrinon gufi ò giocondo Amore: Con tenerezzagrande la confola:,

£ l’abbracci a e la baciagli Saluatore ,

£ fra gli aniplefli luminofi intanto Cosi le dice, e le rafeiuga il pianto*

Tccomì Madre : Io fono il vofiro Figlio R.ilòrtogloriofo,e trionfante ,*

Vint o l’inferno, e dal lugubre effigilo K iicoffè co’l morir l’ Anime fante, Superata la Morte , e l’empio artiglio De l’Angelo fupfeirbo, e ribellante Rintuzzato così,c’hormai le ferme Sue note forze fon fragili,e inferme

4

QjeDfch’inrorno qui Spirti beati

. Son le Pompe,e i Trofei de la Victoria , Dicuifaranno i vuoti Cièli ornati, Com’effi per me fon de l’altrui gloria;

I dolorile gli affanni ecco paffati ,

< ® fol retta di lor dolce memoria *

E quelle Piaghe fur l’arme, ond’iovinfi L’Angue infernale , e’1 fallo antico eftinii

6 s

Rallegrateui meco,e quei tormenti.

Che per me vi pattar l’Anima giufla Siaa ( cara Madre ) à voi d'Aiìri lucenti ,

E di gloria immortai Corona augnila. S’altrimai porgerà preghiere ardenti Per la voltr’Alma,di dolore onulla ,

Per nrelleiTogiur’iOjCheà quelli prieghi Non nagià raai,ch’alcuna grada ionieghi.

Qui

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4*7

DECÌMOSESTO. o «►

Qui race il Rediuiuo,ecoff dclc’attò La Fronte bacia a l’alma Genitrice,

Chs da quei detti attratta, hor gode adatto Qael ben,chi in terra al trui goder non* lice. Però che ne le Piagherei! e disfatto Hanno l’Inferno, e refo l'Huom felice,

Attifa il guardo. e gloria fmmsnfa beue »

E quanto hebbe dolor,gioia ricette.

Specchiali in loro, ed ini tutta immerge L’Anima Tanta, ch’appagata gode ,

Poi dal giocondo pianto i la mi -terge ,

Dando a l’alta pietà fourana lode;

Indi volgendo il vifo,alquanto s’erge , Mentre vn canto foaue intorno s’ode >

Cui formano del Ciel l’alate Squadre In lode pia de la gioconda Madre .

Rallegrati, ò del Cielo alta Regina ,

Poiché il gran Dio già tuo diletro Pondo, * Che adornò con la Carne alma,!e diuina Dentro il virgineo Sen l’ Aluo fecondo , *

< Ritorto è ( come ditte ) ond’hor [l’inchina Il vinto Inferno, e’1 riparato Mondo : RallegratijChe l’Huomo in dolci .tempre Non na mai ftanco di lodarti Tempre.

« e et

A quefte voci vn’armonia ’foaue Di Cetre eterne, e di celetti Lire Seguitò poi, che dolce intteme,e graue Mentre confola il cor,fazia l’vdirer Ma gli occhi fitti ancor MARI A pur’haue Dentro le piaghe, fonti del gioire, Verfando più che mai per tenerezza lagrime non di duol^ma d'allegrezza ,

Por

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4ì8 PIANTO

7 O

Pur ne la Faccia , che beata bea ,

Del Tuo dolce GIBSV gli occhi riuolue ,

Ma larifpofta , cuipenfata hauea ,

In muti accenti , e in lagrime rifolue.

Perche la gioia , che nel cor tenea ,

Fra la lingua ,e’l penfier Tempre s* inuolue.

lafcia , che lavoce i fenfi efprima , -

Alfinrifponde,e gli occhi afciuga in prima . . 7 1

O del gran del Ciel Figlio gradito.

Del Ventre cado mio Parto lóurano ;

O già dal cer, di doppio duo! ferito ,

Pegno bramato , e fofpirato in vano :

Vi miro pur vittoriofo vfcito

Dal fiero artiglio , e dal’ iniqua mano %

De l’empia Morte, e dei peruerii Hebrei,

Colmo di Gloria, e carco di Trofei.

7 x

Da quelle Piaghe (àcui lieta mi volgo) Caratteri di Pace , e di Salute ,

O qual frutto diuin nel core accolgo »

O qual pietofo efiempio, òqual virtute:

Si come à l’ Alma.ch’à gli affanni hor tolgo, Son medicine,e furo già ferme.

Cosi per loro in quello giorno lieto Da ifemi di dolor,contenti tio mieto

Quaudoiovimiro( ò mio Conforto imméfo) Di tanto lume cintole coronato,

E quando fra me fteffa,allegra,penfo

Al diletto prefente, al duolpaflato, ,

Non vaglio à raffrenar nel core accenfo D’vn viuo ardore il gaudio inufi tato, #

poffo trattener , che non trabocchi #

L’interna gioia in pianto fuor per gli occhi.

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DECIMOSESTO. 4 19

7 4*

Felici pianti, auuenturofe pene ,

Lieti mar tirile fortunati affanni.

Che le Sedi del Ciel vaghe, e ferene Rillorerete de gli antichi danni.

Se le vifcere mie per voi fon piene Di quel diffo,che a l'Alma impenna i vanni. Per volartene al Ciel, deh Tempre fiate

* Le memorie del cor foaui, e grate

Ma voi (caro GIESVM c’humile abbraccio. Per quel piacere, onae Io fpirto pieno , E per quel duol,che nel raccorui in braccio Eflangue,e freddo, il corfè venir meno;

Se quella Spoglia frale hor m’è d’impaccio, Perch’io vi Ialci,enon vi goda a pieno.

Deh late homai, che il mio morir s’app refi i. Onde con voi perpetuamente io refri .

E qui s’atterra, e riuerente adora Con nouo affetto il fuo'grà Figlio, e Nume,’ Mentre da l’alma Faccia eifparge à l*hora. Per conio Jar la, imperimi tabi 1 lume.

cosi chiara mai (puntò l’Aurora,

Ne cosi vago il Sol forfè dal Fiume, ;

Che l’Inoiaparte,nè d’Amor la Stella ( Come hor lembra MA RlA)fiìmai si bella;

Spirano gli occhi vaghi vn lume tale , . Ch’empie altrui di dolcezza, emerauiglia, Nouo iplendor fpargela Faccia, equaìe ET immortalitade3orid*effa il piglia. I f Angelo uor- ha il Cielche vada eguale Y Di vaghezza con lei,che Dio finJglia, *

C he ernia accoglie rei tereno Vilo La Gloriai la Beltà del i aradilo . r? 0 De

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■fjo. OR I A N T :0 I

*7 8? .

De la luce del Solevi- ampia Vette Ricamatadi Stelle ardenti, e chiare,

E pur di Stei le, e di Fulgorcelefle Splen de 1 a bella Chiòma, e Angolare.

L’ Angeliche Falangi agili,e prette,

"Di gratie vn Cielo, e di contenti yn Mare Le nùnittrano Tempre, e i Serafini ;

Fan fede al Corpo,e (canno à i Piè diurni* 7 O ' *

Il Re del Mondò alzala Mano intanto ?Ver la Madrediletta,indt le dice . c Viuete pur, fin che di darmi à canto . Giunga il prefitto dì, Thora felice,

Frà vn dolce Tuono, e vnpiù foaue canto . Poi dolce l’accomiata,e benedice ,

, E lafciandola allegra , in vn momento Spacueie fi dileguò,qualiiubealvento..

Confolata riman ne la Teoreta , Stanza, MAlUA,con dolce aImo*ipofb’, * E’1 catto cornei fourano accheta.

Cui puro Tempre vede,eglorioifo:

Ma volgendoli poi, rimira lieta . « >

J a cara Madre, e’ifuo diletto Spofo Cinti di rai,pienidi luce, ^ qu^li t Sono i Corpi beati, & immortali.; ;

Che nel partir con le diurne Squadre v L* alto Signore,ccon gli Eletti Tuoi, PetCQnforto maggior de la gran Madrq, lui lafciòiquei due caletti Heròi .

L’Aùz Maretfn^dWuò terreno Padre,

Che con affettò pio fidntan poi La Verginejch’allegra intanto forge1,

E verfo lor la mano ignuda porge. *

Vi Con

DEC* MOSESTO. -tft

8 x

Con tenerezza pria la delira prende Inique], che già le fu Conforte,e Guida, E d’vn callo roffor le guance accende , Nel riuederla fila Cultodia fida.

Ed ci col lume,onde beato fjpiende.

Per l’imme nlo piacere al Ciel la guida. Poi con affetto pio la man le ltringe , Eper dolcezza à lagrimar l’aftringe.

Quando le dimoltranze aflfettuofe Ne i celelli Conforti hebbero fine ,

A la Madre diletta l'amorofe . lucijl’eterna Deariuolfe alfine.

Il contento del cor la faccia efpofe.

In dolci baci,e in laprime diurne ,

Che quante ha Stelle il Ciel fereno, epuro. Tanti gli ampi elfi, e l’accoglienzefuro.

* ... 84

Non fi fatta M A R I A ne l’alma Faccia

De la Madre immortai figgere i baci. Ed ella pur l’amata Figlia abbraccia Con nodi foauilIìmi,e tenaci.

O come lieta par, che fi compiaccia la Vergine appagar gli occhi viuaci Co’vaghi rai de lo fplendor gradito De la Madre diletta e del Marito.

* . » i

Machipuò dir di quelle pure Menti la gioia eccelfa,anzi la gloria illuftre? la cantino del Ciel gli Spirti ardenti. Non io,che in Terra fono Augel paluftre i) Ocon piùculti,epiù fonori accenti la deferiua Scrittor dotto,ed indultre;

Se ben non potrà mai fi ile terreno x l’alta Giona inimortal ritrarre à pieno.

- - O l’ima

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4n PIANTCHXVt. -

.g (j

O l’imagini ancora Alma, che fclolta Dagli affetti del Mortdo,in Dio s’interna^

E che vede fouente ( al Ciel riuolra)

Con Etafi d’amor la Gloria ererna,

Che ne le Nubile fra la Nebbia inuolca De l e tenebre 3cui la Terra alterna, : !

Mal fi può rimi rar,fe non per ombra , ^

La luce,ch’ogni horror tetro difgombraV1 8

In Difcorfi pietofi , vniu infieme

Rima fero Gio Ceffo, Anna,e MARIA, Hordi [CH RISTO parlando,hor de l’eftre- Gioie,cui gode in Cielo vn* Alma pia : (me Ma come il de 1* Anime fupreme *

Per andarfene al Ciel calcò la via,

Anna,e Gioieffo il feguitaro à l’hora.

Lieta MARIA fra noi retando ancora .

Il fine del Decimo feflo,& ultimo Tìanto»

Laus Deo, Beata: Temperai Vergini Marì^e*. Amen*

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i

T A V O L A,

de i nomi proprt,

Et delle cofe notabili .

\k * •■> * . 4 4 j* . \ )

Il primo numero infegna il Pianto *

v - il fetorìdo la Stanza--» ,

^ J. r . } - ' \ , ,

* f 1 < * > i.i -,

t « 1

BVgelo mandato da Dìo à MtA* ìfljt. 1.3 6. ode i prieghi di ef- ì fa. i. 3 9'lieuale il Velo del £

? Humanità. 1. 3 9. Ve moflra-*

~ Chrifto. 1 . 40. apre il Sepolcro

: :di Chrifio. 1 6. 6.I0 moflr’à vuòto >epon fi 4 ^.federe fowra il Saffo di qa elio ; affi-

■:yi cura IcMarie con lapouaìche fia riufei - tato. 1 6. . : 2 9

Angelo Michele co altri Angeli honoranoU 1 t Sepoltura di Chrifto. 14.8 sporta la Cro- . céJnaqgi gli altri. 14* vr ' > 8$

\Anna impone , c/;e fi meni Chrifio à Caifa. f .ìvWjìV , ... .. •: 24

jtnm Santa Madre di Maria fu la feconda > che baciaffe i Vie di à Chrifio nel Limbo . f : 1 15.21. riforge con Chrifto. 16. 13* re fi or* «. : con Maria, 16* . 81

, ., v, r ^

* f ^

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' T od V O.L ji. y JLbr aamo fatto vna Quercia (labili il Tatto coti Dio. 9 53. bacio leTiaghe d Chrifio

nelLimbo.iì 22 jtdamo fepolto nel Monte Caluano. 1 1 . «o. fue parole à Chrifio. 15» 14* chiedevi che i fanti Tadrt li posano baciare i Tie - ffr.* , IP

4 Allegrevga della Città di Bologna >per ef- ferfi trouata la Benda 14* 45

i/lleffandro Ludouìfi Card %/irciuefcouo ut Bologna > e lodi. 1 4. 4^

Lufignana di S atipia prega Mar gbe- . rita di Loreno à donarle il Lavatoi di

i*. Chrifio. 14. ^7

jtrnma di Chrifio nel Limbo lo rn Tara- difo . 1 5 . i.fua pompa. 15* <5. ^11 - inferno. 15 . 3 a#/é ritorna al Limbo .

15. .

jlbiga il con leDone Hebreepiù prudenti ba - c/a i Tiedi à Chrifio nel Limbo.i 5. - *9 jlrone coi Sacerdoti bacia leTiaghe à Chri -

<> fio nel Limbo. 1$ .. .

Aurora del Venerdì Santo. 2r 84. del giorno no della RjfurrtQone. 16* 0

jtntioco furiofo. 3 '•> ! 9

grillo bolo.*}.

guariva, j. -• * 2<*

T jt V 0 L Jl.

IdgrìppAparla della gran Loggia àgli He- « breu}»! . , 58

jlrtafcrje diVerfia , concedente fi riedi -

fichi il Tempi 0.7, 1 a

jlr abino Oratore chiede di fauellare à Vita- - to. 8. iz.fua Oratone contra Chrifto.S. 16. lodato da tutti.S. , 28

1 1 .

^%OtO Città* 10*1 c 109

\4mato,detto Limiffo, Città di Cipro, io. nz jinco, fondator d'Hoflta . io. 7130

àrbore del Giardino di Salomone tagliato .

; 9*45 -fepellito detro vna fojfa.9-47.vuo- /. ntitato fuori delt acqua al tempo della 3 ' Tajfione.9-4S.di efiofatto la Croce#* 49 *'V V \.»w vv i3..ì

BjtrrabapYOpoflo da Tilato infime con C hrifto.4.4 i.chiefio dalle Turbe à Vi- tato» 5 ^7

Bar ac ano di Bologna.! 6. ' \ 1 5

Berenice > altrimente Veronica >vede condur - w CM& 4//* zworfe , e /#o Motore. 1 0.70. lo $ iw/rtf trauagliato dal {udore s e g// xwo

•. Trfwwo per ajciugarfi. 1 0.7 6. prede il detr to Sudario dalla Vergine, io. 84 .juo ri* c ! more.io.S6.yede la dijìrwqone di Gieru - " . falemmc. io. SS.fi difpone andare à I{o- ma à S.Ckmnte*iQ&9' vi à Gagate fi ^ T * P°*

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T j. V 0 L

* pone in nane, i o.ioj.difc opre il V olio sci* « to , ed acqueta il Mar turbato . i o. i a 4. v giunta à poma , Cerca S. C Semente. 1 o.

1 ? 1 . trouatolo , gli il Sudario . 10.13 2. Benda di Maria tergine portata in fogno di Veduità, e tinta dal Sangue eli Cbrifto,do~

' - 9 lata à Bologna da S. ‘Petronio, 14. 3 4. rw- vn Sacrilego. 14.4 y. portata Si

* Venera) per trattarne contratto. 1 4. 41 * <• > ricuperata , r portati in Bologna.1 4. 43 «

- ritornata in S. Stefano dall' Illusbrifr. Sig. - Card.Barberino Legato. 14. ; . .. 47

Bruci, Vopoli poco fedeli ,fi rendono ad jin- k' nibale Cartaginefe. idi . ; , . , . . }'ìiy Bugia vinta dal Veró\ condotta nel Trionfo

u-o *; 4

diChrifeon 5.

> u.

- *

CMfà fede frà gli Scribi.iay. defederà, che Chnflo fiacrecififfo.z. . aS Cambifepè diTtcr fi anonima vna Città, det- ta prima Stiba,M trbe.p. \ - . . 43

C apo d# Crocifìl fori à Gaudio. 9 . r ,r '"72 Congiuratine flagetla^ion di Chrifto fi di - fcoprono.6. ■■ ; * ' ..V, *a 1 . io

C i/àazo neìl'eHreme par ti di Creta . io# 1 18 Citbera, /aera à Ctt berta, io, ; 119

•T< '

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TU V Gl u.:

Capre, I fola , doue Tiberio viffe Ittffuriófa* ,:mentc.io. * ' 128

Colonna dalla flagellatomi e fua altera, e colore .5. .. 29

Cafit del BJcco Epulone, io. 2 6

S. Clemente Topo. io. 90. raffredda il culto ; . dell Idolatria , e perciò bandito da \oma<ì r 1 0.93. conforta i Chriftiani condannati à -, cattar Marmi. 10.94, pregati Cielo y pera che lor dia acqua. io. 1 00. vede vrì U~ guelfa, che col piede batte il terreno, e fi volge. 10.101.fd cattare , e forge vncL>. (Fonte. 10. io 2. fatto fommergere in Mare V- da Traiano. 1 o. 103 .prima ricette il Santo,

\ Sudario da Berenice. 1 o » % ' 1 « 13 2

Creta, dotte Trlinos regnò, io. nj. feconda di iVV Vituio.' . m /. 118

Cherfona Città della T aurica, dotte fur eie- \ gato . S. Clemente, feconda di M0flri.1o.94 i Cefarea , doue Herode fu vccifo dai V cr- v muio. *: 109

farmelo Monte. io.' . ; . 110

Cipri, doue sodomita Venere . io. . 1 1 ?

Chelidonie, f cogli molefli àNamgantì. 1 0.1 1 5 Campania feltce.io. c . ,128

Circeo Monte, io. r

C alitano Monte già fuori, ed bora in Gie rufin»

T }

V *

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t J. V 0 L jt.

* lcmme.ii.yj.inmezplaTena.il. Si. tutto pieno d'offa, e di tefte morte. 11.82.

b s apre nella morte di Cbrifto. 13. 17.

Cafa del Bofco di Salomone. 9. 29. kaueua il profpetto pieno di Statue , e i legni di Ce - drOìCompnaVitedtoro.y. 33

Corona di J pine , e fua forma. 7. 2 3 fatte di l\hamno.j.i 8. e perche di Bftamno.y . 41 Colomba nella morte di Cbrifto efce del Tem- pio. 1 3 . y

Cauallieri del Sangue di Cbrifto . 13. 85

Cbiefavjcita dal Coflato di Cbrifto, come già Eua dallato di Marno. 13* . . 5 5

Coftantino Imperatore vince Tri affé ntio c ol

* /egwo Croce. 1 5. 62. battezzato da

S.Silueftro. 15.63 .ora* // freno del fuo Ca - mito con vn fantijf. Chiodò , e fabrica fontuofo Tempio alla Croce 15. 100

Ctfr/o di Sanoia muittiffimo ,efue lodi.

14. 78

Cerbero Cane infernale fugge alf arriuo di Cbrifto all' Inferno. 15. . » » y

Caronte precipitò fefte(fo,ela Barca aU<L>

giunta di Cbrifto nel Limbo. 7

Cena di Cbrifto. 1. 6

Capelli di. Maddalena. 2 . 108

Croce di Cbrifto. 9.23 ./«e lodi. 9. 2 ^.di ebej

v * /egna

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T J. v o L A:

legnò fiffe coflrutta varie opinioni, 9. 2 7. fatta di Cedro , Tino , e Cipreffo.9. 5 o ./ir- ta di Quercia.9, 51. lunga quindeci palmi , /<*rgd otto, ww grauiffima ,9. 5 5 .po/fo /ow- : ta le [palle di Chrifto,9. 5 6, nel toccare il fondo della bucaydoue fu piantata , fi croi -

/are il Crocififp), 12.38 .gittata da vn He- , breo nella Falle della gente morta, 1 5.58.

- /ette rnpe^o fepolta fra l'herbe, e firn-

mondizie, 15.5 9,ritrouatay e pofta foura. j xwtf Moribonda , /e rendè la fanitàfubito.

; 15. c 88

Croci i Ladroni erette, 12. 1

Cbrijliani còdannati in cattar Marmi in Cber~ /o?w. 10,9 4. far iati miracol&famente d’ac- ■' que, io. v \ •" * ioi

CtìEJSTO noflro Signore lauai piedi àgli

jLpofoli . 1 .6, piglia la veftey evàà ritro - #4r Madre, 1 ,j.fite parole nel chiederle licenza, 1 . 1 o ,/e le gitta àpiediye le chiede la benedizione, 1,1 4. benedice la Madre ,

% prima che fi parta, 1.28. fida / angue nel /’

Orto, 1 ,47, ritorna dall'Orto, 1 ,69* vederi gli armati , e lor chiede , che cerchino . 1. jo.fi cadere indietro le Turbe armate-?, 1.7 i,fi lafciare andar liberi i Difcepoli. 1 . 7 x , prefo da Giudei, i.jj.fana l'orec*

T 4 tibia

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r A' no L M

.' chiù à Mitico. 1.82. condotto prigione per

- la Torta jluréa . 1 . 1 o 7 .come fuffc legato. 1. 1 9 S. per gioco è fatto cadere. 1.109. in

- cafa d'jlnna.z. 1 o. percoffo da vn Soldato l nella faccia , verfa il f angue. 2.13. convn

pugno gli vienpercojfo il volto , e con vno ~ jputoi 2.32. con vn panno gli fono v ciati v gli occhi , e chieflogli che profètici. 2.3 3 cade in terra > £ co» villanie è fatto rifor - ger e. z. imbattuto, e chiamato S amarita- , r »o. 2.35 .predice à Tietro , che lo negherà 2. ^.riguarda Tietro. 2.5 3 . condotto di - . Tilato. 3 . qi.accufatc dal Farifeo

- folleuar la Tlebe. 3. 52. dinan^àd He*

- rodev i 9. in mano de' Soldati di H erode . ::q. 2 i.da detti Soldati è fatto il Zimbello. . 4.2 3 ./4»d tutti gl Infermi di Siria>egu&

rifee il Taralitico. 4.47./^ cejfarja tem- pera nel Mare di Galilea. 4.4 S.fana vno Offeffo nel Lito di Qerasà .4. 49. ri c»c ììl> k Cafarnaù.4. ^o. fatta il Tarahticoi 4.5 2, rifufeita la figliuola dell Ar.chifmagogo. . 4. 5 3 .condannato à'flagelU.5.21. condot- to alla C olorma\ 5.31 .f fogliato. % . 3 2ig/i /o» braccia. 5 . 3 5 . flagellato da 1

■diittori.6. 1 . co» flagello di cor- da con punte acuto. 6. 1 0. da due altri con % *■ 1 > ’* *

'• ' ; *

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TJ?P^O\£jt.

yfungentìjfimc fpine.6i%o.con catene, Cade -interra, è tenuto morto. 6. 0*xefpira, e frouadileùarft di terra. $.52. aiutato da

- Maddalena.6.% 4. prende te fue Spoglie , e . ; fi vette, poi fede in terra. 6. 5 6. prefo d<u>

vn Manigoldo , gli è canata la Vefte. 7. 2 /{.cade col Volto all' ingiù. 7. 2 ó.leuato > di terray è, percoff i.con pugni. 7 . $ 5 . w//<?

- colManto di Gwfitèvefiito. 7.3 5. ^ ci#* ' sYi altri è coronato di Spine. 7.3 7. g/i 4

^ yna Canna per Scettro, gli pelano la

ci .?Ur6i , c g// fputano in faccia, ji 59. cpn- ~ adotto via dalle Turbe , non può. cantina - -t Xe.j.6 9 ‘dinanzi a ‘Pilato.?. 1. oltraggiato va* dai Soldati nel Tretorio.^fpogliato con - ^dolore ddla Torpore gli è tornata b Ve - * s ^*9. 7. di modo gli èpofta la Coronairu p\: capo. 9. io. pa^nùffmoi 9*1 1 fuori

ddVtetorio , e bagna ha Scala di Sangue

« vi9.21.gi/ èprefentata la Croce. 9. 23 . op -

preffo da òffa, appena può.camwre.9 £/\. rj vcd&epei/1 terron e per for^avien leuata. 9. * '6j.perccffo.da i Miiiiflri ìpmhe vada. 9.

~±lir&qta)cia>9«Y& VtrfoU^rta*Anùca^ èttam fadgpffik Volto. & Smagati- %sVitmfQtto ht{ Cr$c&>cadew ferrai 9.4 5 »

r 5 ^

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KAW'OWM

'*-v leuato à forerà > lafcia tinto il terreno di /angue. 1 0.6 1. giunge alla Cafadi Vero* nica, detta Berenice, io. óy.trauagliato dal fi udore . 1 0.7 2 . nonpuò afeiugarfi ,ls guarda shaueffe vicino la Madre. 10.74. saf cinga col Velo b aulito da Berenice, ed in quelloimprime il fuo Folto. io. 76. af- frettato dai Miniflri. io. 78. alias

Torta, d etta Antiqua. 1 1 . 1 . cade in ter- ra, è leuato , e percojfo. 1 1.2 .rifponde alle Donne , che piangeuano. 1 1 . 1 1 . giunger al Monte Caluario. 1 1. 7 6. /fogliato das i Miniflri.i 1.92 fua vergogna. 1 j.p ^..af- fettato, 1 1 .gó.effendoh dato Mirra , e Fi- no, non volle bere. 1 1.97 .mira la Madre 1 1 .98. rifponde alla Madre. 1 1 . 1 1 3 .pre- fo , e legato da i Miniftri Crocifijfori 12. 6. cade fupino la Croce. 1 2. io. legato nelle Mani. 11. 1 3 .crocififfo ne i Tiedi.i 2 . 1 8 .non rifponde alla Madre.i i.iy.acer- bijfimo dolor efente,qnando la Croce lo fe- ce lutto crollare. 12.38. chiede al Tadre » perche l'babbia abbandonato .1 2.7 5. vol- ge il guardo alla Madre. 1 2 .77.lt Già- anni per Figlio , ed à Ùioanni lei per Zia- dre. 12.81 .grida, cbà fete. 12.89. abbe- ueratocon acfto.i 2* 94 .forma vnagran

voce.

rjr^jroLj:

>occ, 1 2.96. inchina il capo, raccomanda U nima al Tadre, e j pira . 12.98. percof * - fo da Longino nel Tetto con la Lancia. j>, manda fuori ^Acqua, e Sangue . 1 3 . 5 5 . le- vato di Croce da Giojejfo , eNicodcmo. 14. 1 8 .pofloin grembo alla Madre . 14. 2 r. dato dalla Madre à Giofeffo per Jepcllirlo 1 4. 5 9. por tato à fepelhre.i 4. SS.fepolto.

1 4. 1 00 mel Limbo . 15.5. adorato da tut - ' ti. 1 5 . 8 .trionfa dell'Inferno. 15.34. r/for- -fw nel Limbo. 13. ^o.rif orge. \ 6.1. fu a bel * e maefld. 1 6. 1 u vaffene alla car- cere di Giofeffo , el catta fuori . 16. 14.// Ptoflra alla Madre 16. 60 . parole et

*- quella. 16. 6 3. le bacia la Fronte. 16. 66* -benedice la Madre, e fparifee i5. - 79

.... - -i* '.1 «. 1 J

Dìo Tadre manda vn Angelo alla Ver gtne, acciò che le mofirì Chrtflo. 1* \ 3 j. la legge fa Tuoni, e Fuochi à gli

c Hebreu 1 . . 1 : v \r : i : .72

Dauide figliuolo minori dtlfai, promette à ' :> f Saul di vccjdere Golia.g. 3 6 . amato da ^

- 1 Saulrfìdijdrma.^qyfrccidt Golia.9. 3 8.

- batiacon gli altri I^tleTìaghe al %e-

:* -h «tortore. 1 5. w- 0^24 DQtine piangono, e lamentano Cimilo. n.~ 5 .

ì “ìiix " " r 6

/oro

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T A V 0 l M

l' loro parole. n. 6. \ i ' 6

Donne nell' ajfediodi Gierufalemme vfciua- , »o 4 corre forte. 1 1 .3 4. baueua 1(lj

~ •> W24W p iene di Bjita. 11.36. toltale Ja vyu>

, Soldato, lo preganti almeno la diuida. 1 1

, , 3 8 .piagne foura il Figlio vccifole dal Sol - .

dato.11. . fc, . *’ , . 40

Z)o»»4 giouan e prejfo va fuoco con vn Bam- bino in bràccio. 1 1 .42. legata da vn Sol- - . < doto. 1 1 .43 fui fuentura. 1 1 . 1 46

Dotiidel Corpo xli Chriftorjfufcitato.i 6. ,1 1 Difina il buon Ladrone .bacia le Tiaghe à Cbriftot nel Limbo. 1 5 ,27

S.Diomgi, è fue parole neltempo della morte V; diCbriflo. 1^ 44 .coment la Francia*

x ri 3 «ò f , - Aì's.ÌC V. ‘J'ìÙ.‘;V.i-.i45

Dìfcepoli di Chriflo, alt arnfo di Maddalena ,

- .. SthcLL SigmrtfìdrifufQtatOi fremer i?*Gar .1 Mea.i6à\-^ v.Vj (Ari*«v.W j

Diffcnfori di Giérufalemme, e Lùroctiidcltadi z "in quello ajfedio 1 1 . . . ; 2 8

£o/ore vmuèxìdtxdi Bologna, perla perdita -i iklfaBsnda&Mùrfa tfeFgjne. 14. >,.d 38 Dit^CittàinfernMe:,^{ua defm^oneà^i 2 DUceJè.C^o^ìf^i , vteddtp cader Chri- 2 fio, feendein terra.i 0.4 6. commanda, eh*

- ; diri foglia pregato da#

* •* ■»' * flte-

Din

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T AVO L \A.

Maria, la difprevga.iQ» 5 5* wdèSintoH . , Cireneo,.! 0.5 impone , chetolgala Cito- . cc. 11.58 .per for^a lo carca d'effa . 1 Q.*5 9

. fa leuarCbriftadi terra. 10. /. vr , 1 . Drago ,intefo per la Santità di N*$».Tapa- j Taolo.t^* io. *33

Vrigioni legati di catene . Sciolti dai Tvtfc ; «j/fo per batter CbriH 0 con le dette c ate -

: , •• '• - >• W

Due con vn Flagello di corda con punte di ferro flagellano ebriflo . <5. io

Due con [pine acutifsflagellano Cbriflo.6. 20 Due, e loro effigie con catene flagellano Cbrir , fto.6. £ - : 3<*

Elio jtdrianorifà Gierufalemmc.i 1.77* po»e /ònr4 il Sepolcro , él C aluario vna l Statua di V enpre,e #Udone*i i.7$-cbia- *c> ,$na Gierufalemme EliOfXi •• . * ^ 0

j cuffie M Sol^mmi^bfo nella morte di r o ebriflo . 13. # . o T . r v*3 3

£ mpimd^annea foura m '*4rpia condotta . V nel triùpfo'diCbriffèilfr. r. *36

* 1 1 •/!• •//* Ti ^

1-1 ^/e/o, Torre dtlVélagio d titrodeJ\ . 8 * FafllO) nido di Ladroni XQ*; MS.

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TAVOLA. .

Fante, feruo dei Miniftri Flagellatori, chiu- de in faccia à Maria le Torte, e l'ingiuria. >7. < 85.

labri fanno i Chiodi per crocifigger Chriflo.S.

1 o $. folle citati all'opra dal lor Maeftro ; 8. 107

Ferdinando Gonzaga Sereniamo Duca di Mantoua, e fue vere lodi. 13. 85

S.Francefco, herede del Seggio di Lucifero in cielo.li* ' ' *v‘-v

. < ,i'-

Q * «

Gjifionc di Fois, lento in aiutar Bologna.

16. 16

S. Giacomo fu con Chrifio nella Trasfigura- zione. 1 .5 5-, giunto à Maria > non può par - ~ j lare. 1 . 66. racconta la prefa di * Chrifio à - ^Maria'i.68ìparte.i. ‘'' ' ' - 88

S^G incorno minore precipitato giù dal Tem- ;>pio. io. - *ri V >87

Cabirro infame. 6.9 3 ./pia delTrencipe.e fita : arte. 6. 95. auifdi Manigoldi del voler di *v Tildtòtéip^.ordinai che Chrifio fi Vefhu s i da :I{e. 6.io i. da vna Vefie a Soldati, 7.

_ /* . . _ r* . . . .

Giardino deli^iofo della Cafa di Salotnoncj>.

V p. *1 ... ... ; .... i -..'''/'vl H1

Giacobbe Vatriarca nafcode / otto vna Quer- cia gli Idoli .9. 5 5 . bacia le piaghe à Còri- 0 flo.nel Limbo. 1 5 i « ;aa

Gieruf alenarne , e fuaforteoga,i 1 .1 4. fuede* v li%ie*iui 5 Jrauagliata dalle fanoni» 1

4 ip.fuoi accidenti nell' afiedio. 1 1 .2 1 .reni- nata da Titóg x *7$ * rifatta da Elio *4* K driano . 1 1 .ri. m»:ìSo

; S.Gio.giùnge al Tempio* <er4.^4rtV4>

0 #4 fuo dolore , e beUeT^a.^.66 .piagne-** : 4-5 9 accerta Maria ,chef dritto 4 vìuO* < jfyjj Je narra ì prvpar amenti della flageìr lavane. 5 .zdafcia di ragionare* 5 . 3 9.*e»

: :de flagellar cbrijìocon /pine» efwt am- : baflia.ó.z'j. ritorna in fe.ó,? ^.piagnerai*

1 -rado Chrifio coronato difpane.ji^S.trat»

tiene Maria\che:nm.vada in/Piai(%a*J* c ip^Ja conduce per Scala occulta* 7.' ;|óo# c Jofliene Maria* mentre fegueil Figlio& c > 102. trattiene . 9* 90* piagne 9 miranda IS percofidfa Madrtconrle'carni del figlio» - < r io.2.fuo dolore nèl veder crocififlo ilfig» ~jv 1 2447 > fentcndofi dar Martapertttadre$ A Mafia gU océbù 12.8 z fio dolorenei ve~

& \4wrnorto 0riftQpri* ¥&’MQ dolertntl yr? ve*!

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-VtidàtàrtÀrhi agpni'^antcfotto Crotej*

V 3,97. prede Chrifto morto à trauerfotol-

Po Jli Croce. I4. io .prende la Coróna di)

Spine y cauatadi capo à Cbrifio è portato *c al Sepolcro. 14,90 .corre al Monumento

alla mona della Bjfurre^ìone. 1 6.3 z. en* * 1 tra prima nel Sepolcro di Tietro.il 6 . 3 3 «

ftPe parole. ,*** h \ Ar, ; -, v.< . - 13 6

SiGi&Ba'tifa èacia fc^Piagkc à Cbrifio nel GiLimbo.i$. . ì 1 ,c» \2 5

Gabrielle Angelo nei Mortorio di Chrifiói

* -porta la Lanci#. 1 4, $6

Grofejfo Padre* adottino di cbrifto.ls . 20.

* 1 il prmoycbe nel Limbo baci i Tiedi a Còri

* flo.i 5,21. riforge'con Cbrifio . 16.13. re-

^fia-ton Mar iaF ergine. 1 6. -uA\ ì\i\$ z

fùGioachmo; jtao Materno di ChrìftoybaeuL. » ^ Plaghe dCfaifio.1 $»" o!\v;ù ; c\>ii2l Wdo.6ifcalpTirdmto diCtmifdammey fàfua . : P^occaìl Tempio. ti^\ v.*.W .1 8

ftiofuè conduce il Popola Hebreo dopo Mosèy fl "W pafiail Giordano. 7, $.cinfe Clerico corta

S^Arau 7. 4 .vìnce* cinque J{è nemici di *£* dfabamj}*y.fbrma iLS aleniti. vince veri- & '^quattro 1^.7. 7 Ijàtùozma Quercia, al - v^4 vna Pietra^. 194 v bacia ,com gli al - Piaghe 1 di $hrifo,nel Limbo,

T jl V 0 L M

y i$è

Gio.Battifla Marino Caualliere. 3 . , 16,

Giùfejfo dUrimatea ottiene di fepellir Chriflo . : 14.1 .falifce al Caluario con due Semi con due [cale. 1 4.3 . appoggia vna Scala alla.* Croce9 poneva!? anno alTetto di Chriflo,

: 1 4. 1 2 . chiede Chriflo d "Maria per f epe - Urlo. 1 4. 5 o .prede il Corpo di Chriflo mor- to. 14. 60. V auolge dentro vn Lenzuolo* .14.61. entra mi Sepolcro, efepellifce Chri- flo. 14. 99.efce del Sepolcro , e lo chiuda co'i Saffo . 1 4.' 1 o 1.. poflo prigione da gli liebrei. 15.4* liberato da Chriflo. 16.14.

* , adora Chriftòxtfueparolé.i6, < ' 22

Golia Gigante minaccia gli liebrei. 9.^ 5 .ve- * cifo da Dauide.9. . : 8

Giudei prendono Chriflo. 1. Cp.rijpondono d Chriflo. 1 .7 ì.lo prendono . 1.77. lo legano. 1.78.^ 80. infelloniti per la ferita di Malco. 1 .84. cercano di Vietro 1.8 5. «ow ... fa%i di tormentar Cbrifio.j. t - ^ £2 Giudici fanti baciano le Tiaghe à Chriflo mi

^:.Limbóa$» \a. r.;

flà opinato con S.Helena . 15. 72 .po/fo m To?go, aftretto dalla fam e ,

promette dar moua della Crocea 5 .7 3 .ri - % /torafe co cibile yim ejqmfiti.i<).']4poflo à

. ; ' dor-

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T Jl V 0 L jf.

dormire , vien fpauentato dal Demonio . * 1 5 .7 6. faglie il Monte con la Imperatrice v 1 5 .77./» cauare , <W era /’ Zrfo/o <// le- ttere. 15.78. viflo il Miracolo della Croce f anta, fi conuerte. 1 5 1 90 fi batteva t ed «' e chiamato Quiriaco : alfine Martirigato.

15. 1 Pi

G//<^ Traditore nell* Orto, 1. 74. entra nel Tempio .3 .2 i./hc effigie, ì,iz-gitta l'jir- gento, e vààfof pender fi.3. 23

H ^

5. IT £/e;w di Coslantino Impe- tri. rat or e dinota della Croce, 1 5 . 64. rifiione, che deggia frenar la Crocea, 15. 6$, fi pone in Via per Gierufalemme . 1 5 . (58 .giunta , connotagli Hebrei , e lor chiede della Croce . 1 5 *6 9, pertinaci nega - HOje minacciati , dicono, che davn tal Giuda faprà ogni cofa, 15.71 Jufinga Giu- da, ma oflinato , alfine lo pone dentro vru> Toggo. 1 5 . 73 . fra ragguaglio da lui della Croce » 15. 74./? m* CVore , e /w/lj

allegrezza, 1 5. 3i.fi trouano due altre-* Croci filmili. 15.82 .non fi conofcendo lej> Croci l'vna dall'altra , è in gran p enfi ero. 15.83. malga la vera Croce trouata. 1 5 88,fd cavar più baffo ? e trotta il Sepolcro *

15.

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T\4 V O i

il >9 poltra nel Sepolcro# vitroua Info . ronfia Lanciai i Chiodi > eia Sponga . ip . . 9 p difegna vna bellijjìma Chieja , e futi* * . » Architettura . 1 5.96. manda vn Chiodo d - Conftantino.i pio o. fa per tutto ergerti : laCroce.ip 1,.. . Jpl

Henrico il grande Bf di Francia , e /«e viriti^ di. 1 4< 5 3 /«a pietadt . 14. 5 ^.inuitto nel?: v Mmi ,hebbe Cefare [migli ante. 14. 56*

/<* Mòrte non ardì fola affalirlo j ma chia-. /eco il tradimento. 1 4. - 57

Heroffc Magno di Giade atoglie la Fiocca à i Mac abei ,e ne la Torre chiamata* ^4ntomaa^, i'\ ó < 54 Uttode Tetrarca di Galilea, moffbal rumore 1 venuta di Chrtfto. 4. r$<fyà defide - rio di veder Chrtflo, 4. 1 7. fi tramuta nel , vederlo. 4. ì 8 .fuoi moti nel ragionar 'con Chriflo. 4. 20. impaciente delfilen^io di Cbrifto, commanda, che vefltto da Tatgo» fio, condotto à Vitato. 4. G . flfcfc

Hircano Mac abeo, e fua Rficcaj . . >5 x Hofle d'tìerode# fua deferi^iomi^. I .. *Q Hipico, Torre del Talagio d'Herode. 4, 8

Hoflia nella Foce del Teucre , fondata drm jlnco.io.

tìcbrei rif fondono à Vitato contamente 8

~ * 13. .

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Ì?U VO O'L U.-

^%i.turb'aH per la fenten^a difilato. 8.

« V J beffeggiano Cbriflo <m Crocè, i 2 .6 5 . adirano contMGiofcffo d'Arimatea. 1 4. sfarinalo imprigionare, ì 5.2 .vanno à Ti- « lato ,e domandano, cheli Sepolcro fta cu- ìflodito.15. * 51

-uvù\7s«i ^s-Vjvs.*;V$ !>/.

Iftfc'. C4O0 de 1 littori primo , che flagellò

Jntereffe proprio , efua difcrMone. 8. 75. 4- ' 1 ìopra la sferri . ite/ timore co 7 Tre/7- ; dente 8. 7 5 Mnduce à condamar Cbriflo < . «• o ; .-Ot U £\ v. w .A-; ' [.77

Ifyac porta le Legna , & il Fuoca,ptr ejjerc - fucrifkatòyel Cdluttrió.,1 1.80. bacia le-* ^Piaghe à Cbriflo tiel Limbo : i$.< «V; ba 2 Innocenti Santi baciano i Tiedi à Cbriflo nel ^^Limkoit^.r \.r.\ ; V'. : . ,\2<5

loppe? doni Andromeda fu efpofla al Moftro C, Marino. rb. . . * . ; 109

Idolatria cinta di C atenè, condotta nel Trion- 4 {fb di Chrìslo.i tr -h s ;r > 36 inferno et diritturafotto Gierufalente. 1 5 , 48

«J , ti J. 1 , . j ' j li

L Incuoio diChrifloi'efwi. Hifloria.14.6j

rubato d Margherita di Loreno. 14 .58. $ mentre i ladri lo vogliono , tagliandolo 9

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TU PS O ZU.

*' diuidere* l'vvdi kro refla della mano ai - tratto,! 4. 6p,yno lo rubba à gli altri, ed or* ì ritta à vn Fiume, 14. 70. vuol lattare Jl Sangue, e refla accecato. 1 4.7 ifuomira- , q to/o <coY Ladri ,che lo rubbomo , 1 4.7 3, <*/- fro 'fuo miracolo mentre, vien le nato di *■ ~_ Chiamberì.i4i \ n/.' Wn? .t >75 & Longino con vnà [quadra d'Urmatrsul \ c "Monte C aluarWf.1% .dt torta vifiài t£.

V- 51. rompere le gambe tU'Ladr oni. x 3.

5 7-ipdffa con vnà Lancidii Vette à Chi- ** ; flotifri^racquifia il lume. 1 3.63$ rau- uede dell' errerai $,C6,fue parole, 13.68. " fàd eporrci Zadri di Croce* 1 ìtypptega- v. *o da Cio.cQcéde la Sepoltura à Cbrifto. 1 3 i 7 % 'CQglie.il Sàngke dhCb*$o,ì$ .8o^om- - »•: manda. , che non fi toccbtlaAroce^fiS 1. * fi parte fedele,

dispone l' andare ÀMàtoafua'Patria.i 3.85 Labaro Mendico a o, 3 6, villaneggiato da i - ' $trui\dcIl>\Epufane.xo<$ 7 muore, io* 4 u c. Vedeil ^tctoncUinferriQAQ. >• 45- Ludouico XML di. Francia t hriftianiffi~ V > f ««*1 ì *^fik future Jmpre/t i 3 . * 46

, Luigi Capponi CardZegato di Bologna, e lue ^.Jodi, 14. WX , „V.. ‘.v. 40

LuigiDucadi Stuoia, defiderahauerc il.Len* H * 2r»<?/

r a r & ut*

- > Zfuol di Ckrifto da Margherita di boreno.

■V. 14. **.: .ì‘- 5 V i /><-'•«. l6y

Ladroni schefommimflrorono le Catene per -v* flagellar Chriflo nel Caluario. 11.88* ero- \>. cifijfi . 1 2* 2*l’vno beffeggia Chrifto. 1 2 •£<?• Ih riprefo dall1 altro.12.ju chiede al Croci- ; fiffo, che fi ricordi di lui nel Cielo, 12.73* r promeffogli il'Paradifo.ii, * ■** - 74 litboftrotos, e fua deferirne Jè, > 37

Lucani bidóftriofi. io* * \ > \ 127

Lucìfero tenìejcheCbriflononfia il ‘Meffia.6. é^irt forma Venere infogno fi moflra alla Moglie di Vilato.6,6Sfue parole alla

- - detta&69.fuda fmgtte.6.77*fà che Tro- r- i eie mandi vn Seruoà Vitato, acciochenon ÀM condanni Cbrifto >6. 8 ji impaurito per la-> . 1 venuta di ChnfionelLimbo.i 5 .10. fuper- < bopenfad opporjèliayÀ 1 .fogli oppone .

.1 5.3 1 .àpprefta farmi della fuperbia . 15. i Juj %.vinto,e jp^.15.3 ^menato in rrion- .r {foinanqàChriffoyperftiptrbidnon vuo- fi * /e abbaffar ldfióhte.tf.3 $.per forza fab-

- . baffaÀì 'Storna alla fuàSedefrà ighiac > - ci, e fue parole*! 5*41. rinoma I odio , el ** '• Soletto à diftru'gione della Croce. 1 5 «4$-

la fègittare nella Valle della gente mor- toci ^5 tempie la Valle di terra , e [opra \

T V 0 L JL.

fa piantare vn Tempio à Venere.i 5. 59. penfa così reflare vendicato . 1 5. 60* {pa- venta Giuda H ebreo , perche non riveli la Croce . 1 5 .7 6. moue terribile tempefta,per difturbare il trovar la Croce, x 5 . 29. re/fo : delvfo, ed infieme confvfo.i 5 . 102

loggia che nella Torre sintonia nel "Pa- lagio di Pilato > {eroina per fpaJfc%gio. j.

****** »• « \ 1 i r . » . 1

Mjiria V ergin e invocata, i.t. benedice * il Figlio ,efvo dolore in quelC atto . x. 1 5 . e 1 6. rifonde al Figlio.i . 20. s at- terrale gli abbraccia le ginocchia, i.t 6 » {viene per dolore. 1. 2 9. [ve parole dopo la . partita di Chriflo . 1.30. chiede al Padre.

eterno di vedere il Figlio, f. 34. replica^ Ciflejfe preghiere. 1.3 7. lo vede nelt Orto agonizzante. 1 .47,1.48. gli vuol dare aiu- to, ma nel moto fi rijente. 1 . 5 o {ve parole 1. 5 1 .{lanca, fi pone à federe. 1 . 60. cde*j venire vn correndo. 1 .6 ^intende da Gia- . . corno la prigionia del Figlio. 1.68. fue pa- role. i .94. apre la fineflra per veder con dur Chriflo prigione. 1. 102 . ode vn altro rtt more. 1. 105 .{ve parole dopo la prefa di Chriflo . x .1 1 5 . chiede i Pietro del Figlio 2.8. -

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t J. V Ò & M

' fi duole dcllci guanciata data à C bri-

fto.z.i 6. comanda à 'Pietro, che feguiti di

* narrarle il tutto.!. io. fuo dolore per lofi- ' letico di Pietro. 2. yS.fuo dolore per la-»

-n: partita di Pietro.! .70. nfponde à Salomè. j : 2. Somelveder Maddalena S4trifta.z.92>

- < nel fintir nominar la Croce' fi Yifente.i*

« 1 'lo.i.Juo'lam^m am^roce.z.in .fi ve- fte di nero. 3. 2. entranel T empio. 3* 1 7* fue parole , veduto Giuda. 3.15* vede ' Cleofè,e fi fàllegra.% .3 3 .rifponde alla no- *^'ua,che le di chrifto. 3 i 7 ì

per g/f oltraggi fatti da Herode athrifio « *<• ~ .4^ 9. confolata poco dal ricetto di Mar- tà^.^flàcon l'òcelfhfef orOpchia \cfa,

- fer intènder di Gietà2q.6i\ itedeveair S.

ito ritira douefritna bauea con - ^■domcteòfi. 4; 7 5 ìffenfa^ebe-fia smorto -«r chriflo.^.y 64o riprega a dirle tutto quel- * f > io* fcfe chnHo^.j^.fuieneal ragia- oV lamento di SX^ioumnì^o. ritorna in sé, ' fueparole^qi- .fipartexM P empio. 5 . -w\ ‘5Ò ipdffk iàjfkìl idi CedrQttjèitiYa nella •mrrme ^intonia,^ & w^ma allaZoggia, ^he guardala Piwrgpy (bende per v* ^Occulta fcaldnel cortile ^Ao. mira t hri- '"fkiegatoalla Colofina, eftiodoloye.$.6 1 .

fue

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T jt V 0 l Jt.

fue parole. 5.55. vede flagellar f briflo da i Littori , e fue parole 6. 3. al moto della* calca vede il [angue di Giesà.ó.i^.fuepa- ~ role. 6. 1 6. mira flagellato il Figlio con Spi - ne acutifflme.6. 2 6.f %e parol e. 6, 3 o .crede» che Chriflo fi a morto, e tramortifce.6 .44. ritorna in sè.6 5 ]. intende da Madalcna, che il Figlio è viuo.6. 5 8 . fua fperan^a. 6 6 2. auifata dal feruo diVrocle, s allegra 6.89. vede apparecchiar fi al Figlio nuoui tormenti.6. 10$ .fueparoie.6. 1 04. vede^y mal trattato il Figlio da vn Manigoldo.-] * 1 6. fue parole .7.3 o. vedendo r bri sio coro* nato , tutto fangu efuiene. 7.4 5 .fuo lamen - to. 7. 5 o.fuo dolore nel veder chriflo bef- feggiato.].6 3 .fue parole.]. 6 4. fuo dolore ?iel condwrft Chriflo à Vilato 7. 77 .fegue ' Giestt, e giunge ad vna porta, e fi ferma.] .

8 3 . le vien chiù fa la porta in faccia da vn vii fante.].# 6. rue parole.]. 89. vuol' an- dar per le fede , ma Giouanni la trattie - ne.]. 97, .vede la colonna, e le fpine per ter- ra.]. 96. fue parole.]. 9]. feende le [cale.]»

' loo.camina dietro il Valagio di Vilato , doue mira briflo. 7. 1 o 1 . ri rponde à chi l' e fortuna à [per are. 8.40. feguita briflo 8.43 fi rallegra per la [emenda data da*

l? Tifo-

. *

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TJL V 0 l J.

. * Tifato. 8.5 1 .tramortifce,vdita l'altra fot*

, terrea. 8 . 8 9 .ritorna in fe al pianto di Ma* d aletta, e fuo dolore, e lamento. 8.97 .vuol - Seguitare il Figlio. 8. 1 o r . Schernita , e fa * mentata, attende Cbnfto.8.1 04. ned e fa* bricarfi i < biodi per la morte del Figlio, e fue parole. 8# 109, ode gli Sbraci fatti et Chrifto da i Soldati.9 . 3 .fue par ole. 9.14+ Tede il Figtto con la Croce in Jpalla , e fuo lamento . 9. $ 7. tramortire nel grembo à r Salomè. 9. 62. ritornain fefleffa allegri - da, ed al fuon del Corno.9. 78. vedendo il

* Figlio , di nuouo fuiene.9 . 7 9. è veduta da Cbrifto.9.8 1 . fue par ole. 9. 8 5 . fegue il Fi - gito. 9. 90. ode parole indecenti contraieU

r 1 0.2. pere offa con le Carni del Figlio* 1 o.

< 4 .nel mirare la Carne resia immobile. 1 o#

7 fue parole. 1 o. 1 1 . ripone la Carne facra . 1 o. 1 6. vede Giesù caduto in terra, e cbte~

i deportarla Croce per lui. 1 0,48. bacia la . vefte al Capitano, io. 5 4. vede l'imagim . del Figlio nel fango . 1 0.7 8. fue parole . 1 o.

7 9. rende à Berenice il Sudario . 1 o.8^.Ve- de ChriflOìed efee della Torta .Antica . II#

fuc parole giunta al Monte c aluario.it

8 sparla al Figlio. 11.1 o ? .fuo dolore nel t vederlo così mal trattato. 1 1,102. loco**

* - . (re j*

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T J. V 0 L M

- pre coi Cuoi Veli . n. no. lo prega , cheli

*• preghi il Tadre per lei. 1 1. u 2./#o dolore . -■ crocifìgger Chriflo. 1 2. 1 5 ./«e

parole al Figlio già crocififfo. 1 2. i^lfuo : dolore nel vedere erger la Croce. 12. 34. /«o dolore} e parole , mirando ChriHo ero - cififfo. 1 i.^S.fluo affanno , vedendo beffeg- giar Chriflo. 1 2. 6 j .corre flotto la f

- 12.j6.flue parole , quando Chriflo la diede

per Madre à Gioanni.i 2.85 ./«a coflanig nella morte di Chriflo. 12.103 parole^

vedendo morto il Figlio. 12.1 13. rec/e

- Longino piagare il Tetto al Figlio. 1 3 . 5 5.

. /«e parole. 13.5 Zflvàene mirando daprefl-

flo il Crocififfo. 1 3. 90. bagnata dal Sangue del Figlio ,fl riflente. 13.91.fi riempie di

* fr'tfzore , vedendo i Serui di Giofleffo .14.5., . conofce Giofeffo , e Nicod emo. 1 4. ó.flue pa- role à i detti, imprende i Chiodi) e f egli pone infeno.iq.i 5 . prende il Figlio morto

* in braccio. 14.2 1 flue parole floura il mor- to Chriflo. 14. 2 7. tinge la Benda di San -

- Zue' 1 4*3 ^le vien chieflo il Corpo di Gic- sù. 14. 50 .fua riflpofta. 14. 5 9. dietro al

morto Chriftoii 4.89. fue parole al Sepol- . ero di c hriflp.1^.9 5 toma in Gieruflalem- me* 14, io fi f vede, e prende la Vefle di

V 2 Chri -

v * -

\

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TAVOLA.

' Cbrìflo, 14. 108 .fue parole foura detta 3

Vefle. 1 4.1 1 o fuafperan^a. 1 5.2 5 Jegge- uala Scrittura. 1 5. 5 2. fue parole. 16. 5 5.

wzfe 1/ Fzg/zo rediuiuo , egloriofo. 1 5. 60.

- rifponde al Figlio . 16.y1.fua belleiga* 1 6. y 6. benedetta dal Figlio . 1 5. 75?.

Giofeffo, ed Ama. 16.80. accoglie lo Spo

fo, e fuo contento . 1 6. 82. accoglie la Ma- dre. 1 6. 84. re/ta co» /oro )z«o all'Afcen- fione di Chriflo . 16.' 87

Td ABJA Fuegina Cbriflianiffima di Francia .

1 .3 .prudente. 1 . 6. zw rem* sauicina alla*

. coflan^a di Maria Vergine. 1 2. ioS.te-

- 12. 111. fuo dolore , quando le fu

cbiefto il < ttore dy Henrico il grande. 14* i2.fitarifpoHa.14. - "'58

3tf«rz<* Cleofè giunge al Tempio. 3. 3 0. chiede di Maria tergine. 3.31 . le narra del Fi - gho.3.36.aiuta la Vergine fuenuta.y. 46 7kfcr/4 Salomè. 1 . 1 o 5 . z/zee ^ Ttf arà d'hauer

veduto condur Cbrìflo pr igiene. 1. 10y.fi duole d'hauer detto troppo. 1 .1 1 u cerca*

' confolarla V ergine. 2 2, la conforta. 2.7 2* ejfjòrta /4 Vergine à fperar la liberattone

di Chriflo. 4. 4 5 Jbor guarda Cbriflos hor 5*. Gioanni. 7. 5 5 . foHiene S. Gioanni.fuenu- tQ.y.i 3. fuo dolore nel vfder morto ebri -

' ~ ^

1

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T jl V 0 L jt.'

Iti ari amie, Torre del Tal agio d'H erode. q. 8 Madalena comertita.i . 88. nomina, inauer - tentemente la Croce. 2. 1 00. safeiuga gli occhi co capelli.!. 1 07. vede Maria eleo*

, fè. 3.3 o.approua i detti di Salomè . 4. 5 6* efforta la Vergine d fperare . 4. 5 8* correi ed vrta la gente per veder Chriflo . 5 .70. ritorna doue fedeua Maria.1). 78. forre di nouo per veder fe Chriflo era morto. 6. aiuta Chriflo dkuarfi dalfangue.6. 5 3 . fi ritir a.6. 5 5. nona alla Vergine , che il - figlio è viuo.ó.ì S.fuo tomento nel veder Chriflo coronato.^ .46, fue parole nel con- durci via Chriflo dalle Turbe . 7. Ji.fuo contento della [emenda di Tilato. 8. 53. p lagne foura la Vergine tramortita .8. 90.

fa ritornar col pianto . 8.95. /tf/o/2/ nel feguitar Gicsà. 8. ioz. corre contro^

_ chriflo.9.6.refla fra la cale a. 9. 6 5

, c ader desìi all'vfcir della pialla. 9. 67.

feguita la Vergine.9.9 3 . chiede alla Ver- gine di corre il [angue di Giesu, che le tin- geua lagola. 1 o. 1 8 .lo rajeiuga con te chic me. 10.20. vede il [angue di Giesu in ter - x ra.i 0.6 1 . col pianto il lana > e fue parole

1 q.6 5 [uo dolore nel veder C òriflo croci -

r 3 ffl0'.

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r J v o l jt.

fiffo. T 2.47 .compra la Vefle di Chriflo. 1 2 5 9 da ripone . 1 2 .ó^fuo dolore , e parole^

J otto la Crocei morto Cbnfto. 13.98 .pren- de i piedi di Chriflo tolto di Croce. 14. 19, fue parole al Sepolcro . 14.102. ^ tergine la Velie di Chriflo. 14. loS.fegue Tietro , e Gioitami al Monumento. 1 6.3 3 »

* /o«rd /4/Jò. 1 ó.qo.vede vn vefli-

to da Ortolano i eloriconofce per Chriflo, 1 6. 46. annuncia à i Difcepoli la \efurre - glorie. 16, 49

ì ftterà’ vanno per vnger Chriflo al Monume- 1 0.16.26. loro parole infieme. 1 5.2 6.veg-

* gowo lume. 1 5.2 7. affidate daltjLnge -

/o, s accollano. 1 5.2 p.vdita la nona della Bjfurre^ìone 3 temono. 16.3 o. giunte in* Gierufalemme auifàno i Difcepoli. 16. 31

Marta forella di Madalena.q.i.narra d Ma- % fra quanto fapeua di Chrifto. 4 5 .fofpende 'il dire per la doglia di Maria. 4. 2 5 . ripi- glia il ragionarrtento.4.3 sporta la Coro- na di [pine nel fùneral di C hriflo. 14. 87 Maffeo Barberino Card. e fue rere lodi. 7. 9. imitato àfcriuere di Giofuè.j, 10 .vfa gra- di ffim a diligenza per trouar la Benda di Maria V erg.rubata. 1 4.3 9. con le proprie ' mani la ripone in S. Stefano. 1 4. . 45

v "* Mh

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r jt v o l jt.

7liina fotta la madonna de Bar ac ano ^ mira* colo di detta madonna . 1 6. 19

me fio di Trocle mandato à Tilato , vede , cl?

parla àmaria.6, 88

Tdini fri crocefi fiori gittano il Sudario di Chri fio nel fango a 0.7 7. con percojfe violenta - no Chrifto al gire.io.yS.s'auetano à t bri - ; fio, e lo difpogliano. 1 1 .92 .gli cauano Icl* : V e fi e y e la Corona. 11.93. sauuentano et ; Cbriflo per crocefiggerlo. 12. 5. lo condu- cono doue è la Croce . 1 2 *9. gli configono le mani. 1 2. 12. gli inchiodano ipiediìi 2. 18. cauano vno fojfa da piantami las Croce alla detta buca . 12.3 5 .in qual mo*

; do l inalano. 1 2.3 7 .rubano i pani di Chri- 1 fio. 12.52 . gli diuidoìio. 24. 5 4. mettono la \ - forte foura la Ve inconfutile. 12 . 5 7 .pre- * ' dono la Sponga piena d'aceto> e la porgono

àcbnfo.ii . - 94

mi ferie di Cierufalemme dopo cl?e i Romani : la prefero per for^a. 1 r . * 6z

Trladre crudele viene in Cierufalemme 1 1. 46. afflitta dal T iranno . 11.48. comincia à patir fame ,e fi difpera. 1 1 . 5 1 . pefa d'vc- ciderè il Figlio , per mangiacelo. 11.52* Ivccide , e mangia. 11.55. minac- ciata d(tvn Soldato , gli pone inanimigli a- V 4 vammi

D

y Google

' y d. V' O Li uatr^i del Figlio. 1 1. . . . ^ 5 9

S.Macario Vefcouo di Cicrufalemme frega Dio , che li moflri la vera Croce. 1 5 .8 5 .po- ne, ifpirato , fouravna Moribonda due-* Croci , ma non operano nulla. 1 5 .87 .fonie ' « la fervei, e /libito rifana. 15. ' 88

.Margherita di Lorena acquifla il Len^uol di Cbriflo. 14. 64. dopo la perdita di Coflan- tinopoli, giunge à Ckiamberi.14.66.gli è furato il [acro Lenzuolo. 1 q.óS.prouìfìoni per trouarlo. 1 4.7 2 .lo troua.14.7 3 .fi par- te col Lenzuolo, ma poi lo dona pernierà*

colo ad Anna, e Luigi di Sauoia.14 . 76

Mosè bacia leTiagheà Cbriflo nel Limbo .

.* 15- ' ’>23,

Mac abei giufli baciano le Tiaghe à Cbriflo .

. nel Limbo. 15. . ^ 24

Mac abea vide vccifì fette fuoi Figli, i 2.107.

Morte, vinta da Cbriflo nelfuo Trionfo .15 .3 5

Malea.io . . . ; 119

Malea.10 * . / K'i

Meffina.10, , 125

dcltjtuernìa nella morte di Chrislo

fpeogalepietre.il. *. 14

ora rifufeitati nella morte di Cbriflo. 1 3 .18

, . * * «

. r . *•

. . . , * «, ' * . * ! ..

Ne ernia*

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T Jt V 0 l M

N

N pernia. 7. 1 2. Coppiere d' J. rtaferfe ot+ tiene di rifare il T empio, j . 1 $

Narueadab, efoe qualità.^ .5 7^4 Oratone à Vitato contra Cbrifto. 8. 60

Napoli, io. 128

' Nicodemo VrencipeHcbreo, porta bromati v perfepellir C brillo. 1 appoggia la Sca-

la alla Croce , e co» Tanaglia caua i Chio- di. r 4. 1 3 . porge vn Chiodo d Trlaria. 1 4.

1 ^.chiede à i Tvtinifri > perche habbiano prefo Giofejfoy e juo timore. 15. 3

O

OT{todiGetfemam>efua deferitone, r.

43*

. Gito, </o#c /epe Ulto Cbriflo * e deferì- . tone.i^ * 91 -

. ' Oceano Mare, nella morte di Chrifiofd gran cofe.13 . ip

Odio, chiamato da Lucifero, fi parte. 1 5 .48* fàgittar la Croce nella V alle detta gente morta.!1)* V

5. T} letro taglia C orecchia à Malco. 1 .8 1.

. fogge. 1*85 giunge à M aria, 2.5. non

ardifee parlatesi .8 marra il fuccefjo a C hriflo . in cafa <f jlma. 2. 10. fermait fuo ragio- - mmento . 2. 14 .feguita. 2.2 1. timido irt»

V $ €*[*

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T J V 0 l M

cafad'Mna . 2. 25. racconta gli obbrobri

* fatti à Cbrifto in cafa di Caifa.i.ytitaccL^ ' * p er v ergogna. 2 .37. «arra zf bauer negato

Chriflo,2.<> ò. mirato da Cbrisìo.2 .5 3 fe / Val agio di C affa. 2 .55. /wrte

-Madre. 2. 57 ./e lagrime gli fanno i falchi nelle guance , 2. 59.}? morate /<* /i»g#4 >

/?zo lamento. 2,. 6 2. nelle Scine. 2. 6 p.al- /<? ««0/44 Bjf arresone corre al Sepo -

* Icro di Cbrifto. 1 6.3 2.fua allegre 1 6. 3 9 VilatOy e fua effigie .3 .40. fa acchetare i Giu-

dei. 3 .43 .cWe rf//e Tur becche malehab - bia fatto Cbrifto. 3. 44. /a cowrfwr Chrislo

* weZ Vretorio. 3.67. manda Clmfto ad H e- rode.4. 5 ./w/a da folo à folo con Cbrifto , e fue parole alle Turbe .4.3 8. propone allega Turbe Cbrifto , e Barraba.^uftupifce. dc//a volubilità de gli H ebrei. ’y.iS.fue parole alla Vlebeq.19.fa flagellar Cbrifto 5.21 .fi turba nel vederlo .8. 2. fue parole al popolo.^. 5 .fue parole di nuouo al Vo- polo.S.^7.fenten^a,che fi a liberato Cbri -

* i^o.8. 5 o. confufo dall ' Oratone di Naru~ càdab. 8.72 .commoffo dal proprio interef- fe&qi.rifolue di condannar Chrifto.S.jj fa porre acqua in vn vafo , e fue parole. 8*

- ' i8.j7 /a#We matti* 8,83.$ tfeftór /a feìi~

TAVOLA.

ten^a contrci Chriflo.S.S j.dd licenza a gli Hebrei di cuflodire il Sepolcro* 15. 51

Tracie moglie di Vitato bella, e pietofa.6. 6 9. auertitd hi fogno da Lucifero.é.jo. fi f ve- glia piena dipaura. 6. yS.fue preghiere a V enere.6.8 1 .manda vno Schiavo al ma- nto perche liberi Cbrifto.6. 83

Topolo d' Ifraelle nel deferto ferito da i Ser- penti.! 2. 42. r fonato, mirando il Serpente di brongo. 12 . - 44

Tompeo Magno piglia il Tempio .3 . ri. noru> tolfe il eddeliero aureo. ^ . 1 ifue lodi.% .13 Tontefici di Giudei congregano l' ^iffemblea contra Chrifio . 5 .4. mandano Zar abeo per . corrompere le Turbe. 5 . 5

Tanni di Cimilo gittati sii la paglia. 5 . 32

Torta fuperiore di Siome.3* * 4

Torte della cafa Salomone , [colpite deli* Hifloria di Davide, e Golia .5?. 3 5

S.Tetronio hebbe la Benda di Maria V ergine da T eodofio Imperatore , e la pofe in San Stefano di Bologna . 14. 35

Top a funerale nel Mortorio di Chrifio* 1 4.84 Trofeti di Dio baciano ì piedi à Chrifio nel Limbo .15. ' - 24

Tal agio d'Herode.rp. - ' 8

Tinga del Coflato di Chrifio ha fatto i fette

V 6 Sa-

TAVOLA.

'Sacramenti della ( biefa . 13. 53

Teccato vinto da Cbriflo , condotto nel fuo t Trionfo. 1 5. 55

Vrodigi nella morte di CbriFto. 13. 2

P/efre // /pedano nella morte di Cbriflo.13.

13

Varafio Vittore vince Ze ufi. 9. 3 1

. P.tw e, interpretato per C bri fio. 13. 32

Vane, figlio di Mercurio, e di Venelopea.13.3 i Ito, intefe per la Santità diN.S.Vapa.Sifto - V.fel.mem. io. 133

Ptf/ò, /e Vergini , prima che maritar fi, trouano laDote.io. .113

Tatara , doue l'Oracolo daua nel Verno 1(lj> rifpofie.io . . ' ' n5

Veloro, Vromontorio di Sicilia . io* 1 26

Q Venie di merauigliofa grand eTgft-9 nella Giude a.9.51 fiotto effe va-* ri mifieri celebrati.^. 5 2

RAfaele Angelo nel Mortorio di Cbriflo portai biodi. 14* .. 85

Kesfà, à cui furono crocififfi due Tigli. 1 2.io5 f^acbele, con le pili belle Donne tìebree , ha-* eia le Viaghe à Cbriflo nel Limbo. 15.29. Hicco Epulone ,efua Hifioria . 1 0.2 j. nega fe^.

iemo*

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7 A V 0 L A.

lemofina à Labaro, lo.^.muort. 10*40* e parole d Labaro, io. 41

Fflamno, e fua Hifloria.J. 3 2

B^odiy erejfe il Colojfo al Sole, io* 1 16 peggio (fi Calabria. 10. 12 5

S

S Aiomorte T\è di Gierufalemme.p.z S.mo- /ira 4 S ab ain fua C afa del Bofco. 9. 42. tagliare £ Arbore, per le parole di S aba 9.45. lo fàf epe llire dentro vnagranfojfa.

. £• ,4^

; £464 Regina dell' Auslro.g. 2 $. predice a Sa- lomone la rouina di Gierufalemme .g. 44 S4w/ fpauentato da Golia.9.1 %.arma Dauide contra il Gigante .9. , 37

Saggio Farijeo, e fua effigie. 3*45 parla con~

tra Cbriflo. j. 47.

C4/4 di Salomone mojlra i moti

de' Cieli. 9. . . . . ' 14*

SC4/4 S4«ta <// P\oma, e fue lodi.g * 2 a

Sei cogiurati contra Cbriflo nella flagellatili ne .5. 2?

Sion, Monte di Gierufalem.3* - J

Simone Cireneo . 1 0.^6. fua flatura, e fateti» 10. 57 jforxato, prende laCroce.io. 59 Sepolcro di Cbriflo 7come vn Antro ritondo * 14.02 Ài color t tra roffo,ebianc 0. 14.93» . ' S.Sfe-

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. r j. v o l jt.

S -Stefano, chie faprincipale di Bologna, chia- mata altra Gientfalemme . 14. 3 6

Serm di Trocle à Tdato.6. 83 . nuoua à \ Maria , che C hriflofarà liberato.6. . 8 9 Sentenza di Tilato contra Chriflo 8. 8 6

Spine della Corona di Chriflo ginngonoal cer - nello.']. 61

Spìriti infernali , e loro fembianti, 1 5 . 1 3. fi pogono alla diffsfa coìrà Chriflo. 15 .14.»^ Trionfo coflretti inchinar la Croce. 1 5 .5 5 Sepolcro di S. Clemente nel fondo del Mare-?.

ro. 106

Spia facra ft confermila nella Biocca et Hir- £ canoMacabeo.$. 5?

Soldati d'Herode beffeggiano Chriflo. q.z 3. lo rendono asoldati di Tilato .4. 24

Sofpetto , opra , che fia cuftodito il Sepolcro di Chriflo. 1$. 50

Sidone, fabricatada Sidone figlio di C amarti.

io- ’/ Ut,

Side contra il Mar Tanfilio. io. 1 1 5 Sicilia. 10. * 121

- Salerno, io. 128

Surento produce ottimi Vini. 1 o. 128 SSimeone bacia leTiaghe à Chriflo nel Lira- ' bo.is. '• ' 25

Snjanna con le pulCafle bacia le Tiaghe à

C brh

Google

T J. VOLA.

' Cbriflonel Limbo. •*• ** 29 . T

T* Empio di Salomone , e fue viciffitudini.3 6.fua caduta. 3.14. rifatto da H erode Afcalonita, e diflrutto da T ito. 3. 15

Tempio di S.Tietro di poma vince di belle ^

; xa tutù gli Edifi 37 del Mondo . io. 13 3

Tempio / acro à Venere,poflo3doue era laCro- •* cefanta.i 5. 5 9

Terremoto grande nella morte di Chrijìo. 1 3* j.fuoi effetti. 13 . - £

Terremoto grad e nella Bjfurre^ione di Còri - fio. 16. * - 6

Tenaro, Monte, doue anticamente fi credeua - > effere la firada dell Inferno, io. 1 1 9

Trio Imperatore joura Gierufalemme. 1 1 . 1 9 /o circonda d'vna muraglia. 1 1 . 20

Teodofìo Imperatore dona la Benda di Ma- ria Vergine à S.Tetronio. 14. 3$

Tiberio Imperatore fanatofcome fi dicc)d'vn t dolore dal Sudario {anta, ioti 08. interro - ga Tramo . 1 3 . 29 . ingannato da gli Att- : gun.13. 3*

Tritino Imperatore manda in e figlio. $.C le- mente. 1 0.93 . ordinar che fi a JomrftyrJo in - jMare. io. io3

Twba Uebredi non contenta della fenten^a - ::/v di

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T A r 0 t jL

di Vitato. 5. ì* *

Twrta taglie à Maria il vedere il Figlio nella flagel lattone. 6* 14

Trionfo di ( hrifto del vinto Inferno . 15* 35 Timore occupa tutti gli Hebrei nella morte Cbriflo. ; 48

Timore dell Inferno nella fcefa di Cbriflo al

Lmbo.iì* 9

Tramo x e fua Hifioria . 1 3 .2 3. a di Cor -

eira auifa,chc Tane è morto . 13.2 6. inter- rogato da T ibcno. 13. ' 2p

Tolomaidey f ittd. io. 1 1 o

Tiro, r/Vcrf ^ 'Oftri, e di verte . io. no Tripoli x bella> ed àbondante Città . io. no Tortofa. io. 112

Telmijfo ydou e gli tuguri baueuanola lor v Scolio. n5

K

</r Ciofafày e fua deferitone .1.42 Vecchi Hebrei corrompono i Flagel - 2 latori .5. 23

Vergogna di Cbriflo nel veder fi nudo . $; 33 Ve[le di Giofuè » veflita intorno Cbriflo. 7. 3.

, mostrata per meramglia.j. 1 [ .wow depre- data nella cattiuità di Babilonia. 7.1 i.r/-

*T(K

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T yi VOLA. _

trouata, e conferuata da Neemia.j. i j

Vno propone , che Chrifto fi coroni di Spine, 7 1 %.troua le Spine. 7. io. nel trattar le Spi~

* ne fi punge, efue parole 7.2 1.& iz * Vrì altro prende vna Canna, la porge à Chri- fio per Scettro , ritenendoli il piede. 7.5 8. per cote C brillo, e le pela la Barba 7. 59

Vette di Cbrifto fe gli riuolge intorno il Collo

7. \ ' •-/ ] ' *5

VnTlebeo nana gli ttra^i vfati a Cbriflo da i Soldati. 9. 2 .afcoltato da 'Maria. 9. $

Il Vnojonado vn Como, narraua, perche Cbri* fio fi focena morir e. 9. 7 $

Veronica, detta Berenice. io. 75

Volufiano Sauello,Camariero diT ibernimi peratore, con Berenice in Naue. io. 108 Velo del Tempio fi fir accia. 13.3. di che ma « teria fatto, e fuo lignificato. 13, , 4

Voce rdita nel Tempio nel tempo della mor- te di Cbriflo. 1 3 . 16

Voce chiama Tramo . 1 3 . 13 . gli dice, che.

autfi, come Tane fio morto. 13 . - 25

V rieie Angelo , nelMortorio diibrido por- ta la S ponga. 14. > : %7

Zara - .

) ~

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turbi u:

:t •; z '

ZUrabeoVontefice, e fila Oratone allej

Turbe cantra Chriflo.ì . 6

Zeufi Vittore > vinto da Varafio.%, 3 1

- Zefirìnoy Vromont orto di Cipri . io. 1 13

Zelatili 18

...

- Il fine delia Tauolìu

, ! •*-

Hauc

_ Digilized by GoOgle I

LT Ano. IlluftriTs. Ali&oris A 4 poefim typis maxime di- guani effe céleo,vtpotè quse non nifi fummam pietatem, - & religionem redoleat , ac Ipiret , ita vt deea verè dici pofsit}quod olim vetus ille-? Vatescecinitf : , .. t

Efi Deus in nobis ìfunt & commerci* CaH, Sedìbus sthereis ffiritus ille i venir, .

Ego D.Homobonus de Bonis,

& Reuerendifs. Càrd* Ai chiepifg.Bonon* a; -1

u-

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LÀchtymas immenfas, p^nales /m- gultus , acerbiores gladios B.Vir- ginis ex morte Chrifti fili) {ìli , Poe- mate Heroico confcriptas ab lllu- : ftrifs. D. Co» Rodulpho Campegio , vidi , ac diligentius canfideraui , & **■ -quia illas deprehendiab ornai erro- ris labe , ac fupicione exemptas , ac prorfus liberas , imo ad pietatem Chriftianam commendandam maxi- accommodatas, ideò typis dati pofle in piorum hominum commo- , dum facultatem feci, vel libentiffimc. Imprimatur ergo.

tr. Hieronymua Onuphrius RomanUS, ' Theologus Bononia? Collegiatus, at- que ibidem, & Le&or publicus, ac fon&ifs. Inquifitionis Confultor , prò Reuerendifs.P.Mag. Paulo de Garrc- xio Inquilit.Bononi**

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V.D.Ludouìcus Modronus Sacra; P^nic. Re&or,& prò Eminentifs. ac Reue- rendifs. D.D. Principe Card.Atchiep. J-ibrorum Cenfor.

Imprimatur.

Fr. Dominicus de JVfanfredis Do 5:. Col- legiate Inquifitionis Có-

fulcor prò Reuerendifs. P. Inquifitore JBonoa.

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" con licenza de 9 Superiori*

IN BOLOGNA, Per Domenico Barbieri 164 Sotto le Scuole.

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